Ate­lier PeR: «Il con­corso raf­forza il senso di ap­par­te­nenza a una co­mu­nità»

Qual è la situazione dei concorsi in Svizzera? Danno il dovuto spazio agli studi emergenti? Come potrebbero essere migliorate le procedure e che contributo danno alla Baukultur? Nell'ambito di una grande inchiesta nazionale, espazium.ch lo ha chiesto a studi giovani che negli ultimi sei anni si sono distinti in concorsi. La testimonianza di Oliviero Piffaretti e Carlo Romano, titolari dello studio Atelier PeR.

Date de publication
30-04-2021

espazium – Come descrivereste la situazione dei concorsi d'architettura nella Svizzera italiana?

Oliviero Piffaretti e Carlo Romano – Il concorso d’architettura vive un momento difficile e sta diventando un esercizio fine a sé stesso, sovente troppo impegnativo per chi vi partecipa. Il risultato dei concorsi è poi sempre più spesso oggetto di referendum e diventa strumento politico per attaccare l'una o l’altra fazione, con il risultato che progetti di qualità vengono abbandonati e non realizzati, vanificando il lavoro svolto e gli importanti investimenti fatti. Manca il sostegno politico alla procedura del concorso d’architettura: questa tendenza è palese se si va a guardare quanti comuni si muovono prevalentemente con mandati diretti anche per interventi importanti e se si constata il gran numero di progetti che hanno vinto un concorso e non hanno mai visto la luce.

Pensate che i concorsi diano spazio sufficiente ai giovani architetti?

Si assiste all’aumento di procedure volte a ridurre il numero di partecipanti penalizzando i giovani architetti con criteri di tipo economico, come la cifra d’affari o l’esperienza acquisita negli anni. E qui il gatto si morde la coda: se non si riceve l’opportunità di acquisire esperienza, come si può crescere professionalmente?

«Il concorso d’architettura sta diventando un esercizio fine a sé stesso.
Manca il sostegno politico alla procedura»

Come scegliete a quali concorsi partecipare? Avete già preso parte a concorsi fuori cantone o internazionali?

Scegliamo in base alle tematiche trattate dal concorso, la disponibilità di forza lavoro in ufficio, la disponibilità economica necessaria per affrontare l’importante investimento che ne consegue… Scegliamo di partecipare se pensiamo di avere qualcosa da dire e se riteniamo che l’esperienza ci permetta di crescere.
Abbiamo già partecipato a concorsi in altri cantoni, mai all’estero.

Ritenete che il concorso stimoli la sperimentazione?

Il concorso è un esercizio indispensabile per la crescita professionale di uno studio, ma anche per il senso di appartenenza a una comunità e a un luogo. L’architetto ha un ruolo attivo nella società; il concorso permette di darne la propria visione.
I concorsi rappresentano indubbiamente un'importante occasione all’interno dello studio per stimolare la ricerca e la sperimentazione. La sperimentazione è talvolta limitata dalle condizioni poste dal bando e dalla paura di essere scartati perché la propria proposta esce dai paletti fissati dall’ente banditore, sebbene spesso non si condividano proprio questi limiti e il progetto potrebbe essere ancora più forte se li oltrepassasse…

«Aumentano le procedure che penalizzano i giovani architetti selezionando i partecipanti con criteri di tipo economico (come la cifra d’affari o l’esperienza). Ma se non si riceve l’opportunità di acquisire esperienza, come si può crescere professionalmente?»

A vostro parere le procedure di concorso vanno trasformate o modificate? Se sì, come?

I concorsi d’architettura dovrebbero essere più vicini al progetto; non dovrebbero essere il festival dei criteri di ammissione. Ci sembra però che, purtroppo, la tendenza sia questa. L’architetto che può partecipare a un concorso è in possesso di un diploma che ne attesta le capacità progettuali e, in base alla sua sensibilità e al suo percorso formativo e professionale, propone una soluzione. La dimensione o la cifra d’affari dello studio sono criteri presi in prestito dal mondo imprenditoriale e hanno poco a che fare con l’architettura. Bisogna permettere agli studi di piccola taglia di “battersi” con quelli più grandi perché al centro del discorso c'è la qualità, non la quantità.
Per progetti di dimensioni importanti il concorso a più fasi è fondamentale: va definito l’approccio al sito prima di chiedere lo sviluppo di dettagli costruttivi e tecnici approfonditi. Spesso vengono banditi concorsi a una fase per comparti complessi e si chiede un investimento spropositato a chi vi partecipa, scoraggiando così gli studi più piccoli dal dare il proprio contributo.
Detto ciò, il concorso d’architettura, nonostante alcuni nei, rimane uno strumento importante e da difendere. Noi continueremo a partecipare.

L'Atelier PeR, fondato nel 2013 da Oliviero Piffaretti (1986) e Carlo Romano (1986), ha sede a Mendrisio.
 

Attualmente ha partecipato a dieci concorsi, ottenendo premi in quattro:

Questa intervista appartiene a una serie raccolta nel dossier digitale «Concorsi». Il dossier viene sviluppato contemporaneamente anche in francese e tedesco.

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