I cen­tri di ri­crea­zio­ne e lo spa­zio del si­len­zio

Hans Fischli alla XIII Triennale.

Data di pubblicazione
23-02-2023

«Forse la XIII Triennale rimarrà, nel ricordo dei più, come la “Triennale della pop-art”: quella dove ebbe a prevalere l’elemento ammonitore e ironizzatore affidato ai simulacri d’una pseudo-arte di massa, al posto del reverente e compiaciuto omaggio ad opere architettoniche e disegnative realizzate con religioso intento agiografico»:1 così nelle parole di Gillo Dorfles, la XIII Esposizione internazionale delle arti decorative e industriali moderne e dell’architettura moderna del 1964, dedicata al tema del tempo libero, passò alle cronache per essere stata l’esposizione trasgressiva e concettosa per lo più di Umberto Eco e di Vittorio Gregotti, autori della Sezione introduttiva con i suoi suggestivi otto condotti a ridosso dello scalone e il fantasmagorico Caleidoscopio, allestimento curato da P. Brivio, V. Gregotti, L. Meneghetti e G. Stoppino. In verità, l’evento ebbe non solo genitori diversi, ma una genesi complessa ed esiti altrettanto complessi, che affondavano le radici nelle diuturne riunioni avute nel Centro studi Triennale fin dalla chiusura della precedente manifestazione del 1960.2

Ambiguo, ancorché interpretabile sotto molteplici aspetti, il tema era emerso dalle discussioni come una «conquista della civiltà contemporanea», e alla cui definizione avevano contribuito tutti nelle impostazioni culturali e nell’organizzazione pratica.3 Effettivamente, anche i paesi stranieri parteciparono in maniera attiva, lavorando sulle varie declinazioni del tema, mentre alla sezione italiana fu affidato il compito di coprire quelli che furono definiti «i vuoti teorici».4 Per Ernesto N. Rogers, membro influente della giunta esecutiva della Triennale e vero protagonista dell’evento, le delegazioni nazionali si sarebbero occupate di sotto-temi specifici sempre riconducibili a quello principale: la casa (Francia), lo sport (Inghilterra), i viaggi e i trasporti (Germania), l’arte (Austria), le biblioteche (Jugoslavia), lo spettacolo (Belgio), le attività legate alle stagioni (Norvegia, Svezia e Finlandia), il paesaggio (Olanda), i musei (Messico), l’educazione (Svizzera). E così fu. Scaturite anche dagli scambi di corrispondenza tra la segreteria e gli enti stranieri, le idee di Rogers furono così variamente accolte da alcuni delegati, come ad esempio, lo svizzero Alfred Roth, che approvò la proposta, suggerendo per la sezione elvetica una mostra all’aperto, contenente uno spazio definito «paradiso dei bambini» e una scuola per dirigenti dei centri di ricreazione, ispirati alle teorie del pedagogista Johann Heinrich Pestalozzi.

 «Nous n’aurions pû trouvé une personne en Suisse plus appropriée pour traiter ce sujet»

La Svizzera e tutti i paesi interessati erano stati formalmente invitati nell’agosto 1961, tramite le diverse ambasciate.5 Membro del comitato internazionale della mostra, nonché presidente della commissione federale svizzera per le arti applicate, e da tempo tra gli «amis les plus chers»6 di Rogers, Alfred Roth già nelle discussioni preliminari aveva ricordato come il tema del tempo libero fosse stato oggetto nel 1937 del Ciam a Parigi, dedicato proprio a Logis et Loisirs, così come nel 1951 al Ciam di Hoddesdon, in cui si era affrontata la questione dei centri di cultura e di ricreazione della città moderna. Tuttavia, al di là delle riserve iniziali, Roth si fece subito sostenitore dell’impostazione di Rogers e, nell’autunno 1962, scelse, quale responsabile dell’ordinamento e dell’allestimento, Hans Fischli, che fu quindi nominato dal consiglio federale commissario della sezione svizzera.7

Architetto, pittore, scenografo, scultore, già direttore del museo e della scuola di arti applicate di Zurigo, Fischli venne decisamente promosso da Roth, che scriveva: «Nous n’aurions pû trouvé une personne en Suisse plus appropriée pour traiter ce sujet».8 Formatosi nel Bauhaus di Dessau, dove conobbe Max Bill, e fu influenzato dai suoi metodi didattici innovativi, Fischli deve la sua celebrità alla realizzazione nel 1933 della casa Schlehstud a Meilen, e alla collaborazione, nel 1936, con Hans Hofmann, architetto capo dell’Esposizione nazionale svizzera. Si era distinto con i progetti del parco giochi per bambini Landi nel 1939 e del quartiere operaio Gwad a Wadenswil, realizzato nel 1944. Ma è nel dopoguerra che il suo impegno pedagogico e sociopolitico emerse con edifici emblematici per l’infanzia, in primis il villaggio dei bambini Pestalozzi a Trogen (1944-1949), che lo resero la figura più adatta a ricoprire il ruolo di commissario per la XIII Triennale.

Finanziato dal filantropo Walter Robert Conti e realizzato, in più tempi, insieme ad altri professionisti (Max Graf, Ernst Gisel), il villaggio era infatti destinato ad accogliere temporaneamente bambini orfani di guerra e rifugiati di diverse nazionalità, proponendosi anche come un nuovo modello di spazio ludico-educativo per la gioventù.9 Sulla base dei principi del pedagogo svizzero Pestalozzi, vi era applicato, per l’assistenza all’infanzia, il concetto di ambiente familiare, che poteva essere esteso anche ai luoghi del tempo libero in cui i bambini erano in grado di ritrovare la serenità perduta imparando, grazie anche al gioco e all’arte che potevano sviluppare in attività di gruppo.

L’interesse verso gli aspetti psicosociali del tempo libero delle giovani generazioni fu fondamentale, dunque, nella ricerca dell’architetto di Zurigo. Non a caso, nei «pensieri basilari», sorta di programma presentato da Fischli per la XIII Triennale, si affermava che il tema proposto dovesse essere trattato dal punto di vista etico, anziché estetico. Riprendendo quanto esplorato nella precedente manifestazione del 1960, in cui la scuola era stata al centro dell’attenzione, Fischli sostenne che andava ripreso tale tema, in quanto «la Svizzera è giustamente considerata un paese della scuola».10 In questo senso, si propose di mostrare, tra le altre cose, le attività di tutte quelle associazioni che operavano per il tempo libero dei giovani con i loro centri, come la Pro Juventute, quest’ultima in seguito assai discussa per la denuncia, avvenuta nel 1973, relativa all’applicazione dei programmi di eugenetica.11

Vi era la convinzione «morale», o se vogliamo «moralistica», che il cosiddetto «tempo libero» potesse trasformarsi in tempo «vuoto». Scriveva Fischli: «Ogni vuoto è focolaio di pericoli. Invece di inventare i mezzi di passatempo e di diffonderli, dobbiamo cercare di agire contro il vuoto che minaccia. Invece di un passatempo “vegetativo”, dobbiamo favorire “l’esperienza vissuta”. Soltanto l’esperienza vissuta dà un senso e un contenuto alla nostra vita e al nostro tempo».

Il programma della sezione voleva dunque mostrare quanto i giovani potessero imparare giocando e facendo lavori utili per la comunità. Inoltre, Fischli si proponeva di far capire come il lavoro manuale, ad esempio quello del contadino, e il lavoro intellettuale, come quello dell’artista, potessero essere occasioni di gioco e di svago. Va da sé che i propositi andavano, da un lato, verso la riscoperta della natura, incentivata dai campi di lavoro, dal giardinaggio, dalle passeggiate nei boschi e dalla cura degli animali; dall’altro, verso il potenziamento dell’istruzione artistica intesa in senso ampio: insegnare ai giovani il piacere della musica, tramite la frequentazione di concerti, oppure il piacere attivo e passivo dell’arte, mediante la visita a musei oppure la produzione di opere. Vi era l’idea che il tempo libero dell’uomo avesse un significato solo grazie all’esperienza vissuta e all’adempimento di uno scopo. Per di più, lo Stato e la società dovevano mettere le persone – fin dalla giovane età – in condizione di esprimere i propri talenti durante il tempo libero.

Il tempo libero fra educazione, svago e meditazione

L’ambiente all’interno del palazzo della Triennale destinato alla sezione svizzera venne pertanto immaginato come un luogo rarefatto, con pochi oggetti esposti (per lo più giocattoli fatti da bambini). Accogliendo le indicazioni di Rogers, che auspicava fotografie seducenti senza scritte noiose, Fischli predispose un programma che poteva essere presentato con testi e documenti contenuti nelle bacheche, e illustrato con le immagini del giovane fotografo bernese Leonardo Bezzola appese alle pareti.

Vi è da dire che, in prima battuta, l’architetto svizzero propose che la Triennale mettesse a disposizione nell’area del parco uno spazio in cui poter realizzare un fabbricato in legno a forma di U, costituito da uno scheletro di pali ricoperto da teli, utile a reggere delle tavole inclinate sui cui poggiare le fotografie e i testi. La struttura avrebbe dovuto contenere uno spazio centrale aperto, da utilizzare per creare il «paradiso vivente di ragazzi», fatto di materiali di risulta, capanne, bugigattoli, torri d’osservazione, caverne ecc., tutti costruiti dai bambini milanesi. Durante il periodo dell’esposizione lo spazio sarebbe stato in continua trasformazione, grazie alle demolizioni e alle ricostruzioni messe in opera dai giovani, occasionali visitatori. Motivi diversi, non ultimi quelli economici, indussero alla scelta di allestire la sezione svizzera all’interno del Palazzo dell’arte e non in un apposito padiglione da realizzare nel parco.12

Alla fine, la sezione realizzata si presentò suddivisa in due ambienti, organizzati in vani di diversa altezza disposti a quote differenti e collegati fra loro da scalini. Rarefatta e ovattata, anche per la presenza della moquette grigia che creava una continuità visiva tra gli ambienti, l’intera sezione contrapponeva uno spazio riservato alla documentazione a un altro creato per la distensione. Nel primo, una console-vetrina che correva lungo due lati conteneva ritagli di giornali, fotografie di dimensioni diverse, brochure e testi didascalici, mentre sulle pareti erano esposte grandi fotografie; nel secondo, più ampio, un sedile continuo con cuscini definiva lo spazio, che venne arricchito da un quadro astratto, da due sculture posate sulle sedute e da un’altra sostenuta da un piedistallo, tutte opere di Fischli.

Nel primo ambiente veniva esposta una «cronaca» dei centri di ricreazione di Zurigo, Basilea e di altre località svizzere, suddivisa in diciannove quadri, a partire dal 1939 fino al 1962. Al Paradiso dei Bambini, sorto in occasione dell’Esposizione Nazionale Svizzera del 1939, era dedicato il primo dei quadri, che forniva informazioni anche sulla Casa della Gioventù, creata per la medesima occasione espositiva. Con fotografie, disegni, opuscoli, brochure e documenti vari, gli altri quadri illustravano, tra i tanti esempi, il complesso Pestalozzi a Trogen, le piazze progettate con particolare attenzione ai giochi dei bambini, il campo di ricreazione Robinson a Wipkingen, il centro di Buchegg, la città dei bambini di Heuried, costruita dagli stessi piccoli utenti con vecchi materiali edilizi su un’area abbandonata.

Nel quattordicesimo quadro erano illustrati i sette centri ricreativi in funzione nelle diverse città svizzere: a Wipkingen nella Ampèrestrasse, attivo dal 1954, con zona verde e annessa scuola per dirigenti di centri ricreativi; a Heuried dal 1956, con piscina all’aperto e campi sportivi; a Leimbach dal 1957, collegato alla scuola Falletsche dal 1963; a Reisbach dal 1958, sempre di pertinenza di un complesso scolastico nell’area Bodmer; a Unterstrass dal 1958 con il centro Buchegg; a Alstetten e Albisrieden dal 1961 con centro Bachwiesen e a Wollishofen Lido dal 1061. Tali strutture erano ritenute servizi pubblici fondamentali, poiché con i loro laboratori, teatrini, sale per riunioni, spazi per suonare e per giocare, potevano fornire esperienze valide per tutti, giovani e anziani. Non a caso, nel diciannovesimo e ultimo quadro si raccontavano i progetti dei centri di ricreazione in fase di realizzazione in vari quartieri di Zurigo: ad Alstetten, Hardau, Höngg, Hottingen, Oerlikon, Schwamendingen, Seebach.

Al di là degli aspetti moralistici dei testi che accompagnavano le immagini e i documenti vari, la parte «informativa» era fondamentale anche per cogliere il senso del secondo ambiente. Infatti, alle tradizioni e alle attività degli enti e delle organizzazioni che si occupavano dell’impiego del tempo libero, illustrate in modo chiaro nella prima sala, si contrapponeva, come altro uso del tempo libero, il concetto di «distensione», intesa quale invito alla sosta e alla contemplazione attiva. Arredato con le opere artistiche di Fischli, il secondo ambiente si configurava come una sorta di spazio per la meditazione, che nelle intenzioni dell’architetto, rappresentava il luogo della quiete, in cui ci si poteva sedere in tranquillità per leggere o semplicemente restare in silenzio.13

Da alcuni criticata per l’eccessiva personalizzazione,14 da altri lodata per aver colto in maniera poetica la forza del silenzio,15 la sezione svizzera rappresentava così, con un linguaggio attuale e «senza indugi», il superamento di ogni schema figurativo delle precedenti edizioni, conformandosi allo spirito che caratterizzava l’intera manifestazione, come notava Rogers in uno celeberrimo editoriale.16 Anziché configurarsi come «spazio del raccogliere oggetti da mostrare, ove si compiono un’accelerazione della percezione e una intensificazione dell’osservazione»,17 l’allestimento si muoveva dunque sui binari della leggerezza e al contempo della negazione. Per quanto elegantemente montate, le storie di «ricreazione» raccontate ed esibite nelle vetrine e nelle grandi fotografie sulle pareti del primo ambiente, venivano infatti sconfessate nello spazio estraniante della distensione. Si ravvisava in questo modo una contrapposizione fra i due spazi, nei quali le dinamiche comparative annullavano le connotazioni positive delle immagini dei bambini che giocavano. Le grandi fotografie acquistavano così nuovi significati agli occhi e nella mente dei visitatori seduti a contemplare i pochi oggetti d’arte esposti. Allestendo sostanzialmente quanto fatto in Svizzera fino a quel momento, e quanto, a suo avviso, andava fatto ovunque, Fischli invitava «il visitatore ad osservare, contemplare, toccare» le sue opere d’arte,18 ma soprattutto rimarcava il valore della sosta e del raccoglimento, che l’uomo contemporaneo rischiava di perdere a causa dell’eccesso di tempo libero a disposizione.

Note

 

1 G. Dorfles, La XIII Triennale, «Casabella Continuità», 290, agosto 1964, p. 8.

 

2 Cfr. FLTM, TRN_13_DT_014_VE, Commissione Paesi esteri, Verbali delle riunioni. Alla riunioni furono presenti Franz Josef Haslinger, presidente dell’Österreichischer Institut für Formgebung, e Carl Aubock (Austria), Agnés Clarysse e M. Faes (Belgio), René Herbst (Francia), Mia Seeger, direttrice del Rat für Formgebung, e Paolo Nestler (Germania), Theo Crosby, Philip Fellows, Paul Reilly, direttore del Council of Industrial Design, e Misha Black (Gran Bretagna), Niko Kraly (Jugoslavia), Jonas Cedercreutz, presidente del Konstflitföreningen i Finland, e Herman Olof Gummerus (Finlandia), Lucia Hartsuyker-Curiel (Olanda), Ferdinand Aars, segretario generaledel Landsforbundet Norsk Brukskunst, e Einar Nilssen (Norvegia), Sven A. Hansson, direttore della Swedish Society of Industrial Design, ed Eva Benedicks (Svezia), Alfred Roth e Hans Fischli (Svizzera). Per una disamina approfondita dell’evento, previsto per il 1963 e poi rimandato di un anno, si rimanda a M. Savorra, Ideologie, emozioni e spettacolo. Il “tempo libero” alla Triennale di Milano del 1964, «ASUP – Annali di storia dell’urbanistica e del paesaggio», 3, 2015 [ma 2016-2017], pp. 75-85; Id., Milano 1964 – La Triennale del Tempo Libero. Intersezioni tra arte, comunicazione e design / Intersections between art, communication and design. The Triennale of Leisure Time, «Casabella», 872, aprile, 2017, pp. 40-56, 124-125.

 

3 Le trascrizioni integrali delle riunioni sono in FLTM, TRN_13_DT_0062_VE, Verbali Giunta Tecnica Esecutiva.
4 Il 25 marzo 1963, Ernesto N. Rogers rimarcò come le diverse delegazioni nazionali si sarebbero dovute inserire “nel discorso generale” sul tema del tempo libero. Cfr. FLTM, TRN_13_DT_014_VE, Commissione Paesi esteri, Verbale della riunione del 25 marzo 1964, foglio n.4.

 

5 FLTM, TRN_13_DT_035_C, Svizzera, Alfred Roth, Relazione XIII Triennale di Milano 1963.

 

6 FLTM, TRN_13_DT_035_C, Svizzera, Commissario Hans Fischli, Lettera, datata 1° marzo 1963, inviata da Tommaso Ferraris ad Alfred Roth.

 

7 FLTM, TRN_13_DT_035_C, Svizzera, Commissario Hans Fischli, Lettera, datata 7 giugno 1963, inviata da Tommaso Ferraris ad Alfred Roth. Hans Fischli ha donato il suo archivio all’Istituto svizzero di studi d’arte (SIK-ISEA). https://www.sik-isea.ch/it-ch/Archivio-darte-Biblioteca/Archivio-darte/Fondi-archivistici/Vetrina-virtuale/Details/content/2475/nachlass-hans-fischli

 

8 FLTM, TRN_13_DT_035_C, Svizzera, Commissario Hans Fischli, Lettera, datata 19 marzo 1963, inviata da Alfred Roth a Tommaso Ferraris. Tuttavia, la commissione ufficiale a Fischli giunse il 13 marzo 1964; cfr. FLTM, TRN_13_DT_035_C, Svizzera, Commissario Hans Fischli. Il contratto di concessione dello spazio per la partecipazione svizzera, tra Fischli e Dino Gentili, presidente della Triennale, è invece datato 28 aprile 1964.

 

9 Cfr. Le village Pestalozzi a Trogenen (Suisse), «L’Architecture d’Aujourd’hui», 25, agosto 1949, pp. 93-95.

 

10 Cfr. FLTM, TRN_13_DT_035_C, Svizzera, Commissario Hans Fischli, La partecipazione svizzera alla Triennale 1963 Milano, dattiloscritto, s.d. Sul tema della scuola in Svizzera si veda Archi 2/2002, dedicato all’architettura scolastica in Ticino.

 

11 Avviato nel 1926, il programma di allontanamento forzato dei bambini nomadi dai loro genitori in Svizzera fu denunciato e interrotto soltanto nel 1973. Venuta alla luce sui quotidiani dell’epoca, la discutibile vicenda del piano di rieducazione “Bambini della strada” e dei “collocamenti coatti” attende ancora una disamina attenta da parte degli storici. Tuttavia si rimanda a https://www.bar.admin.ch/bar/it/home/ricerca/suggerimenti-per-la-ricerca/temi/senza-patria-e-nomadi-in-svizzera/rapporto-problematico-con-il-popolo-non-stanziale.html

 

12 Cfr. FLTM, TRN_13_DT_035_C, Svizzera, Commissario Hans Fischli: Lettere, datate 28 giugno 1963; 12 luglio 1963; 8 agosto 1963.

 

13 H. Fischli, Freizeit Dreizehnte Triennale Mailand 1964, Schweiz, Weinfelden, in K. Jost, Hans Fischli. Architekt, Maler, Bildhauser, Gta Verlag, Zürich 1992, p. 65.

 

14 M. Netter, Die Freizeitproblematik ist eine Triennale Werte! Zur 13. Triennale di Milano, 12 Juni bis 27 September 1964, «Die Tat», 19 giugno 1964.

 

15 G. Risch, Freizeit an der XII. Triennale Milano, «Schweizerische Bauzeitung», 50, 1964, pp. 88 e segg.

 

16 E.N. Rogers, La Triennale uscita dal coma, «Casabella Continuità», 290, agosto 1964, p. 1.

 

17 F. Dal Co, Mostrare, allestire, esporre, in S. Polano, Mostrare. L’allestimento in Italia dagli anni Venti agli anni Ottanta, Lybra Immagine, Milano 2000, p. 10.

 

18 H. Fischli, Svizzera, in Tredicesima Triennale di Milano, catalogo della mostra trilingue (italiano, francese, inglese), 12 giugno-27 settembre 1964, Arti Grafiche Crespi, Milano 1964, p. 118.