La te­sti­mo­nian­za di Ivo Trüm­py

Data di pubblicazione
25-08-2022

Recarsi alla Corte degli architetti di Riva San Vitale è una forma di pellegrinaggio. Un percorso che inizia dalla stazione e che permette di osservare, cammin facendo, opere di architettura che hanno influenzato Flora Ruchat-Roncati o che da lei, e dai suoi compagni di viaggio, sono state realizzate. È un cammino verso una pagina della storia dell'architettura ticinese racchiusa in questo borgo e in un luogo, la Corte degli architetti appunto. Se lo scritto di Anna Ruchat pubblicato in questo numero permette di respirare l'aria di quel luogo e quello di Annalisa Viati Navone ne definisce con precisione temi architettonici e progetto, lo scambio avuto con Ivo Trümpy ha permesso di evidenziare alcuni argomenti che possono essere un corollario alla storia di quell'architettura e di quelle architetture.1

Architettura – lavorare con piacere

La passione per l'architettura, per il mestiere, traspare dalle parole di Ivo Trümpy (Ivo), che parla con precisione ed entusiasmo di edifici costruiti ormai da cinquant'anni. Ne emerge una dimensione del lavoro legata anche al piacere di fare e di fare insieme. Una pratica all'interno dell'ufficio che si prolunga attraverso le discussioni e le cene a fine giornata. Ivo ricorda quelle nell'ufficio di Bedano, a cui oltre che Aurelio Galfetti (Lio) e Flora Ruchat-Roncati (Flora), partecipavano Luigi Snozzi, Livio Vacchini e Mario Campi. Agitatissime e in cui dall'architettura si finiva per passare alla politica, altra passione di queste figure, da intendere come impegno civile per la società, e in questo non lontana dal loro modo di fare architettura.2

Costruire – fare bene

Costruire coincide con fare bene nelle parole di Ivo. Un costruire bene condiviso e parte del lavoro quotidiano dell'ufficio di architettura. Un qualità che si raggiunge grazie anche al contributo di tutti gli attori coinvolti nell'edificazione: committenti, specialisti e artigiani. Un risultato frutto del confronto con le architetture dei riferimenti, dei maestri, e della volontà di raggiungere gli stessi livelli di fattura se non di sorpassarli. Una conoscenza diretta delle opere di architettura, acquisita grazie a viaggi e visite, anche lontani, come il viaggio che Ivo compie nel 1968 negli Stati Uniti per visitare tra le altre, le realizzazioni di Frank Lloyd Wright, deceduto nove anni prima.

L'opera di un maestro – interpretazione

L'oeuvre complète di Le Corbusier era il riferimento a cui Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati e Ivo Trümpy attingevano per trarre ispirazione. Una conoscenza non solo letteraria, ma fisica dell'opera dell'architetto, nutrita da innumerevoli viaggi fatti da Ivo e Lio. Flora aveva anch'essa visitato molti degli edifici. Nelle opere del trio il riferimento spazia dai principi di composizione, primo fra tutti il Modulor, che gli architetti impiegano ogni volta che è possibile, in qualità di riferimento antropometrico e modulo, a quelli costruttivi, con le volte catalane delle Maisons Jaoul impiegate in due asili. In particolare gli aspetti costruttivi, sono quelli che necessitano approfondimenti e scambi (a volte quasi scontri) sia con gli ingegneri sia con le imprese. In un rapporto dialettico tra architetti, ingegneri civili e costruttori volto a migliorare l'opera costruita. Oltre a Le Corbusier, l'attualità dell'architettura svizzera e di quella internazionale, sono conosciute e anche dibattute con le colleghe e i colleghi.

Il calcestruzzo armato faccia a vista – alla ricerca del béton brut

Al riferimento continuo all'opera di Le Corbusier è anche legato l'approccio materico di questo maestro. In particolare gli edifici in calcestruzzo armato, come le Unités d'habitation, in particolare quella di Marsiglia, e il Couvent de la Tourette, dove Le Corbusier definisce i principi di una poetica del béton brut. Nella prima tappa delle Scuole di Riva San Vitale, Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati e Ivo Trümpy richiedono all'impresa di costruzione di realizzare un calcestruzzo armato faccia a vista, con un cassero con fodere grezze, che possa riprodurre quello del maestro. Questa operazione, come testimonia Ivo, non era una richiesta banale, bensì necessitò di molte discussioni con l'impresario che alla fine accettò queste richieste. A tale proposito, nella seconda tappa, l'impresa di costruzione impose un cassero con pannelli. I progettisti non riuscirono in questo modo a ottenere la stessa finitura della tappa precedente. Mentre nella palestra, gli architetti decisero di utilizzare un materiale per l'epoca innovativo, il calcestruzzo con aggregati alleggeriti in argilla espansa (Leca). Questo prodotto permetteva di raggiungere l'ideale della muratura omogenea con funzione di isolante termico. Inoltre, lo stesso materiale era impiegato in quel periodo dall'architetto Giancarlo Durisch per la costruzione della sua casa-atelier a Riva San Vitale (1973-1974), ai limiti del giardino della Corte dell'Inglese. Visti i riferimenti costanti all'opera di Le Corbusier, il calcestruzzo armato risultava essere il materiale da costruzione. Importanti, a questo proposito, anche la conoscenza diretta di architetti ticinesi quali Rino Tami e Sergio Pagnamenta, che avevano eletto il calcestruzzo armato faccia a vista quale proprio materiale da costruzione.

Il cantiere – il trait d'union

Il cantiere, durante l'operato dello studio Galfetti, Ruchat-Roncati e Trümpy, diventa sia per interesse sia per formazione, l'ambito quasi esclusivo di Ivo. Se le fasi di progettazione avvenivano in modo collettivo, la realizzazione delle opere è nelle sue mani. Ivo fa da trait d'union tra l'ufficio di Bedano, e i cantieri di Bellinzona e Riva San Vitale. Ironizzando, ricorda che fu obbligato ad acquistare una veloce vettura sportiva tedesca per ridurre i tempi di spostamento. Le eventuali modifiche da apportare in corso d'opera, che emergevano durante le riunioni di cantiere e le visite, erano riportate in ufficio e discusse dai progettisti. Modificati i piani esecutivi, ritornavano in cantiere. Queste qualità e competenze permetteranno in seguito a Ivo Trümpy di insegnare alla Scuola Tecnica Superiore di Lugano-Trevano e all'ETH di Zurigo Tecnica della costruzione.

Generosità – un valore umano e architettonico

La generosità traspare dalle parole di Ivo, sia che ricordi la figura di Flora sia che parli delle loro architetture. Generose le aule della Scuola di Riva San Vitale, per rispondere all'incitazione di dare più spazio ai bambini, come generosi sono gli spazi esterni della Corte dell'Inglese e del giardino, luoghi per favorire l'incontro e lo scambio così come la festa. Generosa Flora che faceva dell'accoglienza a Riva San Vitale (definita come casa, secondo il ricordo di Ivo) un valore che trasponeva nella quotidianità. Questa generosità che si traduceva anche nel valore della compagnia, dello stare insieme. Così l'ultimo ricordo dell'amica e collega Flora Ruchat-Roncati, una cena al grotto in compagnia dell'architetto Edy Quaglia, che l'aveva invitata a partecipare alle critiche di fine semestre del suo atelier di progettazione presso l'Accademia di architettura di Mendrisio.

Riva San Vitale – la corte

Ivo Trümpy conosce Riva San Vitale durante i sopralluoghi effettuati in fase di concorso delle scuole. Approfondirà il rapporto con questo borgo grazie alla direzione lavori della prima tappa di questa opera. Approderà definitivamente in questo luogo nel 1970, quando insieme a Flora, lascia l'ufficio di Bedano per spostarlo a Riva San Vitale, nella Corte dell'Inglese. Quest'ultima, di proprietà di Flora, è oggetto di un progetto che Ivo definisce di riordino. Diventerà da quel momento un luogo di riferimento per una comunità di architetti, e non solo. La corte e Flora, nei suoi ricordi, si confondono per così dire. Flora era l'anima della corte, un luogo di scambio e di attività. Un ricordo in particolare: «il sabato mattina, quando Flora rientrava da Zurigo, entrava nella corte in automobile, suonando il clacson, e con la spesa per preparare il pranzo per tutti». Riti e quotidianità si confondono.

Non vi è epilogo in questa storia perché varcando la soglia della corte, attraversandola, si entra nella storia e le architetture prodotte, gli edifici, sopravvivono a testimonianza della qualità con la quale sono stati progettati e costruiti.

Note

 

1 Questo testo è il frutto della trasposizione di una discussione avuta con l'architetto Ivo Trümpy presso la Corte degli architetti in via dell'Inglese a Riva San Vitale, mercoledì 31 marzo 2022, giorno dal tempo meteorologico cangiante, a inizio pomeriggio. Non vuole essere una testimonianza nel senso legale del termine quanto piuttosto una reminiscenza di temi, persone, fatti che ruotano attorno ad alcuni argomenti che saranno evidenziati nella narrazione. Temi che riguardano Riva e Flora, le architetture realizzate dal sodalizio Galfetti - Ruchat-Roncati - Trümpy, ma non solo. Ricordi di viaggi e di compagni di viaggio. Ringrazio Ivo Trümpy per il tempo e la gentilezza con le quali mi ha accolto e ha risposto alle mie domande.

 

2 Questo clima politico e culturale rimanda a quanto ricordato da Pietro Martinelli, che cita alcuni dei protagonisti ricordati anche da Trümpy. Si veda: R. Antonini (a cura di), Pietro Martinelli. Le battaglie di una vita, Edizioni Casagrande, Bellinzona 2021.