Conflitti tra ciclo di vita e ciclo di utilizzo
Ristrutturare oppure demolire e poi ricostruire? Gli esperti di Wüest Partner dibattono su quali fattori ecologici, economici e sociali stiano acquisendo importanza in ambito decisionale.
TEC21: Cominciamo dagli aspetti ecologici, che riscuotono molto consenso: gli edifici esistenti devono essere mantenuti. Ma esiste un calcolo semplice che confermi questa esigenza?
Jörg Lamster: Di solito, se si considerano le emissioni di CO2 per m2 di superficie di riferimento energetico (SRE), il bilancio di una ristrutturazione è sempre migliore rispetto a un nuovo edificio. Ma nella mia esperienza quotidiana ho anche imparato che più tempo passiamo a chiederci se è più conveniente «conservare o sostituire», meno evidenti sono le conclusioni. Se nella valutazione si includono criteri qualitativi come la fruibilità, spesso emerge un quadro diverso. A volte un risultato inizialmente ovvio dal punto di vista ecologico può addirittura essere ribaltato.
In che misura il bilancio di CO2 degli edifici può fornire un risultato affidabile e chiaro?
Lamster: Spesso un bilancio viene utilizzato per mettere a confronto le diverse possibilità di intervento. Ma in realtà questi confronti tra varianti non sono sempre così netti come molti si aspettano. Se per la costruzione di un nuovo edificio si calcolano emissioni tra 10 e 12 kg CO2/m2, l’adeguamento di un edificio esistente va dai 4 ai 6 kg/m2, e il suo ampliamento vale circa 7-8 kg/m2. Le differenze possono sembrare piccole, ma sono di grande importanza nel percorso verso l’impatto zero. Ci sono poi altri aspetti: non sempre è chiaro se vengono applicate regole contabili, orizzonti temporali o limiti di sistema uniformi. Per esempio ci si potrebbe chiedere se nella conservazione di un edificio vengano considerati anche effetti aggiuntivi che tengono conto di aspetti come la densificazione dell’uso.
E dal lato economico? C’è una formula che in generale si esprime contro la costruzione di nuovi edifici e a favore della ristrutturazione?
Julia Selberherr: Dal punto di vista economico giocano un ruolo importante fattori come le condizioni della struttura. È meglio quando non è solo il nucleo grezzo a dover essere preservato. Vanno poi considerate anche le piante: sono ancora valide, o almeno facili da modificare? Spesso però è decisiva la riserva di edificabilità del terreno: quanto spazio offre per un ampliamento? O vale la pena costruire un nuovo edificio per aumentare il valore locativo?
Nel dibattito sulle opzioni di sviluppo dei complessi residenziali già esistenti, a volte si afferma che la ristrutturazione degli immobili esistenti non è sempre più vantaggiosa per gli inquilini rispetto a una nuova costruzione. Che cosa significa?
Selberherr: In generale bisogna distinguere se un edificio deve essere ristrutturato mentre è occupato o disabitato. Nel primo caso, sono decisive le disposizioni della legge sulla locazione relative alla possibilità di trasferire i costi di ristrutturazione. D’altra parte, in caso di risoluzione del contratto di locazione, è possibile stabilire un canone di locazione basato sul mercato, come nel caso di edifici sostitutivi. Ma gli investitori prestano sempre più attenzione al tessuto sociale del luogo. Una nuova costruzione o una ristrutturazione con sfratto è considerata rischiosa perché vanno valutate resistenze o ritardi. L’equilibrio sociale nello sviluppo residenziale sta diventando politicamente sempre più importante per molte città. Pertanto gli investitori, quando prendono decisioni sul patrimonio edilizio, cominciano a guardare anche a questo aspetto, oltre ai criteri economici ed ecologici.
Quale peso danno gli investitori a questi tre aspetti?
Selberherr: I fattori economici hanno il peso maggiore, o almeno questa sarebbe stata la mia risposta spontanea fino a poco fa. Ma nel frattempo è iniziato un ripensamento: sta crescendo il numero di coloro che non perseguono solo obiettivi di rendimento ma che vogliono anche rispettare parametri ecologici vincolanti. Per molti investitori è oramai consuetudine effettuare una valutazione approfondita. Ma questo non vale per l’intero settore immobiliare. La regola attuale è sempre la stessa: la decisione di sostituire viene
presa frettolosamente, senza il beneficio
di analisi più dettagliate.
Il calcolo delle emissioni di CO2 e il bilancio dell’impronta climatica stanno comunque guadagnando popolarità. Cosa si dovrebbe fare perché i fattori ecologici acquisiscano più peso al momento di una decisione?
Lamster: Molto si sta già facendo. A volte i processi decisionali e di selezione già in corso vengono stravolti per chiedere ulteriori chiarimenti sull’impatto climatico delle proposte presentate. Oppure i concorsi di architettura vengono riprogrammati in modo da poter valutare in modo più appropriato le proposte di ulteriori ampliamenti. Tuttavia nel complesso vedo una sola potente leva che impedisce la demolizione degli edifici: la tutela del patrimonio storico è attualmente l’unico meccanismo normativo che impone la conservazione degli edifici. Le politiche climatiche non dispongono di strumenti paragonabili. Ma un divieto generale di demolizione sarebbe comunque poco opportuno …
Perché?
Lamster: Alcuni edifici possono essere conservati solo se la struttura portante viene completamete ristrutturata, il che richiede una quantità di risorse simile a quelle di una nuova costruzione. La ristrutturazione andrebbe semmai ripensata al di là dell’architettura e della costruzione. Lo scopo per esempio è prolungare il ciclo dei singoli elementi della struttura secondaria. A tal fine occorre chiarire le possibilità di sviluppo dell’immobile. Un passo importante per l’eventuale ampliamento è quindi confrontare la struttura dell’edificio esistente con il programma di utilizzo desiderato.
Selberherr: In linea di principio, ciò ha senso da un punto di vista ecologico ed economico. Le risorse vengono utilizzate in modo efficiente attraverso la conservazione degli edifici. Tuttavia, la situazione si complica quando il ciclo di vita degli edifici e il ciclo di utilizzo economico non coincidono nel tempo. A volte il ciclo in questione è persino più breve di quanto si potesse pensare. Ad esempio, alcuni edifici per uffici che hanno appena 20 anni devono essere demoliti perché non soddisfano più le esigenze attuali degli utenti.
Come valutare a questo proposito la tendenza a trasformare edifici per uffici in residenziali?
Selberherr: Dal punto di vista ecologico ci sono buone ragioni, anche se una riconversione non costa meno di un edificio completamente nuovo. Il fatto che si realizzino sempre più tali progetti, conferma come gli investitori siano disposti a rischiare pur di proteggere il clima.
Con il sostegno di SvizzeraEnergia e Wüest Partner espazium – Edizioni per la cultura della costruzione ha pubblicato:
Nr. 1/2018 «Immobili ed energia: Strategie per l'immobiliare – guida per investitori istituzionali»
Nr. 2/2019 «Immobili ed energia: Strategie per il collegamento in rete»
Nr. 3/2020 «Immobili ed energia: Strategie di trasformazione»
Nr. 4/2021 «Immobili ed energia: Su percorsi comuni con l’elettromobilità»
Nr. 5/2022 «Strategie del consumo proprio»
Nr. 6/2023 «Valorizzare l’esistente»
Gli articoli del ciclo «Immobili ed energia» sono raccolti in questo e-dossier.