Un la­bo­ra­to­rio di ri­cer­ca per la re­si­den­za ur­ba­na

Data di pubblicazione
09-10-2023
Stefano Guidarini
Architetto, professore di Progettazione architettonica e urbana DAStU POLIMI

La Svizzera è un vero e proprio laboratorio di ricerca sul tema della residenza. Questo fenomeno ha origini lontane, la sua storia è infatti caratterizzata da radici rurali e montane ma anche da una solida tradizione urbana. La maggioranza della popolazione è inurbata1 e questo fenomeno è in costante crescita: la sola Zurigo prevede di accogliere 80.000 nuovi abitanti entro il 2030, con la volontà di continuare a essere «una città per tutti»,2 dal momento che quasi il 30% degli abitanti è costituito da immigrati.3 La partecipazione alla vita comunitaria e politica è molto sentita, soprattutto a livello locale. Inoltre è molto sviluppato il senso di solidarietà sociale, come testimoniato anche dal movimento cooperativo, che dal 1907 gioca un ruolo importante nel welfare per l’abitare urbano (affordable housing), basato sull’affitto a lungo termine e sulla proprietà indivisa.4

È importante notare che buona parte delle innovazioni per la qualità dell’abitare in Svizzera sono state il risultato di una vera e propria lotta di classe da parte dei cittadini, che negli anni Novanta hanno deciso di reagire ai dissesti generati da una pesante crisi socio-economica legata alla de-industrializzazione e ad alcuni crac immobiliari nel settore privato, che avevano provocato una drammatica carenza di alloggi a prezzi accessibili. Lo spirito anti-capitalista, inclusivo ed ecologico è infatti uno dei fondamenti dello stile di vita delle cooperative di abitanti nate in quel periodo, come Karthago, Dreieck, NeNa1, Kraftwerk1, Kalkbreite, Mehr als Wohnen a Zurigo5 e Werkraum Warteck pp a Basilea.

È stata proprio la reazione a questo stato di crisi che ha condotto, anche tramite intensi processi partecipativi, alla definizione di nuove forme dell’abitare condiviso, come le Cluster-Wohnungen (evoluzione delle Wohn-Gemeinschaft),6 le Hallenwohnen (Kalkbreite-Zollhaus), le Molekular-Wohnungen (versione più flessibile delle Cluster-Wohnungen) e altre forme di residenze comunitarie più adatte alle nuove condizioni della vita urbana rispetto alle tradizionali Familien-Wohnungen (ritenute da Andreas Hofer un tipo edilizio che ha concluso la sua parabola storica).7 Oltre a queste nuove forme di abitare condiviso, che si sono ampiamente diffuse,8 è possibile riassumere alcuni tratti comuni della vicenda architettonica svizzera con particolare riferimento al campo della residenza.

Innanzitutto, l’aspetto ecologico e l’impegno alla riduzione del consumo di suolo9 fanno si che la ricerca si stia orientando in due direzioni principali: la densificazione urbana10 e la trasformazione di edifici esistenti. Il tema del riuso rappresenta un’evoluzione del dibattito legato al recupero delle aree industriali dismesse che in una prima fase, dagli anni Ottanta agli anni Duemila, ha privilegiato quasi esclusivamente la sostituzione edilizia. In seguito, come ha osservato Lorraine Beaudoin, è stato adottato un approccio basato sul recupero e la trasformazione, anche sulla spinta dell’opinione pubblica che in molti casi si è opposta alla demolizione di luoghi ricchi di storia collettiva.11

Considerato che le aree industriali in Svizzera sono state in gran parte già recuperate o ricostruite, il tema del riuso ai fini residenziali – che ovviamente ha anche una valenza ecologica – ha generato un interessante processo di ricerca e innovazione. Infatti, se a prima vista la residenza non sembrerebbe facilmente adattabile alle caratteristiche degli edifici industriali, in realtà proprio quest’apparente difficoltà iniziale ha promosso una serie di riflessioni progettuali sulle possibilità di abitare all’interno di spazi che erano stati pensati per tutt’altri scopi. Alcune condizioni sono risultate non solo accettabili, ma addirittura stimolanti e vantaggiose per arrivare alla definizione di forme di residenza «fuori dagli schemi». Molti dei migliori architetti svizzeri sono impegnati sia a livello professionale che a livello teorico e didattico su questo tema, inteso, secondo Philipp Esch, come una «second life»12 dalle grandi potenzialità tipologiche, spaziali e architettoniche.13 Al tema del recupero urbano di strutture industriali dismesse, con la significativa presenza della residenza, si aggiunge quello degli scali ferroviari, che in alcuni casi ha suscitato polemiche per le possibilità di innescare fenomeni di gentrificazione, a causa degli alti costi di vendita e affitto.14

Il tema della densificazione comporta l’uso di edifici a torre per le residenze, che stanno cambiando lo skyline delle città svizzere.15 In questo caso la ricerca tipologica, almeno finora, si sta concentrando più sui caratteri urbani della torre che non sulla pianta (che si è mantenuta in quasi tutti i casi all’interno del classico schema a nucleo centrale). Rispetto alla torre isolata della generazione precedente, quella attuale è chiamata a instaurare un rapporto con la città mediante un significativo sviluppo al piede per attività di interesse pubblico o per residenze speciali. La torre residenziale Schönbühl di Alvar ed Elissa Aalto a Lucerna (1964-1967), con il bar-bistrot e la piastra commerciale al piano terra (progettata da Alfred Roth) in fondo ha anticipato i tempi di qualche decennio. La doppia natura rurale-urbana della Svizzera fa sì che, oltre ai temi insediativi urbani, vi sia anche una grande dedizione a quello dell’architettura alpina, con tutte le contraddizioni fra modernità e tradizione vernacolare che questo tema comporta. Alcuni dei migliori architetti svizzeri (che, come ha notato Nicola Braghieri, in realtà provengono soprattutto dalle città)16 si cimentano, non senza difficoltà, con questo tema. Un altro tema ricorrente, collegato ai precedenti, è quello della costruzione, inteso come Baukultur, cioè come principio di qualità generale,17 come relazione tra linguaggio architettonico e logica costruttiva,18 e anche come innovazione tecnica. Alla consolidata tecnologia del béton, il cemento armato che in Svizzera rappresenta tutt’ora un valore espressivo positivo (al contrario dell’Italia, dove «cemento» e «cementificazione» sono termini assolutamente negativi), si stanno progressivamente affiancando altre tecnologie costruttive.

Data anche la sua disponibilità, il legno è uno dei materiali da costruzione più diffusi.19 È interessante notare come, oltre ai noti vantaggi per le nuove costruzioni (cantieri industrializzati, tempi di realizzazione brevi, minor costo, standard sostenibili20 ecc.), vi sia anche un interessante impiego del legno per il recupero di edifici esistenti, soprattutto per le sopraelevazioni da realizzare con materiali relativamente leggeri. Un altro tema che si sta estendendo è quello della costruzione massiva, con murature di grande spessore che sfruttano l’inerzia termica per minimizzare o annullare i costi di riscaldamento. Nel caso dei progetti realizzati dall’Atelier Archiplein21 a Ginevra, sono stati realizzati muri portanti in blocchi di pietra dello spessore di circa 40 cm più l’isolante interno e solai in legno o legno/cemento. Gli edifici costruiti con questa tecnica si sviluppano fino a otto piani fuori terra, con marcapiani, modanature e lesene che conferiscono loro un carattere urbano (in parte ispirato a Fernand Pouillon, anche nella tecnica lapidea), secondo quei valori di stabilità e di durata tipici dell’architettura urbana europea. I progetti realizzati dallo studio Baumschlager Eberle sono tre edifici per uso misto22 denominati «2226», ossia la temperatura interna tra i 22° e i 26°, ottenuta grazie all’inerzia termica delle murature isolanti in laterizio e al recupero del calore dell’aria viziata, senza impianti di riscaldamento, ventilazione o raffreddamento.

Il tema della costruzione comprende anche il non finito, ossia l’auto-costruzione di spazi interni a uso residenziale. Il primo di questi esempi è quello della controversa esperienza delle Hallenwohnen di Kalkbreite-Zollstrasse,23 spazi abitativi allestiti dagli abitanti che discendono in linea diretta dall’occupazione abusiva di ex edifici industriali. Questa forma abitativa radicale ha sollevato non poche perplessità, soprattutto per la sua essenza ideologica. A Zollhaus è stata realizzata con molte difficoltà, anche di carattere normativo, e si è guadagnata l’appellativo di «luogo di vita per gli squatter»,24 e di «casa sotto l’effetto di droghe».25 A Basilea, analogamente ad alcune esperienze berlinesi basate sul concetto di Ausbauhaus (casa in completamento)26 si sta sviluppando una forma di affitto dello spazio «al grezzo», con le sole predisposizioni degli impianti, lasciando il completamento all’iniziativa degli abitanti. È il caso della Easy-Jet House promosso dalla Cooperative d’Atelier, un gruppo di 36 artisti che ha deciso di vivere nella casa più radicale di Basilea progettata da Heinrich Degelo. I costi di costruzione sono stati minimi e l’affitto è di soli 10 CHF/mq/mese.

Un altro tema emergente è quello della costruzione legata al riciclo, del quale vi sono due declinazioni: una prima, legata all’economia circolare che prevede un concetto di costruzione smontabile e riciclabile per mezzo di materiali nuovi a energia grigia prossima allo zero;27 una seconda, la costruzione «re-use», che avviene in buona parte per mezzo di materiali riciclati.28

Sul piano dell’architettura, uno degli aspetti attualmente di maggior interesse è costituito da una linea di ricerca che sta riscoprendo quella tradizione dell’architettura moderna del XX secolo che non coincide con il Movimento Moderno dei CIAM (Auguste Perret, Tony Garnier, Gunnar Asplund e il classicismo nordico, Heinrich Tessenow, Ernst May, Josef Frank, Adolf Loos), insieme alla scuola milanese del secondo dopoguerra che aveva ridiscusso le basi teoriche e operative della modernità in rapporto al contesto e alla storia.29 Il fatto che ciò sia partito proprio da Zurigo non è casuale. Il caso milanese, infatti, è stato oggetto di numerosi studi all’ETHZ,30 anche a distanza di anni dalla breve e «traumatica» esperienza d’insegnamento di Aldo Rossi (1972-1975) e il conseguente fenomeno della Analoge Architektur.31 Negli ultimi anni questi precedenti hanno indotto numerosi architetti a superare l’astrazione figurativa e la «poetica della precisione» dei maestri svizzeri della generazione precedente, per sviluppare una sorta di «tendenza organica»32 che presta una particolare attenzione ai valori urbani (spesso in condizioni periferiche difficili), al linguaggio architettonico e alla relazione con il contesto, fino ai dettagli della facciata e dei suoi elementi (la finestra, il marcapiano, il cornicione, le coperture, i pluviali), oltre che sui materiali, sulla decorazione e la cura degli interni.33

Ma non solo, è già emersa una generazione di architetti quarantenni34 impegnata a dare risposte architettoniche alle domande ecologiche e sociali e che si è «guadagnata» il giudizio di «postmoderna».35 L’acuta analisi di Andres Herzog sottolinea in realtà il fatto che questa linea di ricerca è una delle risposte più efficaci alla condizione contemporanea, non un capriccio stilistico: il linguaggio «postmoderno» svizzero (e tedesco)36 smonta e riassembla l’architettura perché va di pari passo con la società pluralista e la separazione dei sistemi costruttivi richiesta dalla sostenibilità. La risposta ai cambiamenti climatici si riflette nel linguaggio architettonico variegato (collage, sovrapposizione, combinazione di elementi eterogenei); ogni lato della casa reagisce in modo diverso alla luce, al rumore e all’ambiente circostante. La biodiversità va di pari passo con la diversità architettonica.

Come è stato ampiamente assodato,37 non è possibile delineare un carattere unitario dell’architettura svizzera, ammesso che sia possibile (o interessante) farlo per qualunque paese occidentale. Forse l’unico filo comune è costituito dai temi presenti a tutti i livelli: le istanze ecologiche, l’integrazione sociale e la qualità della costruzione e della gestione del territorio. Quello che abbiamo cercato di riassumere è dunque un panorama complesso e contraddittorio, che riflette anche le notevoli influenze provenienti dell’estero, alle quali la Svizzera è sempre stata sensibile nella sua storia quasi millenaria. A ben vedere, in effetti, i testi degli Standard di costruzione sostenibile e della Baukultur, anche per la loro particolare attenzione al contesto ambientale e alla bellezza, sembrano quasi una versione aggiornata della res aedificatoria albertiana, che per la prima volta nel Quattrocento aveva esteso la cultura della costruzione all’intero territorio abitato dall’uomo.

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Note

 

1 Le aree rurali e montane occupano il 77% del territorio e ci vive il 25% della popolazione (in totale circa 8,4 milioni). Cfr. Strategia interdipartimentale per la promozione della cultura della costruzione, Ufficio federale della cultura UFC, Berna 2020.

 

2 Dominique Boudet, Zurich Wants to Remain a City for Everyone, intervista a Patrick Gmür, in D. Boudet (a cura di), New Housing in Zurich. Typologies for a Changing Society, Park Books, Zürich 2017, pp. 28-29.

 

3 Nel 2008 il Dipartimento di Promozione dell’Integrazione di Zurigo ha diffuso negli insediamenti sociali un cartello dal titolo Hallo Nachbarin, hallo Nachbar. Unsere Hausregeln («Ciao vicina, ciao vicino. Le regole della nostra casa»), che riassume in dieci lingue le «regole» della convivenza e che si conclude con l’invito a frequentare i corsi gratuiti di lingua tedesca.

 

4 Cfr. Sylvia Claus, The Impressive Development of Housing Cooperatives in Zurich, in Dominique Boudet (a cura di), New Housing in Zurich, cit., pp. 17-20; Mateo Kries, Mathias Müller, Daniel Niggli, Andreas Ruby, Ilka Ruby (a cura di), Together! The New Architecture of the Collective, Vitra Design Museum, Weil am Rhein-Berlin 2017; Cooperative di abitazione. Innovazione e sostenibilità, «Archi», 2018, n. 1.

 

5 Cfr. Andreas Hofer, Behutsamer Stadtumbau in Zürich: die Lebensformprojekte “Dreieck” und “Karthago” aus der Jugendbewegung sind umgesetzt, «Hochparterre», 1998, n. 11, pp. 18-20; Martin Blum, Andreas Hofer, p.m. (Hans Widmer), Kraftwerk1, construire une vie coopérative et durable, Édition du Linteau, Paris 2014; Dominique Boudet, The Renaissance of Zurich’s Housing Cooperative, in Id. (a cura di), New Housing in Zurich, cit., pp. 9-14; Stefano Guidarini, New Urban Housing. L’abitare condiviso in Europa, Skira, Milano 2018.

 

6 Il primo esempio è stato realizzato dalla cooperativa Kraftwerk1 a Heizenholz, Zurigo (Adrian Streich Architekten 2008-2011).

 

7 Andreas Hofer, Von der Familienwohnung zum Cluster-Grundriss, «TEC21», 2011, n. 7, pp. 23-31.

 

8 Le Cluster-Wohnungen si sono diffuse anche in Svizzera francese, i primi esempi sono quelli della cooperativa CODHA a Ginevra per l’Eco-quartier Jonction (Dreier Frenzel 2013-2018) e, nell’Eco-quartier Vergers a Meyrin sempre di CODHA (Bellmann Architectes 2016) ed Equilibre (LBL Architectes 2015-2018). Significativo è anche l’intervento della Cooperative Le Bled a Losanna (TRIBU Architecture Laurent Guidetti 2020-2022).

 

9 Il protocollo ecologico «Società a 2000 Watt» richiede che i cittadini usino meno energia e consumino meno risorse, in modo che l’intera società possa diventare energeticamente sostenibile. Nel 2020 è stata approvata la Strategia Suolo Svizzera, che prevede di ridurre il consumo di suolo secondo una visione complessiva, azzerandolo a partire dal 2050.

 

10 Frank Agast, Christoph Durban (a cura di), Dichter. Eine Dokumentation der baulichen Veränderung in Zürich – 30 Beispiele, Stadt Zürich 2012, 20153. La pubblicazione dimostra che i principali interventi residenziali realizzati a Zurigo sono di sostituzione edilizia (con densificazione) di industrie dismesse e di interventi residenziali degli anni Trenta-Settanta.

 

11 Lorraine Beaudoin, Reconversions industrielles: un habitat hors norme, in Bruno Marchand, Lorraine Beaudoin, Contextes. Le logement contemporain en situation, EPFL Press, Lausanne 2021, p. 175.

 

12 Philipp Esch, Silvio Schubiger, Michaela Türtscher, Reuse Zürcher Zentralwäscherei Workbook, Accademia di architettura di Mendrisio, Atelier Esch, 2021; Philipp Esch, Paola Corsini, Silvio Schubiger, Ziegelhof Brauerei a second life Workbook, Accademia di architettura di Mendrisio, Atelier Esch, 2022; www.esch.arc.usi.ch

 

13 Fra i principali progetti di riuso: l’ex birrificio Warteck a Basilea (Suter+Suter 1992-2014; l’ex fabbrica “Lokomotive” della Sulzer Areal a Winterthur (Knapkiewicz & Fickert 2001-2006); l’ex stabilimento del latte della Toni-Areal a Zurigo (EM2N 2005-2014); l’ex birrificio Lövenbräu a Zurigo (Gigon Guyer + Atelier WW 2005-2014); l’ex calzaturificio Hug Schuhfabrik a Dulliken (Adrian Streich 2009-2013); Freilager a Zurigo (Meili Peter; Rolf Mühlethaler; Office Haratori, Wingender Hovenier 2012-2016); l’ex cementificio Warmbächli a Berna (BHSF Architects 2015-2021); Industriestrasse a Lucerna (2017-2026 processo in corso); l’ex ospedale Felix Platter Areal della Cooperativa Wohnen & Mehr a Basilea (Muller Sigrist + Rapp et. al. 2018-2023); l’ex magazzino di vino Coop a Lysbüchel Süd a Basilea (Esch Sintzel 2018-2023); la Koch Areal Vertikale Fabrik a Zurigo (Käferstein & Meister 2019-2024).

 

14 Tra questi: Europaallee a Zurigo (masterplan di Kees Christiaanse - KCAP 2004-2022 e edifici di Graber Pulver+Masswerk, Caruso St. John, E2A, Max Dudler, Gigon Guyer, Wiel Arets, David Chipperfield, Stücheli, Bosshard Vaquer, Boltshauser); Nauentor a Basilea (Processo in corso 2014-2031); Depot Hard a Zurigo (Morger+Dettli 2015-2025), a Zurigo Altstetten la Letziturm (Armon Semadeni 2016-2020) e Letzibach (Adrian Streich 2015-2020).

 

15 Le principali città svizzere tengono monitorato lo skyline urbano con modelli 3D, disponibili sui siti internet istituzionali.

 

16 Nicola Braghieri, Alpi della Svizzera occidentale. La retorica dello «stile contemporaneo alpino», «ArchAlp» online, 08/09/2020, pp. 76-85; https://archalp.it/sito/wp-content/uploads/2020/10/08_Alpi-della-Svizzera_Braghieri.pdf. Il testo riporta anche alcune interessanti considerazioni generali sulle condizioni del lavoro professionale e sulla pratica dei concorsi in Svizzera. Cfr. anche N. Braghieri, The invention of the Swiss house: engineers, ethnographers and artists to the discovery of the Alpine vernacular construction, «ArchAlp», 2021, n. 7, https://doi.org/10.30682/aa2107c.

 

17 La Baukultur abbraccia tutte le attività che trasformano lo spazio abitato. Essa comprende sia le costruzioni esistenti che la progettazione e realizzazione di costruzioni, infrastrutture, spazi pubblici, la pianificazione del paesaggio. Cfr. Dichiarazione di Davos 2018, Verso una cultura della costruzione di qualità per l’Europa, Office fédéral de la culture, Section Patrimoine culturel et monuments historiques, 2018.

 

18 Si pensi, ad esempio, al lavoro di Christian Kerez e di Durisch+Nolli (questi ultimi ex collaboratori di Santiago Calatrava).

 

19 Fra gli interventi più significativi dal punto di vista architettonico realizzati in legno negli ultimi anni: a Basilea l’intervento in Maiengasse di Esch Sintzel 2014-2018; a Winterthur Giesserei - Das Mehr-Generationen-Haus (Galli Rudolf 2013) e Lokstadt Krokodil (Baumberger&Stegmeier + KilgaPopp 2021); a Zurigo l’intervento Hegianwandweg (EM2N 2003) e la Haus J Das Gartenhaus a Mehr als Wohnen (pool Architekten 2015); a Campra il Centro Sci Nordico (House of Cards) di Durisch+Nolli (2017-2019); a Ginevra il Centre d’accueil de réfugiés au parc Rigot (acau Architecture 2019, Prix Lignum 2021 ovest), un complesso smontabile e rimontabile altrove; a Bellinzona Casa Ghiringhelli (Burkhalter Sumi Architekten / Oxid Architecture 2017-2020).

 

20 Dal punto di vista architettonico, un aspetto importante è che si prevede di tenere separate le diverse componenti, quali strutture (con un ciclo di vita lungo) e impianti (ciclo più breve) al fine di facilitarne l’installazione, la manutenzione, lo smontaggio e il riciclo. Cfr. Sistema Davos per la qualità nella cultura della costruzione. Otto criteri per una cultura della costruzione di qualità, Ufficio federale della cultura UFC, Berna 2021, p. 14.

 

21 Plan-les-Ouates, Wohnhaus aus Naturstein (Archiplein + Atelier Perraudin 2021); Rue de La Coulouvrèniere (Archiplein 2023), vedasi la scheda di progetto in questo numero.

 

22 Baumschlager Eberle Architekten, Lustenau (A) 2226 edificio per uffici, 2013; Lingenau (A) – 2226 edificio polifunzionale, 2019; Emmenbrücke 2226 Emmenweid 2018. Per gli ultimi due cfr. «Archi», 2020, n. 4.

 

23 Kalkbreite Zollstrasse (Enzmann Fischer partner AG, 2014-2021). Cfr. S. Guidarini, New urban Housing, cit. pp. 122-138.

 

24 Katharina Bracher, Wohnen wie die Hausbesetzer, «NZZ am Sonntag», Neue Zürcher Zeitung 6/7/2014.

 

25 Axel Simon, Gezähmte Wohnträume. Hallenwohnen ist Gemeinschaft plus Selbstbau, «Hochparterre», 2019, n. 39, pp. 34-39.

 

26 Cfr. Berlino, tre casi di Ausbauhaus per Baugruppen progettati da Praeger Richter Architekten: Neukölln (2015); Lichtenberg (2016); Südkreuz (2022). Si tratta di edifici pluripiano 24-36 con unità abitative e lavorative. Ausbauhaus è una forma di costruzione economicamente vantaggiosa, costituita da unità a pianta libera e flessibile che possono essere completate in diversi modi. Questa separazione tra support e infill (che riprende N.J. Habraken, Supports, An Alternative to Mass Housing, London 1972) permette di offrire alloggi «minimal», «flat» e «self-development», che tengono conto dei desideri temporali e finanziari dei residenti, senza influenzare i tempi e i costi del progetto complessivo.

 

27 Cfr. il progetto a Basilea Efringer Re-Use (Lukas Raeber 2022) e a Basilea il concorso vinto da Parabase Walkeweg Re-Use (2022).

 

28 Cfr. l’interessante progetto a Zurigo del Recyclingzentrum, Juch-Areal (Graber Pulver 2023), smontabile e rimontabile altrove.

 

29 Cfr. Stefano Guidarini, Ignazio Gardella nell’architettura italiana. Opere 1929-1999, Skira, Milano 2002 (con ampia bibliografia).

 

30 In particolare da parte dell’Institut für Geschichte und Theorie der Architektur (GTA): Milano – Architettura / Mailand – die Bauten, Dispense universitarie, prof. Flora Ruchat-Roncati, ETH Zürich 1995, 1997, 2003; Milano dopoguerra. Architettura – Città – Territorio, prof. Laurent Stalder et al., GTA ETH Zürich 2012; dispensa che riporta testi di Manfredo Tafuri, Ernesto N. Rogers (Continuità), Reyner Banham (Neoliberty), Aldo Rossi, Vittorio Gregotti, oltre a progetti di Ignazio Gardella, Luigi Moretti, Vico Magistretti, Mangiarotti e Morassutti, Gio Ponti, BBPR, Piero Bottoni, Asnago e Vender, Luigi Caccia Dominioni, Aldo Rossi e altri.

 

31 Aldo Rossi, La arquitectura análoga, in «2C. Construcción de la Ciudad», n. 2, aprile 1975. Adam Caruso ha sottolineato che «l’ETH di Zurigo, come molte altre scuole, era diventata un prodotto del Sessantotto, con un programma dominato dalle scienze sociali. L’idea di Aldo Rossi di un’architettura autonoma, in cui la forma e la storia erano le uniche cose a cui valeva la pena pensare, colpì questo gruppo come un fulmine»; A. Caruso, Whatever Happened to Analogue Architecture, «AA Files», n. 59, London 2009, pp.74–75. Cfr. anche: Nicola Braghieri, Zurigo e l’Analoge Architektur, «Casabella», dicembre 2020, n. 916, pp. 6-13; Miroslav Šik, Jene analoge Stadt, ibidem, pp. 14-15.

 

32 Thomas von Ballmoos, Bruno Krucker, Raumform und Bauform: zum Potenzial “befreiter” Grundrisse, «Werk, Bauen + Wohnen», 2011, n. 10.

 

33 Cfr., ad esempio, la ricerca di Von Ballmoos Krucker, EMI (Edelaar, Mosayebi, Inderbitzin), Esch Sintzel, Graber Pulver, Schneider Studer Primas, Knapkievicz & Fickert, Käferstein & Meister, Adrian Streich, Miroslav Šik di Zurigo, oltre a Miller & Maranta e Jessenvollenweider di Basilea e Durisch+Nolli in Ticino. Elli Mosayebi (EMI Architekten) ha sostenuto una dissertazione su Luigi Caccia Dominioni, Die Erneuerung der Bürgerlichen Wohnkultur in Mailand um 1950 («Il rinnovamento della cultura residenziale borghese a Milano intorno al 1950»), Institut gta, ETH Zürich, prof. Ákos Moravánszky, prof. Markus Peter, 2006-2014. Cfr. anche: Bruno Marchand, Lorraine Beaudoin, op. cit.

 

34 Su alcuni studi di architettura emergenti in Svizzera vedasi il numero di «Archi», 2022, n. 6, curato da Alberto Bologna e Matteo Moscatelli, che analizza il lavoro di Inches Geleta (Locarno); Leopold Banchini (Ginevra); Kunik, de Morsier (Losanna); Scheibler & Villard (Basilea); Walder, Nickisch (Flims); Karamuk Kuo e Conen Sigl (Zurigo). Altri interessanti studi della generazione dei quarantenni sono: Luna Productions (Deitingen); Donet Schäfer Reimer e Lütjens Padmanabhan di Zurigo; Weyell Zipse; Stereo Architektur; Céline Baumann; Clauss Kahl Merz; Studio DIA; Lukas Raeber di Basilea; Parabase (collettivo di Basilea, Barcellona, Mexico City).

 

35 Andres Herzog, Das Revival der Postmoderne. Architektonische Antworten auf gesellschaftliche Fragen, «Hochparterre», 2023, n. 3. L’articolo cita nove progetti di Berna, Basilea, Zurigo e Stoccarda di alcuni degli architetti citati nella nota precedente.

 

36 Lo studio Summacumfemmer di Lipsia (tra i curatori del Padiglione tedesco alla Biennale di Venezia 2023, nonché autori di un edificio residenziale particolarmente innovativo per la Kooperative Grossstadt San Riemo a Monaco di Baviera, 2020) e i già citati Praeger Richter Architekten di Berlino.

 

37 Cfr. Vivian Ehrensberger, Andréas Ruby, Stephanie Savi, Schweizweit / Recent Architecture in Switzerland, Christoph Merian, Basilea 2016; Andreas Ruby, Swiss Architecture does not exist, «a+u Architecture and Urbanism», 2019, n. 580, p. 4.

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