Cosa ci at­trae delle opere di Eduardo Tor­roja?

Date de publication
23-03-2022
Joaquín Antuña
ingegnere e architetto, Dipartimento di Strutture e Fisica delle Costruzioni, Scuola Tecnica Superiore di Architettura di Madrid

Eduardo Torroja pubblica nel 1957 il volume dal titolo La concezione strutturale: logica ed intuito nella ideazione delle forme: uno dei primi ingegneri a prendere coscienza di quanto sia importante il rapporto tra la tecnica e l'architettura. Nei suoi lavori e nelle sue ricerche, la logica, alla base dell’approccio progettuale tipico dell’ingegnere e del costruttore, affiancata all'intuizione creativa, produce forme strutturalmente e architettonicamente affascinanti e indubbiamente contemporanee. Ne parla Il Prof. Joaquín Antuña dell’Università Politecnica di Madrid (UPM) in questo saggio, presentando come l’attenzione alla fase costruttiva porti a una concezione strutturale precisa e chiara.

Il progetto unico dell'ippodromo della Zarzuela

Nell'archivio Eduardo Torroja di Madrid sono presenti più di 900 fascicoli, che corrispondono ad altrettanti progetti di vario genere realizzati tra il 1924 e il 1961 dall’ingegnere spagnolo. Tra questi, la copertura delle tribune dell'ippodromo della Zarzuela a Madrid è senza dubbio uno dei più conosciuti. Recentemente restaurato, e attualmente in uso, è un progetto di grandi dimensioni di cui le tribune, unica zona accessibile al pubblico, sono il simbolo stesso del concetto progettuale. Si tratta di un esempio significativo all’interno dell’attività professionale di Torroja: in esso si ritrovano diversi aspetti caratterizzanti la sua metodologia progettuale e le ragioni per le quali la sua ricerca continua ancora ai nostri giorni a suscitare interesse.1

L'ippodromo è un progetto degli architetti Carlos Arniches e Martín Domínguez. Eduardo Torroja ha collaborato con loro, prima disegnando la struttura e gli impianti della proposta e, infine, dirigendone i lavori. 

ll progetto è ampio e comprende un programma articolato che si estende su un'area di oltre un milione di metri quadrati. L'attività pubblica dell’ippodromo si svolge sulle tribune, definite da due elementi architettonici: il porticato, che unisce tutti gli edifici al livello della pista compreso il ristorante situato a un'estremità, e la copertura degli spalti. Quest’ultima è una struttura caratterizzata da uno sbalzo di dodici metri sopra le gradinate. É composta da una serie di volte a sezione circolare disposte in modo tale che il loro prospetto verso la pista si conformi in una serie di archi a tutto sesto. Dalle gradinate la copertura si presenta come una serie di volte a botte che fanno riferimento a generatrici comuni. Per la sua realizzazione, la soluzione inizialmente proposta dall’ingegnere consisteva in travi a sezione rettangolare ad altezza variabile, decrescente dagli appoggi alle estremità, tra le quali si inserivano le volte a botte. Lo spessore di cinque centimetri veniva garantito da una serie di travi di rinforzo, posizionate all’estradosso, con un interasse di circa due metri.2 Dal punto di vista formale, il progetto originariamente previsto sarebbe stato simile a quello che poi è stato realizzato. Tuttavia, durante la costruzione, Torroja ha proposto di modificare la struttura, passando da una successione di volte a una serie di travi a sbalzo indipendenti l’una dall’altra, caratterizzate da una sezione trasversale variabile. Con la soluzione originaria, ogni volta bilanciava quelle contigue. Di conseguenza, sarebbe stato necessario realizzare l'intera copertura e gli elementi cilindrici alle estremità per ottenere un equilibrio del sistema. Sostituendo le volte con una serie di travi a sbalzo, la soluzione realizzata ha permesso la loro costruzione a tappe indipendenti, poiché ogni elemento garantiva l'equilibrio delle forze interne. Utilizzando la stessa quantità di acciaio e calcestruzzo, è stato dunque possibile realizzare ogni trave separatamente in una sola volta, riutilizzando le casseforme. La modifica del processo esecutivo è stata un contributo di Torroja. Nel tentativo di semplificare ed economizzare la costruzione, egli ha ideato una procedura nuova e apparentemente più complessa, ma che in realtà ha permesso una costruzione più rapida ed economica.

Nel caso dell'ippodromo sono evidenti due aspetti che spiegano perché alcune strutture ideate da Torroja siano esemplari. Da un lato, si tratta di buoni progetti architettonici. Ma, soprattutto, le sue strutture risolvono problemi complessi con eleganza, facendo uso di mezzi limitati. Una complessità intesa, non solo in termini di difficoltà di analisi della struttura stessa ma, il più delle volte, derivante dal processo costruttivo. Questo evidenzia come, in generale, la struttura di un edificio non possa essere concepita in modo isolato dal progetto di cui fa parte.3

Si ritiene che la copertura dell’ippodromo non abbia rappresentato un problema analitico complesso dal punto di vista dello studio del comportamento strutturale. Non si conserva, infatti, alcun documento del calcolo, né dei risultati del test effettuato su scala reale. In altri casi, come per la struttura del fronton Recoletos, si conserva una memoria dettagliata dell'analisi condotta, nonché i risultati delle prove e i dati dei movimenti registrati sulla soletta durante il processo di disarmo e nei giorni successivi4. Del progetto delle coperture delle tribune si è conservata solo la descrizione della proposta di concorso e le piante che la definiscono. Inoltre, vi sono alcuni documenti che consentono di osservare la sequenza delle modifiche del progetto per ottenere una procedura più rapida e conveniente. Pertanto, è possibile individuare la modifica sostanziale apportata al progetto al fine di facilitarne la realizzazione.

Eugène Freyssinet ha affermato che Torroja era "il maestro delle costruzioni originali". Molte delle proposte di Torroja, sono infatti soluzioni uniche, che risolvono problemi complessi, con pochi mezzi e in un modo incomparabile. L'originalità delle sue opere è il risultato di un'indagine volta a ottenere procedure costruttive che risolvano problemi specifici. Tra i tipi di progetti per i quali ha sperimentato soluzioni innovative se ne esaminano due: la costruzione di strutture a guscio e lo sviluppo di procedure alternative di precompressione.

Realizzazione di strutture a guscio

Nella costruzione di strutture a guscio, la riduzione dell'impatto della cassaforma divenne, quasi fin dall'inizio, l'obiettivo principale del progetto concettuale. Torroja proporrà almeno tre alternative per raggiungere questo scopo5.

La prima soluzione progettuale è caratterizzata dalla sostituzione della superficie continua del guscio con una struttura a trama reticolare. Fu ideata nel 1948 e, sebbene la proposta sia stata verificata su un modello in scala, essa non fu mai realizzata. In seguito, nel 1953, è stata costruita con questo sistema la copertura del capannone per i test dell'Istituto Tecnico delle Costruzioni e del Cemento a Madrid.

Un'altra soluzione per ridurre l’uso di casseforme consisteva nell'utilizzare la tecnica tradizionale delle volte catalane per realizzare solai di forme diverse unendo gli elementi in laterizio con una cappa in cemento armato spessa qualche centimetro. Con i progetti della Chiesa di Pont de Suert e della cappella di Santi Spirit in Catalogna, oggi demolita, Torroja ha esplorato le possibilità della realizzazione di solai dalle forme complesse. Per la loro costruzione era necessario solamente disporre alcune guide nello spazio con le quali orientare il posizionamento dei mattoni. Con queste opere Torroja ha dimostrato che era possibile costruire forme articolate senza bisogno di cassaforma, dal momento che si trattava solo di stabilire la geometria precisa delle guide necessarie per la posa dei successivi strati di laterizio.6

L'altro sistema costruttivo studiato, infine, era la prefabbricazione di elementi di spessore ridotto. In concomitanza con la celebrazione del congresso tenutosi a Madrid nel 1959 durante il quale venne creata l'Associazione Internazionale per le Strutture a Guscio (IASS), Torroja presentò due proposte di elementi prefabbricati di spessore ridotto per realizzare coperture. Una delle proposte permetteva di realizzare archi a tre cerniere. Ogni elemento di quattro centimetri di spessore aveva una pianta rettangolare e una sezione trasversale ondulata e variabile. L'altra proposta aveva lo scopo di realizzare la copertura di un deposito interrato. La pianta a triangolo equilatero di poco più di sei metri di lato, poggiava unicamente sui vertici. La forma scelta è quella della funicolare dei carichi così da poter essere realizzata con uno spessore di appena cinque centimetri e bilanciare un riempimento di terra dello spessore di un metro.

Soluzioni alternative di precompressione

Nel progetto marocchino del serbatoio d’acqua di Fedala, Torroja applica la precompressione con l’intento di garantire l'impermeabilità della parete. Si tratta di una struttura a forma di iperboloide di rivoluzione nel quale, in corso d’opera, è stato necessario intervenire modificando il progetto originale.Torroja, a causa delle tempistiche dettate dal cantiere, ha proposto l’utilizzo di un sistema già brevettato, ovvero quello di disporre, lungo le generatrici della superficie, un’armatura pre-tesa in grado comprimere la struttura e renderla stagna.

L’esperienza ha però stimolato, in Torroja, il desiderio di ricercare sistemi di precompressione alternativi a quanto appena utilizzato. Nei mesi successivi egli sviluppò un'indagine che ha portato alla definizione di diverse tecniche7. Sostanzialmente propose tre sistemi, realizzabili con procedimenti tradizionali, ma secondo sequenze esecutive originali. Il primo consisteva nel realizzare una parete di tre strati in un ordine preciso. Prima di tutto si costruiva lo strato esterno della parete, in mattoni o cemento armato, in entrambi i casi armato. Successivamente, nella parte interna si costruiva un altro strato di muratura in laterizio, lasciando un’intercapedine tra di essi da riempire di ghiaia. Una volta costruite le pareti, il serbatoio veniva riempito d'acqua a un livello superiore rispetto a quello che avrebbe avuto in servizio. Quindi si gettava della malta nella camera di ghiaia. La pressione idrostatica dell'acqua e della massa di malta introdotta portava in trazione e dunque allungava l’armatura dello strato esterno. Man mano che la malta nella camera intermedia faceva presa, la deformazione dello strato esterno si stabilizzava, e al ridursi del livello dell'acqua l'armatura esterna mandava in compressione i blocchi riducendo fessure e vuoti. La tensione di compressione era minima, ma sufficiente a garantire l'impermeabilità della parete. Con questo sistema, nel 1955 furono realizzati a Madrid quattro depositi.8

L'altra procedura per la precompressione delle pareti di un serbatoio non è mai stata utilizzata. La sua logica consisteva nel dividere la parete del deposito in settori separati da giunti verticali. La sezione di questi settori aveva la forma di un arco di circonferenza con un raggio maggiore della circonferenza del serbatoio nella sua forma finale. Mediante martinetti, la forma delle sezioni veniva forzata a raggiungere il raggio finale e, così facendo, la faccia interna della parete veniva compressa. Il livello di compressione era superiore alla trazione dovuta alla pressione idrostatica, perciò la parete interna del serbatoio risultava essere sempre in compressione.

Infine, per realizzare le pareti dell’acquedotto di Tablellina per il canale Gaudalcacín garantendo l'impermeabilità della parete, Torroja propose un procedimento il cui obiettivo era comprimere l'intero canale con uno sforzo normale di compressione longitudinale. Il valore di compressione doveva essere tale per cui la risultante delle sollecitazioni nella parete del canale fosse di compressione per tutti i casi di carico. Per produrre questa compressione permanente e costante, la lunghezza totale dell'acquedotto è stata divisa in due parti. Al centro si collocava un arco a tre cerniere di forma, dimensione e peso appropriati, in modo che la sua spinta, agendo sulle estremità, producesse una compressione uniforme sulla parete del canale. La chiave dell'arco in cui si trovava uno degli snodi era sagomata con precisione in modo tale che il valore della spinta fosse costante per qualsiasi movimento degli appoggi alle estremità. Man mano che i supporti si spostavano a causa dell'accorciamento del canale compresso, l'altezza della chiave di volta doveva aumentare per garantire che, a parità di peso, il valore della spinta rimanesse costante. Il risultato complessivo era straordinario9.

Approcci contemporanei a Torroja

Al giorno d’oggi l’opera di Torroja è tra le più riconosciute e studiate al mondo, ma ancora non è chiaro quale sia la sua eredità e come questa possa essere interpretata. Nello studio delle sue costruzioni possiamo adottare due strategie. Una è quella di indagare il modo in cui i progetti sono stati realizzati e la loro originalità in relazione al momento storico in cui sono stati eseguiti. L'altra è quella di riprendere le sue proposte e studiarne la fattibilità attuale.

La prima opzione ha soprattutto una valenza didattica. Un modo per farlo è quello di utilizzare le opere più conosciute come modelli per apprendere l'analisi strutturale. Ci sono dati precisi sulla forma e dimensione dei progetti che possono essere usati come casi studio per analizzarne il comportamento statico.10 Tuttavia, questo approccio riguarda solo una parte del processo, in particolare, solo la parte finale. In effetti, si analizza una struttura già risolta. La dimensione, come le altre variabili di progetto, lo schema strutturale, la snellezza e lo spessore sono già definite dal problema stesso. Ciò che interessa l'architetto o l'ingegnere che deve realizzare un progetto è, come riuscire a sviluppare una costruzione che risponda al problema strutturale e formale al tempo stesso. È interessante capire quali domande si sia posto il progettista e come abbia dato a queste delle risposte.

Molte delle soluzioni proposte da Torroja e qui discusse non si sono diffuse in seguito. Si tratta di procedure per affrontare specifici progetti, quali coperture, serbatoi precompressi o acquedotti che rimandano più ad una ricerca che alla necessità di consolidare una tecnica esecutiva e competitiva. In questo senso, lo studio del lavoro di Torroja attraverso l'analisi dei progetti dovrebbe essere integrato con altre attività.

Una di queste potrebbe essere rispondere alla domanda «cosa sarebbe successo se...?» In altre parole, indagare su cosa sarebbe accaduto se la struttura fosse stata risolta in un altro modo. Oggi è possibile analizzare in breve tempo un gran numero di soluzioni diverse, che possono essere variabili del progetto definitivo, in cui studiare l'influenza di diverse modifiche e vederne l'effetto. In questo modo si può cercare di riprodurre il processo seguito dai suoi autori.

In seguito, si dovrebbe provare a contestualizzare le sue scelte al giorno d’oggi per capire quali siano gli aspetti più interessanti e attuali. Le proposte di Torroja utilizzano mezzi tradizionali e richiedono una quantità ridotta di materiale. Tenendo conto delle esigenze di riduzione dell'impatto che l'edilizia ha sull'ambiente, le sue soluzioni potrebbero essere riutilizzate con successo.

Basti pensare alla precompressione dei serbatoi che si può ottenere con acciaio di armatura ordinario e muratura in laterizio, oppure alle grandi coperture realizzate con volte catalane in mattoni. Torroja è stato in grado di riprodurre i risultati ottenuti con procedure alternative a quelle diffuse alla sua epoca ma senza la necessità di ricorrere a tecniche e materiali sofisticati e costosi.

Note

1 I dati dei progetti sono disponibili nell’Archivio Eduardo Torroja (2012) CEDEX-CEHOPU, url: http://cehopuweb.cedex.es/etm/etm_index.htm.

2 Antuña, Joaquín, “The grandstand roof of the Zarzuela Hippodrome in Madrid: The constructive talent of Eduardo Torroja”, in: Proceedings of the First International Congress on Construction History, vol. 3, Madrid 2003, Instituto Juan de Herrera, url: http://oa.upm.es/1312/.

3 Fernández Cabo, José Luis, El papel de la estructura en el proyecto de arquitectura. Un enfoque global, Madrid, Instituto Juan de Herrera, 2017.

4 Torroja, Eduardo, Comprobación y comportamiento de una estructura laminar, Ed. Real Academia de Ciencias, Madrid 1942.

5 Antuña, Joaquín, Eduardo Torroja and his use of models up to 1936, in: Physical Models. Their historical and current use in civil and building engineering design. Ed. Bill Adis. Ernst & Sohn, pp. 321-342, 2017

6 Antuña, Joaquín, Reinforced brick vault. The development of a construction system, in: Teoria e pratica del costruire: saperi, strumenti, modelli: esperienze didattiche e di ricerca a confronto: seminario internazionale, Ravenna, 2005, Bologna: Università di Bologna. Url: http://oa.upm.es/1318/.

7 Antuña, Joaquín, Eduardo Torroja and his use of models from 1939. In: Physical Models. Their historical and current use in civil and building engineering design. Ed. Bill Adis. Ernst & Sohn, pp. 477-510, 2021.

8 Antuña, Joaquín, El depósito de Torroja en la Junta de Energía Nuclear: estudio sobre su estado actual, Madrid: Centro de Estudios y Experimentación de Obras Públicas, 2009.

9 Torroja, Eduardo, The structures of Eduardo Torroja. 2a ed. CEDEX-CEHOPU. E Arredondo, Francisco et al. (1977). La obra de Eduardo Torroja. Madrid: Instituto España, 2000.

10 Payá–Zaforteza, Ignacio e José M. Adam García, El proyecto “Torroja” o cómo aprender estructuras con uno de los grandes maestros del arte estructural, in: III Jornadas internacionales de enseñanza de la ingeniería de estructuras de ACHE, Valencia, pp. 410-419, 2013