Con­cor­si per il cam­bia­men­to

Le «visioni» nell'arte e nell'architettura

«L’idea è di camminare sull’acqua. Nel mio studio io non mi siedo, sto sempre in piedi. Non ho una sedia o uno sgabello. Non ho l’ascensore. Salgo a piedi una novantina di gradini quindici o venti volte al giorno».

Christo, 2015

Data di pubblicazione
27-07-2016
Revision
27-07-2016

L’opera di Christo sul lago di Iseo è una grande lezione di architettura. Il fatto che sia un artista a impartire la lezione agli architetti è il segno della necessità urgente di riflettere sulla crisi di ruolo del nostro mestiere, dell’autorevolezza della cultura progettuale, della sua utilità sociale.

Il milione e mezzo di persone, di tutte le culture e provenenti da ogni parte del mondo, che ha visitato in breve tempo The Floating Piers diventando protagonista dell’opera – camminando a piedi nudi dalla riva a Monte Isola, e poi fino all’isolina di San Paolo – ha decretato il successo della «visione» progettuale di Christo, smentendo clamorosamente l’incomunicabilità che la critica più conservatrice attribuisce alle opere dell’arte contemporanea.

La «visione» è stata tradotta in opera, attraverso una complessa e raffinata ingegnerizzazione e con la messa a punto di un meccanismo finanziario altrettanto puntuale. Christo si è fatto architetto, adottando gli strumenti del nostro mestiere per trasformare i concetti progettuali in realtà costruita, come gli architetti rinascimentali, che erano costruttori e pittori, matematici e contabili. Attraversare il lago a piedi collegando due paesi con un manufatto sensibile al moto ondoso – come il ponte galleggiante che i veneziani costruiscono per la festa del Redentore – spingersi in mezzo al bacino conquistando punti di vista sul paesaggio inusitati, e scoprire la relazione tra le piccole strade dei nuclei e la riva, invitati dall’estensione sulla terraferma del nuovo pavimento colorato, è stata una forte esperienza architettonica.

Cosa c’entra The Floating Piers con il tema dei concorsi, a cui è dedicato questo numero di Archi? C’entra, perché l’opera di Christo è un’azione artistica dimostrativa della necessità di «visioni» progettuali, della produzione di disegni di trasformazione della realtà che abbiano un grande respiro, della elaborazione di proposte radicali di cambiamento degli assetti esistenti, intorno alle quali raccogliere volontà, conoscenze e risorse. La cultura architettonica contemporanea non riesce a proporre soluzioni e progetti alternativi alle critiche condizioni ambientali e urbanistiche, mentre invece la storia della modernità ha dimostrato come la cultura del progetto avrebbe potenzialità straordinarie di cambiamento. L’istituto del concorso è stato inventato come versione democratica della relazione committente/architetto – come offerta delle medesime opportunità a ogni soggetto abilitato – e insieme come condizione ottimale per sollecitare soluzioni diverse e alternative, per confrontare nuovi concetti e «visioni», come terreno per eccellenza di ricerca. 

È quindi indispensabile moltiplicare l’impegno perché la cultura del concorso diventi cultura diffusa e «normale» e perché i concorsi migliorino il loro funzionamento, con l’unico obiettivo di aumentare la qualità dell’esito progettuale, come indica l’appassionato testo di Paolo Canevascini sulla situazione ticinese. In Ticino, è difficile organizzare politiche urbanistiche coordinate, concepire progetti di scala conforme alla criticità delle questioni territoriali. L’istituto del concorso può essere uno strumento decisivo per perseguire il necessario salto di qualità.

In questa direzione si è mosso il Comitato della SIA Ticino che, insieme alla Commissione Concorsi, ha organizzato una «Commissione di monitoraggio delle commesse pubbliche e delle procedure adottate». Attraverso l’apposito Osservatorio, viene monitorata la stampa locale per evidenziare le informazioni relative a nuove opere pubbliche, a cui far seguire azioni di supporto agli enti per sollecitare e promuovere l’istituzione dei concorsi. È un’iniziativa da sostenere fortemente e che, insieme all’istituzione dell’architetto cantonale – richiesta anche dal Parlamento –, può favorire una svolta culturale.

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