La rig­e­ne­ra­zio­ne ur­ba­na dell’area dell’ex Ho­tel Pa­lace

Il LAC è l’opera pubblica più importante della storia di Lugano e forse anche quella che ha modificato in modo più rilevante il paesaggio urbano. Non stupisce, quindi, che critiche e discussioni sul LAC infervorino ogni incontro locale.

Publikationsdatum
11-08-2015
Revision
12-10-2015

Il LAC trasforma il paesaggio di Lugano

Alle critiche e discussioni sul LAC vogliamo aggiungere il nostro contributo di riflessione, che cerchiamo di focalizzare sui temi che ci competono, quelli della costruzione – dell’architettura e dell’ingegneria – e quelli dell’urbanistica – della relazione della costruzione con il contesto urbano e territoriale. È solo l’inizio di una riflessione che è destinata a continuare perché l’architettura va misurata quando è in funzione, quando gli uomini ne abitano gli spazi, altrimenti è come criticare una pièce teatrale dopo avervi assistito senza la partecipazione del pubblico.

Vogliamo, comunque, anteporre a ogni riflessione la considerazione del merito di una città di 30.000 abitanti – perché tale era Lugano quando iniziò il percorso politico–amministrativo del LAC – di avere investito quasi 200 milioni di Franchi in un nuovo luogo per l’arte e per la cultura. È il merito di avere capito che si tratta di un investimento che rende molto, in termini di civiltà, di cosmopolitismo, di apertura verso altri mondi e altre culture.

A seguito del referendum popolare che confermò l’orientamento di conservare i fronti verso il lago dell’immobile che ospitava l’Hotel Palace, la città bandì il Concorso di progettazione concluso, nel 2002, con l’aggiudicazione del primo premio a Ivano Gianola. Da allora sono trascorsi 13 anni di procedure, di sospensioni, di qualche ripensamento, e anche di conflitti, una storia complessa e interessante, che ci sembra utile accennare, perché anch’essa è una chiave di lettura dell’opera. Se è vero, infatti, che in ultima analisi ciò che rimane è l’opera, a prescindere dalle vicende che l’hanno generata, è altrettanto vero che chi si pone – come noi – l’obiettivo di indagare le ragioni delle scelte, può trovare motivazioni nella conoscenza di quelle medesime vicende. Il recente dialogo, nel suo studio, con Ivano Gianola ci ha offerto tale opportunità.

Il progetto complessivo (perché Gianola ha inizialmente progettato l’intero intervento edilizio – LAC, Palace, restauro del convento, sistemazioni esterne, viabilità) è stato pensato secondo un concetto chiaro: il sito si trova al centro di una croce, con alle spalle la collina verde e davanti il lago, da un lato la città storica e dall’altro la città del ’900. Questa centralità, assunta come concetto generatore del progetto, ha prodotto lo spazio del grande atrio, trasparente e comune a tutte le attività del LAC. Fondale della nuova piazza, il grande atrio è centrale anche rispetto alle altre attività del complesso, quelle private ospitate dietro al fronte dell’ex albergo e quelle ospitate nel convento.

La trasparenza dell’atrio – su questo Gianola insiste con particolare passione – è la materializzazione del concetto di spazio pubblico passante, di un percorso che, dall’alto della collina, scende alla piazzetta alta, attraversa l’atrio e arriva al lago. Un concetto suggestivo (si tratta del percorso più breve, insieme alla scalinata degli Angeli, tra la stazione FFS e il lago), che sarà tuttavia difficile realizzare compiutamente: il percorso pedonale a monte deve essere ancora completato, ma soprattutto sarà difficile gestire lo spazio dell’atrio come passante aperto, permanente. L’auspicio è che il concetto del passante urbano – come nei broletti medioevali – venga apprezzato come plusvalore dell’edificio pubblico ed effettivamente messo in opera.

Anche dal punto di visto impiantistico il concetto era chiaro: lo scavo nella montagna ha prodotto un varco libero, tra la roccia e gli edifici, nel quale concentrare tutta la tecnica e far muovere la grande quantità di aria necessaria alla climatizzazione del grande fabbricato.

L’edificio è configurato da un impianto ortogonale – il cui tracciato è riferito alla navata di S. Maria degli Angeli e al fronte dell’ex Palace – intorno all’atrio, con un braccio che punta verso il lago e ospita il museo, e un braccio parallelo alla riva, che ospita il teatro e contiene verso monte l’ex Palace e il convento. La planivolumetria del complesso persegue l’obiettivo duplice di definire il nuovo spazio pubblico autonomo della piazza, e insieme di costituire una cerniera tra diversi spazi, percorsi e viste. La piazza aperta verso il lago è connessa, al livello inferiore, con gli spazi pedonali che, attraverso il sagrato di S. Maria degli Angeli e via Nassa, collegano il sito con piazza Riforma. Al livello superiore, il porticato libero sotto all’ala del museo apre la vista verso Paradiso e il monte S. Salvatore.

Nelle prime elaborazioni del progetto, lo spazio del piano porticato era ritmato da una doppia serie di pilastri, che poi sono stati sostituiti dai due grandi appoggi rivestiti in marmo rosso, che consentono di liberare la vista verso sud. La volontà di traguardare e includere gli orizzonti dello spazio cittadino è ribadita nella forma appuntita del volume del museo e nelle aperture provocate nel suo involucro di marmo verde: la grande finestra del primo piano guarda verso il centro storico e il Monte Brè, quella del secondo piano è rivolta verso S. Salvatore. L’ambizione, quindi, era di fondare un edificio che fosse legato alla geografia cittadina nel modo più profondo, che facesse parte della città fin dalle sue ragioni topografiche. In questa qualità, perseguita con insistenza, riconosciamo l’architettura di Ivano Gianola, che ha inseguito in tutta la sua opera un particolare legame con i luoghi.

Il volume chiuso della piccola scala, che sbuca sotto al porticato aperto, accostata al primo dei grandi appoggi di marmo rosso, appare certamente come un manufatto aggiunto, estraneo alla chiarezza concettuale del porticato. Si tratta di una via di fuga antincendio dallo spazio al primo piano, destinato a mostre temporanee. Concepita in corso d’opera, la scala sostituisce la via di fuga originariamente concepita nella direzione opposta, verso la montagna. La scelta del Comune, sopravvenuta quando il cantiere era già avanzato, di realizzare uno spazio per la ristorazione all’ultimo piano, ha impedito la soluzione prevista e obbligato a risolverla verso il basso. Consapevole della debolezza della soluzione architettonica realizzata, Ivano Gianola ha programmato un intervento modificativo, che prevede di occultare la scala all’interno di un volume di dimensioni maggiori, destinato a ospitare il magazzino di un piccolo caffè all’aperto, necessario per vitalizzare la piazza.

La dimensione della piazza, proporzionata ai volumi che la delimitano, è l’esito più positivo della ricerca di connessioni dell’architettura con il contesto spaziale. La sistemazione del sito rivela un limite nella rotonda che disimpegna il traffico tra Lungolago, via Adamini e gli ingressi dell’autorimessa: la rotonda è una figura adatta ai larghi spazi periferici e periurbani, e ci sembra estranea alla morfologia di un luogo che ambisce ad essere densamente cittadino. Imposta dal piano viario della città, è sicuramente funzionale, ma rivela il deficit di ricerca che spesso caratterizza i piani di settore redatti da specialisti, non confrontati con le questioni spaziali della città.

Ma è il transito automobilistico che separa la piazza dal lago il problema. Più in generale, è la relazione tra la città e il lago che è diventata difficile e ambigua: dopo il ribaltamento, effettuato alla fine del XVIII secolo, del fronte cittadino con l’invenzione del nuovo paesaggio del Lungolago, il traffico automobilistico ha nuovamente separato la città dal lago. È un tema cruciale dello spazio cittadino. Nell’attesa, prevedibilmente lunga, di una soluzione radicale che riconnetta la città al lago, una misura limitata all’arredo urbano poteva essere quella proposta da Buletti e Fumagalli (autori della pavimentazione del nucleo storico, e della sua estensione davanti a S. Maria degli Angeli), ma poi disattesa, di pavimentare con il medesimo granito della piazza anche la corsia stradale, a indicare l’attesa di una relazione diretta della piazza con la riva.

Meno chiara appare, infine, la relazione dell’edificio con gli spazi a monte in fregio a via Adamini, dove il grande ingresso in rampa ai vani tecnici interrompe la continuità del fronte. L’esigenza di garantire l’accessibilità ai magazzini e alla grande scena teatrale – i mezzi pesanti penetrano tra la montagna e l’edificio e servono direttamente la scena – e la dimensione limitata del sito hanno negato la fattibilità di soluzioni alternative.

Dopo l’alienazione dell’immobile dell’ex Palace – sulla base del progetto iniziale di Gianola – la società acquirente ha scelto di affidare a Camponovo Architetti & Associati lo sviluppo progettuale definitivo dello stesso immobile. L’atteggiamento diverso è evidente, soprattutto nel trattamento del fronte posteriore, rivolto verso il convento e visibile da chi proviene da via Nassa. Il rivestimento in lastre di metallo appare aggressivo rispetto alla scala dell’antico manufatto conventuale e della piccola e preziosa chiesa quattrocentesca. Le prestigiose residenze, che godono di una vista privilegiata, sono ospitate dietro al fronte «storico» dell’ex Palace, tinteggiato con colori pastello. Questo fronte compatto come un contrafforte regge, nella parte laterale alla piazza, la spinta dello spazio pubblico, che sugli altri lati è spalancato verso il lago e verso S. Salvatore. Ci chiediamo se il fronte non avrebbe potuto essere monocromatico e più «duro», come un reperto archeologico inserito in un contesto contemporaneo. Le «mani» diverse sono poi rivelate nei luoghi di contatto con il LAC, oltre che con il convento, soprattutto sul bordo della nuova piazza.

Anche il lavoro progettuale definitivo del restauro del convento non è stato redatto da Gianola, che lo ha affidato a Giraudi e Wettstein, in seguito alla condizione di conflitto che nel corso dei lavori si è verificata con l’Ufficio Tecnico Comunale. Il lavoro di Sandra Giraudi è attento e raffinato nei dettagli. In particolare vogliamo citare il nuovo supporto dell’ultima colonna del chiostro, che confina con il passaggio verso la piazza, risolto con un poderoso monolite di granito.

Il conflitto era motivato dalla difficoltà di comunicazione e di riscontro tra lo studio di Gianola, che sfornava dettagli esecutivi per il cantiere e chiedeva pareri in tempo reale al competente ufficio comunale, e l’ufficio comunale, che dava riscontro in tempi e modi non ritenuti accettabili da Gianola. Di fatto, il divorzio tra architetto e committente ha provocato – come ogni carenza di comunicazione tra soggetti che devono concorrere a un fine comune – qualche criticità all’andamento lineare del cantiere, che Gianola tuttavia ha comunque assiduamente assistito, grazie al mandato conferitogli direttamente dall’impresa esecutrice.

Lo spazio del grande atrio è a tutt’altezza ed è invaso dalla luce che penetra da entrambi i lati. Al suo centro, la scala di beton, collocata parallela alla riva, collega tutti i livelli e consente l’accesso dalla piazzetta sita tra l’edificio e la montagna. In alto, dalla parte del teatro, una seconda scala, di minore larghezza e collocata in perpendicolare, sale in copertura rivelando il materiale diverso di cui è composta. La scelta di prevedere in copertura uno spazio multiuso e per la ristorazione – assunta nel corso dei lavori – ha obbligato alla messa in opera della nuova scala in ferro, staticamente più leggera. Risolta con la sapienza derivante dal lungo mestiere di Gianola, la soluzione appare tuttavia come un artificio costruttivo aggiunto, rispetto al più netto concetto originario.

Alle sale del museo d’arte si accede dagli spazi laterali rispetto al grande atrio, attraverso una sequenza di scale mobili. Al piano interrato è collocata la sede della raccolta permanente, al primo e al secondo piano – nel fabbricato rivestito di marmo verde che punta verso il lago – sono le due sale per le mostre temporanee. Spazi chiari, dalla geometria elementare, che vengono conclusi scenograficamente sul fondo dalla grande finestra affacciata sul paesaggio del lago.

Il teatro-sala da concerti è l’esito di un grande impegno di studio e di ricerca, compiuto da Ivano Gianola e dai suoi collaboratori, insieme ai numerosi specialisti di ogni disciplina. Diversi sono i riferimenti che lo spazio richiama, e prima di tutto il riferimento alle sale di Alvar Aalto, per la geometria della platea e per la morfologia delle balconate generate dalla deformazione delle pareti perimetrali. La grande articolazione dell’impianto – il teatro è forse la tipologia più complessa tra quelle degli spazi pubblici – è dominata da una mano progettuale ferma, rivelata dalla coerenza delle diverse parti tra loro, risultato dell’impegno progettuale che Gianola ha dedicato anche ai dettagli impiantistici. Interamente rivestita di legno, la sala da 1000 posti si avvale di requisiti acustici eccellenti, mentre la scena è dotata di un apparato spaziale e acustico che si può modificare per diverse forme di organico musicale, dall’orchestra sinfonica a quella da camera. L’alta torre scenica appare, integrata nella parete esterna della sala, come grande fondale del secondo chiostro del convento. Completamente cieca e rivestita di lastre di marmo verde, la parete è una visione architettonica potente e un po’ estraniante, di una scala superiore rispetto alla piccola dimensione dei fatti urbani luganesi.

Il LAC, con l’intero nuovo complesso, è un’opera importante, complessa, anche a volte contradditoria, e ci vuole tempo per decifrarne tutti gli aspetti. Come già anticipato, ci sembra poi indispensabile sottoporre a verifica queste riflessioni quando il LAC potrà esprimere le sue capacità relazionali, potenzialmente estese ben oltre i confini nazionali, e la città metterà alla prova la sua capacità di organizzarle. Il nostro auspicio è che la macchina del LAC possa produrre cultura, e non solo importare prodotti culturali già confezionati, in modo da valorizzare le risorse locali.

Dal punto di vista urbanistico, è stata certamente fondata una nuova potenziale centralità. Anche se si tratta di un luogo adiacente al vecchio «centro» della città, si tratta comunque di una indicazione da raccogliere, riferita alle politiche urbanistiche della «grande» Lugano, nella direzione di un necessario policentrismo.

La vicenda del LAC suggerisce, infine, un ultimo tema che Archi si propone di affrontare prossimamente, quello dell’urgenza di iniziare una riflessione sull’aggiornamento delle mansioni e delle responsabilità professionali nei casi di appalto a impresa generale. Lo statuto della direzione lavori e della direzione architettonica – compresa l’indicazione di chi deve esserne il committente – è stato composto al tempo della più tradizionale modalità di appalto separato a più soggetti, mentre oggi la nuova condizione – in altri paesi da lungo tempo dominante – richiede ripensamenti che siano finalizzati a difendere e a valorizzare la conformità della costruzione al livello di qualità del progetto.

 

Area dell'ex Hotel Palace

LAC

Committente Città di Lugano 
Progettisti Team Arch. Ivano Gianola 
Responsabile Arch. Ivano Gianola; Mendrisio
Collaboratori architettura S. Rizzi, M. Scuffi, M. Baldo, G. Battaglia, P. Stoppa, M. Guidicelli, G. Gennaio, R. Toscanelli, F. De Dominicis, O. Medici 
Ingegneria civile Balmelli & Partner Ingegneria SA; Lugano 
Ingegneria elettrotecnica Elettroconsulenze Solcà SA; Mendrisio 
Ingegneria meccanica Tami-Cometta & Associati SA; Lugano 
Progettisti opere preliminari Ing. Gianfranco Dazio SA; Cadenazzo-Lugano 
Capoprogetto Ing. Dazio 
Infrastrutture e strade Ingg. Borlini & Zanini SA; Lugano 
Geotecnica Ingg. Leoni-Gysi-Sartori SA; Sorengo 
Progettisti deposito a lago Ing. Urs Luechinger; Pregassona, Ing. Passera e Pedretti Consulting; Grancia, Graia Srl; Varano Borghi (I)
Progettisti museo, hall, autorimessa 
Ingegneria civile Balmelli & Partner Ingegneria SA, Lugano 
Ingegneria elettrotecnica Elettroconsulenze Solcà SA; Mendrisio 
Ingegneria meccanica Tami-Cometta & Associati SA; Lugano 
Progettisti teatro 
Ingegneria civile Passera e Pedretti Consulting; Grancia, AR & PA Enginreering Sagl; Pregassona 
Ingegneria elettrotecnica Scherler SA; Lugano 
Ingegneria meccanica Visani Rusconi Talleri (VRT) SA; Lugano 
Consulenti 
Acustica Müller-BBM GmbH; Planegg (D) 
Scenotecnica Kunkel Consulting; Bürstadt (D) 
Scenografia Peter Bissegger; Intragna
Fisica della costruzione IFEC Consulenze SA; Rivera 
Antincendio-sicurezza Istituto di Sicurezza, Swissi SA; Massagno 
Circolazione Brugnoli e Gottardi Ingegneri Consulenti SA; Massagno 
Illuminotecnica Consuline Architetti Associati; Milano 
Facciate in vetro-metallo, pietra Renato Conti, Sergio Hofer; Lugano 
Segnaletica CCRZ; Balerna 
Paesaggistica Pandakovic e Associati; Como 
Impresa Generale Project Manager Ing. F. Ricci, Comsa SA; Barcellona 
Date concorso in 3 fasi 2000-2002, progetto 2003-2008, esecuzione opere preliminari 2006-2009, realizzazione 2010-2015

Architettura abitazioni ex Hotel Palace

Camponovo Architetti e Asssociati SA; Breganzona

Architettura ex convento di Santa Maria degli Angeli

Giraudi & Wettstein, Sandra Giraudi; Lugano

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