Sil­vano Zorzi in­geg­nere con­tem­po­ra­neo

Con la presentazione di un progetto fino ad oggi inedito che sancisce la collaborazione tra Silvano Zorzi, Angelo Mangiarotti e Aldo Favini, si apre una ricognizione del cammino di Zorzi tra Italia, Svizzera e mondo.

Date de publication
02-10-2019

Svizzera, Italia, Inghilterra: architettura e ingegneria italiane al RIBA

Dal 24 marzo al 30 aprile 1952 al Royal Institute of British Architects (RIBA) di Londra viene allestita la mostra Italian Contemporary Architecture, an exhibition prepared by the Italian CIAM Group – sponsored by the Italian Institute, a cura di Franco Albini e Enrico Peressutti.1 L’esposizione, frutto del gruppo italiano all’ottavo CIAM di Hoddeston (1951), consiste in 65 pannelli che riproducono una selezione di opere realizzate da progettisti Italiani dal 1930 al 1951. Poche opere d’ingegneri si alternano o sono in collaborazione con quelle di architetti. I pannelli, purtroppo, sono andati dispersi; alcune fotografie sono però pubblicate nel numero monografico della rivista «Rassegna» dedicata agli ultimi CIAM,2 mentre altre sono conservate presso gli Archivi Storici del Politecnico di Milano. Ciò che maggiormente interessa qui è il valore documentario della mostra, una «lista» di opere rappresentative della cultura italiana nel nuovo quadro internazionale, che anticipa di pochi anni il celebre volume di Kidder Smith intitolato Italy Builds – l’Italia costruisce, edito da Comunità nel 1955.3

In questo caso è proprio il gruppo CIAM che ha selezionato le opere; perciò già solo l’indice dei nomi appare rilevante. Il catalogo della mostra, con le prefazioni di Robert Fourneax Jordan, allora principal della scuola dell’Architectural Association di Londra, e di Giulio Carlo Argan, fortunatamente elenca tutti i pannelli con le didascalie e i crediti delle opere presentate in ciascuno.

Nel pannello dedicato a Angelo Mangiarotti, nel catalogo,4 fra progetti d’arredo e disegno industriale colpisce la presenza di un viadotto progettato in collaborazione con Aldo Favini e Silvano Zorzi per un concorso nel 1950. Una testimonianza importante da leggere nella prospettiva dell’ingegneria italiana (imm. 2). ­
La figura è la fotografia del modello di concorso. Il pannello è disperso, ma la fotografia rintracciata nell’archivio di Angelo Mangiarotti identifica un negativo su tre indicandolo come prescelto da stampare e, dandone la misura per l’impaginazione in 10 pollici, poco più di 25 cm, fornisce un buon indizio per associare la foto al pannello inglese (imm. 3). L’immagine prescelta ritrae una campata retta da due pile snelle al piede e profilate in curva all’incastro, che portano travi e impalcato nella luce. Si può anche notare che nelle vedute generali di due negativi scartati, il viadotto attraversa una valle con tre campate complete e due mezze, conclusive, appoggiate ai versanti opposti.

Nello stesso archivio si trovano vari schizzi a colori, su carta velina da sotto lucido, tipici dell’incessante operosità di Mangiarotti, che mostrano varianti del ponte impostato come un viadotto su più campate a scavalco del fondovalle, studi che nell’identica sezione con la ferrovia a sinistra, corrispondono al modello fotografato (imm. 4). Nello schizzo con una sola campata intermedia, una veduta animata da passanti, auto e roulotte, si nota a destra un’idea di sezione delineata in matita che potrebbe essere il dettaglio del ciglio dell’impalcato: l’orditura secondaria e quella primaria sono sovrapposte a mostrarne la tettonica. Al centro della tavola nel cartiglio sovrastante il disegno si può leggere a sinistra: «santo Favino ora pro me», e a destra: «ora pro eo Zorzi martire».

Questa ironica condivisione dell’opera ci autorizza a identificare questo progetto con quello esposto alla mostra del RIBA, unica prova materiale di una comunanza perdurante e, in questo caso, del ruolo di Favini e Zorzi come «garanti» per le strutture del progetto di Mangiarotti. Un altro schizzo con tre campate intermedie è il più simile al modello fotografato per la snellezza delle pile e il profilo dell’impalcato. Tre indizi: la coincidenza delle date, la stessa sezione della valle e un’annotazione marginale su questo materiale, identificato in archivio come «sassomarconi»,5 ci autorizzano al confronto diretto con il progetto di Cestelli Guidi e Nervi, secondo premio al concorso per il ponte sul Reno a Sasso Marconi del 1951,6 e ci porta alla finale identificazione di questo unico loro progetto a tre, forse solo uno studio, come elaborato per lo stesso concorso.7

Perché questa collaborazione appare così rilevante? Nel 1950 Zorzi, Mangiarotti e Favini, tre protagonisti dell’ingegneria, del design e dell’architettura italiana del secondo dopoguerra, sono all’inizio delle loro carriere.

Per continuare a leggere il saggio di Giulio Barazzetta e Gabriele Neri, acquista qui Archi 5/2019. Qui puoi invece leggere l'editoriale.

Note

  1. The Italian CIAM Group, Italian Contemporary Architecture, an exhibition prepared by the Italian CIAM Group – sponsored by the Italian Institute, RIBA, London 1952.
  2. Cfr. «Rassegna», 52, 1992.
  3. George Everard Kidder Smith, L’Italia costruisce. Sua architettura moderna e sua eredità indigena, Edizioni di Comunità, Milano 1955 (ed. it. di Italy Builds, Architectural Press, London / Reinhold Publishing Corporation, New York 1955).
  4. The Italian CIAM Group, Italian Contemporary Architecture, cit., p. 38.
  5. Il lavoro d’indagine su questo progetto è stato svolto grazie a Edoardo Nava Mangiarotti e Yves Ambroset presso l’Archivio dello Studio Angelo Mangiarotti, in corso di ordinamento, futura Fondazione dedicata; qui sono stati rintracciati i disegni pubblicati e una copia completa del catalogo della mostra RIBA 1952.
  6. In Carlo Cestelli Guidi, AICAP, Roma 1997.
  7. Col quale si cimenta anche Sergio Musmeci: cfr. in fondo Musmeci Sergio e Zanini Zenaide, Fondazione MAXXI - Collezioni XX secolo, due fotografie: Musmeci 1.AP/002 unità archivistica Concorso di progetto di ponte a Sasso Marconi 1950.
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