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Il Centro scolastico di Riva San Vitale

Publikationsdatum
01-09-2022
Nicola Navone
Vicedirettore dell’Archivio del Moderno e docente all’Accademia di architettura di Mendrisio, Università della Svizzera italiana

La progettazione e la costruzione delle Scuole elementari e della Scuola dell'infanzia di Riva San Vitale si dipanano dalla primavera 1961, a cui risale la prima proposta embrionale firmata da Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati e Ivo Trümpy, al gennaio 1974, quando vengono inaugurati i tre corpi dell'ampliamento e la palestra.1 La genesi del complesso (giacché le due scuole e la palestra sono sempre pensate come un insieme dai loro autori) coincide con il sodalizio professionale dei tre architetti e prosegue dopo il suo scioglimento, arrivando fin quasi alla soglia del trasferimento di Flora Ruchat-Roncati a Roma; e riverbera temi e motivi che riemergono in altre loro opere, pur assumendo una configurazione peculiare, la cui esemplarità è stata subito colta e declinata da altri architetti, come dimostrano le Scuole elementari di Melano di Marco Krähenbühl e Tino Bomio, loro amici e colleghi, che a Riva San Vitale, nella Corte dell'Inglese, avevano insediato il proprio studio.2

Le Scuole di Riva, tuttavia, sono anche il risultato dell'efficace, instancabile e al tempo stesso discreta opera di fiancheggiamento attuata dal padre di Flora, l'ingegnere Giuseppe (ma per gli amici e familiari, invariabilmente, Peppo) Roncati:3 perché i tre giovani progettisti non ricevono l'incarico attraverso un concorso, ma (come ha potuto chiarire Matteo Iannello) grazie a un mandato diretto propiziato da questi.4

Il ruolo di Giuseppe Roncati

Il padre di Flora Ruchat è un professionista solido e versatile che, anche grazie alle relazioni intessute nei dieci anni trascorsi come capotecnico del comune di Mendrisio (dal 1° giugno 1933 al 31 dicembre 1943), viene sollecitato con numerosi incarichi, non soltanto nel distretto meridionale del Ticino, ma anche a Lugano e nel Sopraceneri, dove progetta e realizza il Mercato coperto di Gordola.5

Tra il 1955 e il 1960 Giuseppe Roncati era stato chiamato più volte dal Comune di Riva San Vitale ad allestire progetti per la sua nuova rete fognaria.6 Questa lunga frequentazione professionale è alla radice dell'incarico, che gli viene conferito con una risoluzione del 28 ottobre 1960, di disegnare la nuova sede delle scuole elementari e maggiori. Il terreno individuato dalle autorità comunali si trova al margine meridionale del nucleo storico, nelle adiacenze della Casa dei bambini costrui­ta nei primi anni Trenta (poi divenuta sede e presidio della filarmonica di Riva San Vitale) e dell'oratorio di San Rocco. Roncati, che alcuni anni prima aveva firmato, con l'architetto luganese Attilio Marazzi, il progetto per il Ginnasio di Mendrisio (1954-1958), propone un complesso composto da tre volumi che, piuttosto che per la qualità della sua architettura (una sorta di collage, non del tutto riuscito, di elementi desunti dall'architettura scolastica svizzera della metà degli anni Cinquanta),7 colpisce per la presenza di una nuova Casa dei bambini, non prevista dal programma dettato dal committente, anche perché solo pochi mesi prima il Comune di Riva San Vitale aveva commissionato un progetto di ampliamento della scuola dell'infanzia esistente all'architetto Gianni Botta,8 che lo aveva presentato nel giugno del 1960.9

Nella relazione che accompagna il progetto, consegnato alle autorità comunali nei primi giorni di febbraio del 1961,10 Roncati, invece, oltre a evidenziare gli aspetti critici emersi elaborando la proposta (come le dimensioni non proprio generose del lotto e la sua forma irregolare), propugna la costruzione di una Casa dei bambini come parte integrante del nuovo Centro scolastico, e le sue proposte vengono accolte in toto, dal momento che, due settimane dopo la presentazione del progetto, il municipio di Riva San Vitale comunica di avere avviato le trattative per l'acquisto di due lotti adiacenti al sedime originario.

Alla trama intessuta con paciosa determinazione dall'ingegner Roncati manca un ultimo tocco: il passaggio dell'incarico alla figlia Flora e ai suoi amici e sodali, Aurelio Galfetti e Ivo Trümpy, che si concretizza il 3 maggio 1961, quando il municipio approva il nuovo progetto di massima nel frattempo inoltrato dai tre giovani architetti. Sostanziata da una pianta e da un prospetto alla scala 1:200, accompagnati da una stringata relazione tecnica, la loro proposta, assai rudimentale, prevede cinque volumi, tre dei quali (disposti attorno a una corte lastricata) sono destinati alle scuole elementari e maggiori, uno alla palestra e l'ultimo, all'angolo nordoccidentale del lotto, alla Casa dei bambini.11 Coronati da tetti a padiglione e delimitati da muri di pietra a vista, i cinque volumi non sembrano nemmeno usciti dalla mano dei tre architetti, tanto si discostano dalle loro predilezioni lecorbusiane, facendo supporre una manovra volta a rassicurare la committenza sulla moderazione dei tre giovani catapultati sul proscenio rivense da quel buon diavolo del Roncati. Il quale, dal canto suo, ha agito magistralmente, perché l'incarico a questo punto è ormai saldamente nelle mani di sua figlia Flora e dei suoi amici, che da quel momento, messa da parte l'iniziale evocazione di un pacatissimo vernacolo, iniziano a sondare coraggiosamente il potenziale urbanistico e pedagogico del progetto.

Le scuole elementari e maggiori

Senza entrare nei dettagli della genesi progettuale,12 vorrei soprattutto sottolineare l'importanza che, sin dalle prime ipotesi, Galfetti, Ruchat-Roncati e Trümpy attribuiscono agli spazi aperti, intesi non soltanto come luogo destinato alle attività pedagogiche, ma come vero e proprio spazio pubblico.

Nelle due varianti sviluppate nei mesi di ottobre e novembre del 1961 (mentre Galfetti, assecondato da Trümpy, sta lavorando al progetto per la Casa dei bambini di Biasca e Flora Ruchat-Roncati, associata ad Antonio Antorini e Francesco Pozzi, a quello per la Casa dei bambini di Chiasso) gli architetti propongono una composizione di tre volumi, destinati rispettivamente alle scuole elementari e maggiori, alla palestra e alla scuola dell'infanzia. Le scuole elementari e maggiori (allineate, come la palestra, lungo via Monsignor Sesti) sono concepite come una grande piastra, dalla pianta pressoché quadrata, sollevata da terra per liberare il suolo pubblico (occupato dagli ingressi alle aule al primo piano e, nella variante del 15 novembre 1961, da due aule speciali e dalla direzione e sala docenti). Ciascuna aula, al piano superiore, è già provvista di uno spazio all'aperto per le attività didattiche. Se per un verso l'impianto evoca l'immagine della Colonia Italsider (1960-1963) che Renato Severino realizza a Cesana Torinese (sulla scorta di un concorso i cui esiti erano stati pubblicati nel numero di aprile 1960 di «L'architettura.Cronache e storia»),13 dall'altro potremmo riconoscervi una personale rielaborazione di motivi lecorbusiani (come parrebbe suggerire uno degli schizzi di studio, nel quale le aule appaiono coperte da una volta ribassata secondo il modello ripreso da Galfetti nella Casa dei bambini di Biasca e poi, da tutti e tre gli architetti, nella Casa dei bambini di Viganello), innestati sul quarto tipo di composizione enunciato nella celebre tavola pubblicata nel primo volume della Oeuvre complète.14

A questa prima ipotesi, nella quale i volumi sembrano giacere su una sorta di piano cartesiano (che Matteo Iannello, alludendo alla prossimità dell'oratorio di San Rocco, ha definito un «sagrato laico»)15 subentra un nuovo progetto che prefigura l'impostazione di quello realizzato. Le scuole elementari e maggiori sono ora organizzate in una sequenza di unità didattiche distribuite su tre piani fuori terra (premurandosi, anche in questo caso, di lasciare libero per quanto possibile il suolo, inteso come spazio pubblico) e orientate lungo l'asse nord-sud. La loro giacitura manifesta l'idea di segnare il «limite» del nucleo storico verso meridione e la campagna (già preda della speculazione edilizia e delle prime avvisaglie della città diffusa), mentre la pianta e la sezione trasversale annunciano la soluzione realizzata.

Osservando gli elaborati grafici che documentano la genesi delle scuole elementari e maggiori, si rimane colpiti per un verso dalla fiducia accordata dal committente (il quale accetta, ad esempio, i maggiori costi derivanti dalla decisione di staccare, lungo i lati maggiori, i volumi delle unità didattiche, così da liberare tutte le facciate e garantire un apporto ideale di luce naturale e una doppia ventilazione trasversale) e per un altro dalla tenacia con cui  Galfetti, Ruchat-Roncati e Trümpy sondano il progetto in un continuo movimento di «andata e ritorno» dagli ambienti interni (e dunque dalle istanze pedagogiche a questi sottese) al rapporto con il villaggio e il territorio. Senza perdersi d'animo se il progetto sembra giungere a un punto di crisi: come quando, nel gennaio 1963, passati già alla stesura degli elaborati grafici 1:50, gli architetti si rendono conto che le scale poste fra le unità didattiche e a queste parallele, non sono la soluzione adeguata per accogliere il flusso degli alunni che, all'entrata o all'uscita dalle aule, s'ingolfano in un ambiente esiguo e identico a ogni piano. La soluzione risiede in un'abile mossa del cavallo che riapre la partita risolvendo il problema funzionale e al tempo stesso rafforzando il concetto urbanistico che innerva il progetto: vale a dire ruotare le scale di 90° per disporle in sequenza entro una fascia che rafforza la funzione di limite rispetto al nucleo (un limite tuttavia poroso, a livello di visuali e di percorsi), generando una vera e propria promenade architecturale che conduce gli alunni alle aule del primo e del secondo piano mettendoli in relazione con il paesaggio.16

Per quanto riguarda invece la sezione trasversale, dettata dal desiderio di dotare le aule di uno spazio per la didattica all'aperto, sono gli stessi architetti a palesare le loro fonti, vale a dire «le proposte di Le Corbusier per la lottizzazione dell'Oued Ouchaia ad Algeri per il signor Durand [in particolare la sezione trasversale dei «grand immeubles» e la disposizione delle «petites maisons»], mentre per l'immagine delle terrazze [s'intende quelle realizzate nella prima fase] il riferimento è il quartiere di Fruges a Pessac (Bordeaux)».17 Ora, i «grand immeubles» del «lotissement Durand» rappresentano una fonte significativa non tanto perché sono il modello da cui Le Corbusier deriva il solo progetto ideato per il Cantone Ticino, vale a dire la proposta di urbanizzazione del delta della Maggia18 (giacché questa pare essere una mera coincidenza), ma soprattutto perché (come per altri edifici scolastici disegnati da Galfetti, Ruchat-Roncati e Trümpy) i riferimenti dei tre architetti sono tratti principalmente dall'edilizia residenziale unifamiliare o collettiva (piuttosto che dall'edilizia scolastica),19 tant'è che la sezione gradonata, sviluppatasi dapprima in un contesto sanatoriale,20 viene applicata a Riva in ambito pedagogico per il tramite dell'interpretazione domestica lecorbusiana.

Si rimane inoltre colpiti dalle dimensioni generose delle aule, non soltanto dotate di una terrazza ma articolabili in aree destinate ad attività didattiche diverse grazie al curioso dispositivo di una lavagna imperniata e ruotabile a 360 gradi, dispositivo applicato nei due corpi inaugurati nel 1964 ma abbandonato nell'ampliamento realizzato tra il 1970 e il 1973 in favore di una semplice lavagna su rotelle.

La freschezza con cui Galfetti, Ruchat-Roncati e Trümpy reinterpretano e combinano le loro fonti riemerge nella seconda fase di costruzione delle scuole elementari, durante la quale realizzano tre nuovi corpi per altre otto aule e la biblioteca, che chiude al piano terra, verso levante, la sequenza delle corti. Ai loggiati aperti che accolgono la distribuzione verticale dell'edificio originario, gli architetti sostituiscono (assecondando una sollecitazione della committenza) degli atri vetrati a doppia altezza a cui accedono, da una scala esterna, gli alunni che devono raggiungere l'aula al secondo piano attraverso un'ulteriore rampa di scala, mentre l'aula al primo piano è servita da uno spogliatoio al piano terra da cui prende origine una scala indipendente. In questo modo gli architetti riescono a conservare, nell'ampliamento, la cadenza dei pieni e dei vuoti del nucleo originario e la trasparenza dei volumi che connettono le unità didattiche orientate lungo l'asse nord-sud, assicurando unità e varietà al tempo stesso.

Tutto si tiene, insomma, in una scuola che pare assolvere a una duplice funzione: quella di formare il cittadino, favorendo le istanze di una pedagogia aperta e innovativa, e di costruire il territorio, cogliendo l'occasione offerta da una commessa di edilizia scolastica per conferire ordine e struttura a un luogo dando forma allo spazio pubblico.

La Casa dei bambini e la palestra

Questa strategia viene ribadita dai due volumi che completano il Centro scolastico, vale a dire la nuova scuola dell'infanzia e la palestra, la quale, dopo aver vagliato diverse ipotesi quanto a giacitura e programma,21 viene disposta a meridione delle scuole elementari e maggiori, in corrispondenza dell'ampliamento. Mentre gli altri edifici sono frutto di un confronto serrato fra i tre progettisti,22 nell'ambito del quale non è agevole individuare i singoli apporti e anzi si configura deliberatamente come un atto collettivo, la palestra viene firmata solo da Flora Ruchat-Roncati e Ivo Trümpy. Due lunghi muri paralleli, in cemento armato alleggerito da inerti di argilla espansa e coronati per quasi l'intera lunghezza da un lucernario, definiscono verso ponente la palestra vera e propria, affacciata sul giardino attraverso la parete vetrata che occupa uno dei lati minori, mentre a levante, separati dalla palestra dal nucleo centrale dei vani tecnici e degli spogliatoi, troviamo al piano terreno un ambiente utilizzato come deposito (nei disegni designato come «locale protezione civile»)23 e al primo piano la sala per la ginnastica correttiva. La posizione e l'assenza di aperture nei muri laterali (soprattutto in quello che volge a meridione) qualificano l'edificio come una barriera (opaca e invalicabile) posta al limitare della campagna che ormai, nel volgere di pochi anni, si è mutata in un deposito di case unifamiliari.

Più complessa è invece la Casa dei bambini, esito di una lunga genesi che si dipana, tra periodi di stasi e repentine riprese, dal 1961 al 12 ottobre 1968, quando viene inaugurata.24 Alle prime quattro varianti, presentate nel giro di pochi mesi, tra l'ottobre 1961 e il gennaio 1962, segue infatti un'apparente interruzione dell'elaborazione progettuale, che riprende slancio solo dopo il dicembre 1965, quando il Consiglio comunale di Riva San Vitale approva il credito per la costruzione dell'edificio, destinato a due sezioni di una trentina di bambini ciascuna.25 Se le prime ipotesi implicano la demolizione della sede costruita negli anni Trenta, ora la proposta di Galfetti, Ruchat-Roncati e Trümpy deve tenere conto della preesistenza e va a collocarsi a levante di questa, impostando l'edificio su una pianta quadrata (in questa versione disposta parallelamente alle scuole elementari e maggiori). Riprendendo un leitmotiv che percorre l'intero progetto del Centro scolastico, il piano terra viene lasciato quasi completamente libero (a eccezione del refettorio e della cucina) per fungere da grande portico sotto il quale giocare al riparo dal sole o dalla pioggia (senza contare la possibilità di ricavarvi, ove necessario, una terza sezione: ipotesi verificatasi sul finire degli anni Ottanta e attuata nel 1990 secondo il progetto di Flora Ruchat-Roncati e Ivo Trümpy). Anche in questo caso, come era accaduto nella progettazione di altre scuole dell'infanzia, gli architetti fruiscono dei consigli e del sostegno dell'ispettrice cantonale delle Case dei bambini, Pia Calgari, favorevole alla scelta di organizzare le sezioni su due piani, come a Chiasso o a Viganello (il cui concorso di progettazione viene vinto da Galfetti, Ruchat-Roncati e Trümpy nel luglio del 1965). L'interno è caratterizzato da spazi fluidi che articolano le diverse attività pedagogiche quasi senza soluzione di continuità tra le due aule dedicate alle attività tranquille e la grande sala alternativamente destinata al gioco oppure, disponendo i giacigli, al riposo che segue la refezione meridiana.

Il progetto conosce un'ulteriore e decisiva evoluzione nel luglio del 1966,26 quando, oltre a ruotare leggermente la giacitura del volume, si viene profilando il dispositivo d'ingresso, fondato su un percorso costeggiato da un muro che, da via Monsignor Sesti, conduce al portico e da qui, attraverso due scale separate, agli ingressi delle due sezioni, mentre una scala centrale scende al refettorio al piano terra, ora spostato sul lato meridionale. La struttura portante è costituita da sedici pilastri in cemento armato di 33 centimetri di lato, disposti ai vertici dei nove campi in cui è suddiviso il quadrato di base. Il progetto esecutivo, disegnato tra il dicembre 1966 e la primavera del 1967, interviene soprattutto sulla soluzione distributiva, ora caratterizzata da una sola scala che dal piano terra porta alle due sezioni al primo piano (collocata in posizione baricentrica e in uno spazio a doppia altezza coperto da un lucernario) e da due scale interne che scendono al refettorio.

«Se al volume delle scuole elementari è affidata l'immagine pubblica del complesso, l'asilo si configura come un vero e proprio padiglione all'interno di un recinto aperto il cui carattere pubblico è definito dal sistema di attraversamenti e di relazioni che lo legano all'intorno urbano».27 Al tempo stesso andrà rilevato il gioco sottile tra la struttura portante in calcestruzzo armato e gli elementi di tamponamento, i cui rapporti si configurano nei quattro prospetti in modi sempre diversi, ma egualmente improntanti a quella seria giocosità così caratteristica dei bambini, e così pertinente a una loro Casa.

Desidero ringraziare Ivo Trümpy e Matteo Iannello per le discussioni sempre ricche di spunti, come pure l'Ufficio tecnico del Comune di Riva San Vitale, nelle persone del capotecnico precedente (architetto Francesco Travaini) e attuale (architetto Matteo Colferai), per aver concesso la consultazione della documentazione grafica e testuale, riguardante la progettazione e la costruzione del Centro scolastico, conservata nell'Archivio del Comune di Riva.

Note

 

1 Completato il centro scolastico di Riva San Vitale: entrerà in funzione il 14 gennaio con 310 allievi, «Giornale del Popolo», 9 gennaio 1974.

 

2 Sulla Corte dell'Inglese e l'intervento di Flora Ruchat-Roncati si rinvia al saggio di Annalisa Viati Navone in questo stesso numero.

 

3 Su Giuseppe Roncati sia lecito rinviare a Nicola Navone, Il mestiere di vivere di Giuseppe Roncati, ingegnere e architetto, in Nicola Navone, Anna Ruchat, Una casa sul lago, Officina Libraria, Roma (in corso di pubblicazione, 2022).

 

4 Sulla vicenda si veda in particolare il capitolo firmato da Matteo Iannello, La genesi del complesso scolastico di Riva San Vitale, in Matteo Iannello, Nicola Navone, Frammenti di una provincia pedagogica. Le scuole di Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati, Ivo Trümpy, 1959-1970, Mendrisio Academy Press, Mendrisio (in corso di pubblicazione, 2022). Devo alla liberalità di Matteo Iannello la possibilità di anticipare, in questa sede, una parte degli esiti delle ricerche compiute.

 

5 Archivio del Moderno, Fondo Giuseppe Roncati, GR Sc 1, Elenco dei progetti elaborati dal 1934 al 1958.

 

6 Per i numerosi progetti si veda Archivio del Moderno, Fondo Giuseppe Roncati, GR Sc 3.

 

7 Dalla sezione trasversale della scuola Untermoos a Zurigo-Altstetten di Eduard Del Fabro (1954-1955), alla sezione delle aule (nel corpo destinato alla Casa dei bambini) che, dalla scuola Munkegård di Arne Jacobsen (1948-1957), passando per la scuola Matt a Hergiswil am See di Walter H. Schaad e Emil Jauch (1952-1954) e ad altri edifici scolastici svizzeri di quel periodo, discende sino al Ginnasio di Bellinzona di Alberto Camenzind e Bruno Brocchi (1954-1958). Che Giuseppe Roncati si fosse servito del celebre volume di Alfred Roth, Das neue Schulhaus, è dimostrato da uno schizzo prospettico della palestra (Archivio del Comune di Riva San Vitale, scatola «Progetto nuovo centro scolastico + capitolati»), ripreso tale e quale dalla fotografia pubblicata a p. 122 dell'edizione del 1957, raffigurante la «Play hall, windows seats with storage space» della Park-Side School a Riverside (Illinois) di Perkins & Will.

 

8 Gianni Botta, oltre che architetto titolare di uno studio a Mendrisio, fu municipale in quel comune per il partito conservatore e attorno alla metà degli anni Cinquanta direttore della locale Officina del gas.

 

9 La data viene desunta dalle copie eliografiche conservate in Archivio del Comune di Riva San Vitale, scatola «Progetto nuovo centro scolastico + capitolati».

 

10 Ibidem, Giuseppe Roncati, Studi preliminari inerenti al progetto del nuovo centro scolastico di Riva S. Vitale, Vacallo 2 febbraio 1961, dattiloscritto.

 

11 Archivio del Moderno, Fondo Flora Ruchat-Roncati, FRR C 3/1 (per la sola pianta) e Archivio del Comune di Riva San Vitale, scatola «Progetto nuovo centro scolastico + capitolati» (dove sono conservate copie eliografiche della pianta e del prospetto).

 

12 Per un compendio della genesi progettuale si rinvia a Matteo Iannello, Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati, Ivo Trümpy, Scuola elementare di Riva San Vitale, in Nicola Navone (a cura di), Guida storico-critica all'architettura del XX secolo nel Cantone Ticino, vol. I, Archivio del Moderno, Balerna 2020, pp. I.SC.3.01-08.

 

13 Concorso per un soggiorno montano, «L'architettura. Cronache e storia», aprile 1960, 54, p. 864.

 

14 Corrisponde, come sappiamo, al modello di villa Savoye ed è chiosata da queste parole: «très généreux, on affirme à l'extérieur une volonté architecturale, on satisfait à l'intérieur tous les besoins fonctionnels (insolation, contiguïtés, circulation)». Le Corbusier, Pierre Jeanneret, Oeuvre complète, vol. I, 1910-1929, a cura di Willy Boesiger e Oscar Stonorov, Zürich 1929, p. 189.

 

15 Matteo Iannello, Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati, Ivo Trümpy, Scuola elementare di Riva San Vitale, cit., p. I.SC.3.01.

 

16 Archivio del Moderno, Fondo Aurelio Galfetti, LG C 7/1.

 

17 Ivo Trümpy, Flora e le scuole di Riva San Vitale, in Serena Maffioletti, Nicola Navone, Carlo Toson (a cura di), Un dialogo ininterrotto. Studi su Flora Ruchat-Roncati, Il Poligrafo, Padova 2018, pp. 31-42.

 

18 Una dettagliata disamina del progetto è offerta da Pier Giorgio Gerosa, Il delta, la «nuova Locarno» e Le Corbusier, Casagrande, Bellinzona 2004. Si tenga presente che Le Corbusier capovolge l'orientamento degli edifici rispetto al modello originale, come faranno i nostri architetti a Riva San Vitale, poiché nel clima del Ticino le terrazze possono guardare a solatìo, mentre nella proposta algerina sono rivolte a settentrione, verso la costa e il mare, anche per cercare di proteggerle dal sole.

 

19 Su questo punto sia lecito rinviare a Nicola Navone, Dagli esordi al Bagno di Bellinzona. Congetture sull'architettura di Flora Ruchat-Roncati, in Serena Maffioletti, Nicola Navone, Carlo Toson (a cura di), Un dialogo ininterrotto, cit., pp. 31-90.

 

20 Si veda ad esempio Pierre-Louis Laget, L'invention du système des immeubles à gradins. Sa genèse à visée sanitaire avant sa diffusion mondiale dans la villégiature de montagne et de bord de mer, «In Situ. Revue des patrimoines», 2014, 24, URL: http://insitu.revues.org/11102; DOI: 10.4000/insitu.11102 (pagina consultata il 21 febbraio 2015).

 

21 In un elaborato grafico datato 15 ottobre 1970 (e ancora firmato dai tre architetti) la palestra viene ad esempio prolungata a ponente da una piscina coperta, sicché la sequenza dei due volumi corrisponde (anzi eccede di poco) all'estensione dei cinque corpi delle scuole elementari e maggiori. Archivio del Moderno, Fondo Flora Ruchat-Roncati, FRR T4/7.

 

22 «Poteva anche succedere che, terminati i disegni esecutivi, si decidesse di ripartire da zero. Era un modo di lavorare dispendioso, consentito dai tempi concessi dal committente, molto più ampi di quelli attuali», ricorda Ivo Trümpy, Flora e le scuole, cit., pp. 31 e 41.

 

23 Cfr. gli elaborati grafici e i controlucidi conservati in Archivio del Moderno, Fondo Flora Ruchat-Roncati.

 

24 Per una sintetica e puntuale ricostruzione della genesi della Casa dei bambini, si veda Matteo Iannello, Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati, Ivo Trümpy, Scuola dell'infanzia di Riva San Vitale, in Nicola Navone (a cura di), Guida storico-critica all'architettura del XX secolo nel Cantone Ticino, vol. II, Archivio del Moderno, Balerna 2022, pp. II.SC.2.01-08.

 

25 La nuova casa dei bambini di Riva San Vitale offre valide soluzioni architettoniche, «Giornale del Popolo», 2 febbraio 1966.

 

26 Mentre Flora Ruchat-Roncati, insieme ai due amici e sodali, sta elaborando il progetto per la casa dei suoceri, Paul e Marthe Ruchat, a Morbio inferiore (per il quale si veda Nicola Navone, Dagli esordi al Bagno di Bellinzona, cit.).

 

27 Matteo Iannello, Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati, Ivo Trümpy, Scuola dell'infanzia di Riva San Vitale, cit.

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