Di mo­bi­lità e im­mo­bi­lità

Finalmente è arrivato il quaderno tecnico SIA 2060 «Infrastruttura per veicoli elettrici negli edifici». Nell’intervista che segue Jules Pikali, a capo del gruppo di lavoro SIA 2060, ci rivela il perché di questa pubblicazione, puntualizzando che in realtà le automobili non sono poi tanto «mobili»…

Date de publication
01-10-2020

Susanne Schnell – Signor Pikali, per cominciare le pongo una domanda forse un po’ irritante: perché abbiamo dovuto aspettare così a lungo prima di poter disporre di un quaderno tecnico dedicato alla mobilità elettrica?
Jules Pikali – Il quaderno tecnico SIA 2060 era attesissimo dagli attori coinvolti nella progettazione e nella costruzione, anche da parte del mercato abbiamo percepito una forte pressione. Tutti insomma erano impazienti, e nasce forse da qui la sensazione che si sia dovuto attendere tanto. In realtà non è così, e basta confrontare i tempi di elaborazione di questo testo con quelli di altre norme o quaderni tecnici per rendersene conto e cogliere quanto la commissione abbia lavorato con efficienza.

Anche altre organizzazioni, prime fra tutte Swiss eMobility, hanno già pubblicato delle schede tecniche sull’argomento. In che misura il SIA 2060 si distingue da tali documenti?
Il compito della SIA non è quello di informare o fornire chiarimenti sul tema dell’elettromobilità, bensì di definire le regole su cui poggia l’arte del costruire, e un quaderno tecnico si colloca giusto uno scalino prima di una norma. Quando realizza un nuovo progetto, un architetto o un ingegnere deve potersi affidare a basi solide. In altre parole, il quaderno tecnico serve a chi costruisce per poter fornire alla committenza informazioni professionali e competenti su come sia necessario attrezzare un edificio affinché siano soddisfatti i requisiti posti dalla mobilità elettrica.

Il nuovo quaderno tecnico è dunque pensato appositamente per i progettisti?
Il SIA 2060 serve innanzitutto da base di comprensione comune. Contiene principi a cui committenti, progettisti e costruttori possono fare riferimento. Inoltre, anche la mano pubblica può servirsene per definire le disposizioni valide nell’ambito del rilascio delle licenze edilizie.

A chi è consigliabile una lettura attenta e approfondita di questo documento?
Direi a tutti coloro – committenti, progettisti, architetti o pianificatori elettricisti – che si vedono impegnati in un progetto di nuova costruzione o di tra­sformazione che prevede l’installazione di una stazione di ricarica per più di due o tre auto elettriche. Per loro la lettura è un «must». Chi non si attiene alle raccomandazioni corre infatti il rischio di fare investimenti sbagliati e di vedere solo in seguito i propri errori, a progetto concluso. Tale rischio non concerne soltanto gli edifici abitativi, bensì anche gli stabili commerciali. Prendiamo l’esempio di un garage con venti posti macchina. Arriva un locatario che desidera posteggiare la propria auto elettrica e installare una stazione di ricarica. L’energia elettrica di riserva potrebbe forse bastare anche per un secondo veicolo, ma a un certo punto si renderà necessaria una gestione del carico. Ecco perché è fondamentale avere sin dall’inizio una visione d’insieme e progettare e costruire tenendone conto.

Il problema concerne tuttavia soprattutto le case plurifamiliari esistenti, non tanto le nuove costruzioni. Pensa che con questo quaderno tecnico si possa risolvere la situazione?
La pubblicazione SIA 2060 è un quaderno tecnico, non una norma. Le disposizioni in esso contenute sono pertanto raccomandazioni. La mobilità elettrica prende sempre più piede; appare dunque sensato, quando si costruisce un nuovo edificio, provvedere all’installazione di posti di ricarica. Per molte delle nuove costruzioni non è però ancora così. Nel caso degli edifici esistenti la situazione è diversa perché l’allacciamento elettrico c’è già. La questione è dunque quella di capire quanti siano i veicoli che possono essere ricaricati. Se l’allacciamento non è sufficiente a coprire il fabbisogno, occorre aumentare la capacità, e il quaderno tecnico fornisce al proposito le necessarie basi di calcolo.
Quando si investe nell’infrastruttura di un edificio si investe sul lungo periodo, tenendo sempre conto di un principio chiave: quello della sostenibilità, per il bene dell’ambiente in cui viviamo, per il bene della nostra economia e della nostra specie.

A proposito di costi: chi sostiene le spese per potenziare l’allacciamento elettrico di un edificio?
I costi sono a carico dell’utenza, ovvero di chi usufruisce dei posti di ricarica o di chi vuole disporre di tale infrastruttura. Poi si potrà discutere in merito alle modalità di pagamento.

Insomma, è un po’ come le lavatrici che vanno a monetine. Ma chi è che si assume i costi per l’installazione dell’infrastruttura?
Spetta al proprietario dello stabile fare questo investimento preliminare. La possibilità di ricaricare il proprio veicolo elettrico direttamente in garage è un plusvalore per il locatario, e l’investimento necessario per offrire tale valore aggiunto può essere compensato mediante l’affitto. Man mano che la mobilità elettrica entrerà a far parte delle nostre vite, come si presume che sia, disporre di una stazione di ricarica presso il proprio domicilio diventerà un criterio fondamentale nella scelta di un’abitazione. Il locatore può anche optare per il contracting, similmente a quanto avviene per l’installazione degli impianti di riscaldamento.

Potrebbe dirci qualcosa di più al proposito?
Con questa formula è il cosiddetto contractor ad assumersi i costi per rinnovare un impianto. Il contractor (ve ne sono già alcuni sul mercato) equipaggia l’edificio con la necessaria infrastruttura, ammortizzando i costi indirettamente.
In realtà potremmo anche chiederci se non spetterebbe forse alla mano pubblica sovvenzionare le stazioni di ricarica, dato che ogni automobilista che opta per l’elettrico contribuisce a diminuire le emissioni di CO2. Di fatto, così come è il caso per le tasse sui combustibili fossili, si potrebbe raggiungere un effetto anche con le tasse sui carburanti. Una parte degli introiti potrebbe dunque essere investita in forma di sovvenzioni, volte a ridurre le emissioni di CO2. Qui tuttavia si tratta di decisioni politiche che noi, in quanto commissione di esperti, non possiamo purtroppo influenzare.

Spesso le stazioni di ricarica sono costruite solo in risposta a una domanda concreta. È un po’ come il serpente che si morde la coda: se manca l’infrastruttura stagna anche la domanda di auto elettriche, e viceversa.
Per spezzare il cerchio è fondamentale che tutti gli attori coinvolti collaborino. È in tal senso che nel 2018 l’Ufficio federale dell’energia (UFE) ha elaborato la cosiddetta «Roadmap mobilità elettrica». Nel documento, i rappresentanti di diversi settori, tra cui quello dell’automobile, dell’elettricità, dell’immobiliare e del parco veicoli, uniti ai rappresentanti della Confederazione, dei Cantoni, delle Città e dei Comuni, si sono impegnati a fornire un proprio contributo affinché, entro il 2022, tra le nuove immatricolazioni la percentuale di veicoli elettrici aumenti del 15%. Anche la SIA, con la pubblicazione di questo quaderno tecnico, si è schierata a favore del raggiungimento di tale obiettivo.

Più sicurezza nella progettazione dell’infrastruttura per veicoli elettrici…
Quando si fa il pieno a un veicolo elettrico cambia radicalmente l’approccio. A livello di velocità è chiaro infatti che una stazione di ricarica non potrà mai competere con una pompa di benzina. L’alimentazione elettrica offre però un vantaggio sostanziale e cioè quello di poter effettuare una ricarica ovunque siamo: a casa, in garage, sul posto di lavoro, purché esista, evidentemente, un allacciamento elettrico. Il secondo aspetto è che, in realtà, le automobili, a guardarle bene, non sono neppure così «mobili». Infatti, sono più che altro stazionate da qualche parte. Sono proprio questi momenti «fermi» che offrono tempo a sufficienza per rifare il pieno di elettricità. Invece di ricaricare il veicolo quando è scarico, lo dovremmo attaccare alla rete ogni volta che lo posteggiamo, a prescindere dallo stato di carica della sua batteria. In altre parole, il veicolo andrebbe ricaricato soltanto per il consumo giornaliero che, in media, non supera quasi mai una distanza di 50 chilometri. Ciò presuppone tuttavia una rete capillare di stazioni di ricarica, disponibili anche all’interno degli edifici. Sul lungo periodo, va detta una cosa: l’elettromobilità non sarà mai una soluzione sostenibile su larga scala e con cui poter soddisfare tutte le esigenze di mobilità.

Perché no?
Oltre al fabbisogno energetico, la mobilità – e mi riferisco qui, in particolare, al traffico motorizzato privato – pone un’altra esigenza non trascurabile: quella dello spazio. Soprattutto nelle città, il posto a disposizione è limitato. Per soddisfare le esigenze in materia di mobilità, ci vogliono anche mezzi di trasporto pubblici e traffico lento. Inoltre, è necessario ridurre tra gli abitanti il bisogno di spostarsi.

Questa stessa asserzione la ritroviamo anche in un articolo pubblicato sul sito della SIA in cui si legge che, tanto dal punto di vista economico quanto ecologico, va data la priorità alla mobilità collettiva e al traffico lento.
Sì, è proprio così e, in veste di ingegneri e architetti, il nostro compito è avere sempre una visione d’insieme.

Quaderno tecnico SIA 2060: Infrastruttura per veicoli elettrici negli edifici

 

Il nuovo quaderno tecnico SIA 2060 fornisce le necessarie linee guida sulle diverse infrastrutture di cui devono essere dotate le nuove costruzioni e le costruzioni esistenti e indica gli aspetti da prendere in considerazione nella progettazione. Esso fornisce altresì le basi su cui poggiano le condizioni quadro che comuni e gestori della rete elettrica sono chiamati a sviluppare. Il quaderno tecnico è disponibile da subito presso lo SIA-Shop.

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