Le Sum­mer schools 2022 in Ti­ci­no

Analisi, riflessioni e progetti dalla scala locale all’Oceano Indiano

Data di pubblicazione
21-12-2022

Se si dovesse individuare un ipotetico «fil rouge» fra i vari workshop che hanno caratterizzato le «summer schools» nell’estate 2022, con base in Ticino, questo sarebbe senz’altro il rapporto fra architettura, persone e territorio.

Gli obiettivi principali dei diversi corsi sono stati, da un lato, il porre l’attenzione su alcune tematiche, dalla forma di percezione dei luoghi, al dialogo con gli abitanti che li vivono e, dall’altro lato, l’avanzamento delle proposte di rigorosi progetti.

Le «summer schools» sono state organizzate da Università Svizzere, associazioni e giovani studi emergenti.

I luoghi toccati vanno dal Mendrisiotto, al Bacino Ceresio, alle Valli di Muggio e Blenio, fino a Chirongui, Mayotte nell’Oceano Indiano.

Una prima «summer school» è stata organizzata dal Consiglio Svizzero per l’Architettura ed è intitolata «Swiss Summer School 2022». Dopo la seconda edizione, tenutasi nel 2021 a Losanna, quest’anno si è svolta a Mendrisio, in una settimana molto intensa e partecipata che ha coinvolto scuole di architettura professionali, politecnici ed accademie di tutta la Svizzera, registrando la partecipazione attiva di professori e studenti provenienti da diversi Paesi del Mondo; la «school» è stata strutturata come una ricerca di scoperta del territorio ed il coordinamento è stato affidato all’arch. Muck Pezet.

Questa ricerca è partita con una camminata di un giorno in compagnia del primo ospite, Boris Sivers da Colonia, che ha condotto i partecipanti da Chiasso a Riva San Vitale alla scoperta del Mendrisiotto, cercando di evitare le strade; ogni gruppo ha approfondito una particolare area territoriale (Chiasso, Balerna, Mendrisio, Riva S. Vitale).

Il metodo del workshop è consistito in primo luogo nello scoprire tutti insieme lo spazio di riferimento e nell’individuare al suo interno uno specifico sito, per poi fare un photo-essay del proprio sito d’interesse, effettuando un esercizio di percezione per riuscire a captare e mostrare, attraverso le fotografie, le potenzialità degli spazi, senza dover realizzare un progetto architettonico vero e proprio: l’obiettivo del lavoro è stato comunicare e fornire una narrativa attraverso le immagini, esaltando gli spazi e i luoghi. A supporto sono stati chiamati la fotografa Erica Overmeer e Claudio Ferrata che, dopo la camminata, ha svolto una lezione sul territorio.

Infine sono stati realizzati brevi video, anche in questo caso con l’ausilio di ospiti quali Anna Maclver-Ek e Axel Chevroulet, che hanno spiegato strategie di racconto attraverso filmati di qualche minuto (storytelling) al fine di consentire ai partecipanti di raccontare un altro livello degli spazi e dei luoghi, anche utilizzando i loro suoni.

L’analisi del territorio ha interessato anche il versante dei suoi prodotti, in particolare la scuola agraria cantonale di Mezzana ha organizzato una serata di wine tasting.

La presentazione finale del workshop si è tenuta al Palazzo Canavée di Mendrisio alla presenza di invitati quali gli architetti Mario Botta e Walter Angonese.

Il workshop non è stato interessante solo per quel che riguarda l’aspetto della scoperta del territorio, ma anche per ipotizzare scenari futuri dei luoghi non esclusivamente legati all’architettura e ai progetti, ma anche allo studio degli spazi nell’ottica di cambiarne la percezione attraverso l’osservazione, la fotografia, i video.

Altra esperienza di “summer school” è stata quella intitolata «Transversal Territory», che ha visto per la prima volta in venticinque anni di storia dell’Accademia di architettura di Mendrisio una collaborazione fra l’ateneo ed il Comune di Mendrisio, coinvolgendo anche la popolazione locale: il gruppo era, infatti, composto sia da studenti che da abitanti della zona.

Il workshop, diretto dall’architetto e artista Antoine de Perrot aka Onzgi e dalla medico e coreografa Mansoureh Aalaii, è stato animato dalla volontà di aprire l’immaginario sul territorio attraverso un approccio nuovo, mediante un lavoro interdisciplinare fra mezzi dell’arte plastica, performance, urbanistica, architettura, paesaggistica e conoscenza del corpo umano, non chiuso in sé stesso ed autoreferenziale, ma aperto verso l’esterno per uno scambio reale con la gente del posto: le persone coinvolte sono state 120 ed hanno partecipato molto attivamente mettendo a disposizione materiali e strumenti, persino diventando protagonisti di vere e proprie performances, come alcuni ospiti della Casa anziani; alcuni abitanti di Mendrisio hanno messo a disposizione le immagini dei loro animali domestici che sono state utilizzate per una proiezione video notturna sui gasometri nei pressi dell’autostrada.

Secondo gli organizzatori una delle grandi sfide del nostro tempo è ripensare cosa intendiamo per ambiente. Ora è essenziale riadattare la nostra visione di esso, ripensare la nozione di ambiente come uno spazio che è parte di noi, con cui siamo inestricabilmente legati, una spazialità che esiste tra, con, attraverso e dentro di noi.

Transversal Territory è stato un workshop che si è proposto di capire il territorio e di pensarlo, progettarlo, svilupparlo con strumenti nuovi, dando coscienza alle persone e valore anche a cose semplici quali, ad esempio, un pannello pubblicitario in disuso e una grotta.

La porzione di territorio di Mendrisio presa in considerazione è stata quella di Rime-Brecch compresa fra la ferrovia e l’autostrada.

Anche in questo caso, i gruppi si sono approcciati al territorio innanzitutto vivendolo e camminando, scoprendo cose inaspettate. L’idea di base è stata quella di lavorare con mezzi trovati in loco e con materiali riciclabili.

Fra le varie opere, sono state realizzate tramite una gru in disuso una «casa del pescatore» nella zona della stazione (con una barca di carta collocata nel sottostante parcheggio), un «tempio architettonico» fatto da cubi composti di bottiglie di pet di riciclaggio accanto ad un pannello pubblicitario in disuso da anni, che è diventato monumento attraverso questa interazione, una porta messa davanti ad una scaletta che un tempo era un passaggio pedonale per richiamare l’attenzione su di essa, una «fontana dei desideri», la riscoperta di una grotta nascosta in un bosco che veniva utilizzata dalle donne per raccogliersi in preghiera, una foresta che gioca con la grafica all’eliporto, un doppio balcone «immaginario» realizzato sulla facciata di una vecchia casa abbandonata accanto al balcone «reale» ed, infine, una poesia sul tema del vuoto e del non essere scritta sulla segnaletica stradale.

Questa esperienza è riuscita a leggere il territorio e a reinventarlo attraverso le sue tracce.

La «summer school» intitolata «Revealing Encounters» («incontri rilevanti»), organizzata dagli architetti Rina Rolli e Tiziano Schurch di Studioser, si è tenuta in Valle di Muggio nell’ultima settimana di giugno; alla ricerca hanno preso parte sedici studenti provenienti da otto diverse nazioni ed ogni gruppo si è concentrato sugli spazi pubblici di un diverso villaggio della Valle, cercando di elaborare nuovi approcci e soluzioni nell’ambito dello spazio pubblico a fronte del progressivo diffondersi di criticità sociali quali la solitudine e l’invecchiamento demografico.

Sul piano metodologico, in un primo momento i partecipanti hanno analizzato il contesto fisico – geografico, sociale e storico di ogni paese, anche effettuando interviste con gli abitanti del luogo, spesso ricche di aneddoti e di memoria.

Gli studenti hanno poi formulato una prima proposta architettonica che potesse contribuire a generare incontro fra gli abitanti.

I lavori si sono svolti in collaborazione con artigiani locali e con l’ausilio di diversi ospiti invitati, che hanno contribuito ad arricchire la riflessione in un contesto di ricerca aperto e, anche in questo caso, interdisciplinare.

Gli interventi realizzati sono stati nella piazza di Bruzella, a partire da un muro di pietra esistente, un profilo verticale in grado di accogliere un ombrellone per determinare una zona ombreggiata tale da creare un luogo adatto per la conversazione; a Cabbio è stata valorizzata una panchina in legno con un basamento in pietra per favorire gli incontri anche intergenerazionali; alla fontana nel centro della piazza di Campora ed al muretto ivi esistente sono stati aggiunti due blocchi in marmo d’Arzo (materiale da sempre presente negli edifici religiosi della Valle ed utilizzato anche per un altro intervento del workshop a Casima), che hanno convertito gli elementi esistenti in un unicum multifunzionale, in grado di offrire una nuova seduta ad abitanti e turisti; infine, nel cuore storico del villaggio di Muggio, il parapetto che costeggia la strada costruito con profili in ferro è stato convertito in supporto per l’aggiunta di una panchina.

La ricerca condotta ha rivelato le potenzialità dello spazio pubblico come luogo all’interno del quale è possibile agire fornendo un’adeguata risposta ai mutamenti demografici in atto nell’ambito delle realtà periferiche ticinesi: in particolare, attraverso un’attenta osservazione del contesto territoriale, si è esplorata la possibilità di intervenire mediante progetti architettonici di piccola scala in grado di migliorare il profilo inclusivo degli spazi pubblici per ogni fascia d’età della popolazione per creare interazione sociale.

Altra ricerca è stata la Summer School Ticino dal titolo Re-build common spaces!, un seminario annuale organizzato da HSLU in collaborazione con l’Istituto Internazionale di Architettura che fa lavorare assieme studenti di diverse discipline nella Valle di Blenio, per una settimana, alla fine dell’estate. La preparazione del seminario si è svolta in stretta collaborazione con i diversi enti locali, Comune, Associazioni ed autorità cantonali.

La Valle è un luogo interessante ma nel corso degli anni ha subìto un forte calo demografico, problema comune a molte regioni montane. Nella consapevolezza di tale criticità, l’obiettivo di questa edizione è stato lo sviluppo di progetti per riattivare spazi comuni per la popolazione locale ed i turisti.

Si è lavorato con il luogo, con i materiali esistenti, con il paesaggio e con il contesto per capirlo e integrare le multiple sfaccettature e realtà con un approccio globale e coerente, tenendo conto anche degli aspetti sociali ed economici. I progetti interverranno a scale differenti ed ognuno avrà tempi di realizzazione diversi.

La linea di principio è stata quella di capire le tipologie di spazi per la comunità, come tali spazi venivano usati nel passato, come si possono usare ora e come il progetto possa contribuire a far vivere le persone assieme per il futuro.

I quattro siti scelti sono stati Torre, con un progetto di ridefinizione della Piazza, oggi usata principalmente come parcheggio, attraverso un adattamento della topografia per creare uno spazio comune; Olivone lavorando sulla ridefinizione del sentiero nord che collega la Scuola elementare e Piazza d’Armi; Acquarossa ridefinendo un progetto abitativo di co-housing attorno all’area dell’Ospedale; infine a Serravalle con un progetto conservativo e di restauro del torchio Scarp.

Il workshop ID_EA 2022 organizzato dalla SUPSI finanziata dal Dipartimento di Ambiente Costruzione e Design si è posto come obbiettivo la costruzione di un riparo solare per l’area con i tavoli esterna della scuola.

Lo scopo era di far interagire maggiormente gli studenti di ingegneria e architettura; fin dal primo giorno, si sono creati tre gruppi di lavoro equamente composti da studenti dei due indirizzi. Sono state poi formulate proposte che dovevano rispettare diversi target: stare in budget definito, realizzare il mock up delle coperture, ottimizzare l’efficienza tra forma e struttura, ridurre al minimo la quantità di materiale, essere facilmente smontabile e rimontabile ed avere la possibilità di riutilizzare i pezzi per workshop successivi. Sono stati richiesti inoltre una modularità nella struttura, impatto zero e criteri di sostenibilità.

Sono state avanzate tre proposte progettuali, la prima con struttura in legno e tetto inclinato fotovoltaico, la seconda formata da strutture geodetiche modulari ed una terza da una tensostruttura.

Quest’ultima si è deciso di portarla alla fase successiva di costruzione: si sono utilizzate corde per alpinismo disposte in forma radiale, i pali presenti nel luogo per il fissaggio ed un geotessuto bianco come copertura.

Gli studenti di ingegneria hanno calcolato la forma della tensostruttura e gli architetti hanno curato l’inserimento venendo così a crearsi anche in questo caso un rapporto multidisciplinare che appare quanto mai necessario per la professione. L’insieme genera un’atmosfera particolare, riconducibile per forma a quella di un circo dove le persone hanno la possibilità di incontrarsi, discutere e dialogare.

«Nuova Thule» è stato un progetto nato all’interno dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, progettato e realizzato dall’Associazione di studenti riOSA che si impegna a realizzare progetti costruttivi negli spazi del campus e sul territorio circostante, promuovendo l’uso di materiali di seconda mano e riciclo, con lo sguardo cosciente e critico su ciò che ci circonda.

«Nuova Thule» è nata come piattaforma galleggiante ed itinerante che, attraverso il suo percorso, conduce a momenti di ritrovo sociale e scambio culturale: l’intento di questo progetto è stato quello di connettere l’agire degli studenti di Mendrisio con la città di Lugano e gli abitanti del lago, attraverso questa antica via di comunicazione. Il viaggio di «Nuova Thule» è iniziato a Mendrisio, tramite un workshop di una settimana, a libera partecipazione.

La struttura realizzata, interamente in legno, presenta una parte galleggiante che sostiene una piattaforma che ospita una scenografia spaziale essenziale, composta da elementi archetipici: una cornice, un tavolo e un albero maestro.

«Nuova Thule» ha sostato all’ingresso del Campus Est di Viganello, lungo il canale del fiume Cassarate, per due mesi, per poi proseguire la sua rotta verso nuove destinazioni.

Nell’estate 2022 si è tenuto anche il «WISH» (acronimo di «workshop on international social housing»), che, da vent’anni a questa parte, indaga il tema dell’alloggio collettivo e sociale.

Diretto da Martino Pedrozzi con la collaborazione degli Atenei locali dei siti di progetto, il workshop è strutturato con un viaggio di due settimane nelle zone di intervento da parte di dieci studenti dell’Accademia di architettura di Mendrisio ed altre quattro settimane di progettazione a Mendrisio, con la presenza e collaborazione di cinque studenti delle università locali, il tutto per favorire lo scambio tra gli studenti ed uno sguardo ulteriormente ampliato sui diversi contesti.

In questa edizione gli studenti dell’Accademia di architettura di Mendrisio sono andati a Mayotte, dipartimento d’oltremare francese nell’Oceano indiano, il cui territorio – sul quale sono presenti oltre mille specie di piante - è costituito da due isole, la cui popolazione per il 77% è sotto la soglia di povertà.

Benché la regione sia la più povera della Francia, all’interno dell’arcipelago delle Comore, gode di una relativa prosperità che la rende oggetto di costanti flussi migratori clandestini. Quasi la metà della popolazione non ha la nazionalità francese, ha meno di 18 anni, quattro famiglie su dieci vivono in alloggi in lamiera o materiali vegetali e tre su dieci vivono senza acqua corrente.

Il workshop, attraverso cinque progetti, ha studiato il rapporto tra nuovi possibili modelli abitativi, effetti dei cambiamenti climatici ed economia locale, investigando attraverso il progetto nuovi possibili equilibri fra uomo ed ambiente.

In conclusione vale la pena di sottolineare come tutte queste «Summer School», pur in tempi ristretti e con risorse limitate, riescano a creare non solo un autentico scambio con le comunità locali, ma anche a mettere in evidenza quanta qualità, dalla piccola alla grande scala, può portare l’Architettura.

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