OTIA: L'im­por­tan­za di sti­pu­la­re con­trat­ti scrit­ti

Data di pubblicazione
20-06-2014
Revision
19-08-2015

L’affermazione contenuta nel titolo appare alquanto evidente. La teoria è chiara, la prassi risulta essere inspiegabilmente un’altra. I contratti scritti hanno il vantaggio di definire esattamente diritti e doveri delle parti, di capire bene cosa desidera il partner contrattuale, di diminuire la perdita di tempo durante l’esecuzione del contratto e di aumentare la probabilità di ricevere l’onorario pattuito.

Il punto di vista legale

Non esiste l’obbligo di concludere nella forma scritta il contratto stipulato da un architetto o un ingegnere con il proprio committente. Contrariamente a certi tipi di contratto (p. es. contratto di compra-vendita di una casa; art. 216 cpv. 1 co), i contratti d’architettura e d’ingegneria possono essere conclusi nella forma orale o con un altro atto concludente. I Regolamenti SIA 102 a 112 e l’Appendice dei rispettivi formulari contrattuali 1002 a 1012/4 raccomandano «la stesura di un contratto e di eventuali modifiche relative in forma scritta» (cfr. p. es. art. 1.2.2 Regolamento SIA 102).

Malgrado oggigiorno praticamente tutti gli architetti e ingegneri attivi in Ticino sappiano dell’importanza di concludere dei contratti scritti, in pratica troppo spesso si riscontrano contratti stipulati nella forma orale, peggio ancora per atto concludente. Inoltre, non di rado, i contratti scritti sono poco chiari e lacunosi. Il buon senso vorrebbe che un contratto sia sempre stipulato nella forma scritta. Sovente però l’architetto e l’ingegnere capiscono pienamente l’importanza di concludere contratti scritti solo dopo aver perso molto tempo in discussioni con il committente in merito ad aspetti contrattuali o aver perso una buona parte dell’onorario, il tutto magari davanti al giudice.

Come rimediare?

Gli architetti e ingegneri devono capire la necessità di firmare contratti scritti e pretendere dai propri committenti tale forma contrattuale. In concreto, essi devono chiedere al committente l’utilizzazione di contratti SIA. Se per ipotesi ciò non fosse proprio possibile, non si deve in ogni caso rinunciare alla forma scritta e ad accordi chiari e precisi. Se il committente non dimostrasse buona volontà verso i contratti scritti, l’architetto e l’ingegnere dovrebbero prendere l’iniziativa e proporre loro una bozza di contratto scritto.

I vantaggi della forma scritta sono innumerevoli, gli svantaggi inesistenti. Le discussioni durante la fase di stesura del contratto sono di grande importanza per il successo del progetto. Le parti hanno l’opportunità di verificare punto per punto l’insieme delle rispettive obbligazioni. Il contratto scritto serve quindi da cecklist per la simulazione dell’intero progetto con lo scopo di verificare se le parti si sono capite e se hanno regolato gli elementi essenziali della loro futura relazione contrattuale. Durante l’esecuzione del contratto, accordi scritti chiari e precisi evitano la perdita di tempo in discussioni che inevitabilmente devono essere portate a termine per trovare la soluzione al (momentaneo) conflitto causato da patti non chiari. Contratti scritti servono pure per riuscire a dimostrare i propri diritti, ad esempio il diritto all’onorario.

Nella sentenza 4A_86/2011 del 28 aprile 2011, il Tribunale federale ha trattato un caso dove le parti non avevano stipulato accordi scritti sulla remunerazione dell’architetto. L’assenza di accordi scritti ha imposto di risolvere la vertenza in base all’art. 394 cpv. 3 co. L’architetto avrebbe dovuto trasmettere una fattura con la lista precisa delle ore impiegate moltiplicandole per un tasso orario usuale e indicando pure il costo delle spese sostenute. In assenza di accordi scritti, segnatamente il rinvio esplicito al Regolamento SIA 102, e l’assenza agli atti pure della prova delle ore impiegate, per la determinazione dell’onorario il perito giudiziario ha applicato comunque il Regolamento SIA 102, considerando prassi il suo contenuto. I giudici del Tribunale federale hanno sconfessato il perito e confermato la propria giurisprudenza: «le normative SIA sono equiparabili a delle condizioni generali, che vincolano le parti soltanto se sono integrate nel contratto e non esprimono gli usi del ramo». Per la semplice assenza di accordi scritti e della prova delle ore impiegate, l’architetto ha perso la causa, perdendo pure il diritto all’onorario, dovendo comunque pagare il proprio avvocato, l’avvocato della controparte e le varie spese giudiziarie.

La fattispecie trattata dal Tribunale federale non lascia dubbi sulla necessità di concludere dei contratti scritti. Evidentemente, l’interesse di disporre di contratti scritti è pure del committente. Per l’architetto si può affermare che la conclusione di accordi scritti chiari e precisi con il proprio committente rappresenti un obbligo deontologico, elemento caratterizzante del proprio agire da professionista.

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