Il ruolo delle fac­ciate so­lari ne­gli edi­fici a zero ener­gia nZEB

Gli edifici sono oggi responsabili del 40% del consumo di energia mondiale, e la domanda potrebbe aumentare del 50% entro il 2050, in risposta all’aumento della popolazione e del potere d’acquisto nelle economie emergenti. Come risolvere questo problema? E come costruire edifici a consumo zero? L’Istituto sostenibilità applicata all’ambiente costruito (ISAAC) della SUPSI ci sta lavorando.

Date de publication
30-09-2020
Francesco Frontini
Professore, Istituto di sostenibilità applicata all'ambiente costruito (ISAAC) SUPSI

L’attività umana – principalmente la combustione di materiali fossili, l’abbattimento delle foreste e lo spreco di acqua – ha causato l’aumento delle temperature medie in tutto il mondo. Gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo di energia e del 36% delle emissioni di CO2 mondiali. Inoltre l’aumento della popolazione, così come la rapida crescita del potere d’acquisto nelle economie emergenti e in molti paesi in via di sviluppo, porta a un aumento sostanziale della domanda di energia negli edifici, che potrebbe aumentare del 50% entro il 2050. Come risolvere questo problema? Ci sta lavorando su vari fronti l’Istituto sostenibilità applicata all’ambiente costruito (ISAAC) del Dipartimento ambiente costruzione e design della SUPSI.

Sono ormai dieci anni e più che sentiamo parlare di edifici a consumo zero Net Zero Energy Building (nZEB), da quando nel 2010 la direttiva europea (EPBD n. 2010/31/UE del 19 maggio 2010) ha formalizzato che tutti gli edifici di nuova costruzione, a partire dal 2020 – 2021, dovranno essere nZEB. Questi sforzi sono intrapresi anche in prospettiva della Strategia energetica svizzera 2050, che prevede una progressiva elettrificazione delle case e della mobilità.

Ma cosa si intende per nZEB e quali sono le tecniche e le soluzioni da adottare per raggiungere questo standard?

Gli edifici nZEB sono edifici in grado di raggiungere un bilancio energetico annuale quasi nullo o addirittura positivo, ovvero di produrre la stessa quantità di energia di cui hanno bisogno per funzionare, o di più, e garantire al contempo il comfort degli occupanti. Come questo processo si traduce in tecnica e progettazione non è scontato.

Le tecniche da utilizzare variano molto in funzione del clima in cui l’edificio si trova e anche del contesto in cui questo sarà costruito. Diventa cosi fondamentale, in primis, capire quali strategie possono essere utilizzate per minimizzare la domanda energetica e quindi ridurre l’utilizzo di impianti meccanici per il riscaldamento, la ventilazione e il raffrescamento.

Tra questi fattori è fondamentale la disponibilità solare (l’irraggiamento) che rappresenta la risorsa rinnovabile maggiore che abbiamo. Come orientare il nostro edificio e dove posizionare le superfici vetrate per massimizzare i guadagni solari diventa una delle prime scelte che il progettista deve compiere, insieme alla compattezza dei volumi e alla scelta dei materiali. Ma il calore solare deve essere captato il più possibile in inverno e ridotto in estate garantendo sempre un buon livello di illuminazione naturale; diventa quindi fondamentale la scelta delle giuste schermature solari, siano esse esterne alle finestre oppure integrate internamente. A queste tecniche vanno aggiunte soluzioni che garantiscano l’ermeticità dell’involucro, in modo che le dispersioni verso l’esterno siano minime utilizzando in modo appropriato i materiali isolanti per gli elementi opachi e le giuste vetrate e serramenti per le superfici trasparenti.

Con queste strategie è possibile garantire la giusta efficienza del sistema edificio. Ma non è sufficiente.

Per poter alimentare gli impianti e gli elettrodomestici e garantire la giusta ventilazione meccanica abbiamo comunque bisogno di energia. Questa energia, per un edificio nZEB, deve essere fornita da fonti rinnovabili disponibili in sito. Il fotovoltaico offre una grande opportunità e diversi vantaggi se integrato correttamente nell’edificio, sia dal punto di vista tecnologico-impiantistico sia architettonico, andando a sostituire elementi tradizionali dell’involucro con sistemi solari attivi: il fotovoltaico integrato o Building Integrated Photovoltaic (BIPV).

Una facciata non è più solo un elemento passivo che assicura l’impermeabilizzazione, l’isolamento e la ventilazione, ma anche una superficie attiva, in grado di produrre energia rinnovabile per gli edifici nZEB.

Sulla base di questo pensiero, l’ISAAC collabora con le industrie e il sistema politico per sviluppare adeguate tecnologie e giuste direttive per un settore edile più sostenibile.

Per decenni la soluzione migliore è stata quella di collocare l’impianto fotovoltaico sul tetto, orientandolo a sud e utilizzando moduli fotovoltaici convenzionali o moduli in vetro utilizzati come tegole. Ma, a volte, il tetto non è sempre la soluzione migliore, soprattutto per gli edifici a più piani, dove lo spazio sulla copertura non è spesso sufficiente per l’installazione del fotovoltaico. Le facciate opache e trasparenti possono quindi giocare un ruolo importante.

Esistono diverse tecnologie fotovoltaiche che possono essere integrate nei vari sistemi di costruzione, ognuna con caratteristiche diverse a seconda del tipo di cella o del materiale utilizzato. Tra queste, le più diffuse sono la tecnologia monocristallina, quella multicristallina e quella a film sottile (silicio amorfo, CIGS – Diseleniuro di rame indio gallio, CdTe – Telluride di cadmio). L’efficienza varia dal 5% al 21%, fino al 23% per le celle solari ad alta efficienza.

Con queste tecnologie, la gamma dei prodotti BIPV diventa molto ampia, come è possibile vedere dalle soluzioni e dagli esempi proposti dal sito solarchitecture.ch che la SUPSI sta sviluppando insieme al Politecnico di Zurigo e Swissolar, grazie al supporto di SvizzeraEnergia.

La scelta di una tecnologia piuttosto che di un’altra, oltre a definire le prestazioni elettriche del sistema definisce le caratteristiche fisiche e ottiche del modulo scelto. Mentre i moduli cristallini sono sempre stati caratterizzati da un andamento regolare delle celle (la cella fotovoltaica quadrata), i moduli a film sottile garantiscono una superficie più omogenea. Grazie a speciali materiali di rivestimento e/o a particolari tecniche di stampaggio del vetro, è possibile inoltre ottenere sia superfici omogenee colorate, dove la cella fotovoltaica scompare, sia superfici caratterizzate da disegni studiati ad hoc e progettati su misura secondo le esigenze dell’architetto.

Questo è il caso, ad esempio, della progettazione dei moduli sviluppati nell’ambito del progetto europeo Construct PV, al quale la SUPSI ha collaborato con partner europei e un produttore di moduli fotovoltaici in Svizzera. I moduli sfruttano la tecnologia cristallina ad alta efficienza e una speciale tecnica di lavorazione del vetro, chiamata Sand Blasting, che permette di progettare il vetro frontale dei moduli. Alcuni prototipi sono stati realizzati e dimostrati in edifici pilota.

Altre possibilità che stanno diventando sempre più comuni sono l’uso di un filtro di interferenza tra le celle fotovoltaiche e il vetro frontale o la colorazione del vetro frontale per ottenere un colore omogeneo dell’elemento attivo, nascondendo cosi le celle solari. Un esempio è l’edificio con facciata in vetro attivo del condominio in Seewadelstrasse, ad Affoltern am Albis (Canton Zurigo), progettato dallo studio Viriden+Partners in collaborazione con la ditta Ernst Schweizer AG. Diverse altre tecniche si stanno sviluppando; il risultato finale è che non dobbiamo più parlare di integrazione del fotovoltaico nella pelle dell’edificio, ma è proprio la pelle dell’edificio che sta cambiando per ospitare la tecnologia fotovoltaica necessaria a produrre energia rinnovabile.

La sfida più grande che oggi stiamo affrontando è quella di favorire sempre più l’uso di queste tecnologie, non solo in progetti pilota ma su tutti gli edifici, facendo diventare il BIPV (fotovoltaico integrato) un’opportunità anche per gli edifici esistenti che necessitano un risanamento energetico. In questa direzione si sta muovendo la SUPSI, grazie al progetto europeo BIPVBOOST, iniziato a fine 2018 e finanziato dal programma Horizon 2020. L’iniziativa quadriennale si concentra sulla riduzione dei costi dei sistemi BIPV multifunzionali, affrontando l’intero processo edilizio, dalla progettazione preliminare alla gestione e alla manutenzione attraverso:

  1. l’implementazione di un ampio grado di flessibilità e automazione nella produzione dei moduli BIPV;
  2. lo sviluppo di una gamma di moduli vetro-vetro multifunzionali, competitivi in termini di costi, in grado di soddisfare le richieste del mercato attraverso innovazioni nei materiali e nei processi;
  3. l’implementazione di nuove soluzioni multifunzionali per i rivestimenti degli edifici, proponendo sottostrutture e procedure di montaggio semplificate e integrazione con l’isolamento termico;
  4. definizione di un processo di qualificazione che semplifichi il quadro di standardizzazione, grazie agli sviluppi coordinati dal PVLab della SUPSI (l’unico laboratorio svizzero accreditato ISO 17025 per le prove sui moduli fotovoltaici).

Oltre ai prodotti, l’innovazione di processo è essenziale anche per affrontare e superare la frammentazione del settore edile. Ecco perché BIPVBOOST propone nuove soluzioni digitali e data-driven per migliorare la collaborazione tra i professionisti lungo tutta la catena del valore, grazie alla gestione delle informazioni sull’edificio (utilizzando la tecnologia del Building Information Modeling) e all’implementazione di un monitoraggio avanzato, nonché alla modellazione e all’analisi dei dati per il rilevamento automatico dei guasti e la manutenzione predittiva nelle operazioni BIPV.

Qui è possibile acquistare Archi 4/2020. Qui si può invece leggere l'editoriale con l'indice del numero.