«Empire hydraulique»
Una mostra a Bruxelles sul tema dell’acqua
Un’esposizione di fotografie di Cyril Albrecht – presso la galleria Contretype di Bruxelles – affronta il rapporto tra ambiente naturale e artificiale, attorno al tema dell’acqua, nelle zone aride degli Stati Uniti. Un altro punto di vista su un tema attualissimo, che la rivista ARCHI indaga approfonditamente nel numero in uscita a febbraio.
I maestosi paesaggi del West americano – le sue zone aride e semidesertiche –ispirano il lavoro fotografico di Cyril Albrecht. Il fotografo francese ha focalizzato la sua ricerca sul rapporto complesso tra paesaggio naturale e intervento umano, con particolare attenzione alla mancanza d’acqua e all’emergenza climatica.
«Empire hydraulique» non è soltanto una mostra, ma un progetto a lungo termine, iniziato nel 2018, svolto sul campo e tuttora in corso. È esposto – fino al 13 marzo 2022 – alla galleria Contretype - Centre de Photographie contemporaine a Bruxelles.
Albrecht osserva e cattura – tramite la macchina fotografica – ciò che è stato «il più ambizioso progetto di civilizzazione semidesertica della nostra storia». Percorre spazi vasti e grandiosi, dove la siccità e l’ambiente arido condizionano paesaggi naturali e geografie umane. Oltre gli ambiziosi progetti ingegneristici, cominciati un secolo fa, Albrecht documenta le tracce di una storia fatta di conflitti, controversie, danni ambientali e fragilità sociali. E spinge lo sguardo anche in avanti, per cercare di comprendere lucidamente le prospettive ambientali future.
Attraverso stampe in grande formato – per immergersi ancora più intensamente nei paesaggi sconfinati americani – Albrecht lascia parlare, in modo evocativo ma diretto, questi «frammenti di storia, in particolare attraverso le tracce, artefatti o altre ferite del territorio».
La mostra sottende una domanda, sottilmente critica: come ha potuto l’ovest degli Stati Uniti – caratterizzato da una natura arida e secca – dar vita a metropoli diffuse, come Los Angeles, Phoenix o Las Vegas? Ha avuto senso creare imponenti infrastrutture per controllare le acque e manipolare la geologia, su una scala territoriale così ampia? Più di 12.000 dighe, migliaia di chilometri di canali, e impianti di pompaggio scavano e incidono i terreni e montagne di questa parte degli Stati Uniti, vasta come l’Europa. Gli stati americani dell’ovest hanno ora preso coscienza della vulnerabilità del territorio, impegnandosi ad «arginare questa sete insaziabile tramite l’innovazione tecnologica o politiche di conservazione dell’acqua», ma la domanda, provocatoria e urgente, resta aperta: sarà sufficiente?
Lo aveva intuito – con ben oltre un secolo di anticipo – John W. Noble, ministro degli Interni degli Stati Uniti, nel 1893: «A hundred years hence the United States will be an Empire, such as the world never before saw… All through the Western region, much of which is now arid and not populated, will be a population as dense as the Aztecs ever had. Irrigation is the magic wand which is to bring about these great changes».
«Empire hydraulique», mostra fotografica di Cyril Albrecht
Contretype – Centre de Photographie contemporaine, Bruxelles