Pie­ga­re il tem­po: ri­pro­get­ta­re l’esi­sten­te

«Aggregando segmenti di temporalità diverse e mettendole in tensione fra loro, il gesto del riuso crea una rete intertestuale, che contiene le sue componenti ma non coincide con nessuna di esse. Non parla al passato, ma al futuro». – Salvatore Settis, 2022

Data di pubblicazione
17-04-2023

Non è la prima volta che Archi si occupa del tema del riuso del patrimonio edilizio esistente e sebbene molte delle motivazioni indicate restino sempre valide – riduzione del consumo di suolo, densificazione urbana, tutela del paesaggio ­–  negli ultimi anni il dibattito sulla trasformazione si è focalizzato soprattutto sulle misure necessarie a combattere il riscaldamento globale tramite interventi di ristrutturazione, sostituzione ed economia circolare a impatto zero, come risposta all’ingente necessità di limitare l’utilizzo di risorse non rinnovabili e di ridurre le emissioni di CO2 (di cui più del 30% provocate dal settore della costruzione).

La sostenibilità, in tutti i suoi aspetti, è uno dei fattori principali da considerare negli interventi architettonici e urbani di risanamento e adeguamento energetico alle normative vigenti, mentre il carattere additivo/sostitutivo/sottrattivo di questi interventi e la loro integrazione nel progetto è una sfida che richiede competenze specialistiche interdisciplinari in cui il ruolo dei progettisti è quello di arrivare – caso per caso – a una nuova sintesi.

Oltre ad appellarsi alla tradizione storica della cultura del recupero nel rinnovare i fabbricati nel corso del tempo, la questione che ora si pone è quella di affrontare la logica del «ciclo di vita utile» degli edifici ereditati dal Novecento, assumendo il loro orizzonte temporale limitato sia nell’architettura alta che nell’edilizia ordinaria.

Ciò che contraddistingue questo vasto campionario di manufatti spesso non è un particolare valore storico-artistico da tramandare che giustifica la loro tutela, ma piuttosto la pragmatica accettazione dell’impossibilità di sostituire completamente intere parti di città destinate a un irreversibile circuito di trasformazione (la demolizione è ormai da considerare un’alternativa costosa e insostenibile su larga scala). Come osserva Daniele Frediani analizzando gli ultimi decenni di sperimentazione sull’esistente nel panorama abitativo europeo, il compito è quello di procedere a una sovrascrittura che smentisca le previsioni di durabilità di questo capitale di beni immobiliari disponibili: «dotarsi di un orizzonte teorico e di strumenti interpretativi adeguati per affrontare un tema che rimette in discussione la struttura stessa con cui quel patrimonio è stato immaginato».

La questione interscalare della percezione generazionale apre inoltre nuove riflessioni sulle conseguenze delle azioni quotidiane di ogni singolo abitante sul pianeta. I nuovi standard energetici che hanno contribuito a ridurre del 75% i consumi dal 1980 al 2020 – rileva Giulio Bettini – non sono sufficienti; le legittime richieste che movimenti come Fridays for Future rivolgono alle nostre discipline  «non possono essere negate ma comprese e integrate» nelle procedure del proprio mestiere. Anche se la via del riutilizzo e del riciclaggio di materiali ed elementi costruttivi sembra incoraggiante, essa è ancora logisticamente molto complessa (vedi intervista a Muck Petzet): «Se la domanda dell’urgenza di agire sembra ormai ovvia, quella dei mezzi da impiegare, del come l’architettura possa dare un suo contributo, sembra invece lungi dall’essere esaustivamente individuata», una premessa – insiste l’autore – che coinvolge tutti gli attori del processo produttivo, in primis la committenza, la pianificazione strategica e l’apparato normativo.

Le opere raccolte in questo numero – il recente restauro del Bagno pubblico di Bellinzona (Galfetti associati); il rinnovamento del Centro di formazione FFS di Löwenberg a Murten (ASP Architekten); il risanamento energetico dell’edificio Macconi (Tibiletti Associati); la trasformazione dell’ospedale Felix-Platter di Basilea in cooperativa d’abitazione (Müller Siegrist / Rapp Architekten), nonché la ristrutturazione dell’ex Casa dello studente di Lugano diventata stabile amministrativo (Durisch+Nolli) – delineano un ventaglio di possibili approcci a queste problematiche, mostrando la transizione in corso nel territorio elvetico.

Com’è noto, una teoria della riconversione ormai consolidata individua diversi gradi di libertà per l’intervento progettuale sull’esistente in funzione del valore patrimoniale riconosciuto al manufatto (restauro o recupero); adottare un’accezione estesa della disciplina del riuso che miri alla rigenerazione del tessuto edilizio nel suo insieme – quindi alla riqualificazione ambientale dei luoghi superando i singoli specialismi – sta aprendo una via proficua al dibattito sulle pratiche e gli strumenti connessi al prolungamento della vita utile degli edifici.

Le serate di Archi

 

In occasione del centenario della prestigiosa istituzione milanese dedicata all’architettura e al design, i curatori Gabriele Neri e Massimiliano Savorra presenteranno Archi 1/2023 «La Svizzera alla Triennale di Milano».

 

L’incontro è programmato per martedì 16 maggio alle 19.00, presso la Sala LAB della Triennale.

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