Scio­gliere un nodo fer­ro­via­rio

Saut-de-mouton, Renens (VD)

Abstract dell’articolo, in italiano, di Philippe Morel per la pubblicazione «Cultura della costruzione: qualità e critica».

Realizzato dalle FFS nell’ambito del programma Léman 2030, il viadotto ferroviario di Renens costituisce un’opera essenziale per l’ampliamento della capacità della tratta Losanna-Ginevra. Con i suoi 1200 m di lunghezza, 17 m di larghezza e 9 m di altezza, la struttura è composta da due rampe, due ponti e una galleria centrale. È sostenuta dalla trivellazione di 350 pali che poggiano sulla molassa ed è quindi para­gonabile a un ponte ferroviario a due livelli.

Philippe Morel espone la sua scelta.

Le 2 serie di 66 pilastri che sostengono i due ponti e le traverse della galleria conferiscono un’impressionante trasparenza alla struttura, che assume le sembianze di una pellicola cinematografica. Ed è proprio un’esperienza da film quella di cui gode il viaggiatore che attraversa il livello inferiore del viadotto ferroviario: la regolarità delle cornici in cui è frammentata la contemplazione del paesaggio sembra proprio riprodurre quella di una pellicola da 35 mm in un proiettore, anche se ovviamente ad un ritmo molto più lento dei canonici 24 fotogrammi al secondo. Con le sue 25 cornici trasversali, la galleria potrebbe sembrare molto ripetitiva, se non addirittura monotona. Ma è un’impressione errata in quanto ciascuna cornice è unica. Innanzitutto la luce varia dagli 11 ai 17 metri. In secondo luogo, la posizione dell’impalcato sulle traverse e l’angolo che forma con esse cambiano da una cornice all’altra.

Il viadotto ferroviario di Renens è un’infrastruttura strategica e imponente, ubicata in un contesto di sviluppo urbano e operativo complesso. La sua funzione ne ha dettato le linee ma l’intelligenza del committente e dei progettisti ha consentito di sfruttarne i vincoli per concepire una struttura sorprendentemente leggera e trasparente, riproducendo più e più volte un motivo solo in apparenza ripetitivo. Come paleontologi, l’hanno liberata dalla ganga minerale conservando solo lo scheletro di questo gigantesco artropode di cemento armato e acciaio. Giocando col contrasto tra la rigidità delle cornici e la fluidità dell’impalcato sono addirittura riusciti a ­figurare il movimento della struttura.

Questo articolo è stato pubblicato nel numero speciale «Cultura della costruzione: qualità e critica». Ordina adesso!

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