Flu­id Thin­king

Un percorso verso la resilienza e la progettazione bioclimatica

Publikationsdatum
16-02-2022

Ruscelli, fiumi e bacini hanno su di noi esseri umani un effetto e un fascino speciale. Il nostro approccio nei loro confronti e la maniera in cui li utilizziamo riflettono le nostre percezioni, la nostra conoscenza e le nostre idee – in breve, il nostro pensiero. Ma questo pensiero coincide con le proprietà rigenerative che favoriscono la vita – la dinamica, la resilienza e la multifunzionalità dell’acqua – o è piuttosto l’espressione di un immaginario monocausale, semplice e forgiato meccanicamente? Il modo in cui ricercatori, pianificatori, investitori, decisori politici e, in definitiva, la società modifica, progetta e costruisce i corsi d’acqua dipende direttamente dal modo in cui viene concepito l’elemento acqua.

E non certo da oggi. Tutti i sistemi che l’essere umano ha adottato riflettono il pensiero dominante di ciascuna epoca, dai numerosi e complessi metodi di regolazione delle acque e di ingegneria idraulica per la produzione di energia e l’imbrigliatura dei torrenti fino alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e alla creazione di reti di biotopi. Da tempo immemore, l’essere umano sfrutta specchi d’acqua e fiumi: storicamente, qualsiasi insediamento umano, ogni villaggio veniva fondato lungo il loro corso, il quale era poi utilizzato come via di comunicazione e per lo scambio di beni e conoscenze, per la generazione di energia e molto altro. Erano le arterie principali lungo le quali si sono mosse e sviluppate le culture umane. Oggi sembriamo essere quasi inconsapevoli di quanta spinta hanno dato e quante relazioni hanno contribuito a creare le nostre acque, facendo da volano alle tante civiltà e culture sviluppatesi nei secoli. Corsi d’acqua che hanno plasmato anche la Svizzera stessa e collegato tanti mari (Mare del Nord, Mediterraneo, Mar Nero) e le regioni che su di esse si affacciano.

Molti di noi, quando arrivano a un fiume, ne scorgono soltanto la superficie scintillante, al massimo i riflessi creati dal gioco delle onde e la conformazione delle sponde. Solitamente, la nostra attenzione si limita a quella striscia bidimensionale in movimento. Dell’acqua che vediamo scorrere in un determinato punto, raramente è possibile intuire l’origine, né quale sia il suo bacino idrografico; per non parlare di ciò che vive e scorre al suo interno. Per molto tempo, i corsi d’acqua che attraversavano città e villaggi sono stati visti per lo più come un fastidio. Venivano interrati o colmati, costretti in canali e tubazioni e inquinati da liquami provenienti da reti fognarie combinate o separate.

Tuttavia negli ultimi decenni la mentalità è profondamente cambiata, spingendo molti pionieri a dare nuovo volto ad alcuni corpi idrici. Ho avuto la fortuna di lavorare con alcune di queste persone anche in Svizzera, tra cui Helgard Zeh dell’Associazione svizzera di ingegneria naturalistica (VIB), grazie alla quale la tecnica di sistemazione seminaturale dei corpi idrici è avanzata in modo decisivo.

Nel frattempo, abbiamo imparato a pensare più in grande ai corpi idrici e a prendere in considerazione interi bacini idrografici che possono trovarsi anche interamente in aree urbane. Bacini idrografici possono essere aree forestali, agricole e anche di insediamento, così come le tante aree che costituiscono l’infrastruttura della nostra mobilità (zone di traffico). Il corpo idrico dovrebbe quindi essere pensato come una rete sensibile alle condizioni meteorologiche, che assorbe l’acqua delle precipitazioni e poi la rilascia, principalmente tramite evaporazione. Solo una parte di essa, infatti, viene rilasciata in forma di deflusso e alimenta – con uno sfasamento temporale – i corpi idrici. Probabilmente, in queste condizioni, l’idea più efficace è quella di un sistema traspirante, dotato di accumulatori che filtrano e purificano l’acqua mentre ne effettuano il rilascio differito.

Alcuni dei miei primissimi progetti, che oggi sarebbero probabilmente ribattezzati «sponge city», riguardavano Echallens, Murten e Bern-Ittigen. Questa espressione, oggi assai di moda, è tornata in Europa grazie alle sperimentazioni asiatiche, ma il movimento a cui si riferisce è nato in realtà, in Svizzera. Ricordo i primi sviluppi della PGS - Pianificazione generale dello smaltimento delle acque, in Svizzera nei primi anni Ottanta. All’epoca ebbi la possibilità di portare una delegazione del PGS a visitare i nostri primi progetti pilota sparsi in tutto il Paese. Allora, parlare di gestione delle acque piovane in loco con trattamento locale decentralizzato seminaturale e di ritenzione decentralizzata con infiltrazione in loco (ovunque fosse possibile) era un’assoluta novità. La mia intenzione, o meglio la mia visione, era di non trattare l’acqua piovana come qualcosa di cui disfarsi, ma come una risorsa preziosa. Me ne resi conto già con i primi progetti che ho menzionato. Alla fine, questi concetti sono diventati i punti nodali del PGS e questo nuovo modo di vedere ha riscosso un successo sempre maggiore anche all’estero.

Nel frattempo, non solo l’applicazione dell’ingegneria naturalistica ai corpi idrici è diventata «mainstream», ma anche il trattamento delle acque meteoriche, la gestione dell’acqua piovana e la filosofia della sponge city nel governo delle acque urbane si sono affermate. Si tratta di un segnale sicuramente positivo, che però deve portare a misure di potenziamento sotto molteplici aspetti: la multifunzionalità – e il conseguente aumento di valore per le nostre città – non si ottiene automaticamente. Spesso i progettisti odierni applicano con un certo automatismo regole, norme e principi rigidi che sono stati stabiliti in tempi relativamente recenti, ora predicati e rigurgitati quasi dogmaticamente. Questo rende giustizia alla creatività e alla dinamica che caratterizzano le acque quando sono al loro stato naturale? Ecco la domanda cruciale: oltre a una conoscenza profonda dell’ingegneria idraulica, cosa ci manca per capire davvero la dinamica del fluire delle acque?

Quando mi avvicino a ruscelli e fiumi seminaturali, mi viene spontaneo immedesimarmi nei movimenti del fiume ed entrare mentalmente nel «corpo dell’acqua»: nella sua corrente principale, ma anche in qualsiasi corrente secondaria si possa intuire dalla superficie e dalla sistemazione dell’alveo. Molte altre persone sono dotate di questa capacità e possono intuire quali direzioni prenderà un fiume. Dov’è che si possono osservare fenomeni di erosione, e dove di sedimentazione? Dov’è che il fiume «mangia» il terreno e in quali punti invece restituisce il substrato?

Naturalmente, oggi le correnti d’acqua possono essere calcolate numericamente e previste matematicamente. Grazie alle simulazioni numeriche, possiamo calcolare anticipatamente configurazioni complesse di flusso e visualizzarle in tre dimensioni. Ma non bastano queste tecnologie informatiche a garantire una buona progettazione. Progettare luoghi pieni di vita e sistemi adattati alla natura è un processo creativo, persino artistico, che posso paragonare soltanto al processo di apprendimento e accumulo di esperienze vissuto dai bambini quando incontrano l’acqua. Mi vengono in mente immagini della mia infanzia, le tante esperienze nei ruscelletti mentre giocavo, sognavo e mi divertivo nei pressi di fiumi e torrenti di montagna. Erano esperienze di apprendimento di un tempo spensierato pieno di gioia e vitalità, quando aspettavamo il sorgere di ogni nuovo giorno per andare incontro ai tanti mondi d'acqua, pieni di vita.

Grazie ai miei figli, anche da adulto ho avuto la possibilità di immergermi in questa immediatezza, di tramutarmi in un essere profondamente ispirato e fatto di vivacità, flessibilità e adattabilità. Giocavamo per ore nei torrenti di montagna in Ticino, nelle valli laterali della Valle Maggia, e ogni giorno scoprivamo qualcosa di diverso. Ogni piccolo fiume aveva i propri impulsi, ai quali dovevamo subordinarci. Ed erano sempre differiti rispetto agli eventi meteorologici in corso. Una volta concluse le forti piogge, il nostro torrente era gonfio e dovevamo avvicinarci con cautela, c’erano giorni in cui giocare era impossibile, invece dopo lunghi periodi di siccità, le formazioni rocciose diventavano molto più visibili: affioravano lastre di gneiss, spesso intervallate da fasce di marmo, che avevano qualcosa di incredibilmente realistico, come delle sculture levigate.

I giochi dei miei figli vicino al ruscello erano un continuo dialogo tra pericolo, incertezza e valutazione di limiti e possibilità. I bambini erano rapidissimi nel soppesare rischi e limiti entro cui potevano muoversi in sicurezza. E dunque scoprivano molte cose, come pesci, gamberi di fiume, pietre speciali che sotto la superficie dell’acqua sfoggiavano brillanti colori. Nei luoghi più belli, il flusso dell’acqua era molto variegato: c’erano punti in cui osservavamo un calmo fluire senza ostacoli alternato a correnti vorticose, cascate ariose e turbolente e fragorose sorgenti.

Presto capimmo che il ruscello non è fatto solo di acqua che scorre, ma comprende anche tutti i bacini di calma, le sabbie e le ghiaie, le pietre piccole e grandi che viaggiano insieme al fiume. Comprende il suo alveo, così variegato, il quale si rimodella dopo ogni pioggia, aprendo passaggi nella vegetazione e diventando l’habitat di innumerevoli animali. Il ruscello è anche lo spazio formato da piante perenni, boschetti, fino alla cima degli alberi, che spezzano i raggi di luce che le attraversano e con le più piccole gocce d’acqua disegnano lunghi fili di luce nello spazio interno. Un luogo dove si respira bene e nel quale anche nelle giornate estive più calde si diffonde una brezza rinfrescante, che offre al suono dell’acqua uno spazio di risonanza molto speciale.

Giocando al ruscello, io da bambino e poi i miei figli, abbiamo interiorizzato l’essenza di quel corso d’acqua in maniera naturale. È accaduto a livello inconscio, non c’è stato bisogno di alcuna spiegazione, né noi avremmo potuto darne una. Era sempre difficile per noi dire addio, ma dovevo tornare alla città con la sua struttura compatta, con i palazzi stretti tra loro e uno spazio stradale limitato, dovevo tornare alle mie aride necessità.

Quanto si vive diversamente, l’acqua, nella città in cui mi trovo ora! Qui non è ben chiaro dove il fiume abbia lasciato il proprio segno. Non è chiaro quanto sia profondo e largo il suo alveo. Un tempo il corso del fiume era noto a tutti, ma oggi si trova sepolto sotto autostrade a più corsie, tracciati stradali, metropolitane, binari ferroviari e molti edifici. Solo in alcuni luoghi se ne trovano sporadiche tracce: i nomi delle strade testimoniano la sua esistenza e ci sono, naturalmente, le testimonianze storiche, le mappe e le immagini. Materiali adatti agli storici che vogliano soddisfare la propria voglia di ricerca o alle persone che amano popolare le mostre sui tempi passati. Ma cosa c’entra, questo, con noi? Con le nostre vite di oggi, i nostri problemi e le nostre preoccupazioni?

Le conseguenze della crisi climatica sono oggi sempre più evidenti: da una parte, fenomeni estremi di piogge alluvionali diventano sempre più violenti e si abbattono bruscamente sul paesaggio e sulle strutture urbane. Le reti di canalizzazione e i sistemi fognari sono sovraccarichi. Persino i collettori più grandi ormai non riescono a tamponare questi fenomeni in maniera tecnicamente ed economicamente efficace.

Dall’altra, stiamo assistendo a un aumento dei periodi secchi e dei giorni di canicola, e viviamo sempre più notti tropicali durante le quali l’aria non si raffredda abbastanza. La possibilità di raffreddamento per evaporazione è in gran parte limitata perché insediamenti e spazi urbani presentano vegetazione e superfici umide in percentuale troppo bassa. Le sfide della crisi climatica continueranno ad aumentare e l’acqua in particolare gioca un ruolo centrale per l’attenuazione e la resilienza delle nostre città e quindi per la vita concreta delle generazioni future. Abbiamo urgente bisogno di approfondire la nostra conoscenza di come i corpi idrici e le strutture idriche possono effettivamente influenzare le nostre città e i nostri paesi.

Per escogitare soluzioni progettuali che tengano l’acqua nella giusta considerazione, dobbiamo sviluppare un pensiero che comprenda le caratteristiche di questo elemento naturale. Io lo chiamo «fluid thinking». Già ai miei esordi negli anni Ottanta, per la preparazione di progetti di partecipazione pubblica, proponevo esperimenti pratici sull’acqua e disegni collettivi dei flussi. Questi esercizi coglievano di sorpresa gli abitanti, ma si rivelavano sempre estremamente utili per tutto il successivo processo di pianificazione, decisione e attuazione. Grazie all’esperienza vissuta in prima persona, l’acqua non è più l’oggetto di cui si parla, bensì l’origine stessa del ragionamento: è da questo diverso livello di comprensione che scaturiscono le soluzioni.

Imparare direttamente dall’acqua: molti dei miei progetti di successo si fondano su questo principio. Tra questi ricordo la riscoperta delle zone umide e dei ruscelli scomparsi al Tanner Springs Park di Portland, in Oregon (USA) e l’iniziativa «Tracce d’acqua» a Hannoversch-Münden. Molte volte ho sentito la frase «non funzionerà», che si trattasse dell’apertura di ruscelli interrati, dell’integrazione di un fiume in un centro urbano, o della creazione di aree di ritenzione in un parco. Ma quando osserviamo coi nostri occhi la ricchezza delle forme d’acqua e ce ne lasciamo entusiasmare, lentamente abbandoniamo idee rigide e giudizi che sembravano incontrovertibili.

Nella mia carriera ho potuto constatare che sperimentare direttamente con l’acqua e poi pensare in modo creativo alle soluzioni che la riguardano è fonte di ispirazione per decisori, investitori, non addetti ai lavori, residenti e cittadini. Spesso ci si imbatte in pregiudizi e vecchie abitudini che ci inducono a tentare di preservare lo status quo, ostacolando con tutte le forze qualsiasi cambiamento. Rinunciare a quanto ci è familiare ci mette a disagio e si sa che il cambiamento spaventa, specialmente se la manca la fiducia e prevale la paura. Non c’è niente di meglio per rompere vecchi schemi e pregiudizi che le strutture d’acqua, che smuovono anche i sassi. In tutti i sensi. Si scopre così che fare esperimenti con l’acqua e disegnarne le sagome osservate ha un grande effetto stimolatore per immaginazione, ci libera da vecchi schemi di pensiero e dà forma al futuro.

Sperimentare con l’acqua come esperienza di apprendimento e di espansione dell’immaginazione è un metodo che ho sviluppato piuttosto presto, nella mia carriera. Lo usavo già nel 1975, lavorando con giovani gravemente afflitti da paure o con problemi di tossicodipendenza: in questi casi le forme dell’acqua e le strutture d’acqua sono l’idea­le, per stimolare cambiamenti nel pensiero. Ancora oggi uso esperimenti pratici dal vivo con l’acqua nelle lezioni e nei seminari che tengo nelle università. Alcuni di questi esperimenti, come la formazione di meandri, scie vorticose, cilindri ecc., sono stati pubblicati nel libro Wasser bewegt - Phänomene und Experimente (L’acqua si muove. Fenomeni ed esperimenti).

Un esempio è il flusso dell’acqua su una superficie inclinata, in cui si vede come un getto d’acqua, dopo un certo tempo, comincia a formare archi ritmici e tipiche anse sinuose. Un altro ben noto è la scia vorticosa, in cui dell’acqua in un vasca poco profonda è leggermente più lenta del normale, a causa dell’aggiunta di glicerina. La superficie è leggermente cosparsa di polvere di licopodio. Quando vi si passa un pennello attraverso, si verifica un distacco del flusso in due scie vorticose; quando i due flussi si riuniscono, la linea centrale comincia ad oscillare a destra e a sinistra. Questo fenomeno è definito scia di von Kármán.

Le strutture d’acqua nelle aree urbane possono configurarsi in maniera molto variegata e sono particolarmente esposte al cambiamento socio-culturale, economico e tecnologico. Il sito Volta Nord a nord-ovest della città di Basilea ne è un esempio. Per molto tempo è stato usato da aziende di fama mondiale come sede di impianti chimici e industriali. La vicinanza al Reno, le buone falde acquifere e l’eccellente grado di raggiungibilità di rotaie e corpi d’acqua ne facevano il sito ideale per questo tipo di stabilimenti. Con lo svilupparsi e il mutare dell’industria chimica, il trasferimento degli impianti di produzione altrove è diventato inevitabile e il terreno ha potuto essere riassegnato a nuovi usi, residenziali e misti. Si è resa quindi necessaria una completa revisione delle strutture edilizie e dei collegamenti alla rete dei trasporti. Ma si è deciso di andare oltre, ossia di puntare sulla gestione sostenibile del suolo e dell’acqua.

L’obiettivo per l'area Volta Nord era formulare un sistema di riqualificazione che tenesse conto dell’acqua e del clima, secondo il concetto di sponge city: il nostro studio se ne è occupato su incarico del e in sinergia con il Dipartimento delle costruzioni e dei trasporti e con l’Ufficio dell’ambiente del Cantone di Basilea Città.

Sono stati formulati cinque obiettivi principali per l’area urbana:

  1. Conservazione o ricostruzione di un regime idrico seminaturale.
  2. Uso multifunzionale di uno spazio urbano aperto con infrastruttura verde e blu.
  3. Riqualificazione degli spazi aperti e dei loro possibili utilizzi tramite una pianificazione attiva dei servizi ecosistemici.
  4. Protezione del corpo idrico sotterraneo e mantenimento/sviluppo di una buona qualità del suolo.
  5. Generazione di un’alta qualità di vita per i residenti e un’alta biodiversità di flora e fauna.

Con la riqualificazione urbana, anche l’acqua piovana (acqua meteorica) proveniente da edifici, strade e piazze non dovrà essere scaricata nel sistema fognario, bensì potrà essere gestita direttamente sul posto. Il progetto è in fase di pianificazione e prevede l’installazione di tetti verdi sugli edifici, anche in combinazione con fotovoltaico e aree ricrea­tive. Dalle superfici pavimentate e sigillate, comprese le piste pedonali e ciclabili, l’acqua sarà incanalata in aree verdi dotate di vasche di ritenzione, aree di infiltrazione ed evaporazione. I parchi, il verde ai lati delle strade e i cortili interni saranno progettati secondo questo principio di base nelle varie fasi di pianificazione, comprese le gare d’appalto. Volta Nord farà anche da prototipo e modello per altre aree della città.

Pur essendo circondata dall’acqua in quanto isola, la città-stato di Singapore deve far tesoro di ogni goccia di acqua piovana e gestire con cura le proprie risorse idriche. Diversi corsi d’acqua attraversano il suo territorio densamente urbanizzato e topograficamente mosso, che conserva soltanto un residuo della sua originaria foresta pluviale, nella parte interna dell’isola. In origine, tutti i fiumi portavano l’acqua piovana direttamente in mare, ma oggi l’acqua piovana viene raccolta e riutilizzata. Sono stati costruiti diversi bacini aperti di acqua potabile per rifornire l’interno e la costa. Il fiume Kallang, il più lungo dell’isola, collega i bacini interni Upper e Lower Peirce con il grande bacino idrico di Marina Barrage, che è stato separato dal mare nel 2008. Insieme al nuovo orientamento della città-stato, con infrastrutture verdi e blu e obiettivi di sostenibilità, è sorto un ripensamento completo anche in relazione ai corpi idrici e agli spazi verdi della città. Ho avuto la fortuna di fare da consulente alla città già nel 2005, contribuendo a elaborare progetti cruciali e ad avviare molte iniziative. Tra queste, la ABC Waters Guideline e la riprogettazione del fiume Kallang. Il fiume attraversa uno spazio verde centrale in un ambiente densamente popolato: il parco Bishan-Ang Mo Kio, oasi vitale nella città, quasi paragonabile al Central Park di New York. Negli anni Settanta, lo specchio d’acqua originale fu trasformato in un canale di cemento con l’unico scopo di deviare l’acqua piovana il più velocemente e direttamente possibile dalla città al mare.

Con il ripristino dei principi dell’ingegneria naturalistica, invece di un canale di cemento monofunzionale ecco un sinuoso fiume seminaturale che forma un habitat completamente nuovo per animali in via di estinzione tra cui uccelli acquatici, insetti rari, libellule e pesci. La biodiversità è aumentata enormemente e oggi diverse famiglie di lontre popolano di nuovo il Kallang. Un elemento chiave per il successo del progetto è stato il ripristino simultaneo del fiume e degli oltre 60 ettari di parco, riprogettati in modo molto sensibile e accurato: da un lato per tenere conto della dinamica del sistema fluviale con i suoi livelli d’acqua altalenanti e le periodiche inondazioni, e dall’altro per ottenere il maggior beneficio possibile per i visitatori del parco. Il restauro ecologico del fiume è stato arricchito e completato da tre parchi d'avventura, nuovi ristoranti, una piattaforma panoramica, la cosiddetta «Recycle Hill» – composta esclusivamente da materiale di demolizione del canale – nonché da ampie aree verdi.

Anche in questo caso, premessa alla realizzazione del progetto sono stati alcuni workshop e un intenso lavoro di elaborazione concettuale insieme a tutte le persone coinvolte, compresa la popolazione locale e i residenti nella regione. Senza il pensiero fluido, il progetto di Bishan Ang Mo Kio Park con il restauro del fiume Kallang, acclamato e premiato a livello internazionale, non sarebbe stato possibile. Una chiave per il successo dei progetti sull’acqua è un coinvolgimento più profondo con l'acqua stessa. Ciò implica un alto grado di sensibilità e la capacità di immergersi mentalmente nel mondo dell'acqua e di trarne conclusioni costruttive. È necessario pensare la totalità dei sistemi idrici nella loro interazione tra passato, presente e futuro. È nella consapevolezza di questi tre elementi che risiede il successo: nella comprensione del tempo e dello spazio passati fino allo stato odierno, nell’analisi del contesto attuale e in una visione delle possibilità future che sia coraggiosa e di ampio respiro. Chi si immerge in questo flusso sarà in grado di impostare il discorso sull’acqua nei giusti termini, per concretizzare un futuro resiliente, che si adatti al clima e sia più sano, in senso rigenerativo. Quel futuro a cui oggi tanto aneliamo.

Versione originale in tedesco

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