«Future of Construction 2024» 4/4 Changing Traditions
Ripensare la tradizione per riprogettare il futuro delle costruzioni
Nell'ultima sessione di «Future of Construction 2024» il focus si è spostato sulle potenzialità della tecnologia e del riuso circolare come strumenti per una ridefinizione della tradizione, offrendo soluzioni responsabili per un futuro più sostenibile.
L’ultima sessione di «Future of Construction», dal titolo Changing traditions è stata dedicata «alla posizione degli architetti nei confronti delle attitudini comuni, a come l’architettura sta cambiando, attraverso la robotica e l’AI», come ha affermato l’arch. e prof. Muck Petzet, co-moderatore della sessione insieme all’arch. Ludovica Molo (studio we/BSA). I relatori invitati hanno illustrato esperienze in cui la prassi progettuale e il mindset costruttivo tradizionale si vedono inglobati in una dimensione nuova, più sostenibile, digitale.
In perfetta aderenza al contenuto della sessione, il progetto sulla Müllerstrasse, a Zurigo, recentemente completato dallo studio Ilmer Thies, introduce il concetto di un riuso circolare, attraverso un intervento calibrato sull’osservazione attenta dell’esistente, sviluppato negli anni Ottanta, e restituito alla città in una sua versione sublimata: per farlo, l’alluminio in facciata è stato trasformato nei pannelli di rivestimento della zona di ingresso e nei profili delle nuove aperture, dove si individua la cifra architettonica dello studio. Il triplo vetro introdotto presenta al suo interno un layer di cristalli che, attraverso un impulso elettrico, reagisce automaticamente al raggio solare, liberando il progettista dalla necessità di apparati di schermatura solare e conferendo alla facciata eleganza, unitarietà e fascino. Negli spazi interni, interventi minimi come le imbiancature o la pulitura del calcestruzzo esistente hanno permesso di mantenere gran parte dell’edificio all’altezza degli standard attuali: «Crediamo nel riutilizzo del materiale che troviamo e questo dà una soluzione unica».
Oggetto del secondo talk è stato il progetto del Residential Building Handelshof Nauenstrasse, a pochi passi dalla stazione ferroviaria di Basilea, illustrato da Quintus Miller (Miller & Maranta/USI). Il riuso della struttura esistente, dotata di una ritmica adattabile alla tipologia residenziale, ha costituito l’approccio vincente per rispondere alle problematiche del sito, affacciato su una delle vie più trafficate della città e costituito da due diversi volumi. Il mantenimento della struttura e dell’estensione verticale dello stabile, oltre a ridurre le emissioni del progetto, ha permesso lo sviluppo di spazi luminosi e di quiete per i nuovi fruitori. L’unitarietà della facciata in ceramica accorcia inoltre la distanza tra il riuso e la nuova costruzione, rispondendo in modo intelligente alle problematiche legate allo smog. Per Holcim, rappresentata da Clemens Woegerbauer, sovvertire le tradizioni significa interfacciarsi direttamente con le sfide del cambiamento climatico, per poi inserire nel mercato un’alternativa circolare, delineando un modello di riciclaggio e sostenibilità del materiale. Il prodotto principe del progetto è Susteno 4, un cemento che sostituisce parzialmente il klinker con materiale di demolizione regionale, riducendo così le emissioni. Le nuove componenti di Holcim costituiscono il risultato di un investimento sul sostenibile e il tentativo della creazione di un network di partners in grado di indirizzare il mercato verso una dimensione più sostenibile.
L’intervento di Kuba Szczesniak ha poi illustrato le potenzialità di Scandens, piattaforma digitale che fornisce una semplificazione delle possibilità per chi si affaccia al mondo della costruzione, rendendo più semplice ed efficace la pianificazione dell’intervento e velocizzando il processo che accompagna l’edilizia avanzando verso una realtà più sostenibile. Nell’ultimo industry insight, Yves Reuland ha presentato Irmos, il progetto ETH-spinoff nato nel 2020 che sviluppa software in grado di mappare digitalmente edifici e infrastrutture che necessitano di manutenzione, riuscendo a definire le priorità di intervento calibrate sui dati ottenuti dalle indagini dei sensori che tracciano le aree più staticamente fragili del sito. Irmos evita quindi demolizioni massive ed ecologicamente insostenibili fornendo al cliente il controllo sulla struttura e una sua più specifica manutenzione.
L’intervento di chiusura di «Future of Construction» ha lasciato la parola al keynote di Annette Gigon, architetta del pluripremiato studio zurighese Gigon&Guyer con una lunga carriera accademica presso l’ETHZ. «Troviamo finali felici solo nelle favole, ma abbiamo bisogno di narrazioni positive per essere motivati a lavorare, a crederci, a investire il nostro tempo e le nostre energie, che non sono infinite. Abbiamo bisogno di una prospettiva positiva per il nostro futuro». L’ambizione è stata quella di chiudere il simposio fornendo gli strumenti per affrontare il futuro, in un viaggio nella sua esperienza professionale e didattica, nel cui percorso si è andata a formare l’esigenza di una conoscenza delle dinamiche che intercorrono tra l’atto costruttivo e le sue conseguenze ambientali: «Mi piace immaginare l’architettura come l’intreccio tra il nucleo pesante della terra e l'atmosfera, una sorta di matrimonio tra aria e terra. A causa delle emissioni, però, abbiamo perso l’unione tra crosta terrestre e atmosfera». Dalla necessità di cambiare il mindset progettuale, che ci vede convinti di avere a disposizione fonti inesauribili di materiale, si dispiegano i progetti dello studio Gigon&Guyer, come il Kirchner Museum di Davos, primo progetto del duo zurighese che gioca con luce e materiali inserendovi per la prima volta elementi di riuso, attraverso uno strato di frammenti di vetro sul tetto al posto della ghiaia. Il riuso diventa poi un approccio giocoso e non convenzionale come nel Museo svizzero dei trasporti Swiss Museum of Transport, che integra cartelli stradali e ruote di veicoli in facciata, o nel più recente Werkstadt Zürich Building X, nel quale la pluralità di materiali di riuso, come i binari ferroviari impiegati per la struttura dell’edificio, raccontano la storia del sito e il suo programma culturale. Sul piano accademico, l’attività di Annette Gigon si è indirizzata verso la formazione di progettisti equipaggiati di un vocabolario necessario ad un gesto progettuale consapevole ed efficace, condensato in una pubblicazione prossima all’uscita, «un libro che avremmo voluto avere negli anni passati, che permetterà di leggere questa grande storia di cui siamo tutti parte e poter agire e giocare un ruolo decisivo in essa». Anche se quello di Annette Gigon non è un finale felice o idealizzante, bensì concreto e obbiettivo, «Future of Construction» costituisce, come ha affermato la stessa architetta, un inizio felice.
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