Set­te su ot­to per il con­ven­to di Stans

La trasformazione del convento di Stans in «Culinarium Alpi­num» dimostra nel migliore dei modi che investire nella cultura della costruzione dà i suoi frutti. Anche se uno degli otto criteri di Davos è stato parzialmente ignorato.

Data di pubblicazione
30-09-2022

Lo ammettiamo: questo progetto conquista con il suo fascino. Un ex convento dei cappuccini nella Svizzera centrale, ai margini di una località pittoresca. Alberi da frutto si arrampicano sulle mura, la semplice facciata bianca è stata riparata più che restaurata –  un gesto di empatia che prosegue all’interno. Dalle ex celle dei frati sono state ricavate le stanze per gli ospiti – quattordici in tutto, due celle e mezza per ogni stanza – , ora dedicate a un’ascesi di qualità: legno massiccio, impianti a vista, sapone ai fiori alpini. Ma la cosa più importante è la cucina, nel duplice senso della parola. Qui, infatti, si utilizzano esclusivamente materie prime regionali, provenienti direttamente dalle fattorie, dalle malghe o dai pascoli circostanti; qui è presente anche una scuola di cucina. Perché la nuova vocazione del convento è l’arte culinaria alpina. Il nome attuale, «Culinarium Alpinum», ricorda il latino delle antiche funzioni religiose. È rimasta anche la promessa del paradiso.

I malgari come eroi

Ma rimaniamo sulla terra. Che cosa prevede il Sistema Davos per una cultura della costruzione di qualità? Anzitutto l’«uso responsabile del territorio» e «materiali e metodi di costruzione durevoli». Difficile trovare questi due punti rispettati meglio che in questo antico convento ammodernato e nel suo modo di intendere l’economia; qui tutto viene dal territorio: dal lotto stesso (le erbe), da una distanza a portata d’occhio (i formaggi), al massimo dalla regione circostante (il vino). Qui costruire e coltivare vanno a braccetto. Gli architetti, Birgit e Beat Rothen di Winterthur, hanno aggiunto i nuovi ingredienti costruttivi con sobrietà,  grande sensibilità per l’esistente eppure con un linguaggio decisamente contemporaneo. La struttura genera «valore economico» direttamente per i produttori: tutto arriva senza intermediari. Nelle grandi fotografie in bianco e nero di Sylvan Müller alle pareti del corridoio tra il ristorante e il cortile, i malgari diventano eroi e i casari gli iniziati del culto qui praticato. Le fotografie si ritrovano nel grande volume Das kulinarische Erbe der Alpen (L’eredità culinaria delle Alpi), scritto da Dominik Flammer, la forza trainante della fondazione che gestisce il convento e che porta lo stesso nome del libro. Il progetto soddisfa così un altro dei criteri di Davos, «connette le persone»: più esattamente un pubblico di visitatori, prevalentemente residenti in città, con la terra e con le persone che la lavorano. Chi ne è molto lontano, ha nostalgia di un genius loci inconfondibile, che qui non viene semplicemente «rafforzato», come richiesto, ma realmente definito. La «coerenza spaziale» con il paesaggio circostante è evidente nella struttura, che è circondata da un giardino a terrazze o, come si dice da queste parti, un «paesaggio commestibile»: circa cinquecento varietà di frutta, verdura e altre piante, tutte commestibili. Gli aspetti meno gustosi del paesaggio – neppure Stans è del tutto immune dal virus svizzero dell’agglomerazione – sono abilmente filtrati dalle mura del convento, cosicché dalla terrazza del ristorante l’occhio spazia solo su pascoli, fattorie, boschi e montagne.

Entusiasmo e ossessione

Non c’è dubbio che questa struttura «raggiunge il suo scopo» – se di fronte ad ambizioni così alte si può parlare di «scopo». Insomma, missione compiuta su sette degli otto criteri di Davos. Unico neo: la «buona governance», anglicismo che intende, tra le altre cose, un «processo decisionale partecipativo». Bisogna ammetterlo: questo non è presente. Anzi, è piuttosto di natura paternalistica: l’entusiasmo di Johannes Senn per questo luogo e per il progetto; l’ossessione di Dominik Flammer; l’impegno culinario, oltre che giuridico, di Tis Prager, avvocato e presidente della fondazione. Il coinvolgimento di quest’ultimo ha spinto Peter Durrer, manager di hotel a cinque stelle, a trasferirsi qui per occuparsi della gastronomia e dell’accoglienza alberghiera – e poi a dedicarsi all’orto a fianco del suo coach, a produrre il ketchup in proprio e a bandire i limoni dalla cucina. Insomma, qui si sono incontrati uomini provenienti da ambienti d’élite. Ma questo, per chi ne sperimenta il risultato, non è esattamente un difetto. Anche se, forse, al Culinarium Alpinum non farebbe male raccogliere ed esplorare un cibo alpino casalingo più vicino al popolo – e anche rivolgersi a un pubblico con un portafoglio più sottile.

Questo articolo è stato pubblicato nel numero speciale «Erfolgsfaktor Baukultur | La culture du bâti – un facteur de réussite | Cultura della costruzione: un fattore di successo».

Convento di Stans

 

Committenza
Senn Resources, San Gallo

 

Architettura
Rothen Architekten, Winterthur

 

Utente
Stiftung Kulinarisches Erbe der Alpen

 

Architettura del paesaggio
Balliana Schubert Landschaftsarchitekten, Zurigo

 

Direzione dei lavori
[da-ni.ch] architektur, Stans

 

Ingegneria civile
Dr. Lüchinger + Meyer, Bauingenieure, Lucerna

 

Impianti tecnici e elettrotecnica
3-Plan Haustechnik, Winterthur

 

Impresa
Poli Bau, Hergiswil

 

Carpenteria/Opere in legno
Holzbau Niederberger, Büren

 

Attrezzature cucina
Gastro Online, Ballwil

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