cap­pel­letti ses­tito ar­chi­tetti: «Il con­corso è spe­ri­men­ta­zione»

Qual è la situazione dei concorsi in Svizzera? Danno il dovuto spazio agli studi emergenti? Come potrebbero essere migliorate le procedure e che contributo danno alla Baukultur? Nell'ambito di una grande inchiesta nazionale, espazium.ch lo ha chiesto a studi giovani che negli ultimi sei anni si sono distinti in concorsi. La testimonianza di Géraldine Buffin Cappelletti, Fabio Sestito ed Efrem Cappelletti, titolari dello studio cappelletti sestito architetti.

Date de publication
07-05-2021

espazium – Come descrivereste la situazione dei concorsi d'architettura nella Svizzera italiana?

Géraldine Buffin Cappelletti, Fabio Sestito ed Efrem Cappelletti – Nel corso degli ultimi cinque anni il Ticino ha conosciuto un netto aumento di procedure legate ai concorsi di progettazione. Il trend è senz’altro positivo; ciò è merito, da un lato, dell’impegno delle associazioni di categoria nel promuovere la cultura del concorso; dall’altro, nel campo della formazione continua, di figure professionali specializzate nel coordinamento di questo tipo di procedure. Un nuovo elemento di continuità è poi rappresentato dalla creazione del «bando base», strumento capace di uniformare e facilitare la creazione e partecipazione ai concorsi, a disposizione da fine anno 2020.
L’evoluzione che riscontriamo nel contesto ticinese in questo settore è tuttavia ancora lontana da quanto accade nel resto della Svizzera. La ragione di questo ritardo – una costante per il nostro cantone – è forse sistematica: il committente deve ritornare a essere l’elemento centrale di tutto il processo. Talvolta, purtroppo, la costruzione di una scuola non è percepita come un’opera di fondamentale importanza pubblica per la formazione delle prossime generazioni, quanto piuttosto come uno spreco di tempo e risorse. Questo tipo di atteggiamento è più evidente, a parer nostro, nelle procedure comunali, le più fragili perché sono, da un lato, cadenzate da agende politico-elettorali e, dall’altro, prive di un’esperienza diretta e concreta nella realizzazione di un’opera pubblica. In queste situazioni, può essere d’aiuto una figura professionale di sostegno al committente, ruolo nuovo in Ticino e di particolare importanza nell’accompagnamento alla realizzazione di opere pubbliche.

«Il nostro studio è la dimostrazione che il concorso funziona: è una procedura meritocratica e democratica»

Pensate che i concorsi diano spazio sufficiente ai giovani architetti?

Il numero di concorsi «a procedura libera» è piuttosto elevato in Svizzera: ciò lascia spazio a giovani architetti per poter concorrere alla pari con studi più strutturati e con più esperienza. Il conseguimento del primo premio e la relativa realizzazione (non del tutto scontata) significa spesso, per un nuovo studio, la partenza dell’attività commerciale. Il nostro studio di progettazione è l’esempio concreto che dimostra il funzionamento di una procedura tanto meritocratica quanto democratica.  
C’è senza dubbio spazio per un miglioramento per quanto attiene le procedure selettive, che spesso, seppur dotate di ”modalità salvagiovani”, formulano richieste di referenze non commisurate all’oggetto posto in concorso. Questa modalità mette in difficoltà anche gli studi di recente fondazione.
Rientra nelle competenze di ogni architetto la capacità di progettare qualsiasi tipo di edificio senza per forza averne già avuto esperienza diretta; a titolo d’esempio possiamo citare il caso del Centro nazionale d'arte e di cultura Georges Pompidou. Nel luglio del 1971, tra i 681 progetti presentati, una giuria internazionale presieduta da Jean Prouvé assegnò il primo premio al progetto degli architetti Renzo Piano, Gianfranco Franchini e Richard Rogers. Renzo Piano aveva 34 anni, Rogers 38. Rimandiamo tale discorso alla responsabilità, grande, del coordinatore di concorso, che non soltanto dovrebbe avere esperienza e dimestichezza come concorrente ma anche possedere la determinazione, sensibilità e competenza necessarie a confrontarsi con il committente sulla scelta del tipo di procedura. La formazione di questa figura professionale, specializzata e indipendente, è la chiave per consentire di integrare le proposte non solo di giovani architetti ma anche di studi senza referenze costruite.

«Il coordinatore di concorso non soltanto dovrebbe avere esperienza come concorrente ma anche possedere la determinazione, sensibilità e competenza necessarie a confrontarsi con il committente sulla scelta del tipo di procedura»

Come scegliete a quali concorsi partecipare? Avete già preso parte a concorsi fuori cantone o internazionali?

Le nostre priorità nella scelta di un concorso sono il tema, il luogo e l’eterogeneità della giuria. Pur affrontando differenti tipologie tematiche, siamo particolarmente interessati all’edilizia scolastica e alla sua evoluzione programmatica; in quanto in continuo e rapido sviluppo, la didattica richiede delle risposte innovative e flessibili, che cerchiamo di integrare in ogni progetto.
Abbiamo partecipato a un concorso in Romandia che per la sua complessità e per la dimensione del programma si discosta parecchio dalla realtà ticinese; questa tipologia tematica particolarmente urbana ci ha permesso di confrontarci con un’altra scala e contesto.
Non meno importante ai fini della scelta risulta il luogo del concorso. Un sito e le sue peculiarità sono spesso il generatore di un intero progetto, come risposta a una determinata situazione urbanistica. In Ticino siamo spesso confrontati con un territorio frammentato; cerchiamo con ogni progetto di creare il tassello mancante. Una particolare composizione della giuria, basata sull’eterogeneità ed esperienza dei singoli, è un ulteriore stimolo intellettuale alla partecipazione al concorso. 

Ritenete che il concorso stimoli la sperimentazione?

Il concorso è sperimentazione. 
La partecipazione a un concorso, considerato il grande impiego di risorse ed energie necessarie per arrivare a una proposta che risponda alle esigenze del committente, deve essere occasione di ricerca e sviluppo. I propri concetti, convinzioni e principi progettuali trovano libertà di espressione e qui possono essere confrontati con altri tipi di approcci e visioni.
Un aspetto che riteniamo particolarmente motivante è dettato dal capovolgimento dei ruoli. Infatti le esigenze dell’ente banditore sono riassunte e sintetizzate in un programma; ciò porta l’architetto a decodificarle e interpretarle. Si instaura un gioco delle parti nel quale l’architetto riveste ruoli di committente, progettista e utilizzatore. Questo porta, secondo noi, a una maggiore astrazione del tema progettuale e a una sua conseguente visione inedita; è così che la progettazione si eleva e può diventare capace di trascendere aspetti formali o compositivi a vantaggio di una chiarezza concettuale.  

«Bandi di concorso troppo rigidi producono soluzioni simili tra loro. Troppa libertà interpretativa genera invece progetti non paragonabili»

A vostro parere le procedure di concorso vanno trasformate o modificate? Se sì, come?

L’avere adattato il sistema concorso alla legge sugli appalti ha agevolato formalmente la procedura per l’ente banditore; ciò ha però anche generato nuove richieste che non sono sempre in sintonia con un concorso di idee. Questa duplicità di approccio merita una riflessione sul rapporto che esiste tra appalto e idea, che a nostro parere va messo in discussione per trovare soluzioni valide e condivise. 
Un altro punto molto importante a nostro avviso riguarda il lasciare maggior libertà ai concorrenti. Questo è possibile solamente a patto che l'ente banditore abbia una visione chiara e lungimirante fin dalle prime fasi, quelle che comprendono la compilazione del programma di concorso e il relativo studio di fattibilità; con questi strumenti vengono determinati i punti fermi necessari per la messa in concorso dell’oggetto, così come i limiti entro i quali potersi muovere. Bandi di concorso troppo rigidi producono soluzioni simili. Troppa libertà interpretativa genera dei progetti non paragonabili. Proprio la calibrazione di questo rapporto è la base per ottenere risposte che interpretano in maniera diversificata lo stesso tema.
Un argomento che merita un approfondimento è legato al tipo di procedura; nello spettro di possibilità, quella libera a due fasi è a nostro avviso la più interessante: con questa modalità si contengono le richieste di materiale da consegnare nella prima fase. I progettisti selezionati per la seconda fase, retribuiti, avranno occasione di sviluppare ulteriormente il progetto sulla base delle indicazioni della giuria. Vi è possibilità di miglioramento sul tipo e quantità di materiale richiesto nella prima fase, che a nostro avviso dovrebbe attenersi a un livello più urbanistico. Fondamentale per noi, almeno nella maggior parte dei concorsi, è il modellino 1:500, uno strumento capace di sintetizzare il progetto e agevolare la lettura e il paragone anche ai non professionisti. Assieme agli atti “urbanistici” riteniamo però necessaria la consegna di uno o più documenti capaci di presentare il concetto e le caratteristiche principali del progetto, questo a prescindere dalla tecnica di rappresentazione.
Per concludere, constatiamo che spesso non viene effettuata una degna pubblicazione dei risultati scaturiti dalla procedura di concorso. Parallelamente a una divulgazione online dei risultati, riteniamo necessaria una pubblicazione di tipo fisico (libro) che contenga tutte le proposte presentate. Questo può senz’altro costituire, oltre che una conclusione adeguata dell’intero processo, uno strumento utile alla ricerca.

Lo studio cappelletti sestito architetti, fondato nel 2018 da Géraldine Buffin Cappelletti (1981), Fabio Sestito (1980) ed Efrem Cappelletti (1978), ha sede a Lugano-Viganello.
 

Attualmente ha partecipato a nove concorsi, ottenendo premi in sette:

Questa intervista appartiene a una serie raccolta nel dossier digitale «Concorsi». Il dossier viene sviluppato contemporaneamente anche in francese e tedesco.

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