Un quar­tie­re na­to gra­zie al­la par­te­ci­pa­zio­ne di mol­ti

Perché un grande progetto di investimento sia un quartiere cittadino e non un mero oggetto di rendita, è necessario che molte parti collaborino a un obiettivo comune. L’esempio del quartiere «Papieri» di Cham.

Data di pubblicazione
30-09-2022

Gerold Werder ama impegnarsi in «cose che si fanno in quattro e quattr’otto». È una frecciatina lanciata alla politica locale e alle lungaggini della pianificazione. Werder è il presidente dell’associazione «Langhaus», che è stata incaricata dal comune di Cham di intervenire su una metà del deposito della vecchia cartiera. L’associazione vanta credenziali maturate negli anni: nel 2015, quando la cartiera ha interrotto l’attività e l’area è rimasta inutilizzata, Werner e altre persone coinvolte nel progetto hanno aperto una officina ad uso gratuito per biciclette, all’interno di un container in un parcheggio inutilizzato. Nel 2017 si sono trasferiti nel vicino «Langhaus» e vi hanno costruito un bar e un palcoscenico, creando uno spazio per l’arte e la cultura su piccola scala. Sono seguiti due anni di pausa, il 2021 e il 2022, durante i quali il Comune ha provveduto a restaurare l’edificio, sottoposto a tutela come monumento. Nel frattempo i membri dell’associazione hanno messo a punto un programma a lungo termine e si sono proposti come utilizzatori, hanno perfezionato i progetti con un’architetta e ora stanno tutti dando una mano nella sistemazione degli interni.

Un impegno prezioso

Per il Cham Group, l’investitore che sta convertendo l’area della ex cartiera in un nuovo quartiere con alloggi per 2500 persone e 1000 posti di lavoro, figure come Werder sono impagabili. Anche se si presenta come qualcuno di pragmatico, lui e quelli come lui sono parte integrante di una pianificazione a lungo termine e di complesse procedure. Non si possono inserire nella programmazione, ma fanno vivere un quartiere che altrimenti sarebbe solo una colata di cemento. E questo è qualcosa che ripaga sul lungo periodo.

Le possibilità di portare avanti il suo impegno locale per l’associazione, e la realizzazione del progetto edilizio per l’investitore sono direttamente collegate. Per poter utilizzare a fini abitativi e lavorativi i 12 ettari dell’ex area industriale a nord del centro, è stato necessario un cambiamento di destinazione d’uso, da cui è derivato un enorme aumento del valore dell’area. La proprietà ha concordato con il Comune una compensazione, che ha comportato la cessione al settore pubblico di circa il 15 % del terreno, con il Langhaus e il binario di collegamento tra la fabbrica e la ferrovia che attraversava la città. Quest’ultimo è diventato un percorso ciclopedonale, tangenziale al Langhaus, che dà al sito un accesso indipendente dal traffico automobilistico. Tutto questo è un passo verso un futuro promettente, oltre che un segno della stretta e proficua collaborazione tra Comune, cittadini e investitore.

Grandi dimensioni, approccio prudente

Anche se porta il suggestivo nome dialettale di «Papieri», il progetto viaggia su un ordine di grandezza enorme per un comune di appena 17 000 abitanti. Vi sorgeranno tre grattacieli alti fino a 14 piani, un grande blocco di appartamenti lungo 166 metri e alto otto piani, e varie costruzioni commerciali e residenziali. E stiamo parlando solo delle prime due fasi dei lavori, da realizzare entro il 2024; seguirà molto altro. Per realizzare una cubatura di tale portata, e farlo con successo, si è dovuto procedere con cautela. Ci sono voluti un masterplan, approvato nel 2014, e un referendum sul piano di sviluppo, che si è tenuto nel 2016 e mandati di studio paralleli per i singoli edifici. Gli architetti che li hanno firmati garantiscono la qualità: Galli Rudolf, Huggenbergerfries, Boltshauser, Pool, Büro Konstruk. Tuttavia non si tratta solo di realizzare molti metri cubi di nuove costruzioni, ma di mantenere e recuperare gran parte dell’esistente: oltre al magazzino più visibile, anche l’edificio chiamato Kalanderbau del 1910 e i capannoni delle macchine per la produzione della carta da 1 a 4 – un enorme complesso lungo il piccolo fiume Lorze, che costeggia il sito – più, al centro dell’area, l’ex locale caldaie della metà del XX secolo. Nelle fasi successive verranno recuperate la stazione di trasformazione (1913) e l’edificio Durolux (1955).

Un grande fermento creativo

Evidentemente tutto questo non si deve solo a uno spirito filantropico: nuovi edifici così suggestivi e vicini all’acqua come i vecchi capannoni industriali non si possono più costruire. Inoltre, questi contribuiscono all’identità del nuovo quartiere: «È sempre la Papieri Cham!» Il fatto che ad affermarlo non sia l’investitore ma Franziska Kaiser, alta funzionaria della tutela dei monumenti del canton Zugo, sta a dimostrare accortezza dell’investitore e la sua capacità di riunire diversi interessi. Nella riconversione attenta e graduale, la conservatrice dei monumenti vede «una super chance» di collaborazione e salvaguardia. Il suo collega Oliver Tschirky, conservatore cantonale e oggi consulente dei lavori di costruzione, sottolinea l’alta qualità degli edifici esistenti: «Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso qui c’è stato un grande fermento creativo». Effettivamente i capannoni della prima metà del XX secolo, con il ritmo seriale dei contrafforti, i dettagli tanto funzionali quanto eleganti, come le mensole e i cornicioni in pietra naturale,  formano un suggestivo contrasto con le superfici laterizie bianche finemente incorniciate, stabilendo standard elevati per il nuovo edificato vicino.

Entusiasmo per il carattere

Lukas Fehr, responsabile dello sviluppo del Cham Group, ammette che ha dovuto abituarsi a collaborare con chi si occupa  della tutela dei monumenti storici – diversi edifici del sito sono sotto protezione, sia come sostanza che come volumi. Al momento, però, i vantaggi prevalgono nettamente: «C’è un DNA su cui innestiamo il nostro intervento». Il suo entusiasmo per il carattere di queste testimonianze del lavoro industriale è pari a quello per il programma di riconversione: metterebbe subito la sua scrivania qui, all’ultimo piano dell’ultracentenaria stazione di trasformazione, dice senza nascondere un sorriso, e la visita al locale caldaie gli fa brillare gli occhi. Non sorprende che nel maestoso porticato degli anni Quaranta di questa costruzione in calcestruzzo, si stabiliranno un birrificio e uno spazio per il coworking: così il gusto per il lavoro artigianale e industriale approda direttamente nel presente.

Questo articolo è stato pubblicato nel numero speciale «Erfolgsfaktor Baukultur | La culture du bâti – un facteur de réussite | Cultura della costruzione: un fattore di successo».

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