Par­co del Por­tel­lo, Mi­la­no

Un luogo speciale per Milano: il parco urbano dell’area Nuovo Portello, Charles Jencks e Andreas Kipar (LAND srl).

Data di pubblicazione
11-04-2013
Revision
19-10-2015

Appena capita di camminare tra le due colline all’interno del nuovo Parco del Portello i rumori, quelli violenti e continui che arrivano dalle due grandi arterie stradali che si muovono tangenziali all’area Portello-Fiera, scompaiono magicamente.

Si vive improvvisamente uno stato di sospensione del tempo e della condizione metropolitana in cui siamo immersi costantemente, e tutti i sensi rinvengono lentamente offrendoti la possibilità di cominciare a guardarti intorno con più calma, di domandarti il senso e la qualità del luogo in cui stai camminando, di annusare l’aria sperando che sia meno inquinata e di sentire un’inusitata voglia di rallentare il passo e sederti.

Credo che uno dei grandi, potentissimi pregi di un parco urbano sia quello di rallentare il passo e di offrire al cittadino che incontra questo luogo il potere elementare della Natura, anche quella imprigionata tra le cancellate e immersa in una grande metropoli: l’occhio riposa improvvisamente, gli odori si fanno diversi e più intensi, il silenzio prende il sopravvento, la luce che filtra tra gli alberi e che accarezza i prati e i fiori solleva lo spirito regalando un inaspettato buon umore.

Il parco del Portello, che ha aperto finalmente i suoi cancelli all’inizio di dicembre 2012, è un luogo speciale per Milano o, almeno, io spero lo possa diventare perché accomuna alcuni elementi che questa città raramente ha avuto in questi ultimi decenni. Non siamo infatti di fronte, innanzitutto, a uno dei tanti parchetti metropolitani figli degli oneri di urbanizzazione, ovvero un disegno approssimativo, qualche gioco colorato per i ragazzi, poche panchine e un verde pensato per resistere con pochissima manutenzione. Il parco è il completamento di una riflessione progettuale matura e di grande qualità come è stato per tutto il masterplan di Portello-Fiera disegnato da Gino Valle, in cui i grandi movimenti di terra derivanti dagli scavi e dal cantiere sono diventati un occasione per dare forma a un parco speciale e di grande qualità diffusa. Il piano complessivo di Valle, l’ultimo disegnato prima della sua scomparsa, prevedeva il gioco ben equilibrato tra due testate pubbliche come la grande area commerciale, da un lato, e le torri terziarie dal lato opposto, impostate lungo una diagonale che traguardasse una grande arteria stradale e che vedesse sui due opposti lati due grandi interventi residenziali disegnati da Cino Zucchi e Guido Canali. Lungo questo asse il disegno degli spazi pubblici è stato seguito con un’attenzione inusitata per la media degli interventi immobiliari italiani, con la progettazione di ogni elemento che garantisse una diffusa qualità dei luoghi d’uso collettivo come la pavimentazione, le sedute, le portinerie, le fontane, offrendo la chiara idea che un progetto urbano è tale solo se si dedica una grande attenzione al disegno del piano terra pubblico.

In questa direzione è andata anche la progettazione del Parco, con la chiamata di Charles Jencks, fondatore del Post-Modernismo e adesso celebre progettista di grandi parchi realizzati in tutta Europa, che, con la collaborazione di LAND, ha risposto alla volontà della committenza di fare di quest’area verde un luogo speciale che da una parte offrisse qualità pubblica diffusa e, dall’altra, aiutasse a ricordare le origini di questo luogo (la grande fabbrica Alfa Romeo).

Jencks ha dato vita a un luogo unico, in cui le tre colline, composte in un triangolo magico sui temi della «preistoria», della «storia» e del «presente», giocassero tra di loro attraverso il disegno del verde e le sculture posizionate nei loro punti più strategici per osservare la città e il paesaggio che le circondano. Nel cuore del parco una grande specchio d’acqua che accoglie il visitatore e lungo uno dei fianchi dell’intervento un grande «giardino della memoria», un luogo a metà tra «Alice nel Paese delle Meraviglie», in cui Natura e artificio enigmista giocano insieme, e il «giardino dei semplici» allietato dalle essenze e dai fiori immaginati per offrire un racconto stagionale del luogo.

La committenza ci ha offerto il primo progetto italiano di Jencks e insieme l’idea che il parco completa, con il suo disegno, il progetto diffuso degli spazi pubblici costruiti tra gli edifici, un modo semplice e fondamentale di ricordarci che non c’è distinzione tra i due luoghi e che alla fine deve solo vincere la qualità urbana diffusa per il benessere dei suoi abitanti.

Le aree del parco

Preistoria
La collina della Preistoria, localizzata accanto ad uno degli assi viari ad alta percorrenza che delimitano il parco, è un primo segnale di riferimento del parco per la città. Dall’esterno si presenta come un’alta barriera verde che al suo interno of fre protezione dal rumore af facciandosi sul grande specchio d’acqua. Questa collina rappresenta la prima grande struttura dell’universo, le spirali delle galassie, e allo stesso tempo il tema della velocità in memoria delle attività passate. L’alba e il tramonto sono inquadrati da uno spazio aper to sulla sommità della collina e da alti elementi di pietra. Panchine, rizzada, ghiaia, arbusti e un progressivo emergere di pietre-frattali segnano otto cambiamenti cruciali nel tempo.

Presente
La collina più imponente che guarda verso il centro della città è ritmata da un percorso, che si dipana su due eliche di terra culminanti nel punto più alto (ca. 22m), dove fa capolino una scultura del dna, omaggioal tema della vita e alle linee sinuose del parco. La contrapposizione tra elementi metallici e naturali sottolineano, per contrasto, il piacere di vivere un parco realizzato all’interno del tessuto urbano. Dal punto più alto della collina lo sguardo si posa sulla città in una direzione, e sull’intero parco nell’altra, comprendendo il passaggio del tempo e delle fasi di crescita dell’uomo, leitmotiv del progetto: la collina della preistoria, della storia, lasciando in sospeso il tema del futuro, che in quanto tale resta inesplorat e in attesa di definizione.

Storia
Scendendo dalla collina della preistoria, si giunge a quella dedicata al tempo della storia. Questa mezzaluna divide il cuore del parco dalla Time Walk e dall’area dedicata ai giochi dei bambini. Il tempo della storia narra degli antichi romani, dei primi cristiani, del Medioevo e dell’epoca del Rinascimento, per culminare nell’età industriale che caratterizza il Nord Italia, e in par ticolare Milano, come memoria delle attività dell’Alfa Romeo. 

Alla storia di quest’ultima sono dedicati i segnali lungo il percorso. Sedute, segnali, luci, gagliardetti creano un battito continuo tra le piante di thuia. La forma della velocità è ripresa nelle linee di arbusti di choisya.

Time garden
Il Time Garden è lo spazio più raccolto e protetto del parco. Nel Time Garden lastre bianche e nere segnano la rotazione della terra, che avviene ogni 24 ore nel suo ciclo di notti e giorni, come cadenza fondamentale. Allo stesso tempo rappresenta le quattro stagioni, scandite con dei setti metallici lungo il muro rosso; i 28 giorni del ciclo lunare, segnalati nei cerchi lungo la Time Walk; i 12 mesi dell’anno, come parole ritagliate nel metallo; i 365 giorni dell’anno; le onde del battito cardiaco segnate a pavimento da un alternarsi di pietre bianche e nere. Come in un giardino zen, il Time Garden racconta l’individuale viaggio attraverso il tempo con segnali diversi: i ciottoli, i gradini, le piante dai profumi e colori variegati, i disegni in rebus, la rizzada a pavimento.

Committente: IPER MONTEBELLO S.p.A; Pavia

Progetto architettonico: Charles Jencks, Andreas KiparLAND srl

Direzione lavori: Andreas Kipar, LAND srl

Progetto bonifiche: Ing. Carlo Toscanini; Pavia

Ingegneria geotecnica: Sembenelli Consulting; Milano

Strutture: Sajni&Zambetti; Milano

Date: prima fase 2002-2010, seconda fase 2011, terza fase 2015

 

Superficie: 65.000 mq

 


 

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