Fac­ciate «high-tech» per case «low-tech»

Invece di cercare di ridurre al minimo le perdite di energia, possiamo tentare di andare nella direzione opposta e partire dal presupposto di guadagnare il massimo di energia solare possibile.

Date de publication
21-11-2014
Revision
08-10-2015

«Less is more» – il famoso motto di Ludwig Mies van der Rohe è probabilmente il paradigma di maggiore successo nell’ambito dell’architettura e dell’urbanistica della seconda metà del XX secolo. Invece di decorare gli edifici con elementi ornamentali, lasciamo parlare la bellezza della struttura e cerchiamo di ridurre al minimo l’impiego di materiale. L’estetica purificata e semplificata aiutava a ridurre i tempi e i costi di costruzione inducendo così enormi vantaggi politico-economici.

Questa nuova rotta ha dato un importante contributo alla gestione degli aspetti sociali ed economici legati alla sostenibilità. Poiché però nella stessa epoca venivano scoperti giganteschi giacimenti di petrolio, si pensò che l’energia fossile fosse presente in quantità illimitata. A differenza di quanto era accaduto nell’architettura tradizionale, nessuno si preoccupava più delle condizioni climatiche locali e ci si liberava da molti vincoli. Sorsero in tutto il pianeta edifici in acciaio e vetro, sia in zone con clima caldo che in zone fredde. Grazie a dispendiose tecniche di riscaldamento, all’interno era possibile riequilibrare i problemi dovuti alle cattive tecniche di rivestimento e alla mancanza di massa termica. Dall’altra parte sono emersi danni dovuti ai ponti termici e il clima all’interno dei locali spesso non raggiungeva il necessario livello di comfort.

Senza dubbio «Less is more» risponde ancora oggi ai nostri ideali estetici, continuiamo a considerare «belli» gli edifici del moderno, con le loro forme chiare e i locali ariosi e pieni di luce. È però nostro compito sviluppare ulteriormente quel genere architettonico e, dopo la questione economica e quella sociale, tener conto, fin dal progetto, del terzo aspetto relativo alla sostenibilità: il parametro che riguarda l’energia e l’ecologia, per dar forma a edifici che presentino una sostenibilità complessiva.

Dalla casa passiva alla casa energetica a bilancio attivo

La consapevolezza energetica nell’architettura moderna è iniziata poco meno di quarant’anni fa. Da allora ogni finestra è stata considerata un buco attraverso il quale il calore si disperde all’esterno. Per questo si sono imposti i seguenti imperativi: le superfici delle finestre devono essere piccole, è importante l’isolamento termico e la realizzazione di volumi compatti.

L’igloo, che presenta un rapporto eccellente tra superficie e volume, divenne all’improvviso la casa ideale, con pareti perfettamente isolate, di materiale omogeneo, e con un’unica entrata ortogonale e più profonda che protegge il locale dalle correnti d’aria fredda. L’aria fredda si raccoglie in basso all’interno di una cavità e, grazie alla stratificazione, lo spazio all’interno rimane piacevolmente caldo. L’igloo è incontestabilmente il prototipo della casa passiva che permette il massimo risparmio energetico.

La strategia di risparmio che si manifesta al suo interno domina ancora oggi nell’architettura a elevato risparmio energetico. Gli edifici diventano sempre più grandi e più spessi, così che si possano riscontrare bassi indici energetici di fabbisogno o consumo. L’energia necessaria può essere ricavata da fonti geotermiche grazie alla tecnologia delle pompe di calore. Di conseguenza i locali sono più bui, è difficile orientarsi nei corridoi interni all’edificio, la relazione dei locali con l’esterno è persa. La mancanza di scambi con il mondo circostante va quindi compensata con la tecnica. Aumenta il consumo di energia elettrica e serve comunque un sistema di riscaldamento efficiente. La domanda più importante è tuttavia se noi, dentro edifici così «introversi», possiamo davvero sentirci bene.

C’è una visione dell’architettura decisamente più gioiosa. Edifici che non si isolano, ma si aprono al mondo circostante, edifici che lasciano entrare la luce del sole e che sono in armonia con il trascorrere delle ore e delle stagioni. Prendiamo a modello gli alberi. Ci sono le betulle, leggere e chiare, ma ci sono anche gli enormi e bui faggi rossi. La varietà è grande ma c’è una cosa che tutti gli alberi hanno in comune, si aprono alla luce e hanno una superficie gigantesca che, nel caso di un vecchio faggio, con un volume di legna, di circa 10 metri cubi, può sviluppare una superficie disperdente di più di 1000 metri quadri. Dunque il rapporto superficie-volume non potrebbe essere peggiore.

Invece di cercare di ridurre al minimo le perdite di energia, come avviene nella classica casa passiva, possiamo tentare di andare nella direzione opposta e partire dal presupposto di guadagnare il massimo di energia solare possibile. Il sole ci mette a disposizione energia in abbondanza. Si tratta soltanto di renderla utilizzabile e di compensare le oscillazioni che avvengono nell’arco della giornata e dell’anno. Per far questo si utilizzano delle strategie che sono note purtroppo con il nome «solare passivo», ma che includono attivamente l’energia solare. La giusta collocazione e il giusto orientamento di superfici con finestre di dimensioni adeguate ottimizza l’irraggiamento solare e offre un’illuminazione naturale di ottima qualità.

Una massa termica sufficiente all’interno e un elevato isolamento termico sono importanti per stabilizzare il clima all’interno dei locali. Ridurre il rapporto superficie-volume invece non incide in modo significativo sulla performance energetica.

Anche se il processo della fotosintesi non può essere applicato direttamente agli edifici, oggi abbiamo a disposizione una grande varietà di elementi tecnologici, che a un livello molto semplificato permettono di produrre processi di conversione molto simili. Grazie ai collettori solari termici, siamo in grado già da qualche tempo di trasformare l’energia solare in calore. Già sessant’anni fa i satelliti, alimentati energeticamente tramite celle solari fotovoltaiche, cominciarono a orbitare intorno alla terra. Da vent’anni le calcolatrici portatili funzionano tutte a energia solare.

Ora il fotovoltaico comincia a influire anche sulla configurazione architettonica degli edifici e in futuro le fonti di energia diventeranno un tema dominante. Grazie al potenziale energetico del cambiamentodi stato di aggregazione da solido a liquido, i materiali a cambiamento di fase (Phase Change Materials) possono far risparmiare energia o rimetterla in circolazione.

Nelle zone molto ventose si integrano nelle facciate le prime turbine eoliche e si stanno facendo i primi esperimenti con le piante sulle facciate come sistema di raffrescamento per gli interni. L’intera superficie di un edificio è in grado di produrre energia.

Considerando il bilancio energetico annuo gli edifici possono essere resi senza problemi case a bilancio energetico attivo, case cioè che producono più energia di quanta non ne consumino. Non è necessario realizzare impianti per l’energia solare in aperta campagna, poiché gli edifici mettono a disposizione superfici gigantesche che si trovano già in prossimità degli utenti, come dimostra il seguente calcolo approssimativo: ogni cittadino svizzero sfrutta per abitazione, lavoro e tempo libero una superficie costruita di circa 80 mq. Intorno a questi 80 mq ci sono altri 20 mq di tetto e 40 mq di facciata. Ammesso che solo la metà dei tetti e solo un quarto delle facciate siano utilizzabili per lo sfruttamento dell’energia solare, rimarrebbero comunque 10 mq di tetto e 10 mq di facciata per ogni abitante. Se i nostri edifici fossero costruiti secondo le regole dell’efficienza energetica questi 20 mq basterebbero abbondantemente per coprire tutto il fabbisogno energetico. Tuttavia l’impianto fotovoltaico sul tetto d’estate produce un importante esubero di elettricità mentre d’inverno l’energia a disposizione scarseggia.

Dall’integrazione in rete all’autarchia

Con il fotovoltaico l’approvvigionamento di energia passa dal sistema centralizzato, con le centrali e le linee a alta tensione, a un sistema decentrato in cui ognuno è al tempo stesso consumatore e produttore. La rete funziona così da memoria tampone e la centrale elettrica, là dove ci sono forti oscillazioni nella produzione, deve assicurare l’approvvigionamento continuo dei consumatori.

Ciò che oggi è ancora possibile in futuro non funzionerà più, perché la rete non potrà più supplire alle forti oscillazioni della produzione decentrata. Risolvere il problema stagionale dell’estate/inverno con un sistema che copra grandi distanze e che si estende oltre le frontiere dei singoli paesi, presuppone una rete ad alta tensione efficente, il che richiede investimenti estremamente elevati. Sebbene il fabbisogno di energia delle nostre case scenda in continuazione, per le poche situazioni di emergenza nel corso dell’anno occorrerebbe installare dei sistemi tecnologici complessi che sono anche sproporzionatamente cari.

Anche per quanto riguarda l’integrazione dell’edificio con l’ambiente possiamo prendere come esempio la struttura e il principio dell’albero: la superficie delle foglie è articolata in modo estremamente raffinato e può adattarsi alle diverse situazioni climatiche. Quando all’inizio dell’estate l’albero è in piena attività, gli stomi nella parte inferiore delle foglie si aprono, mentre nei periodi di siccità, quando c’è poca acqua a disposizione, gli stomi si chiudono. Prima dell’inverno inizia la strategia di riduzione, le foglie non spuntano più e si riduce la crescita. Gli alberi utilizzano la superficie delle foglie per trasformare la luce in energia chimica per mezzo della fotosintesi. Tramite le radici sottraggono acqua al terreno e bruciano il glucosio che ne deriva per produrre biomassa.

L’albero è soggetto a continui processi di scambio con la terra e con l’atmosfera, che si trovi libero in un campo o nel mezzo di un bosco ombroso. In questo senso è autarchico. Gli alberi sono di grande beneficio al clima terrestre. La nociva anidride carbonica viene sottratta all’atmosfera e sostituita con l’utilissimo ossigeno. Senza alberi, niente vita. Non solo non consumano risorse naturali ma con il loro processo biologico sono addirittura utili all’ambiente. Possono costituire una nuova prospettiva per il nostro ambiente architettonico.

I nostri edifici e villaggi tradizionali erano in parte autarchici ma offrivano un basso livello di comfort. La casa del futuro unisce diverse strategie, quella della casa passiva, per la minimizzazione delle perdite di energia, e quella della casa a bilancio attivo per la massimizzazione dei guadagni energetici solari. Riprende dal passato l’idea di un’autarchia il più possibile completa. Le premesse alla sua realizzazione sono per un verso un progetto architettonico complessivo, per l’altro il supporto delle possibilità che ci offre la moderna tecnologia dell’informazione, dai sistemi elettronici di gestione dei carichi fino ai piccoli accumulatori di energia all’interno dell’edificio stesso.

A fianco della questione dell’incremento dell’efficienza è però necessario porsi di continuo e anche risolvere la questione della «sufficienza». Così sarà possibile liberare l’interno dell’edificio dalla tecnica e realizzare il sogno dell’architetto che desidera forme semplici e superfici chiare. L’interno della casa viene decisamente «detecnicizzato».

L’involucro solare dell’edificio

La superficie dell’edificio diventa invece più complessa e interessante: viene «tecnicizzata». Ovvero proteggerà, in futuro, non solo dalla pioggia, dal freddo e dai rumori esterni, ma produrrà anche il calore necessario per un clima interno gradevole o la necessaria frescura, nonché l’elettricità che ci serve per abitare, lavorare e per muoverci. La facciata non ha più soltanto la funzione di separare l’interno dall’esterno, ha anche quella di mediare tra le due zone ed è capace di immagazzinare l’energia prodotta in eccesso. Essendo a questo punto la tecnica di costruzione strettamente legata alle condizioni meteo, la casa può reagire in tempo al cambiamento delle condizioni esterne. Facciata e tetto diventano parte attiva del sistema-edificio, come lo sono le foglie per l’albero.

I diversi elementi tecnici tuttavia presentano caratteristiche molto diverse. I collettori ad aria, tra i quali possiamo annoverare i giardini d’inverno o altre zone-cuscinetto vetrate, sono la forma più semplice di collettore solare. Fanno evidentemente parte del progetto architettonico. Decisiva per la performance è una sufficiente massa termica immagazzinata nel giardino d’inverno o nella doppia facciata. Senza dover far ricorso a strumenti accessori queste zone cuscinetto riscaldano la facciata vera e propria o possono temperare l’aria dei locali interni riscaldandoli o raffrescandoli.

I collettori solari sono solitamente elementi di grande formato, rettangolari, che nella parte posteriore devono essere isolati termicamente. Poiché devono avere un collegamento idraulico, l’integrazione nella facciata è tecnicamente complessa. Il calore prodotto dai collettori solari può essere immagazzinato in un accumulatore stagionale, oppure può migliorare il grado di efficienza della sonda geotermica rigenerando il calore nel terreno. I collettori solari termici, che sostengono il sistema-edificio, dovrebbero essere esposti per il massimo profitto nei mesi invernali, con un’inclinazione ottimale di 70 gradi. L’integrazione nella facciata sud farà sì che il guadagno rimanga lo stesso in tutti i sei mesi invernali, mentre in estate sarà addirittura ridotto. Per alcuni collettori a tubi sotto vuoto è possibile variare l’orientamento rispetto al sole, in modo che il collettore possa essere orientato verso la direzione desiderata.

Il fotovoltaico presenta un grado di efficienza inferiore rispetto al solare termico, è però semplice da costruire e richiede poca manutenzione perché è sufficiente spostare dei cavi elettrici. I pannelli sono sottili, possono essere di piccolo o grande formato e possono essere prodotti anche in forma non ortogonale.

Tuttavia, a differenza dei collettori solari, devono essere ventilati perché la loro efficacia sia ottimale. La corrente elettrica prodotta col fotovoltaico non potrà più in futuro essere immessa e venduta in rete ma dovrà essere utilizzata direttamente in casa oppure immagazzinata in batterie. Oggi l’orientamento a sud dei pannelli è ancora quello prevalente per massimizzare la producibilità annua. L’esposizione estovest potrebbe però rivelarsi vantaggiosa per distribuire la produzione su tutto l’arco della giornata.

A breve tutte le componenti tecniche dei sistemi solari saranno disponibili in diversi colori e formati. In tal modo agli architetti verrà restituita la piena libertà di espressione. L’intera superficie dell’edificio può rendere fruibile l’energia presente nell’ambiente circostante. L’intero parco in cui lo stabile è immerso costituisce un gigantesco potenziale per la produzione di energia. Gli edifici sono le centrali termoelettriche del futuro.

Effetti del processo di pianificazione

L’edificio del futuro è semplicemente presente e si adatta alle circostanze esterne. Così come l’albero, esso provvede a se stesso. L’autarchia è comoda e vantaggiosa, a condizione che il fabbisogno di energia venga ridotto al minimo e che l’impianto sia concepito in modo intelligente. Non è più necessario costruire grandi infrastrutture. L’applicazione del sistema non deve per forza avvenire nella singola casa, ma, a seconda della situazione può estendersi a un gruppo di case o addirittura a un quartiere. Ogni casa si adatta senza sperperi, con l’aiuto delle previsioni del tempo, all’andamento del giorno e della notte, delle stagioni, proprio come un albero.

I principi del costruire efficiente dal punto di vista energetico sono noti nei fondamenti. La società odierna sembra accogliere positivamente la svolta che sta avvenendo in campo energetico e i media ne danno regolarmente notizia. Quasi ogni giorno vengono immesse sul mercato nuove componenti e i progettisti sono sempre più interessati alle questioni tecniche.

Nonostante questo è necessario purtroppo constatare in primo luogo che esistono ancora pochissimi impianti solari e in secondo luogo che gli impianti ben integrati da un punto di vista estetico sono ancora l’eccezione. Inoltre non esistono praticamente edifici che dispongano di un progetto complessivo. A cosa è dovuta questa mancanza?

L’architetto è abituato a progettare le facciate secondo i propri principi estetici. In tutti gli altri ambiti intervengono, nel frattempo, dei consulenti e degli specialisti; la facciata invece rimane dominio incontestato dell’architetto, l’ambito in cui si sente sicuro in quanto specialista dell’estetica. Sistema secondo la sua sensibilità le proporzioni di aperture e chiusure, così come, allo stesso modo, sceglie i materiali. La maggior parte degli elementi, come le pareti o le finestre, possono essere prodotti con le dimensioni più diverse. Ci sono oramai poche limitazioni tecniche.

La collaborazione tra architetti, specialisti dell’energia e pianificatori dell’impiantistica civile deve cominciare molto prima. L’ideazione dell’edificio in relazione alla forma, all’orientamento e l’eventuale inserimento di zone cuscinetto costituiscono i punti cardine del progetto. L’architetto progetta secondo il proprio sentimento e la propria intuizione, ma già a questo punto deve intervenire lo specialista sostenendolo con preventivi comparati ed esaminando le diverse varianti progettuali.

A questo punto si scontrano diversi modelli di pensiero. L’architetto lavora normalmente con soggetti a lui sconosciuti e da qui nasce il suo progetto. Solo in un secondo momento dà indicazioni chiare allo specialista per elaborare e valutare le conseguenze. Il lavoro degli ingegneri non si limita più ai calcoli tecnici ma si sposta sul progetto fin dalle fasi iniziali. L’ingegnere viene formato per pianificare sistemi tecnici complessi, ma ora improvvisamente si pretende che si esprima su questioni apparentemente triviali del progetto. Paradossalmente gli edifici low-tech richiedono che il sistema energetico sia concepito fin dai primi schizzi e in caso di una collaborazione efficace tra architetto e ingegnere potrebbe essere addirittura possibile pensare di rinunciare del tutto al sistema di riscaldamento e raffreddamento.

L’integrazione di elementi «solari» all’interno delle facciate può riuscire soltanto se questi vengono definiti con precisione e con molto anticipo. L’architetto deve integrare nel proprio design questi elementi, che devono avere fin dall’inizio una dimensione, un colore e un tipo di superficie prestabiliti oltre ad avere un’idea approssimativa di quella che sarà l’area ricoperta dai collettori solari. Inoltre l’ingegnere deve calcolare preventivamente quale sarà il fabbisogno energetico dell’edificio e deve dare all’architetto indicazioni specifiche sui prodotti. Già nella fase pre-progettuale, dunque, devono essere stati valutati molti degli aspetti tecnici ed energetici dell’edificio.

Dall’architetto si pretende inoltre una certa flessibilità in relazione ai parametri estetici: dovrà progettare e dar forma all’edificio tenendo conto dei materiali che deve integrare. Così come il costruttore del Romanico, che aveva a disposizione nel suo repertorio solo muri spessi e piccole aperture con arco a tutto sesto, anche noi possiamo pensare che i limiti imposti dalla tecnica sulle facciate siano un’occasione per realizzare qualcosa di nuovo e fuori dall’ordinario.

La superficie dell’edificio interagisce con l’ambiente in modo tale che sia assicurato non solo il funzionamento degli impianti, ma anche un ambiente accogliente. Ciò significa avere la possibilità, integrando gli elementi tecnici, di far nascere un’architettura che vent’anni fa non era ancora pensabile. Collettori solari e pannelli fotovoltaici non vanno più considerati come elementi della tecnica dell’edificio ma piuttosto come un nuovo materiale di costruzione grazie al quale è possibile dar vita a nuovi e interessanti spazi architettonici e a una nuova opportunità espressiva dell’architettura stessa. Così l’architettura moderna può integrare i postulati dell’efficienza energetica e dell’ecologia nel suo sforzo creativo, senza porsi più in contrasto con l’ambiente naturale ma completando quest’ultimo.

In un mondo che cambia rapidamente e in cui le città si allargano sempre più, non possiamo più permetterci di trascurare questi problemi. Nel secolo da poco cominciato il sole sarà l’energia dominante e gli architetti e gli ingegneri sono chiamati a tradurre questo dato nella progettazione dei loro edifici.

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