Le eter­ne in­com­piu­te

Maisons Duc, Saint-­Maurice (VS)

Abstract dell’articolo, in italiano, di Marc Frochaux per la pubblicazione «Cultura della costruzione: qualità e critica».

Data di pubblicazione
18-02-2022

Le opere di restauro e trasformazione delle Maisons Duc di Saint-Maurice sono esemplari sotto molti aspetti. Ma la peculiarità principale del progetto è probabilmente il fatto di far parte di un processo a lungo termine, opponendosi così all’idea che un edificio possa essere prima «completato» e quindi riportato allo stato originale che in realtà non è mai esistito. In effetti, le Maisons Duc sono state protagoniste di un’evoluzione continua nel corso dei secoli, dalla costruzione nel XVII secolo alla trasformazione in autofficina, fino all’inserimento nell’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale all’inizio del XXI secolo. Nel corso del tempo, sono state aggiunte delle stanze con il conseguente capovolgimento dei muri e la confusione degli spazi esterni con l’interno dell’edificio.

Marc Frochaux espone la sua scelta.

Di fronte all’impresa di trasformare una costruzione di riconosciuto valore patrimoniale, gli architetti dello studio GayMenzel hanno proposto di proseguire questo principio di accrescimento, mescolando gli approcci. Il loro atteggiamento è assimilabile a un’opera di rianimazione, che consiste nel rispettare lo spirito ma con libertà d’interpretazione. Anziché unificare il loro intervento e concentrarsi su una determinata epoca, adottano vari approcci: ripristino, demolizioni, riutilizzo e aggiunta di elementi contemporanei. Alcuni muri vengono puliti per riportare alla luce la struttura originale mentre altri sono rivestiti in legno, a seconda delle esigenze energetiche. Alcune porte vengono riutilizzate, le vetrate restaurate e la tappezzeria ricostruita adoperando tecniche antiche. Mescolando consapevolmente gli approcci, gli architetti non collocano stabilmente l’edificio in un’epoca precisa ma si fanno carico del suo carattere incompiuto, «non finito», aperto a nuovi interventi futuri che continueranno a modificarlo. Il loro progetto rientra così nella definizione di un’architettura che si preoccupa soprattutto di accompagnare l’esistente.

Questo articolo è stato pubblicato nel numero speciale «Cultura della costruzione: qualità e critica». Ordina adesso!

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