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Quattro secoli di finestre alla Biennale di Venezia 2014.

Data di pubblicazione
12-08-2014
Revision
08-10-2015

Una delle attrazioni principali della Biennale di Architettura di Venezia 2014, in scena fino al 23 novembre, è la mostra Elements of Architecture allestita nel padiglione centrale ai Giardini, a cura di Rem Koolhaas (direttore dell’intera manifestazione). 

Come suggerisce il titolo l’idea è quella di riportare l’attenzione su alcuni degli elementi costruttivi primari attorno ai quali si è sviluppata e continua a svilupparsi l’architettura, partendo così da una visione ravvicinata, di dettaglio, per riflettere sullo statuto concettuale e sulla prassi operativa della disciplina al giorno d’oggi e rispetto al futuro. La maggior parte di questi elementi sono praticamente imperituri e senza tempo (pavimento, tetto, corridoio, facciata, soffitto, porta, scala, balcone, muro, gabinetto, finestra); altri hanno una storia molto più breve ma sono ormai divenuti fondamentali quanto gli altri: parliamo dell’ascensore, della rampa e della scala mobile. Un elemento come il camino invece, dopo aver costituito per secoli (o millenni) uno dei luoghi simbolici e funzionali più importanti della casa, ha ormai perso tale centralità, rischiando addirittura l’estinzione.

Si legge nel catalogo della mostra: «Alcuni elementi non sono quasi cambiati negli ultimi 3-5000 anni, altri sono stati (re)inventati la settimana scorsa (ma in architettura la comparsa di un nuovo elemento è rara: quasi tutte le invenzioni sono reinvenzioni…). Il fatto che gli elementi mutino in maniera indipendente, secondo i diversi cicli e le diverse economie e per motivi disparati, trasforma ogni progetto architettonico in un complesso collage di arcaico e attuale, di ordinario e singolare, di uniformità meccanica e bricolage: una complessità che si manifesta in tutta la sua portata solo osservando le sue parti costituenti al microscopio.»

Delle 15 sale tematiche una delle più interessanti è quella dedicata alle finestre. In particolare, a catturare l’attenzione è la lunga parete costellata da circa 70 serramenti interi o sezionati, che ripercorrono gli ultimi quattro secoli della storia dell’architettura inglese. Ci sono finestre che appartenevano a palazzi reali e altre costruite per edifici popolari; raffinati telai in legno curvato e sottili serramenti di metallo forgiati a mano; archi a ogiva rievocanti la memoria del gotico inglese e profili squadrati di carattere funzionale; maniglie di ogni genere e tipo, lastre di vetro colorate e trasparenti; finestre vittoriane e novecentesche.

Ogni pezzo è numerato e datato, cosicché l’intera parete assume l’aspetto di una di quelle tavole illustrate dell’Ottocento in cui sono classificati uno di fianco all’altro, con grande pazienza e rigore enciclopedico, incredibili esemplari di animali, piante o insetti provenienti dalle remote regioni dell’impero britannico. In questo caso i pezzi provengono tutti dalla Brooking National Collection, singolare museo e centro studi con sede a Cranleigh (nel Surrey, una cinquantina di chilometri a sud ovest di Londra) che prende il nome dal suo fondatore Charles Brooking, il quale dagli anni Sessanta raccoglie con ossesione quasi maniacale pezzi di edifici destinati all’oblio o alla distruzione.

La collezione ospita di tutto – dalle modanature in gesso ai ferri battuti, dai cornicioni in pietra a pezzi di scale come corrimani e gradini, dai camini in ghisa ai doccioni e ai pluviali e molto altro ancora, per un totale di circa 500 mila pezzi – ma le finestre hanno un posto di rilievo: si contano infatti 5 mila esemplari completi e 10 mila sezionati, con sezioni curiose e interessanti, come quella dedicata ai meccanismi di controbilanciamento del peso nelle finestre a ghigliottina, diversi a seconda delle esigenze e del gusto. Per avere un’idea più precisa della ricchezza della Brooking Collection e delle attività che essa svolge (in particolare quelle legate alla didattica e alla conservazione del patrimonio architettonico britannico) consigliamo di visitare il sito internet www.thebrookingcollection.org, dove sono disponibili diversi video.

A Venezia accanto alla collezione inglese sono esposte anche delle particolarissime finestre dei primi anni del Novecento originarie della Jacuzia, ai margini orientali della Russia: piccole aperture (circa 30 centimetri quadrati ognuna) composte da corteccia di betulla che veniva fatta ammorbidire in latte di mucca e successivamente intagliata e cucita con tendini di animale, in modo da ottenere un telaio con fori dalla forma irregolare. Questi fori potevano essere riempiti con piccole lastre di vetro (ma pochi se lo potevano permettere) oppure con carta oleata, membrana di pesce o mica. Durante la stagione invernale questi «serramenti» venivano rimossi e sostituiti con uno strato di ghiaccio, per isolare maggiormente gli ambienti interni della casa. 

In contrasto con il carattere artigianale delle finestre sopra descritte, nella stessa sala sono messi in scena anche casi studio più recenti, che testimoniano le conseguenze dell’avvento della meccanizzazione nell’edilizia così come il cambiamento del concetto stesso di finestra avvenuto nell’ultimo secolo. Su una delle pareti campeggia infatti una gigantografia del curtain wall del Seagram Building di Mies van der Rohe, preso a simbolo della progressiva sparizione della finestra intesa in senso tradizionale: non più «apertura» ma velo trasparente, diversamente sagomato, che avvolge l’edificio. Per far vedere dal vivo alcune delle fasi meccanizzate dell’odierna produzione dei serramenti, in mezzo alla sala sono poi state installate due macchine provenienti dalla fabbrica belga di finestre Sobinco («l’unica fabbrica in Europa in grado di produrre ogni singola parte mobile di una finestra in una sola fabbrica», si legge nel catalogo): una struttura di collaudo e una macina meccanica per produrre impugnature, guarnizioni e maniglie.

Per questa sezione della mostra, così come per tutte le altre, quanto si vede esposto è in realtà la sintesi limitata di una ricerca durata due anni condotta dalla Graduate School of Design della Harvard University, i cui frutti sono stati fatti confluire in una serie di 15 piccole monografie pubblicate dall’editore Marsilio, che permettono al visitatore di soffermarsi con maggiore calma sulle innumerevoli tappe di questa «storia degli elementi». Tra tutte, la più curiosa e divertente è senza dubbio quella sul tema Toilet: un excursus storico sull’ergonomia e sul design di pissoirs, water closets e affini dall’antichità ai nostri giorni.

Dossier sulla Biennale di Venezia qui.

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