La con­ce­zione strut­tu­rale oggi in Sviz­zera: solo una ques­tione di sta­tica?

Date de publication
08-12-2022

Il panorama attuale dell’ingegneria strutturale in Svizzera è piuttosto eterogeneo. Vi sono diversi studi professionali, nati nella seconda metà del secolo scorso, che si sono consolidati e ampliati. Si tratta di realtà che, forti dell’eredità e della cultura progettuale in cui sono maturate, oggi lasciano spazio a nuovi e talentuosi ingegneri come Giotto Messi dello studio Schnetzer Puskas,1 oppure Miguel Fernández Ruiz dell’ufficio Muttoni & Fernández Ingénieurs.2

Sul fronte accademico, l’eccellenza svizzera viene altresì confermata da ricerche e gruppi di lavoro che propongono approcci progettuali innovativi e di notevole interesse scientifico riconosciuti anche a livello internazionale. Basti pensare al lavoro di Philip Block3 del Politecnico di Zurigo, partito dal gruppo di ricerca di Joseph Schwarz e oggi menzionato in numerose pubblicazioni nonché in autorevoli mostre, tra cui Technoscape: L’architettura dell’ingegneria4 recentemente inaugurata al MAXXI di Roma, oppure all’indagine condotta dallo Structural Xploration lab5 guidato da Corentin Fivet al Politecnico di Losanna, che affronta il tema dell’economia circolare nel settore delle costruzioni applicando approcci computazionali e digitali.6

A fianco di questo scenario si trovano poi, in forma piuttosto diffusa su tutto il territorio, una serie di studi di recente fondazione, di dimensioni per ora contenute, che, gestiti da giovani ingegneri emergenti, mostrano una cultura del progetto orientata all’impiego di soluzioni tecniche e costruttive certamente degne di nota.

Per comprendere il ruolo e la percezione del giovane ingegnere strutturale in Svizzera ci si soffermerà dunque su questi ultimi contesti in quanto, non essendo legati a situazioni preesistenti, sono ritenuti maggiormente autonomi nell’esprimere le proprie attitudini. Tra gli studi che si sono fatti notare negli ultimi anni è interessante analizzare in questa sede le seguenti realtà: Ingegneri Pedrazzini e Guidotti (Lugano), Ferrari Gartmann (Coira), Dr. Neven Kostic (Zurigo), Structurame di Damien Dreier e Luis Borges (Losanna).

I loro lavori si sono distinti per alcune tematiche condivise, seppur interpretate in maniera differente, come il rapporto con il passato e i maestri di riferimento, l’approccio metodologico, quasi artigianale, legato alla formazione ricevuta e alla cultura progettuale locale e, infine, il ricorso alla struttura quale entità strettamente connessa al contesto paesaggistico e urbano in cui questa s’inserisce.

La formazione e i modelli di riferimento

Per capire l’approccio metodologico applicato da questi professionisti è utile analizzare quali siano i loro modelli di riferimento e quale la loro cultura progettuale. Lo studio Pedrazzini Guidotti, ad esempio, è stato fondato nel 2002, proprio nel momento in cui Andrea e Eugenio Pedrazzini hanno vinto il concorso per la costruzione di tre ponti sul fiume Flaz a Samedan.7

In queste costruzioni si riflette l’importanza del rapporto tra forma e struttura appreso nel periodo di studio al politecnico di Zurigo con Peter Marti, fondatore della Società per l’arte dell’ingegneria; un atteggiamento poi consolidatosi nei primi anni di lavoro presso lo studio Calatrava a Zurigo e nella successiva collaborazione con Aurelio Muttoni e Massimo Laffranchi all’Accademia di architettura di Mendrisio (AAM), dove hanno incontrato il futuro associato Roberto Guidotti. Proprio Guidotti, nell’intervista pubblicata su Espazium a corredo di questo numero di Archi, conferma di aver imparato a progettare le strutture negli anni in cui ha ricoperto il ruolo di assistente presso l’AAM.

L’approccio, tipico dell’architetto, che concepisce il progetto delle strutture rispetto a un immaginario e a un determinato modello di riferimento, risulta evidente. I ponti sul fiume Flaz si relazionano sul piano formale, anche per la loro vicinanza geografica, con alcuni dei progetti più noti di Robert Maillart: d’altronde, il ponte di Zuoz del 1901 dista solo pochi chilometri.

La palestra di Chiasso, realizzata nel 2010, rimanda chiaramente alle geometrie che si trovano nella Facoltà di architettura e urbanistica di San Paolo – FAUSP di João Batista Vilanova Artigas. Prescindendo dalla scala, entrambe sono infatti il risultato di una precisa composizione di elementi strutturali in calcestruzzo a vista, dove le travi parete perimetrali sostengono le solette nervate di copertura e trovano appoggio, nel caso della palestra su pilastri a V disposti sui quattro lati, nel secondo caso su pilastri a sezione variabile disposti sulle facciate lunghe.

Un criterio simile si riscontra anche nei progetti di Neven Kostic, il quale, dopo il dottorato conseguito al Politecnico di Losanna sotto la guida di Muttoni, ha iniziato a lavorare a Zurigo, collaborando sia professionalmente che a livello accademico con Joseph Schwarz. In questo ambito Kostic ha potuto conoscere i filoni di ricerca attivi al Dipartimento di Architettura del Politecnico di Zurigo e, contestualmente, ha iniziato a plasmare il proprio punto di vista professionale, dialogando fin da subito con architetti del calibro di Christian Kerez: uno dei primi progetti seguiti dal giovane Kostic è, per l’appunto, la House with a missing column terminato nel 2013).

I modelli di riferimento più evidenti sono quelli riconosciuti come maestri del passato:8 Robert Maillart e Christian Menn, Heinz Isler, Pier Luigi Nervi ma non solo.

Kostic dà prova di saper interpretare il progetto contingente, relazionandolo con il modello di riferimento corretto. Un esempio interessante è l’ampliamento dell’OMS a Ginevra, fatto insieme con architetti Berrel Berrel Kräutler, terminato nel 2020. Egli stesso, nel suo contributo per il simposio della Fédération internationale du béton (Fib) tenutosi nel giugno 2022 a Oslo,9 dichiara di aver concepito la struttura dell’estensione in rapporto al progetto originale del 1966 dell’architetto Jean Tschumi e di aver rivolto particolare attenzione alla geometria delle tre colonne che sostengono la soletta piegata del ristorante al piano interrato (figg. 1-2).

Anche Damien Dreier, contitolare dello studio Structurame, dopo la formazione al Politecnico di Losanna, conclusasi con una ricerca di dottorato sui ponti integrali,10 ha iniziato a coniugare l’attività accademica con quella professionale lavorando dapprima nello studio t–ingénierie di Ginevra, nientemeno che lo studio fondato nel 1920 da Robert Maillart. Nei suoi progetti si riflette una speciale sensibilità verso il tema delle infrastrutture: molti lavori riguardano, oltretutto, interventi su ponti o passerelle esistenti. Inoltre, leggendo la descrizione del progetto Beautiful Bridge #3 (confronta citazione  a p. 63 di questo numero) in cui spiega come questo sia parte, insieme al percorso, di un nastro di Möbius, si scorge un’attenzione alla geo­metria generativa della struttura che fa pensare alla ricerca della forma minimale propria di Sergio Musmeci.

Diverso invece è il percorso di Ferrari Gartmann. I due associati, Emanuela Ferrari e Patrick Gartmann, hanno aperto l’ufficio dopo un’esperienza di lavoro di diversi anni presso Conzett Bronzini di Coira, prima appunto Conzett Bronzini Gartmann.

Il loro comportamento nei confronti della struttura è legato alla cultura della costruzione grigionese, dove emergono architetti come Valerio Olgiati e Bearth Deplazes. Nei loro progetti si scorge l’attenzione al dettaglio e alla tecnica costruttiva locale oltre al legame con il territorio. Emanuela Ferrari afferma infatti: «per me un grande riferimento è Sarasin Hofer, non solo in quanto autore della realizzazione e progettazione del viadotto del Chillon, ma soprattutto come artefice dell’inserimento paesaggistico dell’opera», accogliendo quindi con una sensibilità non comune le istanze dettate dalle specificità dei luoghi nella maniera d’intendere la progettazione delle strutture.

Una progettazione artigianale

Negli uffici di questi giovani ingegneri ci si trova a muoversi tra modelli e disegni a mano libera, tracciati con la matita rossa e blu, a indicare propriamente le forze di trazione e compressione all’interno delle strutture. Un contesto lavorativo quasi al limite tra uno studio di architettura e uno di ingegneria, che rimanda a un approccio artigianale e manuale.

Roberto Guidotti nello spiegare il funzionamento statico del ponte sulla Melezza, realizzato nel 2007, si avvale di uno schema strutturale realizzato a mano che, a partire da un approccio derivante dalla statica grafica, rappresenta i campi di tensione all’interno della struttura. Lo stesso metodo viene poi utilizzato per la descrizione del comportamento strutturale della casa per anziani di Giornico, realizzata nel 2018 (fig. 4).

Lo studio Ferrari Gartmann, depositario di un metodo progettuale decisamente legato al modello fisico, in diversi casi affianca all’analisi strutturale la realizzazione di mock up in scala reale degli elementi strutturali. È il caso della Swiss life Arena di Zurigo, dove gli elementi di facciata che riprendono il motivo di una tenda in movimento sono stati studiati attraverso una intensa sperimentazione e la realizzazione di innumerevoli campioni (fig. 3).

Analogamente Neven Kostic nella progettazione dell’edificio per appartamenti Letzigraben a Zurigo (p. 48 di questo numero), in collaborazione con gli architetti Miriam Zehnder e Fabio Gramazio, per la realizzazione dei pilastri prefabbricati ha richiesto l’allestimento di un impianto produttivo in cantiere che rimanda alle immagini di un laboratorio artigianale.

Structurame, con il progetto Beautiful Bridge #3, esplora la relazione tra struttura e opera d’arte spiegando come sia stato gestito un approccio al concetto statico indubbiamente non tradizionale, dove la forma stessa è legata al concetto artistico. D’altra parte, proprio Sergio Musmeci affermava che «tra tutte le progettazioni quella più vicina al design è quella delle strutture».11

Inserimento paesaggistico

Come già emerso, un altro tema ricorrente nei progetti degli studi analizzati è il rapporto con il paesaggio e l’inserimento urbano. Lo spiega bene Roberto Guidotti quando descrive l’evoluzione del concorso che li ha portati, con lo studio di architettura Baserga Mozzetti, all’aggiudicazione del lavoro per il ponte sulla Melezza. Un caso piuttosto raro in cui il ponte ad arco-portale, lineare e minimale, s’inserisce a fianco di quello esistente (poi demolito) e si rapporta con il paesaggio naturale in maniera discreta, senza sbilanciare il rapporto tra natura e artefatto.

Una modalità simile a quella adottata da Ferrari Gartmann, nel momento in cui hanno progettato, insieme allo studio Bearth & Deplazes Architects, la base di manutenzione del passo del Bernina. Il progetto ha vinto il Premio Beton 2021 anche per il modo in cui dialoga con lo straordinario paesaggio, annoverato tra i tredici siti svizzeri patrimonio mondiale dell’Unesco. La struttura ipogea s’inserisce attentamente e armonicamente nell’anfiteatro delle montagne circostanti; la sua concezione ottimizza anche le fasi esecutive e la gestione degli scavi in condizioni estreme come quelle di alta montagna.

Neven Kostic e Structurame si rapportano con il paesaggio non solo in occasione di costruzioni tradizionali, ma anche attraverso paradigmi interpretativi che si accostano alle installazioni site specific. Kostic lo esprime nel progetto del 2021 dell’area ricreativa sulle rive del fiume Vistola a Varsavia,12 realizzato insieme all’architetto Karol Żurawski, paesaggista formatosi con Peter Zumthor (fig. 5-6). Lo si nota nella scelta della struttura lignea, leggera e essenziale, il risultato dell’accostamento di un metodo esecutivo tradizionale, cioè il palo infisso, con la copertura in legno lamellare incrociato, a spessore variabile in accordo alle sollecitazioni agenti.

Così come fa Structurame in Beautiful Bridge #3, la cui geometria, oltre a trasformare la struttura in opera d’arte, ha dovuto relazionarsi con il suo valore simbolico in quanto parte del progetto urbano di arte pubblica «art & tram».

La consapevolezza del proprio ruolo

Molte sono le riflessioni che emergono da questa lettura della produzione contemporanea di alcuni giovani studi di ingegneria in Svizzera. Nel discorrere con i progettisti, nell’ascoltare interventi, conferenze e lezioni presso diverse università e dopo aver esaminato le loro pubblicazioni, si delinea innanzitutto un grande tema: la consapevolezza del proprio ruolo tecnico e culturale nell’attuale panorama elvetico. Il primo, acquisito a scuola e perfezionato nel corso dell’esercizio della professione, è legato essenzialmente alla materia in sé che, come tutte le discipline ingegneristiche, si fonda su una solida base tecnica e di calcolo in continua evoluzione con il progresso scientifico, elemento imprescindibile per la corretta progettazione. Quello culturale è invece un ruolo che, in pochi casi, si associa a quello dell’ingegnere ma del quale questa nuova generazione di professionisti riconosce l’importanza.

Una chiave di lettura per tracciare le radici di questa consapevolezza potrebbe ritrovarsi nella loro formazione: avendo studiato in contesti attivi e stimolanti, orientati allo studio di modelli virtuosi a cui fare riferimento, questi progettisti hanno maturato, oltre a ferme competenze ingegneristiche, un metodo di lavoro che presuppone una comprensione profonda del proprio mestiere e del significato del progetto.

Tutti infatti hanno avuto l’opportunità di sperimentare nei primi anni della carriera professionale il confronto con l’architettura, sia in campo professionale che accademico.

Questo percorso formativo ha ovviamente lasciato un segno: una matrice culturale attenta al rapporto tra forma e contesto, sia dal punto di vista compositivo-spaziale che in termini di inserimento paesaggistico e urbano. Una sensibilità poi estesa a tutte le istanze oggi coinvolte nella pratica progettuale, quali tra l’altro l’impiantistica e la sostenibilità, senza dimenticare la tecnica costruttiva. Tutto ciò prelude alla nascita di nuove figure professionali, altamente competenti e complete, che indubbiamente lasceranno a loro volta una valida eredità culturale, punto di ripartenza per futuri approfondimenti.

-> Dossier Progettazione concettuale

Note
 

1. Lo studio Schnetzer Puskas è stato fondato nel 1953 da Heinz Hossdorf. Studio Schnetzer Puskas, https://www.schnetzerpuskas.com consultato il 6 ottobre 2022.
 

2. Muttoni & Fernández Ingénieurs è una spinoff dello studio Lurati Muttoni, fondato nel 1963 come Grignoli Muttoni Partner, Lurati Muttoni Partner SA, https://lmpartner.ch consultato il 8 ottobre 2022.


3. Block Research Group (BRG), https://block.arch.ethz.ch/, consultato il 6 ottobre 2022.

 

4. Cfr. articolo di L. Cardellicchio a p. 8 di questo numero. M. Casciato, Technoscape: L'architettura dell'ingegneria, Forma Edizioni, Firenze 2022.


5. Structural Xploration Lab, https://www.epfl.ch/labs/sxl,consultato il 6 ottobre 2022.


6. «Form follows availability» (intervista a Jan Brütting ), Architettura circolare: edifici, concetti e strategie per il futuro, dossier Espazium 2021, 1.


7. Fib Awards for Outstanding Concrete Structures, «fib Bulletin», 2006, 36, p. 28.


8. Cfr. la raccolta di articoli sul tema in espazium.ch/it/attualita/progettazione-concettuale


9. M. Grether (a cura di), Structural Concrete in Switzerland, Atti del VI congresso Fib (Oslo 12 – 16 giugno 2022), Fib CH, Lausanne 2022.


10. Il ponte integrale è una tipologia di ponte che non prevede giunti di dilatazione, le cui sollecitazioni dovute alla dilatazione o carichi frenanti sono trasferite attraverso un elemento di transizione direttamente alle fondazioni.


11. La Torre, dattiloscritto dell'intervista a Sergio Musmeci del 7 ottobre 1980, MAXXI, RIC/2/26.


12. H. Werner, Überflutungssicher, «Hochparterre» 2022, 4; H. Werner, Überflutungsresistent, https://www.hochparterre.ch/nachrichten/landschaftsarchitektur/ueberflutungsresistent, consultato il 9 ottobre 2022.

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