I vent'anni di Ar­chi e la tra­di­zione del nuovo

«Vi è una sorta di complicità tra il musicista e l’architetto, tra chi compone lavorando con la materia più immateriale e più leggera che esista, cioè il suono, e chi invece costruisce. C’è complicità e c’è anche una sorta di affettuosa invidia dell’intellettuale, del poeta, del musicista verso il costruttore e viceversa; il costruttore che lavora con una materia così pesante, infatti, quasi invidia il materiale con cui lavora il musicista. Quando poi l’architetto ama la musica ed il musicista ama l’architettura, evidentemente la cosa è fatta».

Renzo Piano, 2014

Date de publication
09-04-2018
Revision
09-04-2018

Architettura e musica: due discipline che, condividendo come principio generatore la propria struttura geometrico-matematica, riaffermano in questa occasione un legame indissolubile, particolarmente propizio per festeggiare il ventennale della fondazione di Archi. Questo anniversario è dunque un evento opportuno per rivendicare i suoi connotati fondativi identificati nella tutela dello spazio urbano, del territorio e del paesaggio, sottolineando il suo profilo interdisciplinare e il suo ruolo critico nel dibattito culturale della Svizzera italiana.

È anche il momento di prospettare i cambiamenti che, mutatis mutandis, rinnoveranno gradualmente queste pagine, partendo dalla premessa che la missione di Archi continuerà ad essere quella di illustrare criticamente la cultura della costruzione del Canton Ticino nell’ambito più generale della Baukultur elvetica. Quindi, quella di porsi come strumento di riflessione che mira a potenziare le sinergie con la struttura editoriale di Espazium (costituita dalle riviste TEC21, Tracés e dalla piattaforma multimediale espazium.ch).

Riaffermare questa dinamica permetterà ad Archi di sviluppare distinte modalità comunicative in funzione della specificità del mezzo, rivolgendosi contemporaneamente sia agli specialisti che al mondo della formazione e della ricerca (dalla SUPSI all’AAM-USI), aprendo inoltre un varco internazionale verso un vasto pubblico transfrontaliero, interessato a soluzioni abitative compatibili con la sostenibilità urbana e territoriale.

In questo modo, oltre ai contenuti tematici già privilegiati, sull’Architettura, l’Ingegneria e l’Urbanistica, vecchie e nuove rubriche – senza mai abbandonare lo sguardo peculiare di Archi – si occuperanno anche di design, fotografia, arte, musica o letteratura, focalizzando quanto succede nei numerosi appuntamenti di un campo culturale diffuso e molto vitale. È evidente che fare parte di una rete editoriale che copre l’intera Svizzera apre inedite prospettive, mentre la possibilità di avere una casa editrice di riferimento moltiplica le occasioni di realizzazione di nuovi prodotti editoriali, sempre in sintonia con le tematiche più care alla rivista, con gli interessi culturali locali e in diretta collaborazione con le principali istituzioni ticinesi.

Ribadendo la propria autonomia Archi si colloca oggi a fianco della CAT, pronta a portare avanti le battaglie che interessano la qualificazione della professione, la difesa dello statuto del concorso, le questioni che riguardano la densificazione urbana, la sostenibilità ambientale, lo sviluppo delle reti infrastrutturali, le problematiche riguardanti le aggregazioni comunali, la figura dell’auspicato architetto cantonale, il codice deontologico come espressione della dimensione etica e sociale del mestiere.

L’Archi di ieri troverà spazio in un contributo che presenta una selezione dei tanti autori che, oltre al direttore e ai diversi redattori, si sono succeduti nel corso del tempo. Sono loro i veri costruttori dei contenuti della rivista nei due decenni trascorsi e quindi tramite i loro stessi brani si potrà delineare un accenno fugace – per quanto arbitrario e non esaustivo – alla molteplicità di interessi che l’hanno sempre contraddistinta.

L’Archi di oggi invece, riconoscendosi in questa illustre tradizione e consapevole delle difficoltà che dovrà affrontare per portare avanti questa sfida e diventare l’Archi di domani, ha la pretesa di aprire nuovi orizzonti, occupandosi in questo numero degli spazi per la musica con un approccio innovativo e spiccatamente specialistico.

Il significato di questa audace consegna è tutta all’interno della stessa etimologia che fonda questo passaggio cruciale (in latino traditio –onis deriva da tradĕre «trasmettere» ma anche «tradire»). Non a caso anche la stessa «tradizione del moderno» di cui Archi è sempre stata attiva portavoce ci indica la strada: tradire le origini per aprirsi al nuovo. Un apparente ossimoro che costituisce una precisa dichiarazione programmatica.

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