«Ogni re­gione lin­guis­tica ha rea­gito alla crisi come la na­zione con cui con­fina»

In che modo il comitato della SIA si è confrontato con la diffusione del Covid-19? Ne parliamo con il suo membro Simone Tocchetti, architetto ed ingegnere civile, in un dialogo su differenze regionali che vengono a galla, misure d'emergenza e nuove forme di lavoro.

Date de publication
23-04-2020

Espazium – Simone Tocchetti, lei è membro del comitato della SIA a livello svizzero. Da quando è iniziata la crisi come vi siete mossi?
Simone Tocchetti Abbiamo discusso della tematica Covid-19 in una serie di riunioni straordinarie – naturalmente online – per poter dare una risposta a breve termine alla situazione e reagire in maniera rapida. Si stanno attuando ad esempio dei miglioramenti nei servizi verso gli affiliati, così da agevolarli in questo momento particolare; uno di essi è l’ampliamento del sistema di assistenza legale telefonica gratuita. È stato implementato da subito ma ho l'impressione che è un servizio che verrà utilizzato sempre di più durante la fase di normalizzazione: infatti le normative sanitarie vigenti renderanno lavorare più complesso e dilateranno le tempistiche, per cui si dovrà sicuramente far fronte a riflessioni importanti con committenti, imprese e progettisti, e saranno necessarie solide basi legali. E una gran quantità di buon senso.

Il Covid-19 è stato affrontato dalle regioni svizzere in modi molto diversi. Come si esprimono queste differenze all'interno del comitato SIA?
Chiaramente ogni regione linguistica ha le sue peculiarità e si è trovata confrontata con situazioni specifiche. Nel comitato vengono ascoltate sempre tutte e tre le campane. Poi è chiaro che il Ticino rappresenta una piccola parte della Confederazione e quindi non è lui a determinare la direzione da prendere. Nelle discussioni, ad ogni modo, si raccolgono spunti dalle varie aree per capire se si può prendere a modello decisioni o soluzioni adottate in esse. Dalle differenze nasce dunque lo scambio, perché ogni regione ha sì reagito in maniera coordinata con le direttive della Confederazione, ma mantenendo delle peculiarità in funzione della propria situazione.

In comitato quindi vi trovate a giostrarvi tra queste differenze?
Esatto. Quel che abbiamo notato è che ogni regione linguistica ha reagito alla crisi in modo simile alla nazione con cui confina: il Ticino ha guardato all'Italia, la Romandia alla Francia, la Svizzera tedesca alla Germania… La reazione delle regioni era basata più su quel che avveniva nei paesi vicini che su quanto accadeva nel resto della Confederazione. Penso che questo mostri che la situazione ha toccato dei nervi molto particolari, e quindi queste reazioni sono sicuramente comprensibili; che poi siano state corrette è un tema da affrontare in separata sede.

Immagino che anche sulla questione dei cantieri le percezioni all'interno del comitato divergessero: quando il Ticino ha ordinato la chiusura dapprincipio era il solo cantone ad averlo fatto…
Sì; all'inizio del dibattito c'era una parte della SIA che mirava a tenere aperti i cantieri ovunque. Soprattutto l'associazione degli impresari ci teneva, e una parte delle associazioni economiche erano dello stesso avviso; poi c'erano una serie di risvolti pratici e quotidiani che spingevano a fare l'opposto. In seguito la questione dei cantieri è stata affrontata in maniere diverse da cantone a cantone: a Ginevra ad esempio c'è stata sì la chiusura, ma poco dopo è stata revocata.

E lei con il suo studio come ha affrontato il tema della chiusura dei cantieri?
Quel che abbiamo fatto è stato sensibilizzare fin da subito la manodopera. In uno dei nostri cantieri avevamo un centinaio di operai; la prima cosa che abbiamo fatto è stata parlare con loro e prendere delle misure sul piano igienico. Bisogna però ricordare che si tratta di un cantiere, e purtroppo A) è impossibile controllare che ognuno rispetti le raccomandazioni, e B) ci sono delle lavorazioni che non permettono che queste vengano rispettate, perché il contatto fisico purtroppo è inevitabile.
Ho sempre detto che nei cantieri dove le lavorazioni lo permettevano sarebbe stato meglio, nel limite del possibile, andare avanti finché era fattibile. Avevamo ad esempio un cantiere privato che ha continuato a funzionare fino alla chiusura stabilita dal Parlamento ticinese perché, essendo relativamente ampio, consentiva delle lavorazioni con singole persone. In altri cantieri invece le lavorazioni erano diverse e abbiamo chiuso il prima possibile.

Il suo studio ha sede a Lugano e Zurigo. Quali misure avete adottato al suo interno per adattarvi alle normative di sicurezza?
Abbiamo seguito le direttive della Confederazione, spostando gradualmente gli impiegati verso l'home office. In entrambi gli uffici abbiamo mantenuto una persona attiva per gestire il triage delle informazioni.

Quali sono state le conseguenze del virus sui vostri incarichi?
Chiaramente la prima grande conseguenza è stata, come detto, la chiusura dei cantieri, avvenuta in diverse tappe: prima è stato sospeso quello del campus USI/SUPSI a Viganello, poi gradualmente anche gli altri. Inoltre l'impossibilità di incontrare i nostri partner progettuali rende tutto più complesso, così come la chiusura di uffici e sportelli pubblici. E i concorsi a cui stavamo partecipando o intendevamo candidarci sono stati annullati. Di conseguenza la resa dell'ufficio è calata molto; stiamo valutando la possibilità di introdurre il lavoro a tempo ridotto.

Quali strumenti usate per il telelavoro, a parte i programmi per le videoconferenze?
Già da un paio d'anni avevamo installato un server accessibile a tutti i nostri computer da remoto: poiché ci spostiamo molto tra Lugano e Zurigo, per i nostri quadri è necessario avere accesso al server e alle e-mail, così da sfruttare le trasferte in treno.
Ora con il coronavirus stiamo mettendo in opera anche in Ticino un sistema di telelavoro che a Zurigo in parte applicavamo già. Invece a Lugano eravamo abituati ad un contatto molto più diretto col personale, e quindi adesso va rivista e ristrutturata la metodica di lavoro.

Pensa che questa crisi avrà degli effetti sull'impostazione del lavoro degli studi?
Non sono in grado di rispondere in modo univoco. Sulla base della mia esperienza posso dire che gestire l'ufficio attraverso il telelavoro è molto difficile, ho l'impressione che la nostra professione non sia adatta a farlo; sicuramente alcune cose potranno essere svolte in questa maniera (tra le quali senz'altro una parte delle riunioni), ma la progettazione vera e propria o le discussioni sensibili non sono adatte a essere affrontate da remoto, perché A) non ne abbiamo l'abitudine e B) secondo me alcuni temi necessitano dell'empatia possibile solo quando si sta a stretto contatto.
Ad ogni modo, sono aperto: ho vissuto anche negli Stati Uniti, dove da tempo si attuano queste strategie; per farlo bisogna però avere la cultura di lavorare in questa maniera.
Noi come detto stiamo sperimentando queste forme da due anni, ma non posso definire i risultati ottenuti come entusiasmanti. Certo, queste tecnologie mi hanno permesso di portare avanti certi progetti limitando le trasferte, ma comunque giostrarsi con esse è impegnativo: ad oggi c'è una selva di software che non aiuta, manca un'unificazione.
Forse andrebbe applicata una tecnologia come il BIM, dove si lavora tutti in una stessa sfera; ma ho l'impressione che parte della progettazione avvenga ancora in maniera estremamente manuale. Da quando ci saranno degli altri tools sarà più semplice concepire questo genere di scambi, anche se, come dicevo prima, ritengo molto difficile che si possa lavorare alla progettazione vera e propria – quella fatta con la matita e la penna – a distanza. Il nostro è un lavoro che vive tanto di questi momenti un po' “cutanei”.

Al di là delle difficoltà attuali, pensa che da questo momento di decelerazione possano emergere anche aspetti positivi per la cultura della costruzione?
È una domanda complessa, dipende… Se ci riferiamo a quanto discusso finora, posso dire che magari si arriverà a limitare gli scambi allo stretto necessario, così da concentrarsi di più sui propri compiti. Se poi un rallentamento di questo genere abbia dei risvolti più ampi sul nostro comportamento, non saprei dirlo. Ora c'è tanta voglia di fare bene e di ricominciare e questo è importante, ma credo che non appena rientreremo nella normalità, questa situazione diventerà presto un brutto ricordo. Ora ci sta toccando, certo, ma forse non in maniera così profonda da portarci a dei cambiamenti sostanziali nel nostro modo di vivere. Quali progettisti sarebbe però un’occasione per discutere alcuni temi importanti: come sarà la società del post-Covid-19, come saranno le nuove città o i nuovi edifici… Il nostro rapporto con gli spazi pubblici cambierà? Potremo essere più rispettosi dell’ambiente? Mi sento di dire che, ora che il peggio sta passando, dobbiamo progettare il futuro!

Intervista realizzata il 23 aprile 2020

Tocchetti Architetti e Ingegneri

 

Sedi: Lugano/ Zurigo

Numero di collaboratori: 8

Numero dei cantieri in corso (prima della chiusura): 3

Elenco di progetti e concorsi realizzati o in corso: Campus Universitario USI/ SUPSI, Lugano 2020 (con L. Pessina), Centrale cantonale di Allarme, Bellinzona 2018 (con L. Pessina), ristruttrurazione Ristorante Alpe Foppa, Mte Tamaro 2020, casa unifamigliare a Ludiano, Ludiano 2018 (con L. Pessina), ristrutturazione casa unifamigliare a Winterberg, Winterberg 2020.

La cultura della costruzione di fronte all'emergenza Covid-19 – La parola ai professionisti

 

La crisi sanitaria ed economica che stiamo attraversando sta colpendo tutti i settori professionali, tra cui anche l'edilizia. Per valutarne l'impatto sulla cultura della costruzione, Espazium dà la parola ai professionisti del settore affinché testimonino di come hanno riorganizzato il proprio lavoro, di quali difficoltà abbiano incontrato e – poiché ogni crisi rivela i punti di forza ma anche le debolezze di un sistema – condividano con noi i loro pensieri sulla propria professione. Per non dimenticare, e nella speranza che queste testimonianze ci aiutino a riflettere così che, una volta sconfitto il virus, non tutto torni com'era prima.

 

I contributi di questo ciclo sono raccolti nel dossier digitale.

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