Dia­rio dell'ar­chi­tetto, di­cembre 2015

Di gallerie autostradali e AlpTransit e dintorni

Tutto si intreccia: A2-A13, AlpTransit, Bellinzona, stazioni Tilo, strade cantonali.

Date de publication
23-12-2015
Revision
23-12-2015

1. La strada A2-A13

Il 2015 si chiude con due decisioni curiose, e con altrettante curiose reazioni. Leggo sui giornali che da un lato la Confederazione per collegare il Bellinzonese con il Locarnese ha scelto la variante della strada in galleria, e d’altro lato il Dipartimento del Territorio ha deciso di investire un po’ di milioni di franchi per aggiungere qualche corsia in alcune tratte della strada esistente. Due scelte opposte: l’una che «salta» via l’esistente e sbatte tutto in galleria, l’altra che invece ne modifica e ottimizza alcuni tratti. Curioso no? Ma anche le reazioni sono curiose. Tutti a giubilare la Confederazione che decide per la soluzione in galleria, promette la bellezza di 2 miliardi, mette in salvo territorio e paesaggi. E tutti contenti perché nel frattempo il Cantone interviene sulla strada esistente. Già. Io però mi faccio alcune domande: quando la Confederazione scucirà quell’enorme quantità di soldi per – parliamoci chiaro – un pezzetto di autostrada a fondo cieco, che ovviamente non può essere realizzata a tappe? Come sarà gestita in parallelo la crescente inevitabile urbanizzazione della piana tra Sant’Antonino e Cadenazzo e Cadepezzo, con il relativo traffico viario? Una simile galleria non è anche l’invito a un’ulteriore massa di traffico tra Italia e Svizzera, TIR compresi? 

La mia impressione è che la decisione della Confederazione sia un po’ troppo facile, un po’ pilatesca. Vi facciamo la galleria, vedremo poi quando troveremo i soldi. Mah. Rimango dell’idea che l’unica soluzione concreta sia ben altra: di ristrutturare pezzo dopo pezzo la strada esistente, come da anni da più parti si afferma. Una strada di scorrimento veloce con due corsie centrali, due corsie laterali sui due lati per le «strade di quartiere» e per le preselezioni, con cavalcavia di attraversamento per il traffico locale e gli incroci. Tre sono i vantaggi. Primo: Cadenazzo a parte, lungo questa strada vi sono contenuti di tipo commerciale o produttivo funzionali alla strada esistente, e che ne determinano una buona parte del traffico odierno; secondo: gli interventi possono essere programmati a tappe e gli investimenti su diversi anni; terzo: un simile progetto deve – condizione fondamentale – essere affiancato da una riflessione urbanistica, tradursi in un progetto capace di ordinare l’esistente, di indirizzare il futuro sviluppo e di salvaguardare gli straordinari valori del Piano di Magadino.1 Altro che galleria, con quei 2 miliardi che la Confederazione sta mettendo nel salvadanaio e scucirà – forse – chissà quando. Ceralacca permettendo.

2. AlpTransit, Bellinzona

Quando si conobbe il progetto della tratta in Ticino di AlpTransit, il Cantone promosse un Gruppo di riflessione (formato dall’architetto Aurelio Galfetti, dal pianificatore Pierino Borella, dagli ingegneri civili Aurelio Muttoni e Giuseppe Grignoli, dall’economista Remigio Ratti e dallo storico Raffaello Ceschi) che indicò dei correttivi al tracciato e propose diverse soluzioni urbanistiche: a Biasca, in Riviera, nell’attraversamento del Piano di Magadino – in particolare nei pressi di Monte Carasso e all’ingresso della galleria del Ceneri. Con la proposta di una Stazione Ticino a Camorino, all’incrocio tra AlpTransit e la linea per Luino e Locarno. La stazione della Città Ticino.

Questo allora. Oggi AlpTransit è praticamente fatta. Fatta bene, anzi molto bene là dove è stata realizzata. Ma c’è una trappola: non viene realizzata – se non tra molti decenni – la tratta in galleria che dal sud di Biasca, in zona Giustizia, raggiunge il Piano di Magadino e attraversa il Piano di Magadino da Monte Carasso a Camorino. Senza questa galleria tutto il traffico ferroviario si concentrerà quindi attraverso la città di Bellinzona. Ho provato, un po’ alla buona, a contare i treni che l’attraverseranno ogni ora, e mi sono spaventato: un convoglio AlpTransit verso sud e un altro verso nord; un paio di treni Tilo verso il Gambarogno e altrettanti verso nord; un paio di treni Tilo verso Locarno e altrettanti verso nord; un paio di treni Tilo verso Lugano e altrettanti verso nord; convogli di treni merci verso Gambarogno e Luino e altrettanti verso nord; convogli di treni merci verso Lugano e Chiasso e altrettanti verso nord. Se ho fatto bene i calcoli (non conosco le cadenze previste) si tratta di circa 18 treni ogni ora: uno ogni 3 minuti. Treni ben più lunghi degli attuali, oltretutto.

Le ferrovie si stanno preparando: con la realizzazione di una nuova Stazione, con l’ampliamento delle gallerie esistenti, con la costruzione di un terzo binario e immagino con la realizzazione di enormi pareti foniche. Bellinzona sembra felice perché col terzo binario può aggiungere una fermata Tilo in zona piazza Indipendenza. Ma per il resto, la città sa cosa le sta capitando, o rimane passiva a guardare... il treno che passa? Io spero – se già non è troppo tardi – che non ripeta gli errori di Mendrisio, che non ha modificato di una virgola il proprio piano regolatore davanti al costruendo sfacelo territoriale del nuovo svincolo autostradale. Qui un altro tipo di sfacelo è in arrivo. E allora su, come quando alla fine dell’Ottocento fu costruita la ferrovia: si abbia il coraggio in quei luoghi di ridisegnare la città. Non costruire inutili e inevitabilmente insulse pareti foniche, ma ideare un progetto e un pr – senza i tempi biblici usuali – per (ri)costruire la città lungo il tracciato ferroviario che l’attraversa. Che la negatività della ferrovia si traduca nella positività di una leva capace di sollevare e pensare nuovi interventi dentro l’urbano, in grado di «chiudere» il rumore dei treni, capaci di conferire qualità, e anche di creare nuovi luoghi e spazi: edifici, parchi e aree verdi e quant’altro dalla galleria di Svitto fino a Giubiasco.

3. AlpTransit, territorio, la stazioni Tilo

È l’apertura della nuova galleria del Ceneri che costituirà il giro di boa per il trasporto ferroviario in Ticino, dove Lugano e Bellinzona saranno collegate in 12 minuti, Lugano e Locarno in 22 minuti, Chiasso e Biasca in meno di un’ora. E sarà allora che prenderà veramente forma la Città Ticino – almeno sul piano funzionale. Indifferentemente dal posto in cui si abita, si potrà lavorare ovunque. Il treno Tilo sarà la metropolitana di questa «nuova» città. Ma allora, la collocazione delle stazioni Tilo sarà strategica per il prevedibile sviluppo urbano dei luoghi in cui sono previste. E gli auspici sono: primo, che l’ubicazione delle stazioni non sia determinata solo da motivi di tecnica ferroviaria o di convenienza (ingrandire quelle esistenti); secondo, che sia invece accompagnata da una riflessione progettuale sul territorio, sia delle aree circostanti – luoghi di vendita, quartieri d’abitazione e uffici, e architetture e spazi d’incontro e aree verdi – e sia dei collegamenti con i nuclei esistenti dentro un’adeguata rete di percorsi viari, ciclabili, pedonali.

4. Strade cantonali e strade di città

Se percorro la strada tra Giubiasco e Bellinzona, o quella tra Cugnasco e Riazzino, tra Gudo e Progero, tra Lamone e Cadempino e Vezia, oppure tra Magliaso e Caslano, o tra Maroggia e Melano e più giù da Mendrisio a Balerna e poi Chiasso, sto viaggiando su una strada cantonale. Lo scenario urbano che si attraversa è desolante.

Queste strade che attraversano il Cantone e collegano città e borghi e villaggi sono definite nella Legge sulle strade cantonali del marzo 1983 (modificata nel 2006) il cui art. 4 precisa: «Il Cantone provvede alla costruzione, alla sistemazione e alla manutenzione delle strade d’importanza generale, come le strade che collegano i grandi poli di traffico, quelle che assicurano i più importanti collegamenti interregionali e regionali e quelle che garantiscono il collegamento dell’abitato principale di un Comune col resto della rete viaria cantonale». Già, solo che oggi queste strade cosiddette cantonali non sono più di collegamento, ma sono dentro. Dentro l’abitato sfilacciato che si snoda ininterrotto da nord a sud, da Biasca a Chiasso. Non è solo un problema di terminologia: perché con le normative cui devono sottostare le strade cantonali, dettate soprattutto dalla sicurezza di automobilisti e ciclisti e pedoni, ne consegue la larghezza delle carreggiate, la posa di guardrail, la realizzazione di misure di protezione, le norme sulle distanze degli edifici, le larghezze dei marciapiedi, e molto altro. 

Impossibile disegnare una strada urbana di qualità. Ma poiché in realtà dentro la città diffusa queste strade non collegano più nulla – ma attraversano gli abitati – siano allora disegnate con ben altri criteri, ben diversi da quelli della sicurezza.

Certo, è giusto anzi giustissimo occuparsi del disegno e della cura e della pedonalizzazione dei centri storici: ma oggi la città non è solo condensata in questi centri, non si è solo espansa nelle periferie, inizia già là lontano, dove incontra l’altra, di città. E oggi è proprio anche con questo tipo di strade che si dovrebbe disegnare quella Città Ticino che il Cantone assume come linea-guida nel suo piano direttore. Perché è proprio la strada – lo insegna la storia – che determina le regole della crescita di una città. ne disegna lo spazio pubblico, le conferisce qualità e continuità e coerenza. 

Tutto si intreccia: A2-A13, AlpTransit, Bellinzona, stazioni Tilo, strade cantonali

La parola più ricorrente che ho scritto è Città Ticino. L’ho fatto volutamente per due ragioni.

Primo. Ovunque si legge che il territorio e il paesaggio del Cantone Ticino è diventato un disastro. Addirittura, per il Blick e i vari Enti turistici cantonali e nostrani è il vero colpevole dell’attuale crisi del turismo. A me pare un paravento per nascondere in realtà ben altri problemi del turismo nostrano. Sembra di tornare ai tempi dei boccalini e delle zoccolette, si vuole anche il paesaggio agreste del tempo che fu. Certo, è indubbio che di scempi ne siano stati fatti, e molti. Ma occorre anche riconoscere che dal 1959 – quando fu pubblicato il primo numero del Blick – a oggi, la popolazione del Ticino è aumentata da 195’000 a 350’000 abitanti. E poiché da qualche parte bisognava pur metterli, è ovvio che il paesaggio sia profondamente cambiato.

Secondo. Già nella prima pagina introduttiva, il piano direttore cantonale afferma: «Il progetto territoriale proposto dal nuovo PD è la “Città-Ticino” ... un Ticino come un’unica città, caratterizzata da aree verdi e naturali, da quartieri multifunzionali e specializzati, da un centro degli affari e dei commerci, da una sede amministrativa, da zone produttive, e da spazi per proposte artistiche e culturali». E allora che il Cantone, diamine, faccia un po’ di pubblicità di se stesso, faccia vedere se e come sta mettendo in pratica questo progetto, quali le idee e le realizzazioni, lo pubblicizzi e lo trasformi in uno slogan all’indirizzo della popolazione ripetuto a iosa finché entrerà anche nelle orecchie dei politici locali e non, degli amministratori e dei pianificatori. E degli architetti.

Note
1.    È del resto l’idea alla base del progetto «La strada del Piano», elaborato tempo fa dalla FAS Ticino.

Magazine

Sur ce sujet