Ar­chi­tet­tu­ra e ma­te­ria­li

«Dire che il materiale rappresenta il mezzo necessario e sufficiente per la realizzazione architettonica non basta. Esso è qualche cosa di più: è la materia di cui si serve la fantasia dell’architetto per pensare architettonicamente e come tale ha influenze evidenti nelle conseguenze formali».1

 

Publikationsdatum
01-10-2018
Revision
01-10-2018

Le parole di Giuseppe Pagano scritte nel 1931 ben sintetizzano l’intimo rapporto che intercorre tra l’architettura e i materiali. Paragonando l’architettura alla musica o alla poesia, si può dire che i materiali sono come le parole che fanno poesia o le note che diventano musica per opera dell’artista che le utilizza. In questo bellissimo articolo Pagano prosegue spiegando come ci siano architetture pensate per essere realizzate in legno, altre in granito o in mattoni, altre ancora in ferro o in cemento armato. Il materiale è molto di più del solo aspetto esteriore. Ha in sé una sorta di potenziale «tendenza formale» che deriva e trae la sua forza direttamente dalle sue caratteristiche e peculiarità. 

Presso l’Accademia di architettura di Mendrisio dell’Università della Svizzera italiana, l’ambizioso compito di avvicinare lo studente alle complesse relazioni che intercorrono tra i materiali e le scelte architettoniche è affidato al corso Architettura e materiali,2 primo momento formativo proposto dall’area di Costruzione e Tecnologia diretta dal prof. Franz Graf. Il corso fornisce le nozioni fondamentali per quanto riguarda i materiali, i componenti e i sistemi costruttivi, delineando un panorama sui principali materiali utilizzati oggi e in passato, approfondendo in particolare le relazioni che intercorrono tra i materiali e il progetto. La conoscenza dei processi di produzione, delle modalità di lavorazione, delle proprietà e delle prestazioni dei diversi materiali costituisce la base fondamentale per individuare e mettere a fuoco i criteri da assumere durante la fase progettuale a partire da una prospettiva che considera le complesse relazioni tra l’architettura e il contesto ambientale, culturale ed economico. «Il nuovo emerge ogni volta dall’inedita interpretazione di ciò che era a disposizione […] di tutte le istanze che motivano il progetto: dalle considerazioni sociali ed etiche fino ai vincoli imposti dalle caratteristiche dei materiali utilizzati e dalle tecniche impiegate. Parlando metaforicamente la figura che meglio rappresenta l’attività progettuale dell’architetto non è quella dell’inventare, ma quella di un paziente ascolto».3 Con queste parole Angelo Mangiarotti tratteggia l’attidudine che l’architetto deve avere nell’«ascoltare» ciò che ha intorno e, nel caso dei materiali, conoscerli e interpretarli in modo da assecondare le loro caratteristiche o coglierne i limiti e valorizzarli (forse a volte anche superarli). Pietra, laterizio, calcestruzzo, legno, metallo, vetro, plastica hanno specificità proprie che vanno, in prima istanza, conosciute, poi decifrate ed espresse alla luce del progetto. Per cercare di cogliere il significato del trilite in pietra, del muro in laterizio, dell’arco e delle incredibili cupole del passato, dello sconvolgimento che la struttura puntuale in calcestruzzo o metallo ha determinato, delle conseguenze formali e d’uso che la dissoluzione della scatola muraria ha comportato con l’introduzione delle grandi facciate vetrate, il modo migliore e più interessante è analizzare diversi casi di studio, scelti tra le architetture più significative del passato e contemporanee. Le opere di Brunelleschi, Alberti, Palladio, Labrouste, Hennebique, Eiffel, Gropius, Le Corbusier, Mies van der Rohe, Perret, Prouvè, Mangiarotti, Zumthor e di molti altri rappresentano esempi da studiare, osservare, ridisegnare al fine di capire le logiche fondamentali che stanno alla base delle scelte architettoniche e delle modalità con le quali si passa dal «pensare l’architettura» a realizzarla, intendendo il processo progettuale legato e intersecato, fin dai suoi primi passi, alla materialità stessa del manufatto architettonico.

Cogliere il rapporto che intercorre tra materia e forma non è semplice e necessita di diversi livelli di lettura, ma sicuramente non è esclusivamente la scelta di un materiale innovativo, o al contrario tradizionale, a determinare l’esito del processo progettuale. Non sono di per sé i materiali a definire un’architettura come contemporanea, nel senso di un’opera capace di cogliere le istanze dei propri tempi ma è il modo in cui vengono utilizzati che determina la differenza tra una buona architettura costruita anche con mezzi tradizionali e una scadente costruita con materiali ricercati. L’innamoramento, che a volte si registra, verso i materiali e le tecniche costruttive nuove o innovative (a volte credute tali) ha portato molto spesso alla banalizzazione del rapporto tra architettura e costruzione che, al contrario, si presenta molto più sofisticato e articolato, come ci hanno mostrato i maestri del passato più lontano o più prossimo, che hanno fornito diverse interpretazioni a questo complesso tema. 

Riflettere su quello che Pagano definiva la «poesia» del materiale non è semplice all’interno di un’aula universitaria. Guardare l’architettura, toccarla, osservarne i dettagli e i materiali con le loro caratteristiche macroscopiche rende il processo conoscitivo molto più immediato. Per questa ragione agli studenti durante le lezioni viene proposta una scelta estremamente ampia di materiali provenienti dalla Biblioteca Tecnica dell’Accademia di architettura, luogo preposto alla raccolta di campioni e documentazione. Poter toccare ed osservare direttamente campioni di materiali lapidei naturali, di legno o di vetro, oltre che poter sfiorare con le mani i trattamenti di superficie o le finiture che i calcestruzzi o gli intonaci possono subire, aiuta ad intuire che i materiali – anche i più tradizionali e utilizzati fin dall’antichità – sono ancora in attesa di interpretazioni e letture contemporanee, legate e mutuate da istanze dell’ambiente culturale e sociale in cui l’architetto opera. Riconoscere i materiali, conoscerne le principali caratteristiche, analizzarne usi, tecniche costruttive, interpretazioni, significati e valori che a loro sono stati attribuiti in architetture realizzate in contesti temporali, geografici, storici, politici, economici e culturali diversi, è un primo grande obiettivo formativo che il corso si prefigge e rappresenta il primo passo per riuscire ad apprezzare la «poesia» di cui parlava Pagano. «È elemento di godimento estetico l’esatta levigatezza di una larga parete di marmo o la perfezione di una finestra in duralluminio, è pieno di accenti di moderna dissonanza l’accostamento del ferro rigido e infrangibile al vetro fragile e trasparente, è sorgente di commozione estetica intensa e completa una larga e maestosa parete di mattoni vetrificati o di lastre di travertino o di piastre metalliche».4 

 

Note

1.    Giuseppe Pagano-Pogatschnig, I «materiali» nella nuova architettura, in «La Casa Bella», n. 41, maggio 1931, p. 14.

2.    Corso tenuto dal 1996 al 2001 da Alfredo Pini, dal 2002 al 2005 da Marc Collomb, dal 2006 al 2010 da Franz Graf, dal 2011 al 2014 da Adolf Stiller, attualmente tenuto da Francesca Albani, assistente Giulio Sampaoli.

3.    A. Mangiarotti, M. Luchi, L. Bonesio, L. Magnani, In nome dell’architettura, Jaca Book, Milano 1987, p. 16.

4.    Giuseppe Pagano-Pogatschnig, I «materiali» nella nuova architettura, cit., p. 14.

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