L'ap­proc­cio pro­get­tua­le di Ro­bert Mail­lart (1872-1940)

Data di pubblicazione
02-08-2022

Autore: Denis Zastavni, UCLouvain

 

SST/LAB – Istituto di ricerca di Louvain per il paesaggio, l'architettura, l'ambiente costruito (LAB), UCLouvain – Facoltà di architettura, ingegneria architettura e urbanistica (LOCI) Campus di Louvain-la-Neuve.

 

Introduzione di Valeria Gozzi

Robert Maillart ha contribuito a rendere il cemento armato un nuovo materiale, conferendogli una forza espressiva mai riscontrata prima nelle strutture in calcestruzzo armato.

Il suo lavoro è caratterizzato da un approccio complesso che considera allo stesso tempo diversi aspetti nella progettazione concettuale delle strutture.

Spaziando da metodi grafici per lo studio dell’equilibrio delle forze  fino a sperimentazioni  su modelli fisici in scala 1:1 egli ha integrato i principi statici con la forma architettonica, ponendo attenzione alla tecnica costruttiva, al dettaglio tecnico e all’inserimento nel contesto.

Ne parla il Prof. Denis Zastavni dell’Università Cattolica di Louvain, in questo saggio, presentando come Robert Maillart abbia proposto sistemi statici tradizionali declinati in maniera innovativa per il suo tempo, aprendo la strada ad una sperimentazione costruttiva inedita.

Il contesto tra la fine del XIX secolo e la metà del XX secolo

Per comprendere la dimensione innovativa dell’opera di Robert Maillart è necessario contestualizzarla nella storia dell’ingegneria e più specificamente nella storia della costruzione e dei materiali strutturali.

Egli, infatti, è noto per aver rivoluzionato l’uso del calcestruzzo conferendogli una valenza strutturale nuova per il suo tempo e indubbiamente ancora attuale se riferita ai moderni paradigmi di progettazione strutturale.

In quel momento storico il cemento armato era un materiale già piuttosto diffuso e consolidato nel contesto edilizio europeo.

L’intuizione di Lambot e Monier di associare le armature in acciaio al calcestruzzo per riprendere gli sforzi di trazione, avevano dato al materiale un nuovo potenziale, rispetto ai conosciuti calcestruzzi romani. Grazie, poi, al lavoro di Coignet, Wilkinson e Hennebique, si erano realizzate strutture che combinavano acciaio e cemento in maniera sempre più efficace, fino ad arrivare, nel 1880, ai brevetti per elementi strutturali e in seguito i primi ponti di cemento armato.1

La staffa d'armatura proposta da François Hennebique nel 1892 completa la composizione interna di travi armate, iniziata da Monier e Koenen.

Da questo momento, il calcestruzzo quale materiale autonomo viene quasi abbandonato e si diffonde in quanto materiale associato al rinforzo in acciaio.

Così facendo, le strutture si assottigliano, diventando sempre più eleganti e leggere.

Tuttavia, la definizione della forma strutturale da associare a questo “nuovo” materiale non è ancora definita e chiara, è di fatto in pieno sviluppo.

Proprio in questo contesto il ruolo di Robert Maillart diventa più evidente, innovativo e dirompente, dal momento che riguarda la ricerca dell’associazione del materiale ai sistemi strutturali e quindi alle forme, producendo espressioni al di là di ogni norma precedente.

Archi e sistemi

I tempi sono maturi per nuovi sistemi costruttivi, talvolta debitamente brevettati. Maillart prende parte a questo fenomeno, determinando due dei suoi piu’ importanti risultati:il "Système Maillart" per il ponte a cassone ad arco in cemento armato (1901)2 e quello del solaio a fungo (1909). In questo percorso topologico Maillart ricerca e sviluppa in totale sette diverse tipologie di ponti, ognuna delle quali evolverà nel corso della sua carriera, sia dal punto di vista tecnico che in termini di espressività.

I più noti sono i ponti ad arco a tre cerniere, tra i quali si annoverano: Zuoz (1901), Tavanassa (1905), Salgintaobel (1929), Felsegg (1933), Vessy (1936), Garstatt (1939) e Lachen (1940).

A seguire si hanno ponti più tradizionale: quelli ad arco irrigidito del 1924, gli archi con poligoni funicolari fortemente eccentrici del 1934, i ponti a trave continua e i ponti a sbalzo del 1935

In parallelo egli sviluppa e affina la progettazione e la costruzione dei solai a fungo utilizzati in molti edifici industriali, tra i quali gli iconici Magazzini generali di Chiasso (1924) dove vengono combinati con i principi degli archi irrigiditi.

Archi a tre cerniere

Con il ponte di Zuoz del 1901 Maillart inventa il ponte a cassone ad arco in cemento armato, il primo mai costruito.3 L'idea di base del concetto statico era quella di avere un arco caratterizzato da una sezione a U che avrebbe dovuto funzionare come una volta in muratura. In linea con i principi statici teorizzati da Wilhelm Ritter, articola l'arco in tre punti. Il principio di integrazione delle sezioni lo porta semplicemente alla definizione di connessioni rigide tra l'arco e le lame e l'impalcato. Maillart ha dunque costruito il primo arco a cassone nella storia del cemento armato e, incredibilmente, in quel momento, secondo Ritter,4 non era possibile calcolare la struttura risultante.

Il ponte di Tavanasa è stato l'esempio più importante di questa tipologia strutturale. Come mostrano gli archivi, utilizzando la statica grafica per cercare la linea di pressione che rappresenta la traiettoria delle forze di compressione, Maillart definisce le sezioni successive dell'arco, partendo dai raffinati sostegni laterali fino al sottile giunto centrale dell'arco.

La storia di questa tipologia strutturale mostra un'evoluzione verso ponti con campate più ampie, sempre più larghi e con carichi crescenti, dai 250 kg/m² di Tavanasa (1905) ai 500 kg/m² di Vessy (1936). Allo stesso tempo, la geometria va radicalizzandosi, con ponti tendenti alla linea retta quanto alla linea curva, come le sue due opere di Garstatt (1939) e Lachen (1940).

Archi irrigiditi VS archi piegati

L'approccio progettuale di Maillart è illustrato al meglio con i ponti ad arco irrigidito. È l'associazione complementare di due distinti principi strutturali: un arco funicolare e un ponte che funge da trave di irrigidimento per l'arco. Qui si ha la perfetta inversione del principio del ponte sospeso, suggerito dal suo professore Wilhelm Ritter. Si tratta anche di una nuova applicazione del teorema statico del calcolo plastico, più di 20 anni prima che fosse formulato in quanto tale: due sistemi strutturali distinti ed elementari sono associati all'interno della stessa struttura.5

Per attivare questi meccanismi, è necessario progettare differenze sufficientemente ampie di rigidità flessionale per ogni elemento costruttivo e rigidezze sufficientemente diverse per quanto riguarda le forze di compressione.

Ed è proprio in questo fine lavoro progettuale che egli mostra tutta la forza del suo approccio progettuale: gli elementi, attivandosi opportunamente a flessione o compressione riprendono efficientemente sia i carichi permanenti che quelli variabili.

Definendo quindi con attenzione i rapporti di rigidezza tra l'arco e l'impalcato, si evitano interazioni indesiderate tra gli elementi, indipendentemente dalla complessità della disposizione strutturale.

Nel 1934 Maillart affrontò però il problema dei ponti a flessione in modo completamente diverso, puntando alla semplicità: se tra l'intradosso dell'arco e la soletta dell'impalcato c'è una quantità sufficiente di materiale, perché non ipotizzare che questo materiale assorba semplicemente le forze di flessione, con una sezione trasversale particolarmente semplice? Questo risultato si ottiene grazie a un sottile equilibrio tra la raffinatezza dell'arco inferiore, che determina la capacità di assorbire le forze di flessione, e il braccio di leva tra la linea di pressione e il baricentro dell'arco superiore, che determina l'entità dei momenti flettenti.

Elementi di metodologia

Dal punto di vista metodologico, Maillart ha apportato una grande innovazione al processo ideativo utilizzando la statica grafica come strumento di progettazione della forma strutturale.6 Ben diverso da quanto fatto da Karl Culmann7che nell’idea di rendere la statica grafica una disciplina coerente e pienamente costituita, la propone con una prospettiva diversa rispetto all'analisi statica.

Tuttavia, il progetto di alcune strutture di Maillart non può essere spiegato senza esaminare in dettaglio le relazioni tra flusso delle forze e la forza geometrica, come si fa nella statica grafica.

Maillart è riuscito a padroneggiare la complessità delle strutture articolate utilizzando intuitivamente quei principi strutturali contemporanei che furono stabiliti e dimostrati solo molto più tardi. L'approccio si basa sullo status specifico attribuito al materiale all'interno degli schemi strutturali.8 Maillart gestì in modo simile la complessità dei lavori di rinforzo all'interno delle strutture, optando per disposizioni semplici e di facile attuazione.

Sia il disegno che la geometria sono ampiamente utilizzati in un approccio, talvolta, molto “architettonico”. Il controllo delle forze, così come la loro distribuzione nella struttura, si ottiene grazie a forme e dimensioni attentamente studiate. A volte Maillart disegna forme semplici, a volte ne razionalizza l'assemblaggio attraverso curve geometriche che includono linee rette, archi a sesto ribassato a più centri, parabole e iperboli. Vengono impiegati diversi metodi di analisi strutturale, a volte algebrici, a volte grafici, a volte testando modelli 1:1. L'attenzione ai dettagli tecnici e ai metodi di costruzione corona il processo.

L'osservazione di una molteplicità di elementi metodologici e di un'acuita visione dei funzionamenti strutturali, al fine di “architettare” pienamente le sue strutture, conclude la nostra analisi. L'approccio di Maillart al progetto è perfettamente illustrato dal paradosso di un alto livello di elaborazione con una reale attenzione all'estetica, e di elementi metodologici semplici ma molteplici, impiegati con entusiasmo.

Note
1D.P. Billington, Robert Maillart’s Bridges, The Art of Engineering, Princeton University Press Princeton 1979.
2K. Culmann, Die graphische Statik, Meyer und Zeller, Zürich 1866.
3C. Simonnet, Le béton, histoire d’un matériau, Editions Parenthèses, Marseille 2005
4R. Guidot, L’art de l’ingénieur, Constructeur, entrepreneur, inventeur, «Béton armé», Le Moniteur, Paris 1997.
5A. Balency-Béarn, Ch. Genin, L. Scrépel (Chambre syndicale des constructeurs en ciment armé de France et de l’Union française), 1849-1949, Cent ans de béton armé, Éditions Science & Industrie, Paris 1949, supplemento di «Travaux», n. 194 bis, pp. 34-41
6J. Ochsendorf, Practice before Theory: The Use of the Lower Bound Theorem in Structural Design from 1850-1950, in Essays: The History of the Theory of Structures, Ed. S. Huerta, Madrid 2005, pp. 353-366.
7W. Ritter, Versteifungsfachwerke bei Bogen- und Hängebrücken, «Zeitschrift für Bauwesen»,1897, n. 27, pp. 187-207
8D. Zastavni, The structural design of Maillart’s Chiasso Shed (1924): a graphic procedure, «Structural Engineering International», 2008, n.18(3), pp.247-252.

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