Co­strui­re e coa­bi­ta­re, tra ar­chi­tet­tu­ra e cit­tà

La residenza collettiva nella Svizzera d’Oltralpe

Data di pubblicazione
20-10-2023

A partire dalla fine del secolo scorso, come possiamo rilevare ripercorrendone le vicende urbane di questi ultimi anni, alcune città della Svizzera d’Oltralpe hanno assunto un ruolo centrale nella sperimentazione sul progetto residenziale, ponendosi come punto di riferimento internazionale per la ricerca in questo campo. Tornare a esplorarne le trasformazioni più recenti, come la ricognizione svolta per questo numero di Archi ci consente di fare, è un’occasione per verificare come nell’arco degli ultimi trent’anni questo ruolo si sia ulteriormente rafforzato, come l’architettura residenziale contemporanea in questo territorio sia caratterizzata da premesse ed esiti piuttosto differenti rispetto a quella degli anni Duemila e come in questo ambito tipologico sia possibile misurare l’eterogeneità dell’approccio al progetto delle diverse aree della Confederazione, confermando quella varietà di metodi e linguaggi che, per riprendere una riflessione di Anna Roos, rappresenta un elemento di riconoscibilità e distinzione rispetto ad altre grandi realtà europee, e la ragione di una così vivace attenzione della critica non solo locale.1

La riaffermazione della ricerca sull’abitazione trova riscontro evidentemente non solo nella pur notevole quantità degli interventi e nella ricchezza di soluzioni messe in campo per realizzarli, ma anche nel notevole corpus di pubblicazioni sull’argomento edite tra Zurigo, Basilea, Ginevra e Losanna che ne scandaglia le ragioni, i risultati e le traiettorie di sperimentazione.

Questo aspetto è evidente da una parte nei testi di storia urbana, nei quali il progetto della casa occupa spazi sempre più rilevanti. Nell’ambito della Svizzera francese l’accento è posto sulle premesse e le conseguenze sociali di diversi modelli abitativi,2 sulle specificità della residenza individuale, collettiva e del quartiere nel contesto urbano,3 sul ruolo dell’edificio nella costruzione e densificazione della città.4 Il caso di Zurigo è studiato in modo ancora più articolato, con ricostruzioni storiche e itinerari nella residenza collettiva nel Novecento,5 l’individuazione di alcune fasi fondamentali nel rapporto tra edificio residenziale, isolato e città (dalla città-giardino alla città-parco e dal blocco urbano al quartiere),6 l’approfondimento sulla rinnovata fase di sviluppo attuatasi all’inizio degli anni Duemila,7 l’analisi dell’oscillazione tra cosmopolitismo e valori locali nel progetto residenziale dagli anni Ottanta in avanti.8

Dall’altra parte, il tema emerge in alcune pubblicazioni dedicate alla questione della residenza – non focalizzate unicamente sulla Svizzera francese e tedesca ma estese al panorama europeo –, che esaminano alcuni progetti contemporanei da molteplici angolazioni critiche, osservando l’evoluzione dell’abitare e della cellula residenziale dall’inizio del Novecento agli anni Duemila,9 le differenti espressioni del mix tipologico (sia dal punto di vista storico che nelle sue articolazioni odierne, classificandone gli esiti secondo una serie di modalità operative),10 il rapporto tra l’edificio residenziale e diversi tipi di contesto (urbano, periurbano e domestico),11 le caratteristiche degli spazi e delle parti che compongono l’organismo edilizio (la soglia, il foyer, la porta, la finestra, il balcone e la loggia) e il confronto in forma manualistica tra gli schemi planimetrici più innovativi.12

Anche se la gran parte di queste ricerche si alimenta principalmente della solida stratificazione storica dei casi studio locali, non mancano – a testimonianza di uno sguardo critico sempre aperto al confronto internazionale – ulteriori investigazioni sul tema residenziale in aree geografiche esterne a quella della Confederazione. La pubblicazione Milano: Architetture di Flora Ruchat-Roncati, che nel 2003 raccontava il risultato della sperimentazione sull’abitazione di autori come Luigi Caccia Dominioni, Pietro Lingeri, Claudio Asnago e Mario Vender,13 ha inaugurato una stagione di rinnovato interesse verso la ricchezza architettonica del capoluogo lombardo a venticinque (oggi cinquanta) anni di distanza dal periodo di insegnamento di Aldo Rossi all’ETH, influenzando l’immaginario dei progettisti locali in modo a volte anche esplicito: rappresentativo di questo legame è il confronto tra le piante del complesso in Seebahnstrasse a Zurigo (2014) di Edelmann Krell e quelle dell’edificio in via Vigoni a Miano (1956-1959) di Luigi Caccia Dominioni, che Bruno Marchand e Lorraine Beaudoin mettono a fuoco in un’analisi sull’architettura residenziale contemporanea in Svizzera14 o l’attenzione dedicata da Axel Fickert e Kaschka Knapkiewicz alla stessa ricerca in un articolo su «Werk, Bauen + Wohnen» di dieci anni fa.15

Questo sguardo rivolto all’esterno, come evidenziano ulteriori studi, sembra oggi estendersi ad altre realtà europee ed extraeuropee: ne fanno parte Residential towers di Gigon / Guyer, che illustra attraverso un’analisi comparativa ottanta edifici alti residenziali realizzati dagli anni Trenta a oggi in tutto il mondo16 (particolarmente negli Stati Uniti, in Brasile, a Singapore e, per l’Europa, in Inghilterra e in Germania) e accompagna la realizzazione delle prime torri elaborate a Zurigo dallo stesso studio (come la torre nella Löwenbräu-Areal del 2005-2014) e The renewal of dwelling di Elli Mosayebi e Michael Kraus, che testimonia invece l’allargamento dello sguardo a riferimenti geografici a volte dimenticati dalla letteratura internazionale come Atene, Colonia, Lione, Porto, Oslo, Zagabria e la grande conurbazione inglese di Liverpool, Manchester, Leeds e Sheffield.17

Dall’unità all’edificio

I temi attorno ai quali oggi la ricerca sembra polarizzarsi, come suggerisce questa serie di scritti e l’analisi delle opere selezionate, riguardano sia il rapporto tra unità abitativa ed edificio che tra edificio e città. La centralità nel progetto della sperimentazione sulla cellula residenziale sembra determinata da due fattori convergenti. Uno deriva dall’atomizzazione e dalla differenziazione dei nuclei familiari, che ha portato all’accantonamento del tradizionale appartamento per famiglie ritenuto, come già osservava Andreas Hofer più di dieci anni fa, poco efficiente, molto costoso nella gestione e poco adatto a misurarsi con esigenze sempre più frammentate.18 La conseguenza diretta di questa riconcettualizzazione del tema residenziale è l’elaborazione di nuove configurazioni spaziali come le Cluster-Wohnungen che, come racconta Stefano Guidarini in un testo recente sull’abitare condiviso,19 sono caratterizzate dall’aggregazione di unità autonome (costituite da una o due camere, da un bagno e da una mini-cucina) con uno spazio comune (composto da cucina-pranzo, soggiorno, zona giochi, zona studio e lavoro), e sono intese come residenze intergenerazionali (per giovani, adulti e anziani) dove convivono densità edilizia e intensità di relazioni.

L’altro è determinato dal più attento ascolto di queste nuove esigenze attraverso l’adozione di un processo cooperativo o basato su pratiche di partecipazione con i futuri abitanti. L’articolazione di questo modo di operare è stata più volte analizzata individuandone le ragioni, i metodi, gli attori, le attività e i luoghi20 e, nel caso di Zurigo, ricostruendone l’evoluzione nel tempo, l’ideologia di fondo e le forme di vita collettiva proposte.21 Un numero di Archi del 2018, in particolare, ha tratteggiato attraverso una sequenza di opere emblematiche il radicale cambio di paradigma dovuto all’avvento delle operazioni di carattere cooperativo.22 Il saggio di Bruno Marchand e Lorraine Beaudoin identifica alcuni casi in questo senso emblematici come l’isolato Kalkbreite (2012-2014) di Müller Sigrist, l’Edificio A di Duplex Architekten e l’Edificio I di Futurafrosch all’interno del quartiere Hunziker Areal (2012-2015) a Zurigo o, spostandosi a Ginevra, l’Edificio del Pommier (2010-2011) di GMAA, l’Eco-quartiere Jonction di Dreier Frenzel (2013-2017) e l’Edificio Soubeyran (2015-2017) dello studio ATBA (i primi due per la cooperativa CODHA, il terzo per Equilibre), distinguendo alcune dicotomie – la contrapposizione tra le «cucine-laboratorio» e le «cucine abitabili», tra l’approccio «high-tech» e quello «low-tech», tra la «flessibilità» e gli «adattamenti personali», tra «individualità» e «comunità» – in cui affiora la volontà degli architetti di rimettere in discussione i valori consolidati mirando a una continua ricalibrazione del progetto dell’alloggio e dell’edificio residenziale.

Nel caso specifico di Zurigo, ancora Stefano Guidarini ha evidenziato come gli stessi Kalkbreite e Mehr als Wohnen, oltre che il Kraftwerk 1 Heizenholz (2009-2012) di Adrian Streich, siano l’emblema di un modello economico differente da quello delle semplici cooperative d’abitazione grazie a programmi funzionali più articolati che introducono, oltre che la residenza, anche spazi per la cultura e il lavoro, servizi per famiglie (come asili nido e scuole per l’infanzia) e attività di sostegno per anziani o portatori di handicap.23 Tra i casi analizzati in questo numero, il Complesso Le Bled a Losanna (2020-2023) di TRIBU Architecture – che ospita attività indipendenti come uffici e spazi commerciali oltre ad alcune sale polivalenti e una terrazza comune di 450 m2 – mostra come questa modalità operativa sia oggi condivisa anche nella Svizzera francese.

Il superamento dell’alloggio tradizionale e la natura cooperativa dei processi a cui abbiamo accennato portano, nell’ambito della sperimentazione sulla cellula residenziale, a tre conseguenze che i casi studio sembrano ben rappresentare.

La prima, che appare ancor più nitida nell’esame complessivo degli interventi, riguarda l’eterogeneità tipologica delle unità abitative. La selezione qui effettuata mira da questo punto di vista a mettere in evidenza un ampio ventaglio di possibilità, che vanno dalle inusuali proporzioni degli appartamenti stretti e profondi adottati da Bearth & Deplazes nel Complesso Vier Jahreszeiten a Coira (2018-2020) alla configurazione a baionetta studiata da Archiplein nell’Edificio La Coulouvrèniere a Ginevra (2021-2023) e dai frastagliati spazi del Complesso Zollstrasse-Ost a Zurigo (2017-2019) di Esch Sintzel alle doppie giaciture sovrapposte su cui sono impostati gli schemi distributivi del Complesso Le Bled a Losanna (2020-2023) di TRIBU Architecture.

La seconda, apprezzabile anche nell’esame delle singole opere, corrisponde invece alla diversificazione degli alloggi, che costituisce uno dei temi conduttori del Complesso Zollstrasse-Ost a Zurigo (2017-2019) di Esch Sintzel – dove la differenza avviene sia tra i tre blocchi che compongono il sistema che tra quelli rivolti verso la città e quelli verso la ferrovia – e del Complesso Le Bled a Losanna (2020-2023) di TRIBU Architecture che, nel ricco repertorio di soluzioni esposto nelle pagine del Cayer des typologies de logement, mostra un mosaico di potenziali soluzioni al variare della dimensione, della forma, della collocazione all’interno dell’edificio e della durata della permanenza prevista (con un alloggio «B&B» per affitto breve).

La terza conseguenza, esito della valutazione della variabile temporale nel progetto residenziale, consiste infine nello sviluppo del tema della flessibilità, e quindi nella possibilità di formulare diversi tipi di assetto spaziale o aggregazione funzionale secondo le specifiche esigenze dei nuclei familiari. Rispetto a tale questione, già negli anni Duemila alcuni casi zurighesi avevano riscosso una certa notorietà a livello internazionale grazie all’innovatività delle soluzioni escogitate. La Siedlung Hegianwandweg (2001-2003) di EM2N mostrava ad esempio come, grazie ad alcune scelte costruttive (il corpo distributivo e le autorimesse in cemento e le partizioni verticali e orizzontali in legno), fosse possibile suddividere uno stesso alloggio in 25 diverse modalità, ciascuna capace di ospitare un nucleo familiare di composizione più o meno estesa (dal single alla coppia con quattro figli, come mostra l’emblematica Wohnungsmatrix elaborata per l’intervento). Il Complesso in Hellmutstrasse a Zurigo (1991) di ADP interpretava lo stesso principio non assegnando alcuna funzione predeterminata ed esprimendo, come osservato da Tatjana Schneider e Jeremy Till in una raccolta sulla flessibilità degli edifici residenziali dal Novecento a oggi,24 una delle forme più avanzate di adattabilità della casa collettiva contemporanea.

Alcune operazioni recenti mostrano un’ulteriore evoluzione di questo concetto basata sull’inclusione di usi anche non residenziali all’interno di programmi funzionali più complessi e articolati. Tra i casi qui riportati, l’Edificio La Coulouvrèniere a Ginevra (2021-2023) di Archiplein è caratterizzato da un corpo distributivo sul lato sud attorno al quale – in uno spazio a C attraversato solo dalla fascia trasversale dedicata ai blocchi umidi – le unità possono essere ripartite liberamente o variate nel tempo a seconda delle esigenze. Nei Künst­lerateliers Erlenmatt Ost a Basilea (2018-2019) di Degelo Architekten, il dettato funzionale è lasciato invece interamente aperto: tenendo fissi unicamente i muri esterni, tutte le stanze possono essere infatti utilizzate in varie modalità, grazie alla possibilità di riorganizzare le partizioni interne e ricollocare il blocco umido in qualsiasi momento. L’obiettivo è di realizzare non solo un edificio residenziale ma un dispositivo urbano polifunzionale nel senso più ampio del termine, in una concezione non più statica ma dinamica del programma in cui le variazioni possono essere effettuate anche nella fase post-realizzativa.

Dall’edificio alla città

La sperimentazione sul rapporto tra edificio e città riguarda invece sia le tecniche di densificazione che la presa di distanza dalle forme insediative del passato. Il primo aspetto risulta evidente nello sviluppo in altezza delle nuove costruzioni. Diverse opere recenti – come la Mobimo Tower (2002-2011) di Diener & Diener, la torre nella Löwenbräu-Areal (2005-2014) di Gigon / Guyer e Atelier WW, il Complesso Escher Terraces (2007-2014) di E2A, la Zölly Tower (2009-2014) di Marcel Meili & Markus Peter, le Torri Metropolitans (2011-2015) di Baumschlager & Eberle e la Limmat Tower (2012-2015) di Huggenbergerfries Architekten a Zurigo o, spostandoci a Basilea, la Markthalle Tower di Diener & Diener (2007-2012), la St. Jakob Tower  (2005-2008) e la Meret Oppenheim Haus (2015-2018) di Herzog & de Meuron oppure ancora, in un ambito dove questa tendenza si è consolidata più di recente come Ginevra, la Tour Opale (2018-2020) di Lacaton & Vassal – testimoniano da questo punto di vista un cambiamento nello skyline della città e nella concezione del progetto residenziale che, come Archi ha già illustrato in un numero dedicato di quasi dieci anni fa,25 rappresenta uno dei più significativi connotati dell’architettura della Svizzera tedesca (e in parte francese) rispetto a quella italiana, ove questo terreno di approfondimento risulta ancora oggi per gran parte inesplorato.

Il secondo aspetto, riguardante il rapporto critico con gli schemi insediativi degli anni Ottanta e Novanta, deriva invece dall’evoluzione del linguaggio e della messa in discussione del modello della «Swiss box». Come scrive Andreas Ruby in una recente indagine sugli studi svizzeri emergenti, infatti, gli architetti non sembrano più essere interessati all’autonomia dell’oggetto architettonico che sfida eroicamente i limiti del suo contesto, ma usano queste limitazioni come riferimenti concettuali per l’attacco a un’architettura basata sul rigore e sulla chiarezza volumetrica, nell’interesse di renderla reattiva al flusso di informazioni e stimoli forniti dai luoghi in cui lavorano.26

Il dialogo tra architettura e città, come si evince da alcune analisi sull’architettura residenziale a Zurigo degli anni Duemila,27 era spesso garantito da un principio insediativo ricorrente come l’impianto a griglia, che si poneva in diretta continuità con il costruito esistente attraverso scelte coerenti dal punto di vista morfologico. Opere di autori come Gigon / Guyer, Camenzind Evolution, Burkhalter & Sumi, EM2N rispondevano a questo principio adottando corrispondenze geometriche piuttosto rigide sia tra gli spazi interni che costituiscono i singoli edifici che, in aggregazioni plurali, tra i diversi edifici che componevano il sistema. Gli interventi di questi ultimi anni si sono fatti invece dimensionalmente più grandi e volumetricamente più complessi, esprimendo forme e principi che, per riprendere una distinzione interna alla cultura svizzera messa a fuoco da Carlo Prati, attengono più il modello del frammento che del cristallo, più l’indagine tipologica e la ricerca costruttiva di un’architettura «introflessa e archetipica» che l’affinamento dell’involucro e la semplicità di un’architettura «estroflessa e osmotica».28

Nel campo del progetto residenziale questo aspetto è confermato anche da Thomas von Ballmoos e Bruno Krucker, autori di un’opera emblematica come il Complesso Triemli a Zurigo (2009-2011), secondo i quali la modellazione dei volumi e la disposizione delle abitazioni determinano «stanze in movimento», con assetti di matrice organica riconducibili a due ragioni principali: gli stimoli esterni (a partire dal confronto con aree non sempre di configurazione regolare) e l’indagine costante sull’esperienza dello spazio.29 Un’ulteriore conferma proviene da uno scritto di Cristoph Wieser secondo il quale, dopo il declino della «Nuova Semplicità» e il superamento dei rigidi schemi della «Swiss box», volumetrie sempre più complesse hanno iniziato ad apparire anche nei progetti di housing: le geometrie oblique rendono infatti più fluida la concatenazione degli spazi, gli angoli ottusi e acuti consentono di istituire gerarchie spaziali e le forme possono essere meglio integrate in lotti irregolari.30

Nella residenza della Svizzera d’Oltralpe, particolarmente nel contesto zurighese, questa tendenza è verificabile in diversi ambiti tipologici: per le residenze a blocco – come nei frammenti che compongono il Complesso Mehr als Wohnen (2009-2015) di Duplex Architekten, i tre prismi irregolari del Complesso Zollstrasse-Ost (2017-2019) di Esch Sintzel, i due volumi di pianta triangolare dell’Edificio in Neudorfstrasse (Wädenswil, 2012-2017) di Duplex Architekten o anche i corpi a V assemblati in sequenza dell’Écoquartier du Stand (Nyon, 2019-2022) di farra zoumboulakis & associés –, per gli impianti a corte – come nel poligono dai bracci di diverso spessore dell’isolato Kalkbreite (2012-2014) di Müller Sigrist, nella corte a C dall’irregolare impronta al suolo plasmata da Duplex Architekten nel Buchegg Estate (2011-2018) –, e infine per le torri – come nel corpo pentagonale della già menzionata Zölly Tower (2009-2014) di Marcel Meili & Markus Peter –.

Più in generale, rispetto al rapporto architettura e città, le opere selezionate in questo numero di Archi dimostrano come – pur nell’esplorazione di differenti forme espressive, degli studi sulla flessibilità e della ricerca sulla sostenibilità ambientale – il dialogo con il contesto urbano e paesaggistico, sia sul piano morfologico-insediativo che su quello percettivo (pensando alla ricerca delle visuali libere e alla migliore esposizione alla luce), rappresenti ancora una priorità per la cultura del progetto, anche nella sua nozione «aumentata» in cui si sovrappongono, per riprendere una considerazione di Bruno Marchand e Lorraine Beaudoin, la dimensione «presente», quella «invisibile» e quella «assente».31

L’Edificio La Coulouvrèniere a Ginevra (2021-2023) di Archiplein riprende questo principio in una relazione bivalente con gli strati esistenti e cancellati del palinsesto urbano. Il riferimento all’architettura scomparsa del comparto industriale qui precedentemente collocato emerge nella scelta di un sistema strutturale visibile in facciata,32 mentre quello al costruito che circonda oggi l’edificio ispira le scelte morfologiche e insediative – l’allineamento ai volumi sia in pianta che in alzato – e quelle relative alla valorizzazione delle visuali, concretizzandosi in un fronte più estroverso verso il fiume e più introverso verso la città.

L’Écoquartier du Stand a Nyon (2019-2022) di farra zoumboulakis & associés, recenti vincitori del primo importante concorso in Ticino promosso da una cooperativa (Vivere Lambertenghi), ospita 127 unità corredate da una serie di spazi condivisi, un asilo nido, un centro polifunzionale per le attività di quartiere e due terrazze dedicate ai residenti. Pur nell’articolata composizione del programma e dal profilo a linee spezzate dei corpi di fabbrica, l’insediamento è costituito da due volumi che assecondano il perimetro allungato e irregolare del lotto di intervento, liberando due aree aperte sui lati corti alle estremità.

Il Complesso Le Bled di TRIBU Architecture a Losanna (2020-2023) è una costruzione all’interno di una zona in trasformazione. L’intervento si basa su un ampio programma funzionale (con uffici e spazi commerciali), su una articolata configurazione degli appartamenti (alloggi interdipendenti, alloggi tradizionali e cluster) e degli spazi collettivi (con sale polivalenti e una terrazza comune). Il rapporto con il luogo emerge invece nell’interpretazione dell’edificio come componente strutturante del tessuto urbano, con scelte morfologiche e tipologiche che si pongono in continuità con l’esistente, da una parte ricalcando i tracciati attorno al lotto di intervento, dall’altra riprendendo con la scelta della corte aperta un tema insediativo ricorrente della città.

Il Complesso Zollstrasse-Ost a Zurigo (2017-2019) di Esch Sintzel, incastonato in un cuneo dal profilo mistilineo in prossimità della Stazione Centrale, si relaziona al tessuto presentando un fronte pressoché compatto verso la città e uno scandito invece da una sequenza di rientranze e sporgenze verso il sedime ferroviario. L’intervento presenta elementi di continuità e di discontinuità rispetto alla situazione esistente: la prima si ritrova nel dialogo con gli edifici che lo circondano attraverso l’impaginato regolare delle facciate, un uso discreto del colore per i parapetti e per i montanti tra le aperture, la differenziazione in altezza del piano terra e la creazione di un porticato che prosegue il percorso pedonale già presente; la seconda emerge invece nel suo distinguersi da essi attraverso la plasticità volumetrica dei blocchi e la matericità minerale delle superfici, cristallizzandosi in un’aggregazione che, come il Monte Rushmore a cui lo studio fa riferimento, appare geologica e scultorea allo stesso tempo.33

Il Complesso Vier Jahreszeiten a Coira (2018-2020) di Bearth & Deplazes, uno dei progetti più radicali e dimensionalmente più rilevanti dello studio, mira all’istituzione di una mediazione tra privato e collettivo grazie al generoso giardino che separa il corpo di fabbrica dalla città.34 Dal punto di vista del rapporto con il luogo il volume si pone, grazie al suo posizionamento e alla sua estensione lineare (costituito dalla ripetizione di uno stesso blocco modulare al cui interno trovano posto tre tipi di unità abitativa), come un vero e proprio limite fisico del margine settentrionale della città, assumendo un chiaro ruolo urbano rispetto al tessuto esistente e ponendosi come dispositivo di mediazione tra la media densità degli edifici da una parte e il vivace affollamento delle costruzioni per la cura degli orti sul lato opposto.

I Künstlerateliers Erlenmatt Ost a Basilea (2018-2019) di Degelo Architekten rappresentano infine il completamento di una cortina edilizia che agisce come una sorta di «barriera antirumore» rispetto alla strada.35 La continuità col luogo avviene principalmente sul piano percettivo attraverso il diverso trattamento dei due fronti: quello verso il trafficato segmento di Signalstrasse si presenta con una superficie compatta opaca sulla quale si dispongono con un ritmo regolare ma sfalsato sui tre piani alcune aperture a tutta altezza, mentre quello verso la tranquilla corte retrostante è caratterizzato dalla presenza di una terrazza aperta che si estende lungo tutto il fronte a ogni piano e da una riduzione delle superfici opache a favore di quelle trasparenti, che portano maggiore luminosità agli spazi che si allineano sul lato sud-ovest.

Questi esempi, pur dissimili dal punto di vista delle condizioni al contorno – un edificio a corte aperta che si pone come elemento strutturante di un tessuto in trasformazione per TRIBU Architecture, una nuova costruzione tra il fiume e la città per Archiplein, un sistema di edifici e spazi aperti in un lotto irregolare per farra zoumboulakis & associés, un insediamento-cerniera tra un’infrastruttura stradale e il sedime ferroviario per Esch Sintzel, un volume isolato inteso come limite urbano per Bearth & Deplazes, il completamento di un fronte continuo esistente per Degelo Architekten –, sono accomunati da una ricerca sulla sperimentazione tipologica e costruttiva e spesso sull’adozione di un processo cooperativo che non rinuncia a intessere relazioni con la città a molteplici livelli, esprimendo in questo modo un’interpretazione innovativa ma allo stesso tempo contestuale del progetto che pare indicare una specificità dell’architettura residenziale delle città elvetiche d’Oltralpe. Differente pare essere, al momento, la situazione nel territorio ticinese: potrebbe essere allora utile, in futuro, tornare su questo tema e mettere a confronto le premesse e gli esiti di queste diverse modalità.

-> Approfondimento

Note

 

1 A. Roos, Foreword, in Id. (a cura di), Swiss sensibility. The culture of architecture in Switzerland, Birkhäuser, Basel 2017, p. 3.

 

2 B. Lescaze, La Société coopérative d’habitation Genève & l’histoire du logement social à Genève: XIXe & XXe siècles, Société coopérative d’habitation Genève, Genève 1994.

 

3 Cfr. i capitoli Quartiers d’habitation, Logement collectif e Logement collectif et activités in J. Lamunière, P. Meier, L’architecture à Genève, XXIe siècle: 2000-2013, Infolio, Gollion 2015, pp. 41-114.

 

4 Cfr. gli scritti di Benoît Jacques (Vers une ville ouverte), Martin Steinmann (Densité des expériences sensibles) e di Jonathan Sergison (Typologie de la villa urbaine) in B. Jacques, R. F. Pinto, Villa urbaine - l’exemple lausannois, Birkhäuser, Basel 2021, pp. 15-18, 99-115, 116-142.

 

5 Cfr. W. Huber, Architekturführer Zürich, Hochparterre, Zürich 2020; C. Durban, M. Koch, D. Kurz, M. Schumacher, M. Somandin, Mehr ls Wohnen. Gemeinnütziger Wohnungsbau in Zürich 1907-2007, gta, Zürich 2007.

 

6 D. Boudet, New Housing in Zurich. Typologies for a changing Society, Park Books, Zürich 2017.

 

7 H. Wirz, C. Wieser (a cura di), Zürcher Wohnungsbau / Zurich Housing Development 1995-2015, Quart, Luzern 2017, p. 37.

 

8 Cfr. i capitoli Tra cosmopolitismo e valori locali e Le questioni progettuali contemporanee in M. Moscatelli, Zurigo. La ricerca dell’essenziale, Marsilio, Venezia 2006, pp. 41-55.

 

9 J. Lucan, B. Marchand, M. Steinmann, Construire des logements: l’habitat collectif suisse (1950-2000), PPUR, Lausanne 2000.

 

10 B. Marchand, C. Joud, Mix: mixité typologique du logement collectif de Le Corbusier à nos jours, PPUR, Lausanne 2014.

 

11 Cfr. i capitoli «urbs», «suburbs» e «domus» in B. Marchand, L. Beaudoin (a cura di), Contextes: le logement contemporain en situation, EPFL Press, Lausanne 2021.

 

12 J. Hoskyn, T. Reimer, Floor plan manual, Hochparterre, Zürich 2017.

 

13 F. Ruchat Roncati, Milano: Architetture. Beiträge zur Vorlesung Architektur VIII, Sommersemester 1995 und 1997, ETH, Zürich 2003. Il testo, in due volumi, contiene gli scritti di Andrea Casiraghi sulla storia urbana di Milano, di Matthias Bräm su Asnago e Vender, di Astrid Staufer su Luigi Caccia Dominioni, di Ingrid Burgdorf su Luigi Moretti, di Cino Zucchi ancora su Asnago e Vender, di Karin Gimmi sul Centro Svizzero a Milano di Armin Meili e di Francesco Collotti su Pietro Lingeri.

 

14 B. Marchand, L. Beaudoin (a cura di), Contextes. Le logement contemporaine en situation, cit., p. 31.

 

15 «Der mehreckige Zuschnitt der Raumformate, die Zugänge über Raumdiagonale un die Ausformung besonderer Orte: Dies alles entspricht eher den Salon der Belle Epoque als den optimierten Wohngrundrissen um 1960». A. Fickert, K. Knapkiewicz, Der grosse Atem der Raumfolge, «Werk, Bauen + Wohnen», 2013, n. 12, p. 36.

 

16 A. Gigon, M. Guyer, Residential towers, gta, Zürich 2016.

 

17 E. Mosayebi, M. Kraus, The Renewal of Dwelling. European Housing Construction 1945-1975, Triest, Zürich 2023. Si veda la recensione del volume in questo numero di «Archi», p. 87.

 

18 A. Hofer, Von der Familienwohnung zum Cluster-Grundriss,  «TEC21», 2011, n. 7, pp. 23-31.

 

19 S. Guidarini, New Urban Housing. L’abitare condiviso in Europa, Skira, Milano 2018, pp. 47-51.

 

20 Si veda ad esempio M. Eleb, Ensemble et séparément: des lieux pour cohabiter, Mardaga, Bruxelles 2018.

 

21 Cfr. S. Claus, The Impressive Development of Housing Cooperatives in Zurich, A. Hofer, Housing Typologies in the Post-Industrial Society e I. Davidovici, Typology and Collective Life: Zurich’s new Cooperatives, in D. Boudet, New Housing in Zurich. Typologies for a changing Society, Park books, Zürich 2017, pp. 17-22, 200-202, 203-208.

 

22 B. Marchand, L. Beaudoin, Le cooperative di abitazione in Svizzera e la ricerca moderna dell’innovazione, «Archi», 2018, n. 1, p. 31.

 

23 Si veda ancora S. Guidarini, New Urban Housing. L’abitare condiviso in Europa, cit., p. 50, e (per il caso di Kalkbreite) S. Guidarini, Live-Work Complex Kalkbreite, «Lotus», 2018, n. 165, p. 124.

 

24 T. Schneider, J. Till, Flexible housing, Architectural Press, London 2007, pp. 105, 149.

 

25 Cfr. «Archi», 2014, n. 3. La rivista racconta il «densificare con qualità» a Zurigo attraverso cinque edifici alti di Marcel Meili & Markus Peter, Loeliger Strub Architektur, Peter Märkli, Burkhalter Sumi Architekten e Darlington Meier Architekten.

 

26 A. Ruby, Swiss Architecture Does Not Exist, «a+u Architecture and Urbanism», 2019, n. 580, p. 4.

 

27 Si veda ad esempio la selezione degli edifici residenziali realizzati a Zurigo all’inizio degli anni Duemila in S. Brandolini, Zurigo. Paradigma residenziale, «Ottagono», 2008, n. 10, n. 208, pp. 140-165.

 

28 C. Prati, Itinerario svizzero, «L’industria delle costruzioni», 2005, n. 385, pp. 15-16.

 

29 T. von Ballmoos, B. Krucker, Raumform und Bauform. Zum Potenzial «befreiter» Grundrisse, «Werk, Bauen + Wohnen», 2011, n. 10, p. 11.$

 

30 C. Wieser, Variations on a theme. Notes on reading the floor plan and cross sections of Zurich housing, 1995, 2015, in H. Wirz, C. Wieser (a cura di), Zurich Housing Development 1995-2015, Quart, Luzern 2017, p. 37.

 

31 B. Marchand, L. Beaudoin, Préambule, in Id. (a cura di), Contextes. Le logement contemporaine en situation, cit., pp. 11-12.

 

32 Per approfondire alcuni temi delle opere selezionate è stata organizzata una serie di interviste con i progettisti. Quella con Francis Jacquier (Archiplein), da cui sono tratte queste considerazioni, si è tenuta il 24.07.2023.

 

33 Da un’intervista dell’autore con Esch Sintzel Architekten, 08.08.2023.

 

34 Da un’intervista dell’autore con Valentin Bearth, 21.08.2023.

 

35 Da un’intervista dell’autore con Heinrich Degelo, 19.07.2023.

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