Au­to­fo­cus – Ro­berto Pel­le­grini

Nel 1960 Fernand Pouillon scriveva: «L'illustrazione del libro d'architettura appartiene oggi ai fotografi. Le riviste contemporanee, che pure hanno a disposizione i disegni originali […], preferiscono la fotografia». Sessant'anni dopo è ancor più evidente come quest'arte abbia plasmato lo sguardo sull'architettura: se la realizzazione di un progetto è suggellata proprio dal momento in cui se ne scattano le fotografie, i rendering non sono altro che “previsioni” di fotografie, fotografie dal futuro. In un territorio ristretto come la Svizzera italiana è allora interessante capire chi sono i fotografi che guidano il nostro sguardo sul panorama costruito. Abbiamo posto loro cinque domande, sempre le stesse, per dare conto delle prospettive di ciascuno sul proprio mestiere.

Date de publication
26-11-2020

Come ha iniziato a occuparsi di fotografia d'architettura?
Interessato da sempre (specie agli edifici storici), appena finita la formazione di fotografo sono andato a Venezia per fotografare i suoi palazzi e proprio con queste immagini partecipai a una prima esposizione fotografica. Da allora l'architettura come soggetto fa parte del mio lavoro commerciale e artistico. Fotografando spesso opere d'arte e installazioni, di sovente mi trovo in spazi e allestimenti appositamente curati da architetti. Ritengo che l'arte e l'architettura siano decisamente molto legate.

Con quali architetti collabora più spesso? Ci racconterebbe un aneddoto legato a uno di loro?
Negli anni ho avuto a che fare con più di un architetto. L'ultima collaborazione è con Davide Macullo, di cui ho fotografato il Chenot Palace Weggis sul lago di Lucerna. Fotografo frequentemente l'architettura, ma non sempre il lavoro è commissionato da un architetto. Per esempio: il Palazzo Urbano e la Residenza le Torri a Locarno fanno parte di un lavoro sul contrasto urbano, le immagini dell'interno della Fondazione Anna e Gabriele Braglia a Lugano sono state commissionate dalla fondazione stessa, mentre l'opera di Livio Bernasconi nel Palazzo della Posta a Locarno è stata fotografata su commissione della SSAS, per la rivista «Arte+Architettura in Svizzera».
Più che un aneddoto mi viene da esprimere un senso di ammirazione, perché gli architetti con il loro lavoro definiscono l'aspetto del paesaggio, della città e del nostro modo di vivere. Creano un “secondo mondo” che è quello che ci dà protezione e sicurezza nel nostro spazio privato. Se pensiamo a quanto tempo viviamo all'interno di un edificio ne capiamo l'importanza. Spesso gli architetti diventano fotografi: io in un'altra vita probabilmente diventerei architetto.

Secondo lei la fotografia d'architettura ha un modo diverso di approcciarsi ai suoi soggetti rispetto alla fotografia tout court? Se sì, quali sono le differenze?
Un'affermazione che ripeto molto spesso è che la fotografia ha bisogno di tempo. Lavorare di fretta non dà buoni risultati. La fotografia d'architettura, senza dubbio, richiede attenzione, rigore e conoscenza del soggetto.
Come accennavo prima, fotografo spesso opere d'arte e considero l'architettura come tale.

«Per trasmettere il mio punto di vista devo captare lo spazio e intrappolarlo in un ulteriore spazio a due dimensioni; posso riuscirci solo grazie a un’alleata immancabile: la luce giusta»

La chiamano per fotografare un edificio. In che modo si approccia al soggetto? Cosa cerca, cosa le interessa mostrare?
Parto sempre dall'idea che un edifico è frutto di un pensiero creativo e quindi va capito e “sentito”. Il dialogo diretto con l'architetto è indispensabile per entrare in simbiosi e visualizzare le immagini già nella mente. Mi interessa anche mostrare come io percepisco il soggetto e le caratteristiche che lo rendono unico. Il mio punto di vista necessita sempre di captare lo spazio e intrappolarlo in un ulteriore spazio a due dimensioni; per farlo ho bisogno di un’alleata immancabile: la luce giusta.

Tra le fotografie che ci propone, le chiederei di sceglierne una che le sembra particolarmente riuscita e commentarla. Cosa mostra e perché le sembra che questa fotografia funzioni?
La fotografia della scultura di Jean Arp scattata a Basilea, nel contesto della Allgemeine Gewerbeschule dell'architetto Hermann Baur, su incarico della Fondazione Marguerite Arp di Solduno, in occasione dell’esposizione e pubblicazione «Public Arp». Trovo che riassume molto bene il mio lavoro e rende perfettamente l'idea di Arte e Architettura. Un esempio d'immagine nata dalla pazienza nell'aspettare la migliore illuminazione naturale.

Roberto Pellegrini è specializzato in fotografia di quadri, sculture e installazioni, oltre che di architettura, interni, ambienti e persone. Come fotografo collabora con svariati artisti e architetti, e con gallerie d’arte, musei e fondazioni con sede in Ticino. I suoi lavori sono stati presentati in mostre personali e collettive e pubblicati in libri, riviste e cataloghi d’arte. È membro di SBF (Fotografi professionisti e videomaker svizzeri) e di Visarte (associazione professionale svizzera delle arti visive).


www.roberto-pellegrini.ch (in costruzione) | Instagram

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