Am­bas­ciata sviz­zera a Lon­dra: una mac­china im­pec­ca­bile

Il concorso per la ristrutturazione dell'Ambasciata Svizzera a Londra merita attenzione per molti aspetti: non solo per il coraggio del committente nel proporre un concorso aperto per un edificio così prestigioso, ma anche perché i due progetti finalisti esprimono molto bene la complessità e le aspettative verso la missione diplomatica contemporanea.

Date de publication
14-10-2022

Se si deve credere ai personaggi dei romanzi di Romain Gary, scrittore che è stato diplomatico per 17 anni, l'efficienza infallibile delle organizzazioni internazionali compenserebbe la loro impotenza nel risolvere i problemi per i quali sono state create1. Se la metafora della macchina viene talvolta applicata in modo improprio all'architettura, c'è un settore in cui il termine è perfettamente adeguato: l'amministrazione diplomatica.

Situata nel cuore di Londra da quasi 100 anni, l'Ambasciata svizzera è composta da due ali: la prima in stile georgiano, vincolata come monumento storico, e la seconda modernista, con struttura a pilastro e solaio, costruita negli anni '70 dall'architetto Jacques Schader. Le sfide del concorso pubblico, sostenuto dall'Ufficio federale delle costruzioni e della logistica (UFCL), sono state quelle di valorizzare la struttura esistente, ma anche di sistemare il programma – tanto complesso quanto articolato – che costituisce il meccanismo ben oliato delle relazioni internazionali: aree di accoglienza, amministrazione e alloggi per i funzionari. In questo esercizio è emerso il virtuosismo del team guidato dallo Studio DIA. Il progetto Wellington punta sulla sostenibilità, in primo luogo, conservando scrupolosamente le facciate e gli elementi strutturali esistenti; un impegno che non gli impedisce di rimodellare con precisione il programma, inserendo qualità spaziali e tettoniche che richiamano - come ha detto Jodok Brunner, presidente della giuria - l'eredità modernista (foyer a doppia altezza, patio, giardini d'inverno esposti a sud per gli appartamenti, ampia terrazza al quinto piano, ecc.).

Si dice spesso che il secondo classificato in un concorso sia il progetto più interessante: Abendkleid, del team guidato da Conen Sigl Architekten, non fa eccezione a questa tradizione. Ricco di riferimenti, preciso e audace nei dettagli (rapporto con l'esistente, riutilizzo dei materiali, padronanza dei codici della progettazione svizzera), il progetto, molto coerente, soffre di un eccesso di sicurezza; il motivo è una certa rigidità planimetrica che limita le possibilità di riorganizzazione e flessibilità. Ma il colpo di genio di Abendkleid consiste nell'aver collocato un pub sul tetto dell'ambasciata. Il gesto è politico: si tratta di contrastare la privatizzazione degli spazi pubblici di Londra, ma anche di aprire la discussione a una cerchia più ampia di quella diplomatica. La giuria era scettica sulla fattibilità di uno spazio sul tetto completamente pubblico, ma ha riconosciuto il potenziale di un'area di accoglienza che potesse essere utilizzata indipendentemente dal resto dell'ambasciata.

Se la proposta non è stata convincente, solleva una domanda pertinente: nell'attuale clima di disgregazione e guerra, non è forse giunto il momento di riflettere sul modello delle nostre istituzioni diplomatiche?

Note

 

1 Romain Gary, L’Homme à la colombe, 1958

Il rapporto della giuria è scaricabile su competitions.espazium.ch