«Oggi l'uf­fi­cio è sempre più si­mile agli spazi pri­vati»

Intervista a Mauro Solidoro, dell'azienda Sara SA

Com'è cambiato lo spazio lavorativo in tempo di Covid-19? Se già prima della pandemia la digitalizzazione aveva reso possibile trasferire parte delle attività professionali tra le pareti domestiche, con essa questo processo è esploso, portando a profonde trasformazioni dei luoghi di lavoro. Che aspetto avrà, allora, l'ufficio di domani? Ne abbiamo parlato con Mauro Solidoro, direttore generale e commerciale di Sara SA, azienda che progetta arredi per gli spazi professionali.

Date de publication
03-06-2020

Espazium – Con il Covid-19 il telelavoro è cresciuto esponenzialmente, e si prevede che anche a epidemia conclusa si continuerà a praticare l’home office, anche se forse in maniera meno pervasiva. Che effetti avrà tutto questo sulla tipologia dell'ufficio?
Mauro Solidoro – Da qualche tempo l'ufficio non è più quello di 20 o 30 anni fa. È molto più accogliente: prevede spazi conviviali e differenzia al suo interno varie tipologie di locali, come l'accettazione, la sala meeting, la caffetteria, il lounge… Anche nell'ufficio vero e proprio si è iniziato a ricorrere a materiali, tessuti, tappeti che facciano sentire il collaboratore a suo agio e gli trasmettano un senso di accoglienza. Si può quindi dire che l'ufficio sia diventato sempre più simile agli spazi privati: il divano che oggi trovo in un'azienda potrebbe stare anche in una casa, e lo stesso discorso vale per le lampade o il tavolo della caffetteria.
Ci aspettiamo che in futuro nascerà una richiesta per forme di arredo o mini-arredo che i datori di lavoro possano acquistare e mettere a disposizione dei dipendenti per le loro case, così che siano attrezzati per dedicarsi all'home office alcuni giorni alla settimana.

Negli anni Ottanta alcuni designer italiani avevano già iniziato ad elaborare mini-postazioni per il lavoro da casa, sebbene il computer non fosse ancora parte della quotidianità. Oggi questi spunti potrebbero tornare in auge…
Senz'altro. La digitalizzazione già da tempo permette di lavorare da casa. E a chi non è capitato di chiedersi, trovandosi in automobile alle 7 del mattino, se fosse davvero necessario recarsi fisicamente in ufficio?
Se questa crisi ha qualcosa di positivo è sicuramente di portare a riflettere su varie abitudini che ci parevano inalterabili. Oggi, ad esempio, per me in quanto direttore di un'azienda è perfettamente accettabile che un collaboratore lavori da casa qualche giorno a settimana. Ciò gli permette di evitare di trascorrere ogni giorno ore imbottigliato nel traffico, con l'efficienza che si azzera e con un impatto ecologico disastroso. Naturalmente però si pone la questione della fiducia… E poi è necessario che il datore di lavoro metta a disposizione dei dipendenti un'infrastruttura digitale funzionante.
Si impone quindi un ripensamento generale del mondo del lavoro, che si rapporta anche a una questione generazionale.

A livello di progettazione, voi di Sara come vi siete confrontati con le problematiche sollevate dal virus, e in particolare con l'emersione del telelavoro?
Smart working
home officeopen spaceco-working: tutte belle parole introdotte – anche per influsso della digitalizzazione – dai nostri amici angloamericani, che sono avanti di qualche annetto nell'interpretare il mondo del lavoro. Per noi come azienda tutto questo è sempre stato un tema che abbiamo fortemente promosso, ma con poco successo. Forse per abitudine, forse per la poca flessibilità di alcuni datori di lavoro, forse per altri motivi, soltanto con la crisi Covid le grandi aziende hanno imboccato la via del telelavoro, lasciando a casa da un giorno all'altro centinaia di collaboratori. Così tutto quello che nel nostro mondo dell'arredo per ufficio era stato predicato per anni da un giorno all'altro è successo. 
A quel punto ci siamo detti: cosa vuol dire se tutti lavoriamo da casa, chi dal tavolo di cucina, chi dal salotto, chi da una camera? Subito abbiamo ideato un mini-mobilio per l'home office. E per chi torna sul posto di lavoro abbiamo invece pensato a come mantenere le distanze. Allora coi nostri partner ci siamo catapultati nell'ideazione di schermi di svariate dimensioni, per poter dare una mano a un'infinità di realtà – dall'ufficio alla reception al ristorante – che devono far fronte alle nuove regole imposte dalle autorità.

«Ci aspettiamo che in futuro nascerà una richiesta per forme di arredo che i datori di lavoro possano acquistare e mettere a disposizione dei dipendenti per le loro case, così che siano attrezzati per dedicarsi all'home office»

E come vi siete organizzati in azienda per organizzare il lavoro dei dipendenti durante l'emergenza?
Premetto che a fine febbraio, quando in Ticino del virus si percepiva ancora poco o niente, avevo dovuto recarmi a Milano per lavoro; è stata un'emozione molto forte attraversare una zona del centro solitamente movimentata e non vedere macchine per strada… Questo primo impatto ha fatto sì che al mio ritorno abbiamo subito deciso di mettere a disposizione dei collaboratori disinfettanti, guanti e mascherine, di igienizzare bagni e pavimenti degli uffici tutti i giorni e, da ultimo, di dividere la nostra squadra di produzione in due gruppi, che lavoravano l'uno dalle 6 alle 14 e l'altro dalle 14 alle 22. Tutto questo prima ancora che il Cantone desse delle indicazioni precise. Con la chiusura generale poi anche noi abbiamo iniziato a lavorare da casa. Fortunatamente fino ad oggi non abbiamo riscontrato alcun caso di contagio nella nostra azienda.

Nei progetti in fase di realizzazione nei quali siete coinvolti avete percepito l'influsso del virus? Vi è ad esempio stato chiesto di modificare delle postazioni di lavoro già impostate?
Per ora no. Certo, qualche commessa è stata ritardata per ovvi motivi, ma per il resto non abbiamo avuto contraccolpi o richieste di modifica ai progetti.

Le difficoltà legate al virus stanno orientando le aziende verso l’innovazione; in un contesto industriale limitato come quello ticinese ci sono opportunità per operare in sinergia con altri operatori di rilievo? Può essere l’occasione per rilanciare il «Made in Ticino»?
Bella domanda. Se guardiamo la gamma di prodotti attuale, direi che sicuramente c'è qualcosa che si può fare e qualcosa che è già stato fatto. Ad esempio abbiamo collaborato con la Forbo di Giubiasco (usiamo il loro linoleum per le superfici dei tavoli, acquistati attraverso una grande falegnameria della Svizzera interna), mentre con aziende del Luganese come la Galvolux abbiamo iniziato a riflettere sulle potenzialità di una collaborazione. 
Per chi tenta di guardare al futuro mi sembra giusto e auspicabile, almeno nell'immediato, andare in cerca di nuove collaborazioni orientandosi verso il proprio vicinato.

La cultura della costruzione di fronte all'emergenza Covid-19 – La parola ai professionisti

 

La crisi sanitaria ed economica che stiamo attraversando sta colpendo tutti i settori professionali, tra cui anche l'edilizia. Per valutarne l'impatto sulla cultura della costruzione, Espazium dà la parola ai professionisti del settore affinché testimonino di come hanno riorganizzato il proprio lavoro, di quali difficoltà abbiano incontrato e – poiché ogni crisi rivela i punti di forza ma anche le debolezze di un sistema – condividano con noi i loro pensieri sulla propria professione. Per non dimenticare, e nella speranza che queste testimonianze ci aiutino a riflettere così che, una volta sconfitto il virus, non tutto torni com'era prima.

 

I contributi di questo ciclo sono raccolti nel dossier digitale.

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