La fi­ne­s­tra sul Ti­ci­no

Editoriale 4 / 2014

«L’unica definizione di architettura che possiamo ragionevolmente ripetere è che l’architettura sono le architetture: tutte, quelle ideate e quelle realizzate, e poi i principi, le teorie; tutto questo è l’architettura.» Giorgio Grassi, 1974

Publikationsdatum
29-07-2014
Revision
08-10-2015

Da strumento per introdurre la luce naturale all’interno dell’involucro e ordinare gli spazi per l’abitazione, a elemento espressivo per eccellenza dello stesso involucro, attraverso il quale l’architettura stabilisce relazioni con il contesto, la finestra è una componente decisiva della composizione del fronte, è la soglia sulla quale si concentrano le tensioni interne ed esterne dell’edificio. 

La finestra è l’occasione per illustrare progetti ticinesi recenti, è il criterio secondo il quale li abbiamo selezionati, scegliendo tra quelli i cui autori considerano la ricerca come un impegno costante del mestiere. Tra i progetti pubblicati, vogliamo in particolare intrattenere i lettori sulla casa unifamiliare di mattoni di Colombo+Casiraghi e sulla casa d’appartamenti a Bellinzona di Cristiana Guerra, due progetti che ci consentono di riprendere le riflessioni a proposito casa Pico di Angelo Bucci e del realismo del suo autore nel considerare le condizioni date come un materiale del progetto, determinante la sua qualità.

Le forme tessenowiane della piccola casa di Colombo+Casiraghi richiamano le Osservazioni elementari sul costruire dell’architetto tedesco, nella capacità di controllare gli spazi e la forma dell’edificio, le sue proporzioni, offrendo nel contempo le risposte più soddisfacenti al programma così come dettato dal committente. Soddisfazione del programma non vuol dire traduzione spaziale immediata delle richieste del committente, ma la loro soluzione attraverso una mediazione impegnativa, che mette completamente in gioco la propria cultura progettuale, un procedimento il cui esito (in fin dei conti) rivela lo spessore vero di quella cultura progettuale. Il risultato è un’opera dalla complessità linguistica rara in Ticino, composta da elementi altrettanto rari nella «produzione colta», come la pianta liberata dal rettangolo, il tetto a falde, il rivestimento in mattoni di cotto, gli importanti manufatti delle finestre. Il valore di un’opera è nella sua costruzione, in ciò che rimane nel paesaggio costruito, a prescindere dalle vicende progettuali che l’hanno prodotta, ma tuttavia è necessario – per chi ricerca e riflette sulle ragioni del progetto – conoscere queste vicende, per capire le condizioni entro le quali gli autori hanno lavorato. La relazione che accompagna questo progetto, al proposito, è dotata di un valore didattico esemplare nella illustrazione dei rapporti con il committente.

La piccola casa di Colombo+Casiraghi è un’opera che si sottrae alla sua completa descrivibilità, la sua complessità va oltre la razionalità del compito. È stata progettata a partire dai suoi elementi costitutivi elementari – il portico, la finestra, il tetto, il rivestimento – senza utilizzare le associazioni precostituite e offerte dalle tradizioni costruttive, o rivisitandole radicalmente. Sono i Fundamentals della Biennale di Rem Koolhaas, dai quali l’architetto olandese sostiene che sia necessario ripartire per ripensare la modernità. Questo modo di lavorare – e la qualità del suo esito – contribuiscono a chiudere una fase dell’architettura ticinese che ancora riproduce linguaggi ereditati dall’avanguardia del periodo «eroico», per aprire alla ricerca a tutto campo. Lo stesso progetto di una casa a Montecarasso del maestro Luigi Snozzi, con una finestra totale che invade di luce l’abitazione completamente addossata ai frontespizi ciechi dei vicini, rivela una libertà di ricerca consapevole dei tempi nuovi.

La casa d’appartamenti di Cristiana Guerra a Bellinzona indica anch’essa direzioni di ricerca differenti da quelle che nel moderno ticinese si sono costituite in tradizione. L’involucro reagisce al confine trapezoidale del limitato sedime situato in una condizione ambientale problematica – sul bordo della ex strada cantonale e in prossimità della ferrovia – adattando la sua geometria a quella del terreno, anziché imponendovi una geometria astratta. La colta soluzione degli angoli determina un volume complesso, che mostra viste differenti da ogni direzione. Il problema dell’isolamento fonico rispetto alle emissioni di strada e ferrovia è risolto con finestre dotate di artifici ricercati – in particolare la lanterna vetrata che protegge i serramenti delle camere – che conferiscono al volume un carattere degno di un contesto più denso di quello periurbano. È una vera «architettura d’angolo», la cui autrice meriterebbe di essere messa alla prova in un progetto urbano, in una situazione di incrocio tra strade di un sito cittadino dall’edilizia storicamente consolidata. 

È necessaria la cultura progettuale fin qui descritta per realizzare un programma di ristrutturazione urbanistica della grande periferia diffusa. Bisogna studiare e capire le ragioni che hanno storicamente determinato questa realtà abitativa e progettare a partire dalle domande più condivise e dalle questioni più elementari.

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