The Hero of Doubt: il contributo dimenticato di Ernesto Nathan Rogers
Curato da Roberta Marcaccio, The Hero of Doubt raccoglie gli scritti inediti di Ernesto Nathan Rogers che offrono un ritratto profondo del suo approccio critico all’architettura, fondato sulla continuità storica e sulla responsabilità etica verso la società e l’ambiente.
L'architetto italo-britannico Ernesto Nathan Rogers (1909-1969), figura poliedrica di progettista, editore ed educatore, contribuì in maniera fondamentale all’evoluzione del movimento moderno nel dopoguerra. In particolare Rogers contrastò la netta rottura con la storia difesa dai suoi contemporanei, per i quali la modernità rappresentava un fenomeno epocale, slegato dal passato e immune da critiche.
La carriera di Rogers si distinse per il suo ruolo chiave nel Congrès Internationaux d'Architecture Moderne (CIAM), l'attività professionale con lo studio milanese BBPR e il percorso parallelo nell'insegnamento e nella scrittura. La sua attività didattica si svolse presso prestigiose istituzioni come l'Università di Losanna, l'Haute École d'Architecture di Ginevra, l'Architectural Association – dove istituì il primo programma di scambio proto-Erasmus tra la scuola londinese e il suo studio milanese – UC Berkeley, lo IUAV e il Politecnico di Milano. Durante il decennio alla direzione editoriale di Casabella, la rivista divenne il principale riferimento della cultura architettonica europea, attraverso cui Rogers diffuse le sue idee di«continuità storica» e «preesistenze ambientali», da lui visti come antidoti all’appiattimento del International Style e all’accettazione acritica del progresso tecnologico.
Nonostante questi ruoli di spicco e la sua influenza su figure chiave del dibattito architettonico degli anni Ottanta – tra cui Aldo Rossi, Robert Venturi, Alison e Peter Smithson – Rogers occupa ancora oggi una posizione marginale nella storiografia dell'architettura del Novecento. Per colmare questa lacuna, The Hero of Doubt presenta la prima raccolta ragionata dei suoi scritti in lingua inglese. Il volume curato da Roberta Marcaccio, include anche un saggio critico di Joan Ockman che approfondisce la tendenza di Rogers a pensare in termini generazionali ricordando la sua influenza sui «giovani» che, riunendosi attorno agli Smithson nel gruppo dissidente del Team 10, causarono, suo malgrado, la dissoluzione del CIAM. I testi di Rogers – tradotti da Steve Piccolo – abbracciano un arco temporale di 33 anni e ne tracciano il percorso intellettuale: dall'iniziale adesione al fascismo alla tragica condizione di intellettuale ebreo in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, dalle riflessioni sulla ricostruzione postbellica e la critica dell'edilizia standardizzata britannica, fino alle considerazioni sul ruolo dell'architetto nella società.
La posizione marginale di Rogers nel canone architettonico deriva in parte dal suo rifiuto di comporre una narrazione sistematica del movimento moderno, prediligendo invece forme di comunicazione più immediate, quali articoli brevi, lezioni e scambi epistolari. Se inizialmente questa scelta gli permise di raggiungere un pubblico più ampio, nel tempo, la natura frammentaria dei suoi interventi ha finito per offuscare il suo contributo, fondamentale allo sviluppo critico del movimento moderno. Questa tendenza divenne evidente alla fine degli anni Cinquanta, quando l'autorevole critico britannico Reyner Banham, dalle pagine di Architectural Review, bollò Rogers come anacronistico rispetto alla rivoluzione culturale portata avanti dalla meccanizzazione e entusiasticamente adottata dai Brutalisti, Metabolisti e Neofuturisti.
Lo scontro culturale si intensificò al CIAM di Otterlo nel 1959, quando la Torre Velasca dei BBPR – un'opera eclettica che tenta di «riassumere» l'atmosfera storica milanese – fu duramente criticata da Peter Smithson come «mero esercizio formale e pericoloso precedente». Rogers difese l'opera citando T.S. Eliot, secondo cui «il senso storico implica la percezione della qualità del passato ma anche della sua presenza». Una posizione che non convinse i suoi interlocutori anglosassoni.
L’episodio segnò l'inizio di un difficile dialogo con il mondo anglofono. L'anno successivo, Rogers sottopose alla Belknap Press di Harvard una raccolta di saggi tradotti in inglese, da lui personalmente finanziata. La risposta dell'editore William Warren Smith fu sprezzante. Definì «sentimentale» un capitolo dedicato a un amico caduto in guerra, suggerendone l'omissione, e giudicò «sorpassati» i riferimenti alla posizione degli architetti italiani durante il ventennio, molti dei quali, come i BBPR, dopo un’iniziale adesione all’ambigua agenda culturale fascista, avevano vissuto una drammatica crisi di coscienza. La raccolta di saggi non vide mai la luce e la reputazione internazionale di Rogers subì un ulteriore colpo, accelerato nel 1965 dal cambio di direzione di Casabella.
Oggi, a quasi sessant'anni dalla sua scomparsa, The Hero of Doubt intende riscoprire la complessità del pensiero di Rogers, così che la sua voce, e ancor di più i suoi dubbi, la sua capacità di mettere tutto in discussione per accogliere un più ampio spettro di punti di vista, contro la polarizzazione delle opinioni e le semplificazioni grossolane, possano riverberare con le nuove generazioni.
Proprio i suoi scritti degli anni Trenta e Quaranta, meno noti e dal tono intimistico che tanto infastidirono Warren Smith, emergono oggi come i più significativi. Vi si legge il percorso di un intellettuale che affronta tanto i propri errori quanto quelli della società di cui è parte, particolarmente evidenti nella sua risposta alle aberrazioni imposte dal fascismo e dalla guerra. Pur riconoscendo l'urgenza di fornire case, scuole, ospedali ad una popolazione stremata, Rogers sosteneva che l'architettura avesse innanzitutto il compito di ricostruire le fondamenta culturali ed etiche della società.
Questa visione risuona con particolare forza nel contesto dell'attuale crisi climatica. La figura poliedrica di Rogers e i suoi scritti offrono infatti un modello per operare al di fuori degli schemi restrittivi imposti alla figura dell’architetto, agendo in modo efficace nel contesto delle molteplici crisi del nostro tempo. Non si tratta solo di sviluppare edifici e tecnologie sostenibili, ma di ripensare radicalmente il nostro modo di vivere, abbandonando il miraggio di un progresso senza limiti su un pianeta dalle risorse chiaramente limitate. È il momento di progettare un'utopia della realtà, avrebbe detto Rogers.
Roberta Marcaccio, a cura di
The Hero of Doubt: Selected Writings by Ernesto Nathan Rogers
The MIT Press, Cambrigde MA 2025