Mo­da, ar­chi­tet­tu­ra e spa­zio in­ter­no: l’in­se­gna­men­to del­la HEAD

Moda e architettura

A colloquio con Jean-Pierre Greff, direttore della HEAD – Haute école d’art et de design de Genève, e Javier Fernández Contreras, responsabile del Dipartimento di design di spazi e architettura di interni.

Data di pubblicazione
13-11-2019

Parlare di moda e di architettura significa parlare non solo di corpi, di forme e di strutture ma anche di identità, di cultura e di immagine. Per osservare questi fenomeni e valutarne l’influsso nel campo della creazione artistica ci rivolgiamo a uno dei pochi centri accademici svizzeri dove vengono insegnate queste discipline.

Andiamo quindi a scoprire una delle più importanti fabbriche di talenti artistici del nostro paese, la HEAD di Ginevra, e parliamo con il suo direttore, Jean-Pierre Greff, e con il nuovo responsabile del Dipartimento di architettura di interni, Javier Fernández Contreras. Al centro della nostra discussione, l’architettura, la moda, ma anche il futuro della società contemporanea visto attraverso la trasformazione di uno dei concetti più influenti del nostro tempo: lo spazio interno.

espazium.ch – Com'è organizzato l’insegnamento delle diverse discipline artistiche presso la HEAD?

Jean-Pierre Greff – Abbiamo creato cinque dipartimenti: 1. Arti visive, 2. Cinema, 3. Comunicazione visiva e media design, 4. Design di spazi e architettura di interni, 5. Design di prodotti: moda, gioielli e accessori. Ogni dipartimento è a sua volta articolato in diverse opzioni: gli studenti hanno quindi la possibilità di confrontarsi con le molteplici questioni che riguardano il composito ambito dell’arte e del design contemporaneo.

Quali relazioni si possono tessere tra la moda e l’architettura?

Jean-Pierre Greff – Oggi l’intero ambito della creazione è in un certo senso transdisciplinare e deterritorializzato. Le divisioni nette tra le discipline sono pertanto sempre meno pertinenti. L’avvicinamento di due campi tanto distanti come l’architettura e la moda ne è un esempio.
In termini di scala e di tempi, potremmo pensare che moda e architettura abbiano ben poco in comune. Nel primo caso parliamo dello spazio del corpo, nel secondo di quello dell’habitat. La moda è una disciplina concepita attraverso le strategie dell’effimero, mentre l’architettura è generalmente destinata a perdurare nel tempo. Tuttavia, in entrambi i casi, la funzione antropologica che svolgono è analoga: l’abito, così come l’edificio, rappresenta un’interfaccia tra l’uomo e lo spazio pubblico, tra l’intimo e il collettivo. Anche l’etimologia rivela questa analogia: abito – abitazione. L’abito può quindi essere considerato come una mini-architettura, calibrata a misura d’uomo. La differenza di scala è enorme ma la funzione resta la stessa: proteggere (dagli sguardi o dalle aggressioni esterne) e affermare un’identità nello spazio sociale.

Javier Fernández Contreras – Si tratta di due discipline che nascono dall’incontro tra funzione e identità.
Osservando questa dualità da una prospettiva storica, si nota che per la prima volta nella storia di queste discipline le diverse identità che compongono le rispettive evoluzioni si ritrovano contemporaneamente in uno stesso spazio fisico, quello della sfilata. A titolo di esempio – e questo vale sia nella moda che nell’architettura –, le molteplici identità di cui sono composte si ritrovano una di fianco all’altra in una stessa temporalità effimera e in un medesimo spazio. In quanto scuola di arte e design, ciò che ci interessa maggiormente sono proprio le possibilità offerte da questa miscela di identità.

Che spazio occupano la moda e l’architettura nella vostra istituzione?

Jean-Pierre Greff – Da noi la moda è volutamente situata nel campo del design. Le creazioni s’iscrivono in una logica di progetto, anche se altre istituzioni preferiscono collocarla in relazione alla storia dell’arte, all’haute couture e alle arti decorative.
Tra i nostri referenti più importanti vi è la designer italiana Nanni Strada, che abbiamo invitato a più riprese nella nostra scuola. Già negli anni Settanta iscriveva il lavoro della moda in un processo di progettazione influenzato dalla cultura del design e dell’architettura. Lei stessa era vicina alle correnti di architettura sperimentale dell’epoca, come quella rappresentata dall’agenzia milanese Superstudio.

Javier Fernández Contreras – Per quanto riguarda l’architettura, concepiamo i suoi spazi interni come dei laboratori di modernità. Se all’inizio del secolo scorso l’idea di modernità era spesso associata alle operazioni di pianificazione urbanistica e all’espansione territoriale delle città, oggi le grandi trasformazioni dello spazio avvengono soprattutto dall’interno, mentre le facciate restano le stesse. Questo fenomeno di trasformazione ciclica e illimitata degli spazi interni e i fattori ad esso associati, quali la rapidità, la volatilità oppure la leggerezza, sono una prova delle enormi trasformazioni che sta vivendo attualmente la nostra società. Queste condizioni permettono al nostro dipartimento di essere un vero e proprio laboratorio sperimentale dello spazio.

Alla HEAD esiste una relazione diretta e formale tra i dipartimenti di moda e architettura?

Javier Fernández Contreras – Sì, per la prima volta nella sua storia la Facoltà di architettura di interni ha realizzato la scenografia dell'ultima sfilata di moda, che si è tenuta lo scorso 8 novembre. Un dialogo possibile grazie alla convergenza intellettuale e pratica messa in atto recentemente da queste due discipline.

Perché oggi la moda si rivolge all’architettura e, viceversa, che interesse può trarre l’architettura da questa unione?

Jean-Pierre Greff – La moda e l’abbigliamento, come pure l’architettura e gli edifici, si disegnano in due dimensioni per essere poi trasposte in una realtà tridimensionale. Questa ulteriore analogia, che riguarda in questo caso il processo di lavoro degli architetti e dei disegnatori di moda, arricchisce reciprocamente le creazioni di entrambi. Un'affinità ulteriormente accentuata dalla diffusione degli strumenti digitali di creazione che hanno rivoluzionato in modo analogo l’invenzione di forme sia nella moda che nell’architettura. Guardiamo ad esempio a Zaha Hadid e Iris van Herpen: è impressionante. Questa attuale vicinanza tra architettura e abbigliamento si trova all’incrocio di un doppio movimento. La moda, come già detto, persegue un’idea costruttiva dell’abito strutturata come un’architettura a misura dell’individuo. Viceversa, l’architettura si riallaccia a forme organiche e dinamiche (che sembrano in movimento), fenomeno certamente favorito dalle tecnologie digitali: le facciate assomigliano ad una pelle, le forme e le strutture si ispirano al vocabolario della moda, ricordano dei drappeggi, delle pieghettature, delle retine di maglia ecc.

Javier Fernández Contreras – La moda s’interessa allo spazio per lo stesso motivo per il quale si è sempre interessata alla fotografia: per questioni di costruzione dell’immagine. La moda non potrebbe esistere senza questi due veicoli di comunicazione.
Se storicamente questa relazione ha le sue origini nelle prime vetrine dei centri commerciali britannici e più tardi nell’istituzionalizzazione delle sfilate di moda, oggi questo rapporto si trova ad una svolta, incarnata dalla realizzazione di Rem Koolhaas per Prada e il suo Prada Epicenter a New York. Un progetto che ha conferito una straordinaria legittimità all'ambito degli interni rispetto a quello della moda.
Infine, un altro aspetto teorico determinante in questa relazione tra moda e architettura è contenuto negli scritti di Gottfried Semper (1803-1879) e nella sua concezione della facciata come tessuto. Senza andare oltre, basti osservare che i bordi di una camicia e i telai delle finestre rappresentano un dettaglio tecnico di un problema comune: quello dell’ornamento.

Come affrontate la costruzione dell’immagine con i vostri studenti?

Jean-Pierre Greff – Si tratta di uno dei primi temi che abbiamo affrontato quando abbiamo ridefinito il nostro Dipartimento di design della moda. Al di là delle conoscenze tecniche e delle intuizioni degli studenti, il fatto di far valere un immaginario proprio, un mondo di immagini soggettive, di emozioni e di affetti sostiene, supporta e nutre le creazioni, conferendo loro spessore. L’immagine è integrata sin dall’inizio, incarna la capacità di concepire e ideare un lavoro in una realtà (soggettiva, sociale, politica) che trascende le forme apparenti dell’abito, fino a conferire al progetto una consistenza nuova.

Javier Fernández Contreras – Questa tematica ci interessa particolarmente e sarà uno dei punti centrali del nuovo Master di architettura di interni che è stato inaugurato nel mese di settembre del 2019.
In poche parole, negli ultimi decenni la relazione tra la nostra concezione dello spazio e la sua rappresentazione è profondamente cambiata. Se nel passato il rapporto tra spazio interno e percezione era illustrato da forme rappresentative come il disegno, la pittura o il teatro, oggi, con il sorgere di nuove realtà come la fotografia, l’audiovisivo, il digitale e molte altre ancora, questo paesaggio interno ha acquisito complessità. Possiamo affermare che oggi la costruzione dello spazio è un tessuto infinito delle diverse forme di rappresentazione che compongono l’immaginario contemporaneo che condividiamo. Il pensiero dello spazio contemporaneo è soprattutto trasversale.

In cosa si differenzia l’insegnamento dell’architettura presso la HEAD da quello delle scuole politecniche?

Javier Fernández Contreras – Nelle scuole politecniche classiche, l’architettura in quanto disciplina è concepita come un ecosistema tettonico e lo spazio è percepito come un elemento scultoreo. In termini di rappresentazione, gli studenti sono quindi rapidamente inquadrati in una visione olistica di piano, sezione e assonometria, che situa il creatore sempre all’esterno della creazione.
Al contrario, l’episteme dell’architettura di interni permette una molteplicità di punti di partenza, conferendo una condizione di trasversalità agli spazi interni. Pertanto, le molteplici discipline che compongono il nostro immaginario comune – come il cinema, la moda, il design oppure le nuove tecnologie – si sovrappongono in un’unica narrazione. In questo modo gli spazi interni articolano le trasformazioni della società contemporanea permettendoci di comprenderne o anticiparne le evoluzioni.
Ecco perché l’ecosistema di una scuola d’arte e design rappresenta un vantaggio enorme. Siamo costantemente a contatto con creatori di tutti i generi, che a loro volta sono punti di riferimento per un individuo che desidera, ad esempio, ripensare uno spazio interno ispirandosi al suo variegato immaginario: cinema, pubblicità, design di prodotti, reti sociali ecc.

Quali sono secondo voi le fonti d’ispirazione principali della creazione artistica contemporanea?

Jean-Pierre Greff – Mi vengono in mente due risposte. Da un lato l’immaginario contemporaneo è fondamentalmente politico. Si tratta del futuro del mondo: in che modo si trasforma? Dove stiamo andando? Tutto ciò sarà sostenibile? Come possiamo ancora tentare di influire sul corso delle cose?
Dall’altro vi è l’influenza delle innovazioni tecnologiche che travolgono la nostra percezione della realtà, come ad esempio, per restare nel campo della moda, il transumanesimo e le molteplici mutazioni dell’essere umano, il cosiddetto uomo aumentato, l’uomo macchina ecc., di cui non conosciamo i limiti.
Queste due questioni pesano senza dubbio fortemente sull’immaginario dei creatori contemporanei. In ogni caso, ciò che è certo è che non abbiamo mai provato una sensazione tanto forte di essere alla vigilia di un grandissimo sconvolgimento della condizione umana.

Qual è il futuro della HEAD?

Jean-Pierre Greff – Per una scuola, l’essenziale è creare un’energia, un desiderio, un luogo magnetico che attiri sempre più persone con l’ambizione di porsi degli interrogativi seri, di mettere costantemente in questione il nostro modo di configurare l’ambito dell’arte e più in generale della creazione. 
Mi piace pensare che il progetto di una scuola ideale si costruisca soprattutto su principi poetici e non sulla semplice definizione di obiettivi razionali. Condividere questa visione o questo immaginario della scuola con altre persone è in fondo il mio obiettivo principale: fare in modo che questo sogno possa perdurare nel tempo e continuare al di là del mio agire.

Traduzione di Sofia Snozzi

Jean-Pierre Greff è storico dell'arte e del design, professore e curatore. Dopo aver diretto dal 1993 al 2003 l'École supérieure des arts décoratifs di Strasburgo, è divenuto nel 2004 direttore dell'École supérieure des Beaux-Arts di Ginevra e in seguito della HEAD – Genève, di cui ha capeggiato la creazione nel 2007. Jean-Pierre Greff è inoltre stato presidente fondatore dell'Association nationale des écoles supérieures d'art et design publiques (ANdÉA) nel 1994, vice-presidente d’ELIA (European League of Institutes of the Arts, Amsterdam) dal 1996 al 2000 e caporedattore dell'«European Journal of Arts Education». Attualmente è membro del consiglio della Fondamco (MAMCO, Musée d’art moderne et contemporain di Ginevra). Sta per essere nominato presidente della Fondation Plaza di Ginevra.

Javier Fernández Contreras è architetto e teorico dell’architettura. Dopo i suoi studi presso l’Università tecnica di Delft e il Politecnico di Madrid ETSAM (Master, 2006), ottiene un dottorato in teoria dell’architettura con la sua tesi Le Plan Miralles: pensée et représentation dans l’architecture de Enric Miralles. Ha insegnato presso l’ETSAM di Madrid (2007-2012), la Xi’an Jiaotong-Liverpool University – XJTLU in Cina (2013-2014) e presso il Dipartimento di architettura del Politecnico federale di Zurigo ETH (2016). Dal 2018 è responsabile del Dipartimento di architettura d’interni della HEAD di Ginevra.

Moda e architettura

Con «Prada Experience», a cura degli architetti Yony Santos e Giacomo Ortalli, espazium.ch lancia una nuova serie di contenuti pubblicati esclusivamente online: dossier aperti e arricchiti regolarmente da nuovi contributi che affrontano aspetti attuali della cultura della costruzione.

In questa serie sono già apparsi:

  • L'ar­chi­tet­tu­ra non è più di mo­da – di Yony Santos
  • I mol­te­pli­ci vol­ti del­le fon­da­zio­ni pri­va­te – di Gabriella Lo Ricco
  • Moda, architettura e spazio interno: l'insegnamento di HEAD – intervista a Jean-Pierre Greff e Javier Fernández Contreras | Edizione del 13 novembre 2019
  • Gli epicentri di OMA e Herzog & de Meuron – di Giacomo Ortalli | Edizione del 26 novembre 2019
  • The Prada Vibe: Cultura Urbana per la Città Globale – di Silvia Micheli | Edizione del 12 dicembre 2019
  • Moda monumentale – di Alexandre Lanz | Edizione del 13 dicembre 2019
  • Il codice Prada – di Frederico Tranfa | Edizione del 18 dicembre 2019


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