Sal­vare il mondo, vi­vere in­sieme – va bene, Bien­nale, ma come?

Al centro della Biennale 2021 c'è l'inclusività: non solo di identità e prospettive, ma anche di discipline. Tra interventi di climatologi, geologi e zoologi, viene quasi da chiedersi: che apporto dà l'architettura a questo dibattito? Il commento di Marc Frochaux.

Date de publication
25-07-2021

La Biennale è per i boomer? Di certo, l'istituzione è antiquata. Ma quest'anno niente lustrini e archistar: la 17a edizione è giovane e impegnata. E per la prima volta, il tema è una domanda: «Come vivremo/vogliamo vivere insieme?», ha chiesto Hashim Sarkis agli architetti di tutto il mondo, puntando a un «nuovo contratto spaziale». «Non possiamo più aspettare che i politici ci indichino la via verso un futuro migliore», ha affermato il curatore. «La politica divide e isola. Con l'architettura possiamo mostrare modi alternativi di vivere insieme».

È quindi l'inclusività, in tutte le sue forme, a dominare una Biennale caratterizzata dalla critica a un pensiero estrattivista, coloniale, attento solo al vantaggio economico. Come ci si potrebbe aspettare, i contributi compongono una sorta di festival delle buone intenzioni, che punta principalmente ad ampliare il campo dei soggetti che si confrontano con le questioni relative alla costruzione. Il «noi» viene esteso per andare a comprendere, innanzitutto, tutti i generi, e poi anche gli animali e i «non-umani»: funghi, piante, rocce – in breve, tutto ciò che forma la Terra, pianeta che molte installazioni propongono di guardare da un'altra prospettiva, ovvero dall'interno.

Oltre a questi interventi all'insegna delle buone intenzioni, e sempre in questo spirito inclusivo, alla Biennale sono rappresentate per la prima volta delle nazioni senza Stato (dai popoli autoctoni dell'Australia a quelli nomadi dell'Amazzonia), come ha ribadito, non senza orgoglio, Sarkis, e soprattutto popolazioni senza terra: la migrazione costituisce un'intera sezione della mostra principale. Quanto al Padiglione svizzero, i curatori ci hanno visto giusto quando hanno scelto di dedicarlo agli abitanti della frontiera.

La 17a Biennale esorta alla modestia, consultando climatologi, zoologi, geologi ecc., al punto che ci si finisce per chiedere quale sia l'apporto degli architetti a questo coro. Qui ci siamo quindi concentrati sul «come» presente nella domanda How will we live together?, sulle competenze specifiche dell'architettura che vengono mobilitate in questo grande dibattito internazionale. 

Per coloro che sono pronti a dedicarle il giusto tempo, la Biennale d'architettura, sviluppata in due anni da 173 gruppi, offre senz'altro alcuni insegnamenti. Tutto a posto, potete andare a Venezia.

Questo articolo è l'introduzione al dossier dedicato alla 17a edizione della Biennale nel numero di «TRACÉS» di luglio 2021. Traduzione a cura della redazione.

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