Con­vi­ven­ze: ri­uso del de­po­si­to in Wein­la­ger­stras­se 11 a Ba­si­lea di Esch Sint­zel

Publikationsdatum
21-04-2023

La visita agli appartamenti in Weinlagerstrasse 11 a Basilea del primo aprile 2023 è innanzitutto un esercizio di comunicazione attraverso il corpo. Gruppi di interessati si avvicendano negli appartamenti e cercano vie non verbali con i molti sconosciuti per i passaggi più stretti tra le pareti e le innumerevoli colonne. Questa situazione non è casuale: le colonne a fungo in cemento armato dell’ex deposito di vino si trovano volutamente al centro di corridoi, cucine e salotti, obbligando gli utenti a decidersi per un passaggio alla loro destra o sinistra. La conversione dell’edificio in appartamenti con il mantenimento della struttura esistente è stata una prerogativa del concorso ad inviti del 2018 indetto dalla fondazione Habitat e vinto da Esch Sintzel Architekten di Zurigo. Nel loro progetto l’unità di misura di stanze e soggiorni viene impostata sugli assi della struttura esistente, descrivendo un passo di 3 metri pari a quello delle colonne a fungo. Nonostante questa dimensione comporti la realizzazione di stanze larghe 2.85m, gli spazi si rivelano generosi grazie agli alti soffitti. Come indica Philipp Esch in dialogo con Archi, le colonne sono l’elemento più caratteristico dell’intero edificio e sono state volontariamente posizionate al centro degli spazi invece che integrate nelle pareti. Esch evoca esperienze dell’architettura antica citando le colonne egiziane che occupano lo spazio, invece di definirlo perimetralmente come quelle greche. Esch Sintzel connotano la struttura quindi come ingombranti presenze, obbligandoci a una convivenza con esse. Quello che a prima vista sembra una soluzione estranea ai caratteri abitativi convenzionali, si dimostra invece un possente dispositivo per fondare una nuova identità degli appartamenti.

È infatti grazie alle colonne che la percezione di abitare in un deposito è sensorialmente onnipresente, accentuata dal trattamento della superficie in cemento. Inoltre, le colonne definiscono in modo non definitivo possibili zone di cucina, soggiorno o pranzo. Le necessarie puntellature per eseguire la demolizione delle facciate esistenti, in buona parte cieche, e che comunemente spariscono a edificio completato, sono state mantenute: dei veri e propri tronchi lignei accompagnano le finestrature e vengono elevati a co-protagonisti degli spazi insieme alle colonne a fungo. Le solette lasciate al grezzo portano il segno del loro taglio e della risagomatura in facciata, indicando all’osservatore l’origine delle parti dell’edificio. Ponendo attenzione alle superfici in cemento anche le colonne a fungo agli estremi dell’edificio, così come le pareti e le solette delle testate, si rivelano di nuova costruzione. Passo dopo passo il visitatore scopre così il sottile e differenziato progetto di Esch Sintzel Architekten, che non si limita a riutilizzare l’esistente, ma lo taglia, completa e reinterpreta, definendo un edificio nuovamente nuovo. Il riuso della possente struttura, con una capacità di carico pari a dieci volte quella di un convenzionale edificio di abitazioni, non consente solo l’aggiunta di ben tre nuovi piani, ma permette di risparmiare più del 40% di energia grigia in confronto a un edificio nuovo. L’influsso reciproco di esistente e nuove costruzioni si rivela nel complesso piano dei neri e rossi, ma non viene trasportato didatticamente negli spazi separando visivamente gli interventi nuovi dall’esistente, ma unendoli in un’armonica espressione. Sembra questo un atteggiamento promettente nel prolungamento del ciclo di vita degli edifici, costruendo una nuova identità fisicamente innestata sull’esistente e non più chiaramente separabile da esso. Anche all’esterno l’identità ermetica del deposito viene mantenuta nelle testate rivestite in metallo ondulato, ma alleggerita nella tettonica costruttiva separando i pannelli. I nuovi ballatoi in metallo reinterpretano il volume orientandolo verso il quartiere e domesticizzandone l’espressione. Non a caso la terrazza comune sul lungo tetto ricorda il ponte di una nave: l’edificio in Weinbergstrasse, simile ad un transatlantico ancorato a un molo, è un sistema complesso, funzionalmente e costruttivamente, che si affaccia al quartiere con una sicura autonomia formale. Se questa architettura non può salpare, speriamo lo faccia invece il raffinato approccio all’esistente che essa suggerisce, ispirando future sperimentazioni.