«Dobbiamo agire»
Matthias Gmür, neopresidente del BGT, porta un nuovo sguardo all’interno del gruppo.
SIA: Signor Gmür, fino alla scorsa estate, in seno alla SIA non si era mai sentito parlare di lei. Poi, ecco arrivare la sua candidatura in veste di presidente del gruppo professionale Tecnica (BGT). Che cosa l’ha spinta a farsi avanti?
Matthias Gmür: È vero, sono un nome nuovo alla SIA. È stato Philippe Jorisch, presidente del gruppo professionale Architettura, a dirmi che la SIA era alla ricerca di un nuovo presidente per il BGT. Conosco Philippe sin dai tempi del liceo e ora lavoriamo anche insieme, condividiamo alcuni progetti, lui come architetto e io come ingegnere specializzato in soluzioni energetiche e impiantistiche. Il bando per la ricerca di un nuovo presidente BGT è arrivato proprio in un momento in cui avevo preso la decisione di impegnarmi di più per il settore della progettazione.
Di formazione lei è ingegnere ambientale ed è co-fondatore di cinque imprese attive nel ramo dell’impiantistica degli edifici. In una di queste è anche direttore. Ci dica di più.
Io e i miei compagni di studio abbiamo scritto la nostra tesi di Master sul tema degli ecobilanci, io mi sono concentrato sulla gestione dei rifiuti, loro sull’impiantistica. Per i nostri lavori di Master avevamo creato dei software, volevamo continuare a portare avanti il loro sviluppo ed è così che è nata la nostra prima impresa. Molto velocemente abbiamo visto che nel settore dell’impiantistica c’era domanda e siamo entrati nel mercato.
A che cosa servono esattamente questi software?
Servono a sviluppare, ottimizzare e analizzare concetti energetici per gli edifici, mettendo insieme, confrontando e valutando diverse tecnologie e concetti. Cerchiamo soluzioni con un impatto ecologico e ne dimostriamo la redditività sotto il profilo economico.
Ma torniamo al mandato che ha assunto in veste di presidente BGT. La sua entrata in carica ufficiale è stata il 1° marzo. Quali sono le prime impressioni?
Non ho ancora potuto identificare con chiarezza quali siano i campi d’azione in cui posso intervenire, né quali siano gli ambiti che potranno trovare maggiore consenso in seno al gruppo. Devo ancora familiarizzare meglio con le strutture. Durante il mio mandato voglio impegnarmi affinché l’impiantistica degli edifici sia sempre più percepita come parte integrante di un’opera, in particolare dal punto di vista energetico.
Si è lanciato in questa nuova avventura senza mai prima, potremmo dire, aver tastato il terreno. Secondo lei, questo è un vantaggio o uno svantaggio?
Arrivando dall’esterno, posso vedere le cose con uno sguardo nuovo, e lo considero sicuramente un vantaggio. A essere sincero, alcuni mesi fa avevo un’idea ancora piuttosto vaga della SIA. Per me era soprattutto un’istituzione che emetteva norme. A mio modo di vedere i soci e l’opinione pubblica dovrebbero essere maggiormente informati in merito a tutte le attività che si svolgono in seno alla nostra associazione. Inoltre, i soci sono il barometro del settore, sono loro che sanno che cosa bolle in pentola. Ed è proprio da qui che voglio partire, in veste di presidente BGT, voglio cercare la vicinanza delle sezioni e dei soci, creare un contatto.
Possiamo attenderci dunque che, nel suo ruolo di presidente BGT, le attenzioni saranno rivolte ai soci?
Certo, rappresento il gruppo professionale e voglio che siano i soci a essere in primo piano. Dato che il BGT, con i suoi 750 affiliati, è il più piccolo dei gruppi professionali SIA, posso stabilire un contatto diretto, mirato, chiamando «a bordo» tutti coloro cha fanno del gruppo. Il BGT dovrà saper gestire due cose: rivolgersi prontamente a chi termina la formazione universitaria e coinvolgere in modo ottimale tutti gli altri. Sono aperto a qualsiasi idea o suggerimento che vada in questa direzione.
Negli scorsi anni i due grandi argomenti di cui si è occupato il BGT sono stati il BIM e il tema Low-Tech/No-Tech. Sono due argomenti che rivestono importanza anche per lei?
Assolutamente sì. Il BIM purtroppo è utilizzato ancora in modo troppo poco sistematico. Alcuni progettisti restano scettici riguardo ai vantaggi di questo metodo. Per noi significa che c’è ancora molto lavoro da fare ma sicuramente ne varrà la pena.
E invece, per quanto riguarda il tema Low-Tech/No-Tech?
Devo dire che questi due termini non mi piacciono molto, perché implicano automaticamente di voler rinunciare all’impiantistica e tracciano una linea di separazione netta tra le diverse persone coinvolte nel processo di costruzione. Oggi invece dobbiamo collaborare in modo interdisciplinare per pianificare al meglio l’utilizzo delle tecnologie e delle componenti a nostra disposizione. Se pensiamo agli obiettivi climatici, questa è l’unica via percorribile.
A proposito di obiettivi climatici, ha già una linea chiara che intende seguire?
Anche la SIA sottolinea l’importanza di adottare un approccio interdisciplinare e ciò è espresso a chiare lettere nella visione societaria: «Insieme per creare un ambiente di vita sostenibile». Inoltre, la Svizzera ha firmato l’Accordo di Parigi sul clima, impegnandosi alla neutralità climatica entro il 2050. Qui la via da seguire è soltanto una ed è quella che ci conduce in avanti. E siamo tutti coinvolti, siamo tutti chiamati a perseguire questo obiettivo, con coerenza.
Già, però, non ci stiamo ancora impegnando abbastanza...
Da un punto di vista puramente teorico sappiamo che cosa sia attualmente possibile, conosciamo i nostri limiti e sappiamo dove si richiedono altre soluzioni. Sta a noi, esperti della progettazione, mettere a frutto le nostre competenze per sfruttare al massimo l’attuale potenziale e le occasioni che si presentano al momento. Di conseguenza, tocca a noi in quanto associazione, intervenire e posizionarci in modo chiaro. Dobbiamo fare in modo che i protagonisti attivi nel settore uniscano le forze e remino tutti nella stessa direzione.
E per riuscirci, che cosa deve accadere, a detta del BGT?
Penso che la posizione degli ingegneri debba essere rafforzata, in un processo di progettazione dobbiamo poterci sentire parte integrante di un team interdisciplinare che persegue un obiettivo comune. Anche noi siamo responsabili del fatto che il parco immobiliare svizzero venga costruito in modo da soddisfare le esigenze nutrite dall’intera popolazione svizzera. Vogliamo raggiungere la neutralità climatica e portare avanti la densificazione. Condividiamo tale missione con gli architetti e con altri attori coinvolti nel processo di costruzione.
Ha menzionato più volte la parola «team». Per quale motivo per lei è così importante il lavoro di squadra?
Cerco sempre di pensare alla collettività e di coinvolgere tutti. Un progetto, una volta terminato, non deve portare beneficio a una sola persona, ma a tutta la squadra. Anche come associazione dobbiamo procedere uniti, tenendo conto del contesto sociale, nella sua interezza. Dobbiamo concretizzare idee e progetti che possano favorire tutti i gruppi professionali e non soddisfare gli interessi individuali.
Come si immagina l’immediato futuro del settore?
In questo momento le sfide sociali sono così grandi che l’unico grave sbaglio che potremmo fare sarebbe quello di restare con le mani in mano e di non fare assolutamente nulla. Oggi, laddove abbiamo le tecnologie per un impatto climatico zero dobbiamo utilizzarle. Invece, dove queste tecnologie non ci sono dobbiamo ridurre le emissioni e compensare. Noi, in veste di ingegneri e architetti, siamo chiamati ad assumerci la nostra responsabilità, il nostro compito è infatti quello di indicare ai committenti quali siano i processi di costruzione più ecologici.
Matthias Gmür (35 anni) è ingegnere ambientale. Sposato e padre di due bambini, vive con la famiglia sulla sponda sinistra del lago di Zurigo. È anche un ginnasta, le sue discipline preferite sono gli anelli, il suolo e i salti. All’età di 28 anni Matthias Gmür ha fondato la sua prima ditta e pochi anni più tardi hanno fatto seguito altre quattro imprese, tutte nel settore dell’energia e dell’impiantistica degli edifici.