Il sogno del pa­ra­diso

Con il titolo «Garden Futures. Designing with Nature», il Vitra Design Museum di Weil am Rhein presenta per la prima volta una grande mostra sulla storia e il futuro del giardino moderno. L’esposizione dimostra che da sempre i giardini sono anche utopie di una vita migliore.

Date de publication
16-05-2023

All’improvviso, tutti vogliono curare il giardino. Molte persone hanno (ri)scoperto il giardinaggio durante la pandemia. Questa porzione più o meno grande di verde ha acquisito un significato assolutamente nuovo. L’attività che per anni è stata considerata come un passatempo per i pensionati o un hobby ecologico ora è tornata alla ribalta. Il giardinaggio è alimentato anche dalla crisi climatica. Molte persone riflettono sui loro comportamenti di consumo, movimenti sociali come Extinction Rebellion o Fridays for Future mostrano che anche i giovani sono più responsabili e vogliono cambiare le cose in prima persona. Non deve quindi sorprenderci che anche il Vitra Design Museum offra una piattaforma sul tema del giardino.

L’esposizione dimostra che dal giardino del paradiso medievale («hortus conclusus») fino ai giardini di corte islamici e ai progetti di «urban gardening», da sempre i giardini sono luoghi di ricreazione, piacere e svago, ma anche di produzione. Ma sono anche specchi di identità, sogni e visioni.

All’interno di quattro capitoli suddivisi in quattro sale, la mostra indaga su come in giardino possiamo imparare a ripensare e riprogettare il nostro rapporto con la natura. Nella prima sala scorre un’installazione multimediale con una gamma di giardini storici. Davanti ad essa, sulle pareti sono allineati oggetti di design sul tema: a sinistra tutto il necessario per lavorare in giardino, dai rastrelli alle pale, fino agli annaffiatoi e ai piantatoi in legno; a destra tutto ciò che aiuta a rilassarsi, dalla storica sedia da giardino in ferro del XIX secolo all'iconica sdraio Altorfer del 1949, fino alla poltrona Tropicalia di Patricia Urquiola del 2008 dai colori intrecciati. Fin qui, tutto è abbastanza prevedibile per una mostra in un museo di design.

La politica del giardino

La seconda sala, però, è dedicata alla dimensione politica del giardino. Molte aiuole fiorite paradisiache affondano le radici nella storia coloniale. Gelsomini, fucsie e crisantemi provengono da Paesi lontani e hanno trovato la strada verso l’Europa grazie alla «cassa di Ward». Nella mostra è presente un esemplare di questa cassetta in legno e vetro sviluppata dal ricercatore amatoriale londinese Nathaniel Bagshaw Ward a metà del XIX secolo; un’invenzione che non solo fu coinvolta nello sfruttamento coloniale, ma fu anche complice di una lunga serie di complessi cambiamenti ecologici. 

Nelle vetrine che si trovano accanto è documentata con tanto di planimetrie l'idea della città giardino, in cui anche le fasce più povere della popolazione possono provvedere a se stesse, sulla base di esempi come Hellerau, vicino a Dresda; inoltre, sono illustrate le idee del movimento di guerriglia verde: l'artista americana Liz Christy, nel 1973, ha dato vita a questo movimento per contrastare la trascuratezza e l'evidente degrado dei quartieri newyorkesi con progetti comunitari di rinverdimento. Il giardino urbano come spazio per l'equità sociale e la partecipazione: un’idea che è efficace ancora oggi. Chi vuole piantare il «seme della partecipazione» nelle proprie vicinanze trova nella vetrina un libretto d’istruzioni per la riproduzione della bomba di semi del 1976.

«Osservando la storia dei giardini, si nota che ogni epoca e ogni periodo hanno prodotto il proprio giardino ideale», afferma la curatrice Viviane Stappmanns. Alcuni di essi sono visibili nella terza parte della mostra, dedicata a nove innovatori nel campo della progettazione dei giardini. Ci sono alcuni «classici», come le opere dell'architetto paesaggista Roberto Burle Marx (1909–1994), che non solo ha modernizzato il garden design brasiliano, ma con la sua ricerca sulla flora autoctona ha fornito un contributo determinante alla protezione della foresta pluviale. Burle Marx componeva i suoi giardini come un pittore, sempre in armonia con le costruzioni dell’architettura contemporanea, come nel giardino sul tetto del ministero dell’educazione e della salute di Rio de Janeiro, una costruzione di Oscar Niemeyer in collaborazione con Le Corbusier, Lúcio Costa ed Eduardo Reidy. L'artista e film maker Derek Jarman (1942–1994), invece, con il giardino nei pressi di Dungeness, nel Kent (GB), in vista dell'approssimarsi della sua morte ha creato un’opera d’arte fiorita dove praticamente nessuno credeva che fosse possibile: nella ghiaia inospitale della costa meridionale inglese, a pochissima distanza da una centrale nucleare.

Il più recente è il giardino di Jamaica Kincaid, in cui l’autrice ed esperta di giardinaggio si confronta con la storia coloniale. Non potevano mancare neppure le elaborate composizioni vegetali di Piet Oudolf. L’olandese, uno dei più noti progettisti di giardini contemporanei, progetta i suoi giardini in tutte le stagioni dell'anno. Un esempio si può osservare a pochi metri di distanza dalla mostra: nel 2020 ha creato per Vitra il giardino Oudolf, che proprio ora sta iniziando a germogliare. Il suo giardino nel Vitra Campus ha dato l’impulso per dedicare una grande esposizione museale alla rinascita del giardino, come afferma Mateo Kries, direttore del Vitra Design Museum.

Un giardino delle idee

Al centro dell’ultima parte della mostra, oltre a un meraviglioso prato tattile in tessuto dell'artista argentina Alexandra Kehayoglou, c’è il pezzo espositivo più grande: un’illustrazione lunga sei metri dell’architetto Thomas Rustemeyer che rappresenta progetti di giardini attuali accanto a progetti tradizionali e indigeni. Qui si accenna anche a sviluppi avveniristici, come l'impegno dell'artista basilese Céline Baumann per i diritti delle piante, i concetti di microclimi urbani dell'architetto paesaggista belga Bas Smets o la combinazione di cultura digitale e giardinaggio nel giardino Liao dell'artista Zheng Guogu.

Considerato il titolo della mostra, da questo sguardo al futuro ci saremmo aspettati un po’ di più. Anche la sensualità insita in un tema di questo tipo cade un po’ nel vuoto. Una moquette nelle sfumature del verde come quella proposta dalla scenografia del team di design italiano Formafantasma è purtroppo un po' prevedibile e poco indicativa di una sperimentazione. «Garden Futures» è comunque una mostra stimolante, che merita una visita e presenta il giardino non solo come un idillio romantico, ma anche come un campo di sperimentazione per l'equità sociale, il cambiamento climatico e la biodiversità.

-> Articolo originale in tedesco: «Der Traum vom Paradies»

La mostra "Garden Futures. Progettare con la natura" al Vitra Design Museum di Weil am Rhein durerà fino al 3 ottobre 2023.

 

Per ulteriori informazioni: design-museum.de