Pro­get­ta­zio­ne strut­tu­ra­le ed ete­ro­ge­ne­si dei fi­ni

Pier Luigi Nervi e Sergio Musmeci: paradigmi diversi di progettazione concettuale

Data di pubblicazione
30-12-2022
Francesco Romeo
Professore ordinario di Scienza delle costruzioni, DISG Sapienza Università di Roma

Le riflessioni sull'odierno rapporto tra architettura e ingegneria che la progettazione concettuale delle strutture si propone di stimolare coinvolgono una tale vastità e articolazione di tematiche da rendere vano ogni tentativo di essere esaustivi. Nondimeno, ci si propone qui di ragionare intorno ad alcune evidenti criticità odierne che caratterizzano tale fase della progettazione strutturale, fase che, a livello di linee guida internazionali, fu già indicata nel 2010 come quella di maggiore importanza nell'intero sviluppo del progetto.1 Riconsiderando alcuni tratti significativi delle diverse filosofie progettuali di Pier Luigi Nervi e Sergio Musmeci, entrambi interpreti magistrali del loro tempo, si intende stimolare la ricerca di paradigmi che consentano d'interpretare con altrettanto vigore la nostra contemporaneità.

Strumenti e fini

La complessità di trattazione del tema del rapporto tra architettura e ingegneria è ascrivibile fondamentalmente a due fattori. Da un lato, ai diversi condizionamenti di carattere culturale, sociale, artistico, scientifico e tecnologico che tale rapporto ha subito nel corso della storia. Dall'altro, alla distanza, oggi endemica, tra la cultura degli architetti e quella degli ingegneri. Per questi ultimi, in particolare, la complessità è amplificata dalla necessità di contemplare momenti di natura assai diversa, quali l'intuizione, l'evidenza empirica, l'astrazione concettuale, la formulazione teorica e la realizzazione tecnica.2

Nelle ultime decadi agli indubbi progressi scientifici e tecnologici che hanno caratterizzato il mondo delle costruzioni non sono seguite pari innovazioni sul fronte della concezione e realizzazione di organismi strutturali. A dispetto del ragguardevole incremento dell'arsenale di strumenti a disposizione del progettista, reso possibile dal passaggio dall'era analogica a quella digitale e dagli sviluppi della meccanica dei materiali, non si è registrato nella progettazione strutturale l'atteso guadagno né in termini di chiarezza d'impostazione né in termini di qualità media degli esiti; appare dunque opportuno interrogarsi sulle ragioni di tale disallineamento. Disponiamo di materiali con caratteristiche meccaniche impensabili nel secolo scorso (ad esempio calcestruzzi con resistenza a compressione di un ordine di grandezza maggiori rispetto agli anni Cinquanta3), di cui si conosce approfonditamente il comportamento al di là della fase elastica.

Possiamo contare su capacità computazionali che consentono di controllare l'intero iter progettuale, modella­zione-calcolo-cantierizzazione, nello spazio informatico tridimensionale (la legge di Moore sembra persino sot­to­stimare l'attuale tendenza della velocità di crescita delle prestazioni dei processori!4). Tali significative innovazioni, sebbene consentano sfide più ardite e simulazioni sempre più realistiche del comportamento strutturale, non sembrano essere sufficienti a far uscire la proget­tazione strutturale dall'angusta logica del mero problem-solving.

Si potrebbe avanzare l'ipotesi che sia proprio tale abbondanza, se non ridondanza di strumenti, il cui utilizzo richiede specializzazione crescente e aggiornamento continuo, che confonde e sottrae tempo alla ricerca di una impostazione della progettazione strutturale non solo corretta ed efficiente ma capace di interpretare il nostro tempo senza rinunciare a contribuire alla qualità dello spazio architettonico. Confondendo gli strumenti con gli obiettivi, l'interpretazione data all'accentuazione specialistica nata nel secolo scorso ha vieppiù inaridito la figura dell'ingegnere, privandolo degli strumenti culturali necessari a stabilire fruttuose sinergie con i protagonisti del processo progettuale. Si pensi agli attuali percorsi formativi degli ingegneri: l'atteggiamento di passività tecnica,5 conseguenza dell'aumento della specializzazione, è ormai pervasivo. Tale specializzazione, troppe volte ridotta a mero tecnicismo, è sempre meno legata alla costruzione e sempre più focalizzata alla cultura del calcolo e della verifica. Duplici le conseguenze negative. Da un lato, essa impedisce di dare un'accezione più ampia ed elevata alla progettazione strutturale, impedendo di cogliere appieno la dimensione scientifica che le dovrebbe appartenere. In essa «quell'economia di pensiero, quell'economia di sforzo, che secondo Mach rappresenta la costante della scienza, è al contempo fonte di bellezza e vantaggio pratico. Gli edifici che ammiriamo sono quelli nei quali l'architetto ha saputo trovare una giusta proporzione tra i mezzi e il fine: edifici le cui colonne sembrano sorreggere senza sforzo, slanciate, il peso che è stato loro imposto, come le aggraziate cariatidi dell'Eretteo».6 In altre parole, la creatività, sia scientifica che artistica, interpretata da Poincaré come la capacità di unire elementi preesistenti in combinazioni nuove che appaiano belle sia in senso estetico sia nel senso dato alla bellezza dai matematici, ovvero come armonia ed eleganza, non ha più modo di alimentarsi ed esprimersi. Dall'altro, la deriva specialistica segna una distonia con la logica deduttiva necessaria alla visione sintetica propria dell'impostazione concettuale del progetto. A essa si preferisce piuttosto la logica sbrigativa e illusoriamente conveniente del trial & error, alimentata dalla facilità di esplorare soluzioni progettuali alternative grazie alle odierne possibilità computazionali.

A ciò si aggiunge lo straordinario peso assunto dalle normative nel processo progettuale delle costruzioni. Gli sviluppi di queste ultime, se da un lato hanno seguito in modo provvidenziale gli avanzamenti delle conoscenze introducendo approcci e criteri maggiormente affidabili per la valutazione della sicurezza strutturale, dall'altro hanno raggiunto un tale corpus da necessitare spazio crescente nella formazione degli ingegneri. Una giusta calibrazione di queste nozioni sarebbe necessaria al fine di lasciar spazio, nel momento formativo, a un ragionevole margine d'azione progettuale. Può giovare, provocatoriamente, il giudizio di Maillart, il quale oltre ottanta anni fa muoveva diverse critiche all'apparato normativo sottolineando che questo «non dovrebbe mai essere insegnato agli studenti perché non può che essere dannoso alla libertà del loro campo visivo».7

La via empirica al progetto: Pier Luigi Nervi

L'imponente contributo di Pier Luigi Nervi all'architettura strutturale, dipanatosi nell'arco temporale compreso tra gli anni Venti e la fine degli anni Sessanta del secolo scorso, offre imprescindibili punti di riferimento circa l'impostazione concettuale del progetto strutturale. Innumerevoli studi, di respiro nazionale e internazionale, hanno indagato la sua attività da diverse prospettive. La critica architettonica puramente teorica/filosofica, i saggi puramente tecnici per lo più dedicati ai suoi successi nella padronanza del cemento armato, e i suoi stessi numerosi scritti, testimoniano la rilevanza del lascito nerviano.8 Ciò che qui interessa rilevare sono alcuni aspetti del modus operandi di Nervi utili alle riflessioni in corso sul conceptual design.

Nervi propone di risolvere l'apparente dicotomia tra dimensione artistica e scientifica costruendo correttamente. Nelle costruzioni, la correttezza è facilmente identificabile con la stabilità, con la funzione, con la resistenza alle azioni esterne e con l'uso dei materiali secondo le loro specifiche caratteristiche, in relazione sia alla loro natura sia al loro aspetto esteriore. Nel contesto strutturale più specifico, la correttezza coincide con la naturalezza e comprensibilità dello schema statico. In altre parole, con Nervi la sintesi avviene ogni volta che la forza della ragione svela le leggi fisiche naturali, in modo che la componente artistica, guidata dall'intuizione, guadagna razionalità.

Nella doppia veste di progettista e costruttore egli concepisce organismi resistenti espressivi fondati sull'assunto che la progettazione possa essere definita come «l'invenzione e lo studio dei mezzi necessari a raggiungere un determinato scopo con la massima convenienza».9 Da qui l'incessante evoluzione delle proposte progettuali, concepite secondo un metodo saldamente scientifico che trova nella fase costruttiva non solo la verifica delle ipotesi strutturali avanzate ma la loro stessa matrice ideativa.

Dopo le esperienze iniziali, che potremmo definire esplorative, dalla fine degli anni Trenta l'ottimizzazione della fase realizzativa delle opere in cemento armato, unitamente al riconoscimento delle nuove possibilità offerte da tale materiale, porta Nervi a concepire grandi coperture adottando un pensiero che potremmo definire algebrico, ovvero riferito a un organismo strutturale costruttivamente discretizzato, nel quale l'unitarietà della forma finale è ottenuta dall'assemblaggio di elementi modulari.10 Prefabbricazione strutturale e ferrocemento sono gli strumenti operativi brevettati per concretizzare tale approccio, mentre le superfici rigate, nelle quali la continuità della curvatura è ottenibile da un supporto discreto semplificato, ne sono la plastica evidenza.

L'approccio nerviano si inserisce così nella tradizione classica dell'architettura dove, secondo Viollet-le-Duc, la proporzione dovrebbe essere stabilita in primo luogo sulla base delle leggi della statica, che, a loro volta, derivano dalla geometria: struttura e geometria sono quindi indissolubilmente legate. L'essenza stessa della geometria, allo stesso tempo razionale e oggettiva nella sua formalizzazione matematica, ma anche arbitraria e libera nelle sue infinite combinazioni, è il naturale strumento cui ricorrere per la realizzazione originale di temi classici (naturali), come calotte sferiche, volte con direttrici canoniche (per lo più paraboliche) e coperture simmetriche, corrugate, piane o curve.11 Nervi risolve in modo nuovo, con i mezzi a disposizione,12 le sfide sia geometriche sia statiche presentate dai sistemi strutturali spaziali. Sul primo fronte ricorrendo a proiezioni in pianta, a viste assonometriche, a studi prospettici solitamente visti dal basso e rivolti agli spazi interni, e a successioni di sezioni trasversali per le geometrie variabili. Sul secondo fronte, ricorrendo a schemi di calcolo semplificati, a modelli sperimentali in scala e, in fase costruttiva, a dime in scala reale.

Tale modo di procedere, che, volendo sintetizzare, è imperniato sul costruire, non si propone programmaticamente di concepire forme strutturali necessariamente nuove, tantomeno desunte da prescrizioni analitiche assolute. L'esito geometrico cui Nervi giunge è piuttosto il risultato di una conveniente composizione strutturale, nella quale, scelto l'archetipo di meccanismo resistente (regime di membrana, arco a spinta eliminata, graticcio, superficie corrugata ecc.), regole e deroghe coesistono e l'adesione a precise leggi matematiche può non verificarsi. Lo spazio per una libera scelta è comunque garantito, e tale margine permette genuina creatività.

La via teorica al progetto: Sergio Musmeci

A indicare un'altra via alla progettazione strutturale è stato Sergio Musmeci, figura di primo piano nell'architettura strutturale del secolo scorso, il quale, trascorsi gli inizi dell'attività lavorativa presso la Nervi & Bartoli, ha intrapreso tra il 1949 e il 1981 un percorso professionale e di ricerca di assoluta originalità.13

«Nel caso dei ponti abbiamo visto che a mano a mano si sono abbandonate tutte le forme complesse in nome della semplicità costruttiva, di organizzazione del lavoro di carattere esecutivo, e si è arrivati a fare travi appoggiate su pile costruite mediante sistemi standard; perciò, tutto il nostro approfondimento della scienza delle costruzioni viene in qualche modo annullato o per essere precisi viene ridotto a delle verifiche finali di sezioni resistenti». Così Musmeci si esprime nel 1979 nell'intervista di Charles Khan, denunciando come il ruolo dell'ingegnere fosse ormai ridotto «a questioni di dettaglio, diminuendo le possibilità dell'immaginazione e di fare architettura con le strutture». A questa prima ragione dell'eclissi dell'architettura strutturale egli aggiunge l'allontanamento delle motivazioni architettoniche dalla dimensione costruttiva e l'eccessiva specializzazione sia degli architetti che degli ingegneri. Su quest'ultimo punto: «è difficile che un complesso di specialisti, un team di persone che lavorano insieme, possa sostituirsi a una mente unica; per fare un progetto non basta la somma delle specializzazioni, c'è qualcosa che non è definibile in forma di somma semplice, è l'idea unitaria con cui si imposta un progetto». Sergio Musmeci propone quindi una propria visione nella quale le strutture possano diventare ragione di architettura. Per risolvere un problema statico, assegnato il materiale, occorre porre l'accento sulla forma; quando questa diventa espressiva dei fatti costruttivi e tecnici, allora costituisce la matrice da cui nasce la vera architettura. Una forma spaziale capace di raccontare come essa stessa funzioni diventa quindi una forma organica strutturale che non soltanto risolve il problema statico, ma lo rende visibile.

Da ciò l'inversione dei termini del problema che la scienza delle costruzioni si propone di risolvere e, con essa, la riappropriazione del progetto. «Se proviamo a pensare le equazioni che ci fornisce la scienza delle costruzioni come equazioni contenenti quali dati noti le tensioni e come incognite le grandezze che definiscono la geometria della struttura, compiamo un passo verso un nuovo modo di utilizzare tale scienza. Tanto più se le grandezze geometriche non sono solo quelle che individuano il dimensionamento delle sezioni resistenti, ma sono anche quelle che rappresentano le proporzioni dell'intera struttura o che, addirittura, ne individuano la forma generale».14

Muovendo da tale assunto, Musmeci ricerca per via matematica la forma di massimo rendimento,15 risolvendo con assoluta originalità temi progettuali diversi. A riprova della fecondità del metodo progettuale proposto egli è capace di innovare su diversi temi, tra i quali si distinguono le strutture modulari spaziali, le coperture con superfici corrugate e le strutture continue equicompresse. Per queste ultime l'approdo alle superfici minime sorprende per semplicità: esse sono le equivalenti bidimensionali delle linee rette che presentano lunghezza minima fra due punti assegnati, e anche le equivalenti nello spazio delle linee geodetiche sulle superfici. Un sostegno concepito secondo una di queste superfici è una naturale generalizzazione del concetto di pilastro e presenta il vantaggio della compressione in tutte le direzioni contenute nella superficie, con conseguente migliore utilizzazione del materiale.16

Sviluppando i tre temi il progetto nasce dal diverso rapporto tra geometria e struttura nel passaggio dal discreto al continuo17 e, di conseguenza, dalle forme associate alle logiche algebriche a quelle associate alle logiche differenziali, senza subire interferenze dal procedimento costruttivo con cui concretizzarlo. In aggiunta, la validazione tramite modelli fisici è parte integrante del metodo progettuale più per il controllo geometrico che per quello prestazionale.

Lascito «sostenibile»

Chiamati spesso a esprimersi sulla loro idea di futuro, Nervi e Musmeci hanno indicato in diversi contesti la loro visione dell'evoluzione dell'architettura strutturale. Tra i vari pensieri espressi, colpiscono quelli nei quali la natura è baricentrica, quasi a preconizzarne l'attuale urgenza.

A proposito dell'evoluzione delle proporzioni nella tecnica, Nervi prospetta due scenari. Uno pessimistico, che mostra «una società avviata verso la più opprimente uniformità di vita e di pensiero, priva di fantasia, spiritualmente morta». Uno ottimistico, nel quale «un'umanità che nel quotidiano esercizio di una sempre più raffinata tecnica, trova finalmente l'abitudine a quella serena, obiettiva valutazione delle circostanze, a quella modesta aderenza e ubbidienza alle leggi del mondo fisico… Nel benessere materiale e nell'equilibrio morale così raggiunti, scienza, poesia, arti astratte, potranno svilupparsi come non mai e offrire illimitati campi alla fantasia e ai bisogni spirituali di un'umanità al fine pacificata con sé stessa e con la Natura». Facendo affidamento sulla Tecnica è il secondo scenario a prevalere.18

Nell'esplicito anelito di trasformare la quantità in qualità, Musmeci si mostra attento a rimarcare che «la tecnica è il regno del particolare laddove la scienza è quello dell'universale», e come nell'ambito dell'architettura il più immediato rapporto con la tecnica abbia ridotto la sua interazione con le idee della scienza. Per riportare queste ultime nell'alveo dell'architettura moderna, è interessante la rilettura di Musmeci delle sette invarianti di Bruno Zevi. Da queste egli alza lo sguardo fino a porsi il problema della gestione umana del pianeta, presagendo già nel 1980 la necessità di «una scelta, non rimandabile, fra la catastrofe, sia essa atomica o ecologica, e un'umanità riconciliata con la natura e con sé stessa, padrona di un immenso potenziale di conoscenze con le quali dare ad ognuno il massimo d'opportunità di capire, di partecipare e di realizzarsi».19

Nel tratteggiare alcuni aspetti salienti di due poliedrici protagonisti della progettazione strutturale del Novecento si è cercato di dare un contributo all'articolato tema del conceptual design. Se si condivide che nell'ossimoro scienza delle costruzioni si ritrova la radice culturale comune, Pier Luigi Nervi e Sergio Musmeci ne hanno privilegiato l'uno la costruzione, l'altro la scienza. Naturalmente il contesto culturale e socioeconomico dell'odierno mondo delle costruzioni non consente l'applicazione diretta dei loro metodi progettuali, ma il portato di quest'ultimi è tale da non poter essere ignorato. Grazie ai loro originali approcci Nervi e Musmeci sono stati capaci di sottrarsi all'inesorabile passaggio dal what all'how, con il quale, a partire dal XVII secolo, la tecnologia, ovvero il processo, ha sostituito la techne, sintesi di mezzo e fine.20 Sarà presto chiaro se i progettisti formati nell'era del pensiero computazionale e del coding sapranno far recuperare ai fini lo svantaggio fin qui accumulato sui mezzi. Tuttavia, con la riduzione finanche del pensiero a processo, sembra prudente frenare le aspettative.

Note

 

1 L. Taerwe e S. Matthys, fib model code for concrete structures 2010, Ernst & Sohn, Wiley, Berlin 2013.

 

2 G. Pizzetti, A.M. Zorgno Trisciuoglio, Principi statici e forme strutturali, UTET, Torino 1980.

 

3 S. Matthews, A. Bigaj-van Vliet, J. Walraven, G. Mancini, G. Dieteren, fib Model Code 2020: Towards a general code for both new and existing concrete structures, «Structural Concrete», 2018, n. 19(4), pp. 969-979.

 

4 P. Gelsinger, Intel Innovation 2021, Keynote, online: www.intel.com/content/www/us/en/events/on-event-series.html.

 

5 K. Popper, La scienza normale e i suoi pericoli, in I. Lakatos, A. Musgrave (a cura di), Critica e crescita della conoscenza, Feltrinelli, Milano 1984.

 

6 J.H. Poincaré, Scienza e metodo, Einaudi, Torino 1997.

 

7 R. Maillart, Aktuelle Fragen des Eisenbetonbaues, «Schweizerische Bauzeitung», gennaio 1938.

 

8 P.L. Nervi, Scienza o arte del costruire? Caratteristiche e possibilità del cemento armato, Edizioni della Bussola, Roma 1945; P. L. Nervi, Costruire correttamente, Edizioni Hoepli, Milano 1954; G.C. Argan, Pier Luigi Nervi, Il Balcone, Milano 1955; A.L. Huxtable, P.L. Nervi, Pier Luigi Nervi, Il Saggiatore, Milano 1960; Luigi Ramazzotti (a cura di), Nervi oggi. Scritti dalle mostre e dai convegni, Edizioni Kappa, Bologna 1983; C. Greco, Pier Luigi Nervi. Dai primi brevetti al Palazzo delle Esposizioni di Torino. 1917-1948, Quart Verlag, Luzern 2008; G. Neri (a cura di), P. L. Nervi, Ingegneria, Architettura, Costruzione. Scritti scelti 1922-1971, Città Studi Edizioni, Milano 2014; R. Gargiani, R. Bologna, The rethoric of Pier Luigi Nervi. Concrete and Ferrocement forms, EPFL Press, Lausanne 2016; C. Chiorino, E. Margiotta Nervi, T. Leslie (a cura di) Aesthetics and Technology in Building – The Twenty-First-Century Edition, University of Illinois Press, Champaign 2018.

 

9 P.L. Nervi, Scienza o arte del costruire? Caratteristiche e possibilità del cemento armato, cit.

 

10 T. Iori, S. Poretti, Pier Luigi Nervi: his Construction System for Shell and Spatial Structures, «Journal of the International Association for Shell and Spatial Structures», 2013, vol. 54, pp. 117-126.

 

11 F. Romeo, The P. L. Nervi structural route: from intuition to computation through geometry, in P.J. da Sousa Cruz (a cura di), Structures and Architecture, Cruz, Taylor and Francis, London 2010.

 

12 T. Iori, S. Poretti, Ascesa e declino della Scuola italiana di ingegneria, in P. Desideri, A. De Magistris, C. Olmo, M. Pogacnik (a cura di), La concezione strutturale. Ingegneria e architettura in Italia negli anni Cinquanta e Sessanta, Umberto Allemandi, Torino 2013.

 

13 S. Musmeci, Il minimo strutturale, «L'Ingegnere», 1968, n. 5, pp. 407-414; S. Musmeci, La statica e le strutture, Cremonese, Roma 1971; S. Musmeci, Struttura ed architettura, «L'Industria Italiana del Cemento», 1980, n. 10, pp. 771-786; M. Nicoletti, Sergio Musmeci. Organicità di forme e forze nello spazio, Testo&Immagine, Torino 1999; S. Di Pasquale, Sergio Musmeci e i problemi di ottimizzazione strutturale, «Bollettino ingegneri -mensile di ingegneria ed architettura», numero monografico Forma e struttura: Sergio Musmeci, 1999, n. 4, pp. 10-12; R. Capomolla, Le «forme organiche strutturali». Materia e spazio nelle opere di Sergio Musmeci, «Rassegna di Architettura e Urbanistica», 2007, n. 121-122, pp. 135-148.

 

14 S. Musmeci, Le tensioni non sono incognite, «Parametro», 1979, n. 80, pp. 36-47.

 

15 R. Capomolla, Sergio Musmeci. L'ingegnere tra arte e scienza, in G. Bianchino, D. Costi (a cura di), Cantiere Nervi. La costruzione di una identità. Storie, geografie, paralleli, Quaderni dello CSAC, Skira, Milano 2012, pp. 289-293.

 

16 U. Luccichenti, S. Musmeci, Appalto concorso per il nuovo ponte a Tor di Quinto, «Notiziario di Tecnica moderna applicata all'ingegneria civile», 1959, n. 2, pp. 93-101.

 

17 L. Ingold, P. D'Acunto, Structural Folding as a Source of Research for Sergio Musmeci, atti del convegno IASS Annual Symposium 2017, Hamburg 2017.

 

18 P. L. Nervi, Le proporzioni nella tecnica, «Domus», 1951, n. 264-265, pp. 45-48.

 

19 S. Musmeci, Architettura e pensiero scientifico, «Parametro», 1979, n. 80, pp. 34-46.

 

20 G. Hartoonian, Ontology of construction. On Nihilism of Technology and Theories of Modern Architecture, Cambridge University Press, Cambridge 1994.

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