Ar­chi­tet­ture te­ra­peu­tiche per la sa­nità ter­ri­to­riale

«Nella modernità, il futuro e il passato si sono schiacciati sul presente; possiamo solo fare previsioni: siamo in grado di prevedere soltanto ciò che è già accaduto». – Aimaro Isola, 2020

Date de publication
04-10-2022

Dalla fine del Settecento gli edifici sanitari sono stati riconosciuti come strumenti terapeutici da una modernità fiduciosa nel progresso. Nei primi decenni del XX secolo, la pubblicistica del «movimento moderno» insisterà sulla necessità di creare ambienti igienici attraverso volumi puri, pareti bianche, superfici asettiche che sperimentano nuovi materiali: la disciplina architettonica assume così un ruolo attivo nel processo di guarigione della malattia. Nel dopoguerra – con l'istituzione nel 1948 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – il corpo viene concepito come un'entità individuale integrata nel contesto sociale (efficienza e comfort – colori, illuminazione, riscaldamento – guidano la progettazione ospedaliera ora attenta alla specificità dei degenti e all'umanizzazione degli spazi). Ricerche recenti hanno anche analizzato i molteplici aspetti – tecnologico, fisico, psicologico – che interessano la progettazione di strutture sanitarie, constatando come la nozione di cure and care che collega salute e ambiente, corpo e design, abbia un compito sempre più importante nella definizione delle condizioni di abitabilità che questi luoghi dovranno garantire nel futuro welfare guidato dagli sviluppi della medicina. Oltre a ciò, la digitalizzazione in ambito sanitario sta rivoluzionando le aree funzionali di questi edifici e le stesse modalità di assistenza e prevenzione, mentre una visione più ampia della complessità della cura non può eludere la questione della sostenibilità ambientale ai più diversi livelli.

Ospedali, case di cura, centri di riabilitazione, ambulatori, laboratori – nuovi o ristrutturati – devono essere concepiti come architetture resilienti di una rete clinica integrata e spesso interconnessa alla ricerca, nel momento in cui urbanisti, architetti, ingegneri e specialisti si confrontano con le nuove problematiche di una sanità territoriale segnata dalle incertezze della fase post-Covid. Sebbene questo tipo di strutture fossero già al centro delle politiche sanitarie, la recente crisi pandemica ha evidenziato le loro fragilità e la loro importanza strategica nel definire una distribuzione spaziale equilibrata secondo criteri di prossimità.

Come emerge dai saggi presentati, l'invecchiamento della popolazione porta a un incremento di determinate tipologie che sono soggette a un continuo rinnovamento per rispondere con efficacia alle esigenze del sistema: ospedali a cui è affidato il compito di gestire prestazioni intermedie o di massima specializzazione con estrema flessibilità, insieme a strutture polivalenti per l'erogazione di livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria. Margherita Carabillò avverte infatti «quale profonda e radicale trasformazione ci si debba attendere nei prossimi anni riguardo ai percorsi clinici dei pazienti, alle implicazioni sociali e, più in generale, al nostro modo di fare e ricevere salute». Carlo De Pietro constata il recente aumento della spesa sanitaria elvetica complessiva, e osserva che «tale crescita si riflette anche nella rete di infrastrutture sanitarie diffuse sul territorio». La sua analisi si sofferma soprattutto sulle soluzioni abitative per gli anziani e sull'evoluzione del settore ospedaliero, elementi di una maglia articolata di differenti tipi di centri di salute che – come testimoniano gli esempi illustrati nelle prossime pagine – sta acquistando visibilità anche nel panorama ticinese. Roberto Masiero ricorda inoltre i princìpi che hanno guidato l'esperienza progettuale di Silvia Gmür e Livio Vacchini nel campo dell'architettura ospedaliera e coglie l'occasione per riflettere sulle radicali mutazioni in atto nel settore della sanità pubblica tramite l'uso delle tecnologie digitali.

L'emergenza pandemica del 2020 ha messo in luce la necessità di programmare il riassetto della rete sanitaria di prossimità per prevedere risposte più efficaci alle crisi future. Così, mentre la salute diventa un punto centrale del dibattito pubblico locale e internazionale, è lecito domandarsi se le istituzioni siano pronte a impostare – qui e altrove – un'agenda politica, programmatica e multidisciplinare all'altezza di questo cambio di paradigma, mettendo in atto strategie di resilienza aperte alla veloce evoluzione della medicina ma anche alle criticità sociali, nel tentativo di garantire a tutti i cittadini il diritto di accesso alle cure con un approccio olistico in sintonia con l'ambiente.

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