Bru­ther: «Fac­ciamo la città con gli edi­fici, non con i mas­ter­plan»

Vincitori dello Swiss Architectural Award, Stéphanie Bru e Alexandre Theriot, fondatori dello studio parigino Bruther, ci parlano di una visione dell'architettura dove il costruito si fa vettore politico e sociale.

Date de publication
31-03-2021

espazium – Domanda di rigore: cosa rappresenta questo premio per voi?
Stéphanie Bru – È stata una sorpresa, non ce l'aspettavamo. È molto gratificante che la nostra architettura sia stata scelta all'interno della rosa dei candidati, tutti di alta qualità.

L'obiettivo dello Swiss Architectural Award è di premiare «un'architettura attenta alle questioni etiche, estetiche ed ecologiche contemporanee»: dove si situa la vostra architettura tra questi temi e con quale o quali di essi vi identificate?
Stéphanie Bru – È difficile per noi definire il nostro lavoro. Ma se i nostri progetti sono stati ritenuti in linea con questa descrizione, forse è perché stanno in equilibrio tra questi tre vettori senza che uno di essi sia dominante. Quel che li accomuna è che vanno tutti a mettere in questione degli standard – e così li presentiamo nella nostra ultima pubblicazione Hyperconfort – Dixit #01, che tratta proprio della ridefinizione degli standard del benessere in architettura.
Alexandre Theriot – Cerchiamo di avere un approccio che risponda principalmente a questioni d'ordine sociale ma che non sia guidato in modo consapevole da intenti estetici o stilistici.

«I nostri progetti vanno tutti a rimettere in questione gli standard del benessere in architettura»
Stéphanie Bru

Il premio vi è stato assegnato per tre progetti (il New Generation Research Center di Caen e, a Parigi, il Centro culturale e sportivo Saint-Blaise e la Residenza per ricercatori universitari «Maison Julie-Victoire Daubié»), tutti situati nella periferia di grandi città. Ritenete che l'architettura possa fungere da vettore sociale in questi contesti?
Theriot – Questi spazi sono spesso marginalizzati, non per le loro condizioni ma per la loro eccentricità urbana, e noi cerchiamo di dare loro un equilibrio attraverso la nostra azione architettonica. Amiamo lavorarci perché è in questi luoghi che ci troviamo a dover reagire a questioni d'ordine sociale. La nostra risposta è cercare di fare la città attraverso gli edifici e non attraverso i grandi masterplan.

Bru – È vero che le nostre opere sono situate in contesti sociali un po' tesi, ma il fatto d'essere noi stessi cresciuti in periferia ci permettere di rapportarci a questo tipo d'ambiente con una certa naturalezza. Cerchiamo di far sì che le questioni più urbane non snaturino il nostro approccio, che è innanzitutto architettonico. Come vettore d'energia l'architettura ci sembra più convincente dell'urbanistica.

Come vi rapportate in fase di progettazione all'ambiente eterogeneo e diffuso della periferia?
Theriot – Il carattere eterogeneo di questi contesti ci stimola in modo particolare. Come si può creare una sorta d'identità senza andare a ripetere gli elementi preesistenti ma cercando di progettare qualcosa che sia loro complementare? Come si può interagire con contesti che presentano una molteplicità di “impurità”? Queste domande ci interessano perché generano confronti, e questa coesistenza di frammenti disparati è necessaria non solo all'architettura ma anche alle nostre società. Crediamo più nella combinazione di logiche e sistemi che nella ricerca di una sorta di purezza.
Bru – Si tratta di contesti che ci stimolano e mettono in moto il nostro immaginario. Coi nostri collaboratori li chiamiamo «territori-utente». Anche come insegnanti è in questo tipo di contesto che amiamo far lavorare gli studenti.

«Come vettore d'energia l'architettura ci sembra più convincente dell'urbanistica» 
Stéphanie Bru

Voi appartenete a una generazione di architetti che hanno fondato i propri studi in un'epoca particolare: quella della crisi economica del 2007. Quale influenza ha avuto sulla vostra architettura questo contesto economico di recessione?
Bru – La trasversalità programmatica è una delle questioni che più ci ha stimolati quando abbiamo aperto il nostro studio. Ci sceglievano soprattutto per progetti abitativi a basso costo. Negli alloggi tutto è molto costoso, mentre in altre tipologie architettoniche, come gli uffici, è possibile trovare soluzioni più performanti. Questo lavoro sulla trasversalità è uno dei modi che ci ha permesso di affrontare positivamente le nostre prime tappe professionali.
Theriot – Nel nostro lavoro parliamo sempre di azione-reazione. Il contesto economico era, in questo senso, uno dei vincoli da affrontare mentre tentavamo di capire come fare architettura senza spese onerose. Abbiamo cercato di non considerarlo un ostacolo ma un'opportunità: l'opportunità di integrare un fattore imprevisto nella nostra architettura e trasformarlo in stimolo.

State progettando il campus di Dorigny a Losanna insieme a BAUKUNST, insegnate all'ETH di Zurigo: cosa avete imparato dalle vostre esperienze svizzere?
TheriotQueste opportunità ci danno l'occasione di trovarci in uno stato permanente d'innocenza. Agli inizi della nostra attività da indipendenti abbiamo dovuto superare molti vincoli amministrativi e normativi; il fatto di lavorare all'estero è ora occasione per noi di vivere una seconda epifania professionale rimettendo in questione ciò che abbiamo imparato a fare, in modo diverso, in passato.
Dal punto di vista pratico, il contrasto tra le due culture è notevole. Soprattutto in quel che concerne i tempi di costruzione, che rappresentano una delle principali differenze culturali tra i due paesi: in Francia è tutto molto veloce… Quanto all'insegnamento, lo consideriamo un'esperienza appagante che integra e s'intreccia alla nostra pratica d'architetti e costruttori.

«Crediamo più nella combinazione di logiche e sistemi che nella ricerca di una sorta di purezza»
Alexandre Theriot

Quest'anno la Francia è agli onori: il Premio Pritzker a Lacaton & Vassal, lo Swiss Architectural Award a voi… Pensate che questi premi rivelino un'attenzione nuova verso l'architettura francese contemporanea? E percepite delle risonanze tra il vostro lavoro e quello di Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal?
Bru – Siamo molto felici che Lacaton & Vassal abbiano vinto il premio, per loro e per l'architettura. Hanno aperto una via architettonica in una società molto complessa ed è certo per questa forma di sperimentazione che il Pritzker ha reso omaggio alla loro opera. E il riconoscimento celebra anche un lavoro all'insegna della perseveranza. L'architettura non è un blitz ma un impegno a lungo termine.
Theriot – È ammirevole soprattutto come abbiano portato avanti un impegno trentennale mantenendo una linea precisa e quasi immutabile. In particolare in un contesto, quello francese, dove gli investitori privati hanno praticamente preso il sopravvento sull'architettura, rendendo più rare le opportunità per difendere delle opere di qualità. Riuscire quindi a farlo per tanto tempo è un risultato notevole.
Il loro approccio è molto pragmatico e al contempo esprime grandi valori. Quel che è molto bello nel loro percorso è la determinazione a mantenere vivo ciò che conta in architettura rivolgendosi non solo agli architetti ma anche alla società civile. Questa tenacia incoraggia anche noi a perseverare nella nostra attività.

«Abbiamo molte convinzioni ma poche certezze, il che non ci impedisce di tornare sempre a riflettere sulle stesse questioni cercando di affinarle»
Alexandre Theriot

Nel pieno del vostro percorso professionale, come immaginate che si svilupperà la vostra pratica architettonica? Ci sono domande o conflitti con cui vorreste confrontarvi in futuro?
Theriot – Non abbiamo mai pensato al nostro percorso professionale in termini di carriera, quindi è difficile dare una risposta precisa. Abbiamo molte convinzioni ma poche certezze, il che non ci impedisce di tornare sempre a riflettere sulle stesse questioni cercando di affinarle e renderle il più specifiche possibile. I nostri sforzi vanno al tentativo di preservare una forma d'innocenza e attenzione in tutte le tappe d'un progetto, così come nella nostra vita quotidiana.
Bru – Chiaramente la ricerca costante e l'innovazione ci sospingono verso dispositivi di produzione sempre nuovi, ma quel che vogliamo preservare in futuro sono sguardo e attitudine: le costanti del nostro lavoro.

Swiss Architectural Award – settima edizione – 2019/2020


Premiati: Bruther – Stéphanie Bru e Alexandre Theriot, Parigi


Membri della giuria: Mario Botta (presidente), Riccardo Blumer, João Luís Carrilho da Graça, Dieter Dietz, Christophe Girot.

 

La cerimonia di consegna del premio, che per la prima volta viene assegnato da una giuria composta da esponenti di tre grandi scuole d'architettura svizzere (Blumer per l'Accademia, Dietz per l'EPFL-ENAC e Girot per il Departement Architektur dell'ETHZ), si è svolta il 1° aprile 2021 alle 19 nell'Auditorio del Teatro dell'architettura dell'Università della Svizzera italiana a Mendrisio, in presenza dei giurati, ed è stata trasmessa in diretta sul sito del Teatro. È possibile vederla nella nostra galleria di immagini.

La cerimonia è anche occasione per inaugurare la mostra dedicata ai 33 studi candidati al premio, provenienti da 19 paesi, aperta dal 2 aprile al 24 dicembre 2021.


Maggiori informazioni sul sito del premio

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