L’av­ven­tu­ra del­la pas­se­rel­la, gra­do ze­ro più uno dell’ar­chi­tet­tu­ra

Data di pubblicazione
09-08-2023

Questione preliminare

Più di quarant’anni fa in un saggio breve, testo aperto verso l’architettura in Ticino, Diego Peverelli elogiava la passerella.1 La sua laudatio opponeva in modo dialettico la «modestia» del programma e la sua ricchezza sperimentale. In un passato remoto più recente, ho scambiato stimoli e riferimenti con Georges Descombes, asso ginevrino della passerella. Cosciente che elementarità non significa semplicità, vorrei avvicinare una definizione.

La parola passerella esiste nelle lingue di derivazione latina, così passerelle in francese, passarela in portoghese, pasarela in castigliano. Siamo collegati con la radice passus, il passo della persona che cammina. Per trovare un equivalente nelle lingue nordiche dell’Europa, dobbiamo accarezzare una radice presente nel tedesco fuß, nell’inglese foot, nel norvegese fot, nell’olandese voet. Il tutto sembra magari misterioso, come diceva il pianista Thelonious Monk, che suonava anche con i piedi. Secondo l’ipotesi eurocentrica dell’origine comune delle lingue indoeuropee, il podos greco e il fótr islandese sarebbero cugini lontani. Senza doppio senso sessuale. Oggi la gente che cammina incontra anche la bella parola tedesca Steg, che, secondo il dizionario Duden, combina due azioni: camminare e salire. E Steg si può tradurre footbridge in inglese.

È ora di chiudere i dizionari e di lasciare le manipolazioni etimologiche per ritrovare il nostro «grado zero più uno» dell’architettura. Essenzialmente una passerella urbana collega due edifici. Un esempio celebre si costruisce a Venezia, il famigerato Ponte dei Sospiri, tra prigione e tribunale, tragico passaggio verso tortura, opera elegante di un architetto innocente, nato a Lugano. Nella sua eleganza questo arco di pietra sarà copiato nel contesto aristocratico di Cambridge e di Oxford, quando la pura visibilità e l’estetica del pittoresco avranno dimenticato la storia sociale. Per incontrare il modello di un passaggio pedonale coperto dobbiamo visitare a Firenze il corridoio costrui­to da Giorgio Vasari tra gli Uffizi e Palazzo Pitti per il godimento privato di una dinastia locale. Altra domanda: può lo slancio di una trave pedonale unica gettata nel «vuoto» sopra il «pieno» della città raggiungere il tipo elementare della passerella? Se ammettiamo questa definizione centinaia di esempi si presentano per porre altre domande. La prima riguarda l’uso della passerella come strumento dell’architettura pubblica. Architettura pubblica è una nozione che accompagna la Rivoluzione francese e l’affermarsi della soppressione del pedaggio. Sembra logico dunque, guardare a esempi ottocenteschi.

La separazione dei flussi

La costruzione delle ferrovie in Europa, negli Stati Uniti e nei territori delle loro colonie è il risultato dell’iniziativa capitalista. Tutto sembra però avvenire come se il sistema della passerella incontrasse l’incentivo di una passeggiata gratuita sopra i binari. Mi ricordo un esempio degli anni Cinquanta dell’Ottocento alla stazione londinese di Sydenham Hill, dove la domenica arrivavano le famiglie benestanti per visitare il famoso Crystal Palace, ricostruito nella periferia meridionale. La passerella permette di capire la separazione delle persone nella città industriale. La strategia di separazione dei flussi regge in modo «funzionale» – aggettivo ottocentesco coniato in inglese, francese, italiano, neerlandese – l’infrastruttura e la distribuzione dei sistemi che fondano la città moderna. Fogne, acqua potabile, gas, ferrovie metropolitane, coesistono a diversi livelli in condotte separate. La costruzione della viabilità stradale sovrastante permette di coordinare le operazioni in modo razionale, quando l’intelligenza tecnocratica dell’amministrazione politica supera la concorrenza confusa degli interessi privati.

Per illustrare la confusione mercantile provocata proprio da questi ultimi nella distribuzione dei flussi, vorrei portare avanti l’esempio dell’aeroporto che, secondo l’analisi ambidestra di Rem Koolhaas è o troppo grande o troppo piccolo. Infatti, gli aeroporti sono oggi la scena tragicomica della passerella. Il labirinto ortogonale delle «barriere retrattili per il controllo della folla e la coda»,2 al momento disgrazioso del check-in e dell’imbarco. Come in un film di Jacques Tati, osserviamo la lite per la precedenza, il dosaggio dei privilegi, l’astuzia dell’imbroglio. Perché questa digressione nella trivialità? Perché vorrei rafforzare l’utopia della passerella, strumento sociale d’incontro avventuroso.

Conclusione

Dove ci porta il nostro itinerario pedestre? Verso l’apologia della passerella, artificio elementare e difficile? Sarebbe la passerella uno dei luoghi della sociabilità e dell’incontro casuale? Una specie di ascensore senza gabbia? Un itinerario poetico che porta verso la necessità sociale di (ri)scoprire ogni lunedì mattina l’acqua fresca dell’architettura?

Ho scartato l’uso della passerella come attrazione turistica, quando la passeggiata conduce a situazioni vertiginose. Quando il tuo cane rifiuta di seguirti perché cerchi di contornare il pedaggio atavico della caduta di Icaro. Quando ti viene una scossa elettrica nella zona pelvica. L’ascesa delle vertigini a scopo turistico sopra gli incidenti geografici e le metropoli viste dall’altezza delle torri d’osservazione, non fa parte di questo numero di Archi.

Alla fine, cosa rimane? Forse la voglia di testare furtivamente la nozione di «utilità pubblica» in un contesto sociale dove predomina l’alienazione consumistica? Oppure l’inclinazione a presentare l’architettura come un’avventura misurata senza tilt né levitazione.

Note

 

1. Diego Peverelli, Solution technique-Proposition architecturale, ARCHI-BREF, «Bulletin d’information», EAUG, 1981, n. 29, pp. 1-3. Esempi di Aurelio Galfetti a Bellinzona e di Mario Botta a Riva San Vitale. Inoltre, Galfetti Associati, Restaurare un luogo, Il bagno pubblico di Bellinzona, «Archi», 2023, n. 2, pp. 38-43.

 

2. https://www.vevor.it/colonnine-segnapercorso-c_10268/vevor-set-di-6-pezzi-barriere-retrattili-per-il-controllo-della-folla-e-la-coda-p_010791229763

 

3. Richard Quincero, Pâquis-Centre, libricino pubblicato dalla Ville de Genève, 1995 (monografia esemplare). PDF: geneve.ch/fr/publication/paquis-centre-renovation-urbaine-brochure. «Werk, bauen+wohnen», 2023, n. 4, p. 29.

 

4. Bernard Tschumi Architects http://www.tschumi.com ’ projects

 

5. https://www.vd.ch/construction/batiments

 

6. Passerelle Basel SBB, SBB Projektmanagement, Olten, 2003. Quaderno notevole per quantità e qualità dell’informazione.

 

7. Lutz Windhöfel, Architekturführer Basel 1980-2004, Birkhäuser, Basel 2004, pp. 41-42.

 

8. «TEC 21», Schweizerische Bauzeitung, 2014, nn. 3-4, Neubau Messe Basel, testi di Judit Solt, Tina Cieslik, Martin Tschanz, Markus Schmid, Clementine van Rooden, Jörg Kasburg e Ralf Schnetgöcke. Quaderno monografico esemplare per quantità e qualità dell’informazione, documentazione iconografica di prima mano, nell’ottimismo di una Baumesse perpetua.

 

9. Op.cit., p. 71, rif. testo di Tina Cieslik.