Re­cen­sio­ne a «Ar­chi­tec­tu­re is ju­st a pre­text»

Data di pubblicazione
27-12-2022

8 curatori PER 8 temi di architettura ATTRAVERSO 12 domande CON 211 risposte DA 30 studi di architettura under 40 DI 16 Stati europei PIÙ 4 autori PER 4 articoli IN 1 libro DI 24x15 cm CON 103 immagini IN 224 pagine.

Questa è la massa di Architecture is just a pretext, la pubblicazione curata nel 2019 da Carnets, un gruppo di studenti/ormai laureati in Architettura, dello IUAV di Venezia.

Si tratta della ri-presentazione di una curiosa indagine sulla condizione dell'architettura, svolta nei due anni precedenti, attraverso il lavoro di alcuni «giovani Studi» europei. Un lavoro schietto e immediato che nasceva, come spiegano gli autori, dal tentativo di rispondere ad alcune «urgenze», tra cui uscire dai confini dell’Accademia, comprendere la cultura del progetto delle nuove leve dell'architettura, e forse altre urgenze non menzionate.

Tutto questo era stato realizzato con una serie di attività rispondenti a tale immediatezza: la produzione di due fanzines composti di 15 numeri, distribuiti gratuitamente allo IUAV, contenenti ciascuno un'intervista a uno Studio selezionato; le tavole rotonde svoltesi durante la Biennale di Venezia del 2018 intitolate Coming of Age, e la partecipazione all’annuale WaVe workshop veneziano di progettazione internazionale.

È lecito chiedersi perché trasformare questa esperienza in un libro.

L'ambigua citazione di Niemeyer a titolo del libro «Architettura è solo un pretesto. La vita è ciò che conta», ne dà in parte una spiegazione. I curatori in questa frase intravedono il valore dell'architettura come «forma della vita» piuttosto che «vita delle forme». L’articolo finale di Vianello inquadra il credo dell'architettura come pretesto: «la sola possibile strada per una riconnessone con l’architettura, piuttosto che un fuga da essa. Ponendosi come un silenzioso background, l’architettura ritorna indirettamente tra i frammenti personali degli architetti».

E questo libro per diversi aspetti ne è una testimonianza. Nella sua forma e nei suoi contenuti non ordinati ma piuttosto raggruppati sembra concedersi la condizione dell’irresolutezza del fluire dei problemi della vita, registrandoli in presa diretta. Un libro dunque non conclusivo, né affermativo, il cui corpo principale sono le risposte degli Studi all'intervista, sciolte senza gerarchia l'una dopo l’altra a seguito delle domande. Di queste l’aspetto biografico è un carattere coerente con l’impostazione, ma la differenza di approccio dei vari architetti è evidente, riflettendo – a mio avviso – più la diversità tra essi che la consonanza auspicata nell'introduzione. Emerge un quadro di «giovani» divisi tra l'impegno nella costruzione di una propria identità interiore o invece di una propria immagine esteriore. La dimostrazione è che alcune risposte ben fondate interpretano le domande come occasione per risalire ai problemi generali dell'architettura attraverso l'esperienza; altre al contrario scambiano i mezzi con i fini, utilizzando l'architettura per parlare dei problemi della propria esperienza con disinvolta autoreferenzialità. Questa dialettica è un aspetto interessante del libro, che riguarda una generazione e un'epoca che pone nel lavoro desideri e ambizioni.

Il progetto grafico ha il merito di interpretare il caleidoscopio attraverso cui è guardata la realtà architettonica con una studiata impaginazione grafica, curata da M-L-XL, dove le pagine alternate su binomi di colori, che filtrano parole e immagini, carnevalizzando lo scorrere delle storie, rispecchiano la naïveté della ricerca.

Resta però il dubbio se il modo di collezionare i contributi trovasse nei fanzines la sua espressione adeguata, provocatoria e stimolante, che si complica nella forma del libro, diminuendo la gioia delle parole e di conseguenza anche l'interesse.

Al lettore dunque la fatica di diluire l’eterogeneità dei pensieri e il compito di costruire una posizione su una realtà architettonica giovane ma apparentemente già in crisi, fatta di «convergenze» più che di «similarità», difficilmente convergenti verso un'idea di Architettura.

E su questo esito cade l'ambizione culturale, dichiarata nell’introduzione, di «portare un messaggio in relazione all’idea di Europa come un unico e necessario progetto socio-politico», per «definire questa nuova generazione come un “movimento”».

Un progetto culturale non può risolversi nella cronaca di una generazione, come ci ricorda la Profezia dell’Architettura (1935) di Edoardo Persico: «Da un secolo la storia dell’arte europea non è soltanto una serie di azioni e di reazioni particolari, ma un movimento di coscienza collettiva. Riconoscere questo significa trovare l’apporto dell'architettura attuale».

A questo punto vien da chiedersi: anche un libro è solo un pretesto?

Architecture is just a pretext
Anteferma Edizioni, Conegliano 2019

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