Bian­chi Cle­rici: «Il con­corso sti­mola la spe­ri­men­ta­zione ma non l’avan­guar­dia»

Qual è la situazione dei concorsi in Svizzera? Danno il dovuto spazio agli studi emergenti? Come potrebbero essere migliorate le procedure e che contributo danno alla Baukultur? Nell'ambito di una grande inchiesta nazionale, espazium.ch lo ha chiesto a studi giovani che negli ultimi sei anni si sono distinti in concorsi. La testimonianza di Erik Bianchi ed Elisabetta Clerici, titolari dello studio Architetti Bianchi Clerici.

Date de publication
23-04-2021

espazium – Come descrivereste la situazione dei concorsi di architettura nella Svizzera italiana?

Elisabetta Clerici ed Erik Bianchi – I concorsi costituiscono un forte valore intellettuale e un notevole patrimonio locale: la molteplicità di soluzioni derivante dalle diverse proposte per il medesimo tema è tale che, anche se i concorrenti sono numerosi, difficilmente si contano ripetizioni, e quando si osserva l’esposizione dei lavori al termine della procedura non si può non rimanerne sorpresi.
Spesso gli esiti possono prospettare soluzioni differenti anche da quanto il committente si era inizialmente prefigurato: l’opportunità di soluzioni a mente aperta, magari mai ipotizzate, porta come conseguenza che queste possano rivelarsi vincenti, oltre che dal punto di vista architettonico e funzionale, anche da quello economico e finanziario, sia in fase realizzativa che nella gestione operativa a progetto realizzato. Di fatto, le proposte presentate sono anche una vetrina per gli studi, una forma indiretta di promozione: in questo modo la cittadinanza può conoscere gli uffici che si occupano del territorio, in una forma di partecipazione, seppur mediata.
Ciò che resta solo a livello di progetto è, di fatto, talvolta più affascinante di ciò che viene realizzato: un grande lavoro che va raccolto per il futuro, per riguardarlo a distanza di tempo con occhi critici e orientati alle nuove situazioni che si presentano. Si tratta di un patrimonio intellettuale da valorizzare, in quanto la potenzialità dell’insieme dei progetti non può essere rappresentata dall’unico che viene realizzato, e può essere percepita completamente, piuttosto che sul momento, solo col passare del tempo.
Riteniamo che ancora oggi molti committenti tendano – quando è possibile, ma anche quando in realtà non lo è – a evitare la procedura concorsuale, adducendo presunte ragioni legate ai costi e, con maggior frequenza, ai tempi necessari. È indispensabile far loro comprendere che da tali procedure deriva in realtà un complessivo vantaggio.

«Ciò che resta dopo il concorso a livello di progetto è talvolta più affascinante di ciò che viene realizzato: un grande lavoro che va raccolto per il futuro»

Pensate che i concorsi diano spazio sufficiente ai giovani architetti?

Sì, poiché la procedura libera consente a tutti quelli che ne hanno titolo di partecipare, e poiché la procedura a selezione spesso prevede la categoria under 40. Occorre però osservare come talvolta l'obbligo di formare gruppi interdisciplinari già in fase di concorso possa costituire una difficoltà per i giovani architetti.

Come scegliete a quali concorsi partecipare? Avete già preso parte a concorsi fuori cantone o internazionali?

La nostra scelta avviene in funzione del tema del concorso e delle caratteristiche del luogo, nonché della composizione della giuria; è anche importante per noi che nel ruolo di presidente ci sia un architetto. Scegliamo anche in funzione della dimensione dell’intervento, e ciò in diretta relazione con le potenzialità dello studio.
Si tratta, a nostro parere, di coscienza personale e professionale dei progettisti, che dovrebbero sapere fino a che punto possono spingersi per garantire le dovute professionalità e tempestività; in caso contrario, il committente in futuro fuggirà le procedure di concorso. Se diventasse opinione comune che i concorsi possano essere vinti da chi non è poi in grado di portare avanti il progetto in tutte le sue fasi – con conseguente perdita di tempo e soldi –, l’attrattività del concorso verrebbe meno. Non si tratta però di restringere i criteri di accesso, altrimenti non ci sarebbe spazio di crescita. La crescita deve essere graduale per garantire entrambi i soggetti.
Per queste ragioni, fino ad oggi, non abbiamo partecipato a concorsi di grandi dimensioni, internazionali o indetti fuori cantone.

«Il concorso stimola la sperimentazione ma non l’avanguardia, forse perché ritenuta pericolosa. La ragionevolezza è spesso il più accreditato criterio di scelta»

Ritenete che il concorso stimoli la sperimentazione?

Sì, nel senso di sperimentazione in fase di analisi della problematica da parte dei singoli partecipanti e nella scelta della soluzione da proporre fra le molte analizzate e praticabili; in altre parole, sperimentazione sì, ma nel processo di scelta fra le diverse possibilità percorribili per ottemperare alla richiesta del committente. Di fatto, però, la sperimentazione viene necessariamente limitata anche dall’attenzione ai costi di realizzazione, che sono sempre parte dei criteri di giudizio della giuria.
Il concorso stimola la sperimentazione ma non l’avanguardia, forse perché ritenuta pericolosa: essa spesso non è considerata ragionevole. La ragionevolezza è spesso, secondo noi, il più accreditato criterio di scelta.

A vostro parere le procedure di concorso vanno trasformate o modificate? Se sì, come?

Sarebbe opportuno operare nel senso di una consapevole riduzione dei costi di partecipazione, vale a dire della complessità e numerosità degli elaborati richiesti alla consegna.
Riteniamo importante che l’attività venga promossa privilegiando pubblicazioni semplici e divulgative, nonché che a essa si debba riservare maggior spazio sia su riviste specializzate, sia (soprattutto) su quelle non settoriali.
Occorrerebbe a nostro parere rendere attrattiva l’esposizione dei lavori, da organizzarsi in luoghi già deputati a mostre, o comunque di forte passaggio pubblico, eventualmente in concomitanza con un'altra manifestazione. Si tratta di creare un collegamento il più possibile diretto fra persone e concorsi, per rendere, grazie a questo, più gradita la procedura anche per la cittadinanza, che costituisce di fatto il destinatario e fruitore finale dell’opera costruita.
Inoltre, rendere la procedura del concorso sempre più appetibile per la committenza, sdoganando tale procedura come scelta di maggiore qualità ai non addetti ai lavori, che spesso, ancora oggi, non la colgono come tale.
La committenza, nel senso ampio che comprende la cittadinanza, si deve cioè affezionare all’idea dei concorsi in alternativa all’affidamento diretto, perché potrà così scegliere fra differenti proposte e ne deriverà che avrà la miglior risposta alle proprie necessità.

Lo studio Architetti Bianchi Clerici, fondato a Lugano nel 2013 da Elisabetta Clerici (1983) ed Erik Bianchi (1983), ha oggi sede a Bellinzona.


Attualmente ha partecipato a nove concorsi, ottenendo premi in tre:

Questa intervista appartiene a una serie raccolta nel dossier digitale «Concorsi». Il dossier viene sviluppato contemporaneamente anche in francese e tedesco.

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