L’arte in garage
Harald Naegeli nel parcheggio dell’ETH Zürich
Sotto il Politecnico di Zurigo si nasconde un museo segreto: 40 graffiti illegali di Harald Naegeli, lo “Sprayer di Zurigo”, oggi protetti come patrimonio artistico. Un viaggio unico tra street art, memoria urbana e resistenza culturale.
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La visita a un parcheggio sotterraneo non è esattamente ciò che si potrebbe considerare un’esperienza culturale particolarmente stimolante. I parcheggi interrati rispondono soprattutto a necessità pratiche legate all’esigenza di evitare la lunga ricerca di un posto auto nelle città sovraffollate. Ci si avvicina alla sbarra, si abbassa il finestrino, si prende il ticket e si guida fino a uno stallo libero. Una volta trovatolo, si seguono le indicazioni per l’uscita e si tira un sospiro di sollievo, non appena l’aria fresca entra di nuovo nei polmoni.
Nel parcheggio del Politecnico federale di Zurigo le cose vanno diversamente, esso è frequentato anche da persone senza auto, è, addirittura, un luogo che gli appassionati d’arte consigliano di visitare. L’autorimessa ospita, infatti, un’impressionante serie di disegni a spray dell’artista zurighese, pioniere della street art, Harald Naegeli (*1939). I graffiti, realizzati tra il 1979 e il 2019, senza che venissero commissionati da nessuno e senza alcuna autorizzazione ufficiale, costituiscono la più ampia collezione di opere a spray di Naegeli a Zurigo. Mentre all’inizio degli anni Ottanta Naegeli era ancora sottoposto a un procedimento giudiziario in seguito al quale verrà condannato a sei mesi di carcere per le opere realizzate senza autorizzazione in spazi pubblici di diversa natura, oggi è un artista riconosciuto, il cui lavoro viene valorizzato, protetto e conservato per i posteri. Un esempio recente di tale radicale inversione di tendenza nei confronti dell’opera di Naegeli è la ristrutturazione del parcheggio dell’ETHZ, condotta tra il 2021 e il 2022, in seno alla quale la conservazione dei suoi graffiti è stata di particolare rilevanza.
Come è stato possibile che queste opere siano sopravvissute per più di quarant’anni e che ora facciano addirittura parte dell’inventario dei beni artistici del Politecnico?
L’autorimessa in questione si trova sotto il piazzale dell’edificio principale del Politecnico federale, in Rämistrasse, nel centro di Zurigo. Fu costruita nel 1972 da Charles Edouard Geisendorf per consentire all’università di ospitare circa 150 veicoli distribuiti su due livelli. All’epoca, in città, nel giro di pochi anni vennero realizzati numerosi parcheggi per soddisfare le esigenze legate al crescente aumento dei mezzi di trasporto privati. L’architettura in cemento che ne derivò, costruita nello spirito del funzionalismo economico, ha caratterizzato gli anni Sessanta e Settanta e ha progressivamente cambiato l’immagine urbana di Zurigo.
Nel 1977, un uomo di Zurigo si mise in testa di contrastare la monotonia della sua città, «la nudità del cemento a vista, la sua onnipresenza e brutalità»1 e, da solo, nel buio della notte, armato unicamente di una bomboletta spray, trasformò in tele le superfici vuote e grigie della città e su di esse fece risuonare la sua protesta politica. Invece di imbrattare i muri con generici slogan, preferì, però, realizzare figure filiformi. I suoi disegni raffiguravano mitiche creature danzanti, folletti accovacciati, pesci con zampe e occhi simili a quelli di Argo, che saltavano giù per le scale o si appollaiavano sugli angoli degli edifici. Oggetti come cartelli stradali o cassette delle lettere prendevano vita, animati da braccia e gambe longilinee. Le figure erano disegnate impiegando poche linee e punti, per lo più in colore nero, e venivano spruzzate su ogni genere di supporto in pochi secondi. Sebbene nessuno le abbia mai contate, è certo che tra il 1977 e il 1979 nel centro della città, soprattutto sulle facciate in cemento degli edifici pubblici, siano state realizzate centinaia di queste figure. Grazie alla rapidità con cui agiva, lo sprayer era in grado di lavorare in luoghi pubblici molto esposti, ma si ritirava anche in spazi riparati come garage o sottopassaggi. I giornali parlarono di un fantasma, lo «Sprayer di Zurigo». La polizia ricevette segnalazioni di danni a molte proprietà e fu messa una taglia di 3000 franchi sulla sua testa. Nel giugno 1979 fu catturato e successivamente condannato a sei mesi di prigione.
Disegnatore e collagista
Dietro al cosiddetto «Sprayer di Zurigo» si nascondeva nientemeno che Harald Naegeli. Nato a Zurigo nel 1939, dimostrò fin da piccolo uno spiccato talento per il disegno e alla fine degli anni Cinquanta frequentò la Scuola d’Arte e Mestieri di Zurigo. Seguì corsi di disegno tecnico ma, affascinato dai lavori dei dadaisti, si dedicò ben presto alla lavorazione di immagini attraverso la tecnica del collage. Negli anni Settanta, Naegeli sostituì colla e forbici con carta e matita: dotatosi di quaderni di piccolo formato – dopo averne acquistati 500 in una sola volta – li portò con sé per oltre quattro anni durante le sue incursioni quotidiane in città. Con pochi segni, registrava le sue fugaci osservazioni e prendeva nota di ogni genere di impressione sensoriale relativa a persone, animali o paesaggi, costruendo quel mondo visuale che in seguito sarebbe diventato il soggetto dei suoi disegni a spray. Gli innumerevoli schizzi e annotazioni sono sopravvissuti fino a oggi, a differenza della maggior parte dei suoi graffiti, rimossi, ridipinti o cancellati dal vento, dalle intemperie o dall’inquinamento. Fortunatamente si conservano numerose testimonianze fotografiche, così che possiamo ancora vederli nella loro collocazione originale.
L’arte non dimora nei saloni
Al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare, la più importante fonte documentaria di questo periodo di attività non è frutto del lavoro di un fan entusiasta, ma del Dipartimento di Investigazione Criminale di Zurigo, la cui «collezione» comprende circa 700 fotografie risalenti al periodo compreso tra il 1977 e il 1979; ognuna di esse, accuratamente documentata e archiviata, è il risultato dell’attività di indagine che si avviava ogni volta che veniva sporta denuncia. Provenienti da 192 diversi querelanti, più della metà delle denunce furono inoltrate da amministrazioni che gestivano edifici pubblici. Tredici di queste riguardano edifici del Politecnico, situati nel quartiere universitario, tra cui il parcheggio, i cui «danni» vennero documentati nell’aprile 1979. Poco dopo l’arresto di Naegeli, nel giugno 1979, il Politecnico fece rimuovere i graffiti presenti sulle facciate esterne, mentre quelli realizzati nel parcheggio rimasero intatti. Perché?
Nell’aprile del 1979, due mesi prima che venisse rivelata l’identità dello «Sprayer di Zurigo», si tenne in città la prima mostra fotografica dei suoi disegni a spray. Nella Galleria Gaby Arrigo, Margit Etter espose le fotografie che aveva avuto modo di scattate nel quartiere universitario, corredandole di uno studio psicologico, scritto di sua mano, riguardante l’artista anonimo. Quando, nel giugno 1979, Harald Naegeli fu catturato, Gaby Arrigo e Margrit Etter, insieme ad altri, colpiti dalla «qualità artistica e dalla scelta del luogo»2 dei disegni a spray, sottoscrissero una petizione perché venissero preservati.
In poche settimane furono raccolte oltre 4000 firme. Arrigo scrisse quindi una lettera in cui chiedeva che i graffiti venissero conservati e la inviò a tre differenti enti competenti: la città, il cantone e il governo federale. Per oltre un anno e mezzo, Arrigo mantenne i contatti con le autorità, inviò numerose lettere in cui chiedeva che i responsabili prendessero una posizione in merito alla petizione e all’opportunità o meno di rimuovere i disegni spray. Nel dicembre 1979, ricevette finalmente risposta dal direttore dell’Ufficio federale delle costruzioni e della logistica, il professor J.-W. Huber, che per la prima volta rilasciò una dichiarazione relativa ai disegni a spray, informandolo che, dopo aver ricevuto la petizione in agosto, si era deciso che «i circa 50 disegni spray nel parcheggio Rämihof [sarebbero] stati lasciati al loro posto in via provvisoria»,3 sottolineando che una decisione definitiva poteva essere presa solo dopo la conclusione del procedimento legale contro l’autore. I disegni in superficie erano già stati rimossi prima che la petizione venisse ricevuta dagli uffici competenti con un esborso di 42’300 franchi. La dichiarazione in questione fu pubblicata diversi mesi dopo nel Bollettino dell’ETH,4 tuttavia, non vi è alcuna documentazione relativa al fatto che la questione sia stata discussa nuovamente dopo la conclusione del procedimento giudiziario.
La successiva traccia relativa alla presenza delle opere di Naegeli risale al 2002, quando uno studente di Friburgo scoprì, durante alcune ricerche sullo «Sprayer di Zurigo», che nel parcheggio interrato la segnaletica gialla era stata rifatta e che i disegni a spray non erano stati semplicemente ricoperti, ma ridipinti con vernice nera. Comunicò immediatamente la sua scoperta, inviando una lettera al Dipartimento Bauten und Betrieb e chiedendo delucidazioni sull’effettiva posizione dell’ETH circa l’opera di Naegeli e sul sorprendente intervento «conservativo» che era stato realizzato.
Peter Hoch, responsabile del progetto relativo all’edificio principale dell’ETH, rispose che era a conoscenza delle opere di Harald Naegeli presenti nel parcheggio fin da quando aveva iniziato a lavorare al Politecnico nel 1988 e che le aveva volutamente lasciate al loro posto: «Il motivo non era un ordine dall’alto, ma, in base a quanto riportato dalla stampa, l’apprezzamento per l’artista da parte degli esperti d’arte».5 Nel parcheggio, tuttavia, si erano verificati ripetutamente danni causati dall’acqua, motivo per cui si era reso necessario ridipingere parzialmente le pareti. In base a quando sostenuto da Hoch, c’erano chiare istruzioni per non danneggiare le figure spruzzate, purtroppo questo però non sempre era stato possibile. Durante una delle ultime ristrutturazioni, risalente al 1997 e al 1999, un imbianchino aveva ritoccato due figure senza autorizzazione; in merito Hoch stesso riconobbe che «dal punto di vista di uno storico dell’arte, si trattava di un sacrilegio», ma sottolineò anche che la manutenzione dell’edificio aveva la priorità e che la conservazione delle figure spray era di secondaria importanza per quanto concerneva il suo dipartimento.
Come spesso accade, anche in questo caso, l’artista ha lasciato che le immagini prendessero il posto delle parole: dopo lo sconsiderato «lavoro di conservazione» dell’imbianchino, Harald Naegeli ha nuovamente preso in mano la bomboletta spray e ha applicato cinque punti di vernice all’estremità delle pinne posteriori e alla gamba della figura improvvidamente ritoccata. Con ulteriori tratti, Naegeli ha poi rimediato all’intervento dell’imbianchino sconosciuto, chiaramente identificabile per via della vernice acrilica.
Inventario e restauro
Dopo la scoperta dello studente friburghese, dovettero passare altri tredici anni prima che i disegni a spray di Naegeli presenti nel parcheggio fossero finalmente documentati in modo completo dal Politecnico. La ragione fu l’annessione, risalente al 2015, da parte dell’università della sua collezione di beni culturali al patrimonio della biblioteca e la realizzazione di un nuovo inventario che comprendesse tutte le opere d’arte di proprietà del Politecnico di Zurigo. I circa 40 graffiti di Harald Naegeli presenti nel parcheggio vennero fotografati, inventariati e pubblicati online. Agnese Quadri, della sezione Collezioni e Archivi della Biblioteca del Politecnico, fu la responsabile del progetto. All’epoca era in contatto con Naegeli e chiese a lui il titolo delle immagini nel parcheggio. La sua risposta via e-mail fu la seguente: «Residenti con passaporto svizzero riconosciuto», in riferimento alla votazione che ci sarebbe stata di lì a poco su iniziativa popolare dell’SVP, che chiedeva l’espulsione dei criminali stranieri. In quel momento, finalmente, dopo 36 anni, gli «abitanti del garage» di Naegeli, oggetto di così tante polemiche, erano stati ufficialmente riconosciuti a livello federale.
Nel 2019, l’ETH ha commissionato a Ruggero Tropeano la ristrutturazione del parcheggio e la conservazione dei graffiti di Naegeli. Era essenziale soddisfare i nuovi requisiti antincendio, rinforzare strutturalmente il livello superiore e riparare i danni causati dall’acqua, che non solo compromettevano l’uso dei posti auto, ma avevano già «lavato via» alcuni dei disegni a spray. La Commissione Kunst am Bau del Politecnico di Zurigo aveva formulato in anticipo il chiaro obiettivo di «conservare e restaurare il maggior numero possibile di opere d’arte, nella misura in cui ciò fosse compatibile con il progetto». Una panoramica delle 37 figure rimaste è servita come linea guida per la conservazione e ha dimostrato che la maggior parte delle opere al piano inferiore del parcheggio poteva rimanere inalterata. L’ETH ha incaricato TH-Conservations GmbH per garantire la salvaguardia delle opere d’arte durante la ristrutturazione. Alcune opere sono state nascoste dalle nuove infrastrutture tecniche, come per esempio dai tubi di ventilazione, rimanendo comunque al loro posto in modo da poter essere nuovamente «ri-scoperte» in occasione di successivi lavori di ristrutturazione. Purtroppo, la maggior parte delle opere presenti al piano superiore ha dovuto lasciare posto agli interventi di risanamento strutturale; per questo l’ETH ha deciso di conservare in via sperimentale tre delle sette opere che si trovavano sulle pareti in blocchi di cemento cellulare intonacati. Il conservatore Tobias Hotz ha scelto la tecnica dello «stacco», un metodo già utilizzato a Firenze del XV secolo per salvare gli affreschi dalle inondazioni. È la prima volta questa tecnica viene utilizzata per i graffiti. In questo complesso processo, i pigmenti di colore vengono rimossi dal muro insieme allo strato superiore di intonaco e applicati a un nuovo supporto. In questo caso, al sottile strato di intonaco è stato applicato uno strato di cemento fibrorinforzato di 5/10 cm di spessore, creando un oggetto trasportabile. A differenza dei graffiti rimasti nel garage, questi non fanno più parte dell’inventario artistico del Politecnico di Zurigo, ma sono conservati nell’inventario Bestände der Baukultur ETH Zürich.
Questa collezione contiene circa 700 oggetti, tra componenti e arredi, che hanno dovuto essere rimossi dagli edifici dell’ETH a seguito di interventi di ristrutturazione per soddisfare nuovi requisiti e normative, nonostante essi siano sotto protezione in qualità di beni di valore storico. I tre graffiti recuperati sono ora visibili anche online e sono integrati da una documentazione fotografica che ne illustra la collocazione spaziale originaria. Nel 2022 sono stati prestati per essere esposti nella mostra Graffiti im Museum?! al Musée Visionnaire di Zurigo. Grazie all’insolita presentazione e alle visite guidate nel parcheggio si è creato un interessante dibattito sui diversi modi di conservare questa forma d’arte effimera.
Un parcheggio sotterraneo come museo?
Infine, torniamo al luogo in cui tutto è iniziato: l’autorimessa. Dopo i lavori di ristrutturazione, 27 disegni spray sono stati conservati e schedati con un numero di inventario. Si potrebbe quasi pensare che il parcheggio sia il museo sotterraneo di Naegeli; certamente è uno dei pochi luoghi in cui si può sperimentare l’arte gestuale e fisica di Harald Naegeli, ammirando i disegni che si muovono dalla superficie allo spazio, occupandolo e abitandolo. Ma questo luogo è anche molto più: racconta la storia delle numerose persone che si sono dedicate all’arte con grande dedizione, senza alcun genere di incarico e senza ambire a riconoscimenti. Questo è il luogo del disegnatore, dello sprayer e dell’utopista Harald Naegeli, un antico artista rupestre nato alla fine degli anni Trenta, il cui stile ricorda le pitture preistoriche di 30’000 anni fa. Questo luogo non solo conserva l’arte, ma custodisce anche lo spirito di resistenza che animò il lavoro di Naegeli, ricordandoci che la vera arte porta sempre con sé un pezzo di utopia e ci ispira ad andare oltre il visibile.
1. H. Naegeli, Mein Revoltieren, mein Sprayen: Dokumentation von Fotos, Zeichnungen und Texten, Benteli, Bern 1979.
2. G. Arrigo, Petition: Die Kunst findet nicht im Saale statt, Archiv Harald Naegeli, Zürich 1979.
3. J.-W.Huber, G. Arrigo, Werke des Wand-Sprayers, in S. Wegmüller, Perception de l’art contemporain dans l’espace public suisse : les réactions aux œuvres du sprayer de Zurich, Harald Naegeli (1977-1984), Wegmüller, Murten 2002.
4. Nichts neues vom Sprayer, Bulletin der Eidgenössischen Technischen Hochschule Zürich, n. 153, Zürich 1980.
5. P. Hoch, S. Wegmüller, ETH Zürich, Hauptgebäude HG, Rämistrasse 101, 8001 Zürich Harald Nägeli Sprayfiguren, 27.03.2002, ETH-Bibliothek Zürich, 2002.